[Bonelli] Nathan Never

Editore che ha dato i natali ad alcuni dei personaggi più iconici della tradizione fumettistica italiana, toccando tanti generi diversi ma con uno stile unico e inconfondibile.
  • Nathan Never #258: Haiku (Ostini/Romeo)
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    Che peccato. Se avessi letto questo albo una settimana fa avrei evitato di dolermi l'animo struggendomi con le 'gocce di splendore' che albergano nei ricordi di miei amori o quasi tali.
    'Gocce', sì, ma pur sempre 'di splendore', come le chiama Ostini, ed è più proficuo e più giusto amarle comunque anzichè usarle come pretesto per piangersi addosso. Questo numero, che al momento è senza dubbio il miglior numero dell'anno (gratifica che ha una valenza doppia se si considera che questa è stata un'annata degna di nota), fa quello che hanno fatto anche i numeri scorsi, ma lo fa ancora meglio: regala una riflessione profonda, ma in modo non forzato, anzi, influenzando e facendosi influenzare dal contesto in cui il protagonista della serie si trova al momento. Che è un modo più elegante di dire che l'albo non è un banale filler nè un semplice episodio only continuity, ma un perfetto mix delle due cose. Con in più un'atmosfera pazzesca. La neve, fredda ma rassicurante (o rassicurante ma fredda), che si vede in copertina, c'è anche nelle pagine interne. Che regalano qualcosa di cui questa società, e in particolare chi scrive, ha bisogno: pace. Fisica, esteriore. Ovvero tranquillità. Con la pace interiore che viene da sè, di conseguenza. Tecnicamente, Ostini e la Romeo, novelli Jacobs, Sclavi & Casertano, creano un fumetto di rara atmosfera. Alla quale, certo, molto devono l'hic e il nunc di chi legge, ovvero la sua condizione momentanea o la sua volontà di lasciarsi trasportare. D'altronde il patto narrativo si fonda anche su questo, ed è bello, ogni tanto, trovare una storia davvero coinvolgente, nel senso più letterale del termine. Bene così, la serie prosegue alla grande.
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    Ottimo lavoro.
  • Nathan Never Special #23: Il predatore (Eccher/Jannì)
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    Allo Special torna Jannì, con un tratto persino più chiaro e leggibile (e godibile) di quello mostrato nelle sue precedenti apparizioni. Merito dei testi dell'esordiente Eccher? Guardigli, nella prefazione, dice di sì. E in fondo Eccher fa un bel lavoro, la storia è scritta molto bene e alterna ottimamente azione e introspezione. Certo, la trama non è proprio niente di nuovo, il lettore storico della serie ha già visto tutto, ad esempio nel vecchio Cacciatori e prede di Medda. Tant'è che sul forum di NN è proprio a Medda che Eccher è stato accostato. Io non ne sono tanto convinto, i dialoghi di Medda erano molto più spinti e spigolosi, quelli di questa storia sono più nella norma. Ma il paragone con il passato non deve deludere. Con il NiNo NN si è preposto proprio l'obiettivo di ripartire e giocoforza questi primi numeri del 'nuovo corso' devono mostrare il mondo in cui Nathan vive e agisce. Ben vengano dunque storie come la doppia di Perniola di qualche mese fa, o Haiku, o questa: la Megalopoli è enorme, e ha tanto da mostrare. L'unico dubbio che ho riguarda le nevicate. Per carità, l'atmosfera invernale e persino leggermente natalizia è resa molto bene, ed è anche questa una storia che fa venire freddo. Nel suo incipit, però, viene mostrata una fitta nevicata nei livelli superiori, quelli della gente che 'sta bene', e nel primo livello no. Viene addirittura esplicitata questa curiosità, eppure Perniola ci aveva fatto vedere che anche nei bassifondi nevica senza pietà. A parte questo, Il predatore ha il pregio di contestualizzare la continuity con poche battute, come ai bei vecchi tempi. Legs ed Elania hanno ruoli secondari, ma significativi. E se alla prima Nathan si ritrova sempre più affezionato (troppo? Vedremo in futuro), con la seconda arriva già il primo screzio. "Io non sono Solomon Darver", dice Elania all'inizio. Eppure alla fine è costretta anche lei al compromesso. Nathan, che (io dico) scioccamente non si aspettava quella battuta iniziale, che l'ha positivamente sorpreso, reagisce male al finale della vicenda. Realistico sbalzo d'umore. Ma, per favore, non facciamo che pure con Elania abbiamo da brontolare, facciamolo durare un po' 'sto NiNo.
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    Ottimo lavoro.
  • Il 2012 finisce in un modo strano, un po' bof. Al punto che non ho voluto commentare subito. Lo faccio ora, ma l'impressione non cambia:
    Nathan Never #259: Gli innocenti (Vigna/Bonazzi)
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    è un filler vignesco con una trama di poco conto che svolge il ruolo che svolgevano i filler vigneschi nei primi anni '90: carrellate sul resto del mondo, esotismo, geopolitica. Tutte cose in cui Vigna e Bonazzi sguazzano come topi nel formaggio, pure troppo: un po' di fantasia in più non avrebbe guastato (Nuovo Portogallo? Tunguska? Esper?).

