1. I trafficanti d'oppio
Mi produrrò in un ardito esperimento di recensione mnemonica, avendo letto l'albo una settimana fa.
Checché ne dica Manfredi,
Shanghai Devil è proprio il seguito di Volto Nascosto, del quale recupera non soltanto il protagonista, ma anche struttura narrativa e tematiche di fondo. Già, perché, esattamente come
Volto Nascosto,
Shanghai Devil pare essere proprio il più classico dei feuilleton, e all'epoca in cui quel genere era diffusissimo la tendenza a generare seguiti al tempo stesso indipendenti e correlati era assai consolidata.
E così, la maschera (ma l'avrà disinfettata?) del lebbroso Volto Nascosto che Ugo Pastore sfodera già dalla copertina è una strizzata d'occhio al lettore che aveva acquistato le dispense popolari (oggi si chiamano albi) del feuilleton precedente, e al tempo stesso mantiene, rinnovata, una finalità narrativa. Anche qui, come già in VN, si ha un confronto a distanza fra il borghesuccio viziato Ugo e una civiltà a lui sconosciuta, che gli appare migliore e peggiore al contempo; e, anche qui, la contraddizione è simboleggiata da un uomo mascherato, apparentemente duro e saggio, che combatte per la libertà della sua gente dall'oppressore straniero (di cui Ugo, controvoglia, fa parte).
Bisogna aspettarsi una semplice ripetizione, dunque? No, Manfredi è abile conoscitore dei meccanismi del feuilleton, e pertanto qualche colpo di scena e/o qualche variazione è lecito attendersela. Si può considerare SD come un'evoluzione di VN, un VN 2.0: nell'ambientazione, ad esempio, che in VN era limitata a mamma Roma e all'Africa italiana, e qui coinvolge il lontano oriente e personaggi di varie nazionalità (nel primo numero vediamo che gli inglesi non sono migliori degli italiani); e pure il ruolo della maschera potrebbe essere rivisto. In VN essa riconduceva al classico archetipo della 'maschera sociale', con Ugo fighetto rompipalle e odioso che non sopporta i suoi simili ma che riesce ad ottenere la maschera con cui fingersi un uomo di grandi doti fisiche e morali (come il lebbroso) e a vivere, potenzialmente, incredibili avventure (si veda l'ultima vignettona di quella mini). Qui la situazione è leggermente diversa: Ugo ha già la maschera e deve affrontarne un'altra. Ci riuscirà? Non ci riuscirà? Si approprierà anche di quella? Perderà la sua? Lo sapremo (forse) nella prossima puntata!
Nel complesso un bel numero, disegnato bene, pur con qualche incertezza qua e là (la nota vignetta di pag.82 ingrandita dalla redazione); l'impressione che ne ho avuto, comunque, è che Rotundo fosse più a suo agio con la sua Roma.
Per il resto so che c'é qualcuno che considera i fumetti di Manfredi come libri di storia, ma non è così. Sono bei fumetti, e come tali ci sono varie licenze narrative (come c'erano in VN). Ad esempio, la parlata in vernacolo di questo numero, che ha generato infinite discussioni su Comicus, ha lo scopo di mettere a proprio agio il lettore (sia quello che ha già letto VN, sia quello che non lo ha letto, in quanto siamo all'estero e il dialetto fa tanto "aria di casa") ma lo stacco netto fra italiano e dialetto non è proprio verosimile (all'epoca la differenza non era perentoria come oggi). La ricostruzione storica, però, nel complesso è attendibile.