    Il 2013 inizia in un altro modo strano, un po' buffo. Al punto che voglio commentarlo subito. L'impressione che ho è che:
    Nathan Never #260: Sirya (Sammartino/Lazzarini)
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    sia un plot pensato per la vecchia serie di Legs e rispolverato all'uopo per l'occasione. Serra amava Legs e Sammartino, se Sul pianeta perduto dice il vero, è un suo clone, per cui tutto torna. L'albo è dunque un filler legsiano che svolge il ruolo che svolgevano i filler legsiani nei secondi anni '90: zoomate su disagi personali, teen girls, denunce sociali. Tutte cose in cui Sammartino e Lazzarini sguazzano come topi nel formaggio. Troppo? Un po' di fantasia in più forse non avrebbe guastato (la villa?), ma a me sta bene anche così. Ma immagino che molti avranno da ridire.

    E la copertina del prossimo numero lascia presagire un'altra stranezza. Voglio vedere dove andranno a parare con quei mostri mystèriosi.
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    Ottimo lavoro.
  • Il #259 l'ho volutamente saltato, vuoi perché è un periodaccio in cui riesco ad avere un tempo risicatissimo da de dedicare alla lettura (non ho ancora letto il #258, per capirci), vuoi perché non è m'ispirasse granché.
    Ero indeciso pure sul #260, ma se Max ha avuto voglia di commentarlo subito un motivo ci sarà. Buttando inoltre un occhio al prossimo albo, m'incuriosisce questa svolta verso trame un po' mysteriose e un po' alla Fringe. Mi sa, quindi, che finisce che quest lo prendo...
  • Prendilo, anche se confrontato col #258 ti sembrerà una cacchetta. Però 1)non lo è, e 2)tu non hai letto i filler legsiani dei secondi anni '90, ergo non dovresti rimanerne deluso come il neveriano forumista medio (ma per lui ogni albo è una tragedia greca :mah: ).
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    Ottimo lavoro.
  • In attesa del #261 (in uscita Sabato), tre flash d'agenzia:
    -Asteroide Argo prosegue (il ché è già di per sé una sorpresa,ndmaxbrody), ma Vigna ha annunciato che nel numero del 2015 lo spin-off subirà uno scossone (era ora,ndmaxbrody). (fonte: Vigna su Facebook)
    -le famose miniserie what if di Vigna/De Angelis e Medda/Bonazzi potrebbero non essere what if ma in continuity. Ma è solo una speculazione basata sulla tavola di De Angelis che Vigna ha pubblicato sulla sua pagina Facebook.
    -Davide Barzi è entrato nello staff di NN.
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    Ottimo lavoro.
  • max brody ha scritto:E la copertina del prossimo numero lascia presagire un'altra stranezza. Voglio vedere dove andranno a parare con quei mostri mystèriosi.
    Nathan Never #261: La stirpe di Tiamat (Rigamonti/Gradin)
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    Sono andati a parare dove meno me l'aspettavo. Niente mysteri, bensì il sequel di NN #224 e la prima prosecuzione della quest lanciata nel #254: Erik White era infatti uno dei 9 candidati in lizza per il posto di Agente Alfa. Dopo il depennamento di Janet Blaise nello stesso #254, anche il semisimbiotico Erik viene escluso dalla lista al termine di un'avventura classica ma solidamente raccontata dal bravo Rigamonti. I mostri mysteriosi ci sono, ma sono mysteriosi solo nell'aspetto. Ed è proprio vero che l'abito non fa il monaco: questo numero, disprezzato come i precedenti due e considerato filler come i precedenti due, non è un numero disprezzabile e non è filler. E' solamente un episodio intermedio, necessario in una lunga serie che vuole definirsi tale. Ma va' a farlo capire a chi vuole il Pulitzer ogni mese.
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    Ottimo lavoro.
  • Nathan Never Gigante #16: L'impero dei mutati (Perniola/Bertolini)
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    Perniola, l'ha detto, ama il NN di una volta: quello epico, quello della continuity. Così, quando Serra gli ha proposto di scrivere un gigante, lui subito si è lanciato in quella direzione. Ma quali trame poteva andare a toccare in questo Nuovo Corso Neveriano ancora alle sue prime fasi? Le ipotesi erano due: o creava di sana pianta una nuova sottotrama, o ne aggiornava una vecchia fra quelle rimaste in sospeso. Fra esse, solo la storyline dei mutati era immediatamente disponibile. La scelta è stata dunque logica e automatica, e d'altro canto fu proprio Perniola a dare un primo risveglio a quella trama in Agenzia Alfa #22, il quale può essere ora considerato un vero e proprio prologo a questo albone. In quella storia, infatti, troviamo due degli ingredienti poi sviscerati ne L'impero dei mutati, ovvero May Frayn, che Perniola, prima che se ne occupassero Rigamonti e Serra, aveva cercato di far uscire dal suo status di belloccia ochetta, restituendole carattere e pathos, e i mutati, considerati estinti dai tempi della strage di Hell's Island attuata da Skotos nel lontano 2103. Tredici anni dopo (o dodici, dopo il NiNo i tempi sembrano accorciati, dato che nel mensile dal #255 al #262 pare essere sempre inverno), la situazione era di poco cambiata. A parte Branko, l'unico mutato noto al pianeta era sempre Kay, certamente cambiata, cresciuta e divenuta donna, ma per il resto le uniche tracce di altri mutati erano state il disperato Gordon, all'inizio della "quarta stagione", e, appunto, la colonia mutata scovata in Africa nel già citato Agenzia Alfa #22. A parte le due sporadiche apparizioni, tutto aveva taciuto sul fronte mutati fino alla Guerra dei Mondi, quando l'Ingegnere aveva dato il medaglione a Branko, che poi l'aveva rimesso in saccoccia e non ci aveva fatto più nulla. Ora Perniola, intenzionato a ridare linfa alle care, vecchie sottotrame sociali di una volta (è lui che sulla serie regolare ha smosso un poco la trama robotica), smuove un poco anche la trama mutata. Per farlo, confeziona un albo gigante che cerca di restituire la collana al ruolo di un tempo, ovvero quello di "film" del "telefilm", e cioè di contenitore di storie speciali, capaci di evolvere sia la continuity che le relazioni fra i personaggi e i di loro caratteri. Il proposito, bisogna dirlo, è riuscito a metà, o almeno a tre quarti. L'impero dei mutati contiene tutto quello di cui ho scritto finora, e certamente la storia ha un altro ritmo rispetto alla serie regolare, a differenza degli ultimi giganti, che sostanzialmente erano storie regolari allungate. Inoltre i personaggi sono ben caratterizzati, e il quadrangolo Branko-May-Kay-Nathan ne viene fuori bene come non accadeva da un po'. In più la continuity registra una piccola innovazione, come è giusto che sia: ora il Convertillo De La Selva (territorio adibito a discarica, introdotto proprio da Perniola nello Speciale #20) è la patria di una nuova colonia mutata, colonia resa particolare dall'essere costituita da tre soli gruppi di cloni (di Branko, di Kay e del mutato Vladek). A parte questo, però, se confrontata con i giganti dell'epoca d'oro, L'impero dei mutati ne esce sconfitta. Il confronto più immediato è ovviamente quello con La rivolta (gigante #4), in cui Medda, oltre alle vicende mutate, aveva raccontato tante altre cose. Le vicende mutate sono invece l'unico perno della storia di Perniola, mentre per May e Kay alla fine viene sviscerato ben poco: della prima viene ancora ignorato il clone mutatoide di Laputa, e che la seconda controllasse a fatica i propri poteri lo sapevamo già (in compenso Nathan e May iniziano a chiarirsi dopo i fatti de La megalopoli). Anche sul profilo "politico", in realtà, a parte la nuova colonia-clone, succede poco: tutto il plot, infatti, rimane circoscritto all'interno del gigante. Così, mentre l'odio di Schneider e il massacro di Hell's Island in La rivolta avevano prodotto conseguenze immediatamente visibili sulla serie, il protagonista della storia pernoliana, Vladek, e il suo folle piano nascono e muoiono nelle 220 pagine dell'albo. La saggia morale che l'incipit e il finale ribadiscono, invece, è sempre valida e universale. Ma, se oltre alla morale è importante chi la racconta, è giusto ricordare come in questo caso il narratore sia decisamente fazioso, giacché evita di ricordare lo sterminio dei mutanti da parte proprio dei mutati, i quali nel solito La rivolta si presero Hell's Island con la forza e non certo con richiesta in carta bollata.
    L'albo, comunque, si configura come una gradevole lettura, in cui il lettore di vecchia data avrà molti dejà vu, mentre il nuovo lettore potrà assaporare (seppure in modo più blando rispetto a quanto avrebbe assaporato negli anni '90) lo spirito dei mitici giganti di una volta. E, in fondo, nel 2013 delle fruizioni occasionali, asimmetriche, e visceralmente legate a generi predefiniti, è bello ritrovare in un fumetto Bonelli qualcuno che cita e usa con orgoglio la parola "continuity".

    Nathan Never #262: L'ultimo regalo (Rigamonti/Toffanetti)
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    C'è qualcosa che non va in questo numero: Nathan ha di nuovo il giubbetto nero. Sorge spontanea una domanda: questa storia non sarà mica un "ultimo regalo" preGuerra riciclato e riadattato per l'occasione? Se sì, spero che sia davvero l'ultimo. Il dubbio da rompino è corroborato da due considerazioni: la prima è che anche in questo numero è inverno e nevica. E ormai è dall'Agosto scorso che vediamo nevicare. Un po' strano, no? A meno che non sia una conseguenza dell'effetto Serra, con gioco di parole voluto.
    La seconda considerazione è che questa storia è un palese filler, dalla prima all'ultima pagina. Buona comunque la consueta riflessione di Nathan, che ogni volta che vede un padre e una figlia che si odiano finisce per ricordarsi del suo peccato originale, che nessuna guerra potrà mai cancellargli.

    Next: il ritorno di Omega. E dei pianti greci dei "fans". Aiuto.
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    Ottimo lavoro.
  • max brody ha scritto:Se sì, spero che sia davvero l'ultimo.
    Maxi Nathan Never #9: La recluta, Post mortem, Il signore della guerra (Vigna/Toffanetti; Simeoni/Simeoni; Vigna/Toffanetti)
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    Come non detto. Che palle i ricicli, spezzano la continuità. Queste tre storie, poi, tutte e tre col cappotto nero, sono un cazzotto in un occhio. Poi in sé non solo nemmeno malaccio, ma neppure nulla di eccezionale. Tuttavia i due sceneggiatori sfruttano bene (nelle prime due storie) l'insolita foliazione di 97 pagine a storia, almeno per quanto riguarda il ritmo e il dosaggio di eventi e dialoghi. Certo la fantasia non abbonda. La recluta è il solito thriller vignesco colla corruzione e Nathan schifato e indurito dagli eventi. E con la signora McGuffin (roftl) che dice tutto sull'utilità della trama. Il risultato è un filler palesemente preGuerra dei Mondi e, dato che si svolge tutto su Tersicore e a parte Nathan non compare nessuno del cast regular (a parte un inutile Jerry Lone), nemmero riadattato alle circostanze. Lol. Post mortem, seconda e ultima prova da autore completo di Gigi "Sime" Simeoni (ha già annunciato che per un po' passerà a DyD), almeno fa qualche sforzo e prova ad adattarsi al nuovo status quo. Così troviamo Elania che non sembra inserita a sproposito e Nathan giustifica il cappotto nero dicendo che l'altro è in tintoria. Intenti (perlomeno quelli) lodevoli, salvo poi scoprire che è Natale. Mah. Per il resto la trama si rivela essere un ennesimo thriller con la creatura vilipendiata e incattivita e la direttrice della clinica vecchia e malvagia. Yawn. Peccato perché Simeoni è un bravo sceneggiatore (ottima la scelta delle inquadrature, come in Stria) e un ottimo disegnatore, in grado di rendere espressivo anche un comodino. Peccato davvero il suo essersi messo al servizio di un soggetto visto tremila volte e di nessun interesse in questo momento e in questo contesto. Chiude il volume la balzana Il signore della guerra. Balzana in quanto gli autori sono gli stessi della prima storia, cosa mai accaduta prima. E balzana soprattutto perché, esattamente come le precedenti due storie, anche questa è un riciclo. Solo che lo è a metà. E il risultato è una cosa bufissima, che non si sa se giudicare come professionale o meno. La prima metà della storia è infatti un obbrobrio che puzza di riciclo ad ogni vignetta. E che, cappotto nero a parte, prima stordisce il lettore con un Sigmund tornato improvvisamente cinico e scorbutico con Nathan e poi raggiunge l'apice del ridicolo quando Elania si mette in posa da Solomon Darver e, con espressione da Solomon Darver, dice le tipiche cose che diceva Solomon Darver. A questo punto mi cadono gli zebedei per terra e avverto la voglia di bruciare l'albo, ma ecco che tutto ad un tratto Elania ricomincia a parlare come Elania, Sigmund torna l'amico insicuro postNiNo e il duo, che aveva schifato Nathan fino a poche pagine prima, si prodiga per salvare l'amico e collega. E la trama, che era partita come il seguito di NN236/237, subisce un'accelerata incredibile che porta il cattivo Stonhenge a minacciare il mondo con un'apposita tavola costruita in modo da dare l'impressione di avere di fronte un nuovo villain e ad essere sconfitto, implorando pietà, due pagine dopo. E a questo punto, visto pure il ponderato e dinamico #263, mi chiedo se non sia il caso di pensionare Vigna. Perché sarà pure uno dei tre padri di Nathan, ma ormai (e l'ha confermato anche la Guerra dei Mondi) non fa altro che dimostrare di essere capziosamente e stancamente ancorato alle sue tematiche, ai suoi topoi e ai suoi cliché. E di vivere in un mondo tutto suo, con un suo Nathan (e quasi una sua continuity) personale che, oltre ad essere contenutisticamente e stilisticamente antiquato, rovina tutti gli equilibri impostati dalla redazione.
    Ad ogni modo quest'albo è tranquillamente evitabile. E basta con 'sto cappotto nero. In Haiku è stato inserito un ottimo flashback che voleva chiudere l'era di quel cappotto oscuro e simbolo di depressione, non lo voglio più vedere se non in flashback sensati.

    Nathan Never #263: Lo spettro del futuro (Serra-Eccher/Giardo)
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    Se uno dei padri di NN ha appena firmato una delle peggiori ciofeche di tutta la serie, un altro di quei padri torna e regala al figlio un altro guizzo di vitalità, sia a livello di contenuti che di stile. E dimostra, così, che si può pure raccontare la stessa storia in modi sempre diversi. Coi tecnodroidi, infatti, Serra aveva già detto quello che aveva da dire: il futuro può essere bellissimo, ma probabilmente finirà per essere marcio, la scienza può essere di grande aiuto, ma probabilmente sarà sfruttata male e finirà per prendere il sopravvento su un'umanità sempre meno in grado di fantasticare e paradossalmente sempre meno in grado di discernere la realtà dalla finzione. I tecnodroidi, infatti, non solo altro che una tecnologia che vuole essere senziente ma non lo è, in quanto dell'umanità imita solo gli istinti. Questo basterebbe, ma non a Serra, che inventa Mister Alfa e con lui immagina l'opposto dei tecnodroidi: ovvero un uomo, un grigio ometto comune, dotato di un pragmatismo tale da manipolare tutto il mondo (un Andreotti all'ennesima potenza, in sostanza). Per lui la scienza è sempre e solo un mezzo, ma il pregio diventa difetto in quanto Alfa non è capace di sognare e di fantasticare, e l'enorme gioco di ruolo che è il mondo per lui è solo un'occasione per vendicarsi o per bullarsi delle sofferenze altrui. Dopo la tecnologia animale e l'umanità disumana arriva il momento della disumanità che vuole essere umana, al punto da diventare un'umanità tecnologica: il William Campbell che diventa l'Uomo Quantico non è altro che la voglia di non arrendersi a un fato prestabilito a costo di perdere la propria identità. Omega è la fine di questo percorso, partito dalla ferinità primordiale del futuro remoto (tecnodroidi), proseguito per il non-inizio della non-vita del presente (Alfa) e per la schizofrenia che solo può provare chi da quella non-vita vuole fuggire (Uomo Quantico). Omega è il logico upgrade di questi tre stadi, ed è il punto di arrivo del discorso. E' la tecnologia che vuole essere umana, e ci riesce. Che trae da essa gli istinti (come i tecnodroidi), ma anche il pragmatismo (come Mister Alfa). Che trae da essa la capacità di sognare (come l'Uomo Quantico), ma anche di manipolare gli altri per realizzare il suo sogno (come tutti e tre). E con Omega, il ridicolo robot innamorato, l'inquietante robot invincibile, Serra arriva ad occuparsi di tutti e quattro i poli che fanno da cornice alla serie. Di più non c'è. O, meglio, c'è il polo centrale. Ma esso è Nathan, è la serie, è il lettore, è l'uomo che deve crescere e capire quanto e di quanto staccarsi dalla sua gioventù, quanto e di quanto progettare il proprio futuro, quanto e di quanto occuparsi degli altri e quanto e di quanto imparare a contare su sé stesso. Non è certamente Serra che deve dire a Nathan quanto e di quanto crescere. Può solo dargli un indirizzo.

    Lo fa con quest'ultima saga, la saga finale del robot finale e della nemesi finale. Dovrebbe durare ancora quattro numeri, diluiti nei prossimi due anni, e poi chiudersi col gigante del 2015.
    Intanto, se il #253 era stato un prologo, il #263 è l'incipit di questa saga. Per l'occasione Serra ripete l'esperimento di La Megalopoli e incorpora due storie in uno stesso albo. Il risultato però è decisamente migliore, in quanto stavolta la prima e la seconda storia sono assolutamente propedeutiche l'una all'altra e viceversa, mentre La Megalopoli e Chi è May? si erano occupate di cose diverse. Quest'albo, invece, è costruito davvero perfettamente. Lo spettro del futuro, scritta da Eccher su soggetto non accreditato di Serra e illustrata splendidamente da Giardo, svolge più funzioni contemporaneamente. Per prima cosa permette a Eccher (autore dell'ultimo Special ed esordiente sul mensile) di farsi le ossa e sperimentare subito una foliazione diversa dal consueto, più breve del solito e in cui non è facilissimo dosare gli ingredienti. Ingredienti che inoltre consentono a Eccher di immergersi subito nel Serra pensiero e di farlo suo (l'unico modo per potersi definire suo erede). La storia vede infatti Nathan e il robot Mac chiacchierare in un barbot, un bar per robot, che a seconda delle prospettive è deprimente (per l'umano Nathan) o divertente (per il robot Mac). I due chiacchierano del futuro visto dal passato e dal presente, ovvero dagli autori di science fiction del XX° secolo e dagli stessi Nathan e Mac. Oltre agli inconsueti mini what if in cui il cast neveriano reinterpreta Verne, Star Trek, Star Wars e Kirby, nei quali Giardo scatena il suo stile mimetico e vittoriano, la storia è costituita da dialoghi ben fatti che ben imitano una chiacchierata orale, ma soprattutto è costellata di riflessioni interessanti, tra le quali spiccano i robot, simboli per antomasia del futuro. Viene tratto un bilancio sul loro ruolo, che sembra prima essere negativo, poi tutto sommato positivo.
    A questo punto irrompe Il ritorno di Omega (Serra/Martino) che già dal titolo fa ripensare con effetti tragici alla chiacchierata appena terminata. Serra ricorda di nuovo che il fato sembra essere inevitabilmente negativo, e con l'alleanza Omega-Solomon Darver e la nascita di uno Stato Robotico nel Territorio, e con il lifting dello stesso Omega che si presenta sorridente alle masse e stipula un contratto con il Consiglio di Sicurezza e i cittàestiani, la trama imbocca il percorso più logico. E probabilmente definitivo. E che potrà essere marcio, ma, chissà, anche bellissimo.
    Dipende tutto da come si cresce e da come ci si approccia alle cose della vita.
    Fumetti compresi.
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    Ottimo lavoro.
  • Nathan Never #264: Oscuri segreti (Secchi/Bormida)
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    Orbene, dopo lo scorso numero e un anno di NiNo era tempo di fare il punto della situazione. L'occasione è ghiotta, e così la redazione ne approfitta per introdurre un nuovo membro del cast, Julius Hershfeld, lo psicologo dell'Alfa. Niente di meglio per psicanalizzare i protagonisti della serie. L'occasione è ghiotta, pertanto ad occuparsi del tutto viene chiamato Riccardo Secchi, lo sceneggiatore psicologo, autore in passato di memorabili prove neveriane.
    Il risultato è buono, mette in evidenza l'estrema umanità di questi personaggi pieni di debolezze. E di dubbi. Nathan non vuole parlare del suo passato: gustoso stratagemma metanarrativo per aggirare l'ennesimo riassunto o estrema fallacia di un uomo che per non farsi tormentare dai sensi di colpa li evita e basta? Elania non è una stronza come Darver, ma è troppo insicura. Bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto? Sigmund ha manie di grandezza oppure no? Branko e May non sono troppo dipendenti l'uno dall'altra? E Legs, la sempre ribelle Legs, in questo numero è esagerata o in linea con il suo carattere focoso? Io dico entrambe le cose: il suo carattere focoso l'ha portata a troncare in fretta e furia con Janet e il suo recente passato, e dal NiNo in poi sta reagendo con esagerazione. Si comporta in modo finto e grottesco, ed esagera, perché non vuole pensare. Come Nathan, Sigmund, Elania, Branko e May. Ognuno reagisce a modo proprio. Con dubbi e debolezze estremamente umane.
    Un albo che non vuole essere esteticamente bello, e infatti non lo è. Ma un albo necessario, che con i suoi umanissimi tempi morti* vuole essere utile. A prendere il fiato e a fare il punto della situazione.

    *p.s.: holmesianamente ad un certo punto ho pensato che Rosemberg fosse il padre di Matthew e che la sfuriata di Elania nel flashback avesse anche una ragione concreta. Invece no, non sempre quel che rimane una volta esaminato il possibile, per quanto improbabile, risulta essere la verità :P.


    Universo Alfa #12: Le cronache di Marte #1 - Il gladiatore (Vigna/Bonazzi)
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    Nuova miniserie per Universo Alfa, la quinta. La prima dichiaratamente a termine: Vigna mette in guarda il lettore e fin da subito gli annuncia che Le cronache di Marte sarà una trilogia. In realtà anche le miniserie precedenti erano a termine, ma questo lo sapevano solo gli iscritti al NNForum. In realtà, se La squadra segreta ha concluso naturalmente il suo ciclo con il reintegro di Legs nella serie mensile, Dipartimento 51 attende di concludersi col quarto volume, si spera in autunno, mentre da Sezione Eurasia non si sa bene cosa aspettarsi. Di Guerra Futura, invece, è atteso sicuramente il volume sulla Guerra dei Mondi ma poi boh, mentre di Generazione Futuro boh fin da subito, la nascita di 'Dragonero' sta tenendo impegnato Vietti oltremisura. Di conseguenza occorre turare le falle, in barba alle dichiarazioni di Serra che nel 2011 diceva che gli spin-off di NN vendevano poco e che non si sapeva se avrebbero passato indenni il 2014. Mah, vedremo se queste Cronache di Marte saranno il canto del cigno oppure no. Canto del cigno potrebbero sembrarlo facilmente: sono ambientate in un ennesimo futuro alternativo, privo di collegamenti alla serie mensile, e sono scritte da Vigna, il quale per di più non manca di far sapere di essersi volutamente rifatto, per l'ennesima volta, ai fumetti di fantascienza anni '30. Ad un certo punto avevo anche pensato di non comprarlo nemmeno, quest'albo, poi quel che rimane del mio spirito collezionistico e la mia infinità bontà/pazienza/curiosità hanno preso il sopravvento. Ora, non arrivo a ringraziarli, dato che l'albo non è nulla di eccezionale, la solita dittatura con i soliti ribelli. Però devo ammettere che la lettura è stata agevole, con punte di noia quasi nulle. Merito forse dell'insolita (bonellianamente parlando) suddivisione in capitoli (benché possibilmente posticcia, dato che i primi tre sono lunghi una cinquantina di pagine e l'ultimo una ventina) o dei disegni di Bonazzi, curiosamente tratteggiati nel primo capitolo. L'universo alternativo, inoltre, non è inventato di sana pianta, ma è lo stesso visto nel gigante #10 (guarda caso di Vigna/Bonazzi) e negli almanacchi 1995/1998, solo 300 (meno qualcosa) anni dopo.
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    Ottimo lavoro.
  • Giugno bof su Nathan Never.
    Nathan Never #265: Eroi nella polvere (Rigamonti/Dakar Meli)
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    Di nuovo il 2x1. Stavolta, però, deludente. L'escamotage delle brevi accorpate in questo numero serve solo ad introdurre tre new entry nello staff neveriano. Ecco allora che Rob Dakar Meli illustra una storia assolutamente, ma assolutamente, non un po', assolutamente, inutile, solo per poter disegnare qualcosa. E il problema non è mica Branko che tira le macchine, come vuole la vulgata, è proprio che la storia è quanto di più inutile è mai stato pubblicato su questa serie. Una miscela di roba già vista, ma non una volta, almeno cento, e non in tempi remoti, ma negli ultimi mesi. Il Territorio... ancora? Le bande di riders... ancora? Nathan e Branko che sono amici... ancora? Lo sappiamo già. Ovviamente non conta che a guerra finita il mutato fosse pieno di dubbi, facciamo finta che quelli siano spariti con l'ultimo Gigante e diciamo che è ancora un amicone fidato. Ebbene, lo è dal '98, non si capisce perché ribadircelo, e sicuramente non si capisce perché farlo sulla serie mensile. Bah. Almeno il tratto del disegnatore fosse qualcosa di insolito... è buono, ma nella norma, è quel che ci si aspetta da un disegnatore di Nathan Never.
    Ali d'acciaio (Barzi/Fiorelli) è una invece una triplice sorpresa. Nulla di eccezionale, ma visto l'obbrobrio che la precede, arraffiamo con piacere. La prima sorpresa è che, oltre al disegnatore, anch'egli non innovativo ma inserito nel processo di omologazione visiva della serie, ad esordire è anche lo sceneggiatore. Il quale non è pinco pallo, bensì Davide Barzi, già noto per varie cose, anche in Bonelli (come articolista, però). Ebbene, il Barzi esordisce molto bene. Gli viene chiesta di fare una cosetta, e lui fa una cosetta. Ma ci si mette di impegno, e riesce a tirar fuori un paio di intuizioni mica male. La prima è che fa di Anthony Olsen il protagonista della storia, pur non relegando Nathan al ruolo di mero comprimario. Ciò lo rende un primatista, dato che di Olsen finora non si era occupato nessuno. La seconda poggia sull'introduzione di Yana, la donna "angelo". Già questa cyborg alata, in un momento in cui esiste Omega, è molto interessante di per sé e si presta a possibili riutilizzi. Ma è il modo in cui Barzi conduce la breve narrazione a sorprendere: in sole 46 pagine, che in Bonelli sono poche, riesce ad articolare una storia completa e aperta, a mantenere una narrazione delicata ma non lenta, con i personaggi che parlano e pensano quando serve, e riuscendo al contempo ad occuparsi sia di Olsen che di Nathan senza far prevalere l'uno o l'altro, a caratterizzare un personaggio già esistente (Olsen) dandogli una prima psicologia e ad introdurre e caratterizzare un personaggio nuovo e visivamente interessante. Il tutto all'esordio. Ahò, anvedi sicche robba.

    Agenzia Alfa #28: Trappola sul mare, Uomo o macchina?, Il bersaglio, Come un ladro nella notte, Due contro tutti (Piani/Lazzarini; Rigamonti/Boccanfuso; Perniola/Zoni; Eccher/Arduini; Perniola/Martusciello)
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    Soldi buttati. E' così che si può riassumere questo numero di Agenzia Alfa, testata la cui versione estiva era rinata intorno al 2010 dopo anni di fillerate usa e getta e che ora prende quella rinascita e la butta nel secchio. L'ufficio marketing bonelliano ci prova: confeziona un numero con ben 5 storie e lo pubblicizza con roboanti reclame: "Amore, odio, morte, avventura, dramma, azione... cinque storie mozzafiato ambientate nel mondo del futuro!". Uno spot anni '80, insomma. E se la pubblicità già sa di vecchio, figurarsi come possono essere le storie. Trappola sul mare vede il ritorno di Piani ai testi. Stefano, ti ammiro per alcune tue storie passate, ma dimmi che questa è una giacenza; se è un ritorno, ti prego, non tornare. La mafia, sigh. Coi nomi siciliani, sob. Bedda matri, nel 2013, ma come si può? Già le premesse, Branko e May in mezzo al mare con sconosciuta, sapevano troppo di Ore 10: calma piatta e non invitavano certo alla tensione. Ma con l'arrivo di Carmelo e Santino i cabbasisi non solo si scassano, ma cadono e devo mettermi a cercarli. E per bontà d'animo taccio sulle tavole pin-up finali (che comunque hanno più senso qua che nel mensile). Insomma, mi chiedo perché la povera Lazzarini, che è brava, venga adoperata per le storie inutili. Uomo o macchina? prova a ricordare cos'è Nathan Never utilizzando tre degli ingredienti principali della serie: introspezione, atmosfera, robot. Il risultato è come il titolo: una sintesi che non va oltre il compitino. Probabilmente, come nel mensile di cui sopra, anche questa storia è solo un test per il disegnatore, in questo caso un Emiliano Boccanfuso il cui stile ricorda molto quello di Olivares. Non è l'unico esordiente: anche in questo albo i debuttanti sono tre. Il secondo è Ivan Zoni, che illustra Il bersaglio. La storia è scritta da Perniola e dimostra come mai io, fin dai loro coevi esordi, lo abbia sempre preferito a Rigamonti. Perniola è un fan della serie e prova a dare un po' di respiro alle sue trame. Non che in questo e nel successivo caso i risultati siano indimenticabili, ma si nota nella sceneggiatura e nel ritmo la volontà di andare oltre il compenso pattuito. Certo, l'intrusione nell'Alfa è assurdona, tant'è che i personaggi stessi si chiedono WTF, ma trovo che la provenienza della minaccia e le modalità della sua ritorsione abbiano un minimo senso. La storia si fa notare anche per il cameo di Morrighan, preludio al suo ingresso nel #266, solo che qui sembra ancora proconsole. Come un ladro nella notte è un'altra storia assolutamente inutile, con May che svolge la solita missione nelle solite modalità. Se pure Eccher si mette a scrivere 'ste cose siamo finiti. Non basta che l'interazione fra May e il ragazzino sia tutto sommato funzionante e non basta avere la Arduini fissa in medioriente per poter dire "sì, questa storia serve a qualcosa". Una frase che invece può andare bene per Due contro tutti. Oltre all'esordio bonelliano di Alessia Martusciello, ben nota a noi lettori topoliniani (qua e là lo stile si riconosce), la storia possiede una minima valenza nel momento in cui va a mostrare l'evoluzione della terraformazione marziana, che con la Guerra dei Mondi e tutto l'ambaradan successivo era stata messa da parte. Ecco, Perniola, anche riciclando uno stesso spunto (Elania sotto scacco) in due storie, dà una indicazione di come questo numero e questo giugno neveriano avrebbero potuto essere. Speriamo in luglio.
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    Ottimo lavoro.
  • Luglio ripaga un pochino le speranze.

    Almanacco Fantascienza 2013: La confraternita (Rigamonti/Giez)
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    Un Almanacco in cui c'è del buono e del meno buono. Evito di dilungarmi per la tremillesima volta sul concetto di utilità dell'Almanacco bonelliano nel XXI° sec., sulla qualità delle sezioni Attualità mediatiche, sulla "ponderosità" dei dossier. Sono passati vent'anni tondi proprio con questo Almanacco (20 anni di Almanacchi Fantascienza e 20 di Collana Almanacchi), i tempi che viviamo sono questi e questo passa in convento. O si chiude la collana, o si passa ad altri generi (termine che odio sempre di più) o si fa una cosa tutta diversa da quella che c'è adesso (e quindi, di fatto, si chiude la collana e si passa ad altri generi). Oppure si tiene l'Almanacco come è e si cerca di godere del bicchiere mezzo pieno. Ora, i tuttologhi viventi sul pianeta non sono poi molti, e quelli che ci sono lavorano in Bonelli (poi magari nelle storie la tuttologia degli autori non si nota, ma è sicuro che ci sia: se non sai tutto in Bonelli non lavori). La maggioranza della gente tuttologa non è: è pigra, è indaffarata, è gnurant, è sofisticata. Io sono tutte e quattro le cose, sicché negli Almanacchi bonelliani qualcosina piccina picciò che non conosco la trovo sempre. In questo caso, un paio di romanzi di scifi nuovi e qualche vecchio film misconosciuto che avranno visto solo l'Eddy di questo forum e il Colombo della Bonelli (e Recchioni). Oppure il fumetto Gipsy, che pensavo fosse una scemenza invece sembra appetibile, o ancora il libro sulle copertine di Karel Thole. L'Almanacco, a proposito, ospita un dossier dedicato a Urania, che quest'anno compie 50 anni di presenza ininterrotta nelle edicole. Il dossier è scritto da Lippi, il curatore di Urania, quindi è official. Non aggiunge nulla di nuovo, ma è una sintesi che per chi non sa può andare. E così si ritorna al concetto di partenza, quello degli Almanacchi che una volta erano per appassionati veraci e ora sono per neofiti. La rece a bivi: chi vuole approfondire il mio pensiero sull'argomento torni alla terza riga, chi vuole andare avanti prosegua su questa. Dunque, il mio primo pensiero in merito a Urania va sempre alle copertine di Karel Thole, di conseguenza il secondo pensiero è sempre "ma l'avranno fatta una raccolta delle copertine di Karel Thole?". Ecco, ora so che l'hanno fatta. Ma l'articoletto non dice quanto costi, forse perché dice che il libro è di prestigio e lussuoso e vuole evitare un infarto a chi legge snocciolando cifre spropositate. Nella sezione film, intanto, Colombo parla bene di Cloud Atlas, di Iron Man 3 e incredibilmente anche di Star Trek Into darkness. Ma potevo io essere d'accordo con lui al 100%? No, e infatti mi parla con sufficienza di Upside down preferendogli Elysium. Ciò lo smonta, perché nella sezione Libri si cita la fantascienza astronautica, e nella sezione Film non si parla di Gravity. Gravity non è ancora uscito, ma non lo è nemmeno Elysium e Colombo doveva saperlo (e comunque District 9 era una cazzata, divertente ma cazzata). Nella sezione Telefilm, intanto, Priarone cita Revolution e uno spin-off di Primeval già cancellato. A fondo albo, oltre al dossier su Urania, ve ne sono altri tre. Uno è dedicato alle 'fini del mondo' (come l'albetto di Martin Mystère in edicola, un crossover tematico!) e un altro all'aldilà nella scifi. I consueti elenchi di titoli da annotare o depennare. Il terzo e pubblicizzatissimo dossier è nientemeno che l'anteprima di Dragonero e di Orfani! Peccato che il dossier duri poche pagine, che Dragonero sia già al secondo numero e che le illustrazioni di Orfani siano una manciatina. La più interessante è a sfondo giapponese... per il resto, l'unica novità - se lo è - è la data di uscita di Orfani: il 16/10/13. Orfani #1 o #0 (perché ci sarà un #0)? Non c'è scritto. Ehi, e il fumetto? Il fumetto è forse la cosa meno interessante del lotto. La confraternita è una storia con qualche buono spunto, sfruttato non proprio bene bene. Non per più di qualche pagina, perlomeno. Rigamonti prova a far dimenticare il #265 restituendoci il suo Nathan musone, bisognoso di coccole. Lo fa bene per un po', complice l'indagine all'interno della confraternita di Horus. Il suo tentennamento, la vicinanza con la ragazza di turno (che non sfocia in sesso soap), il bisogno di staccare dagli eventi che ha vissuto ultimamente. Per alcune pagine il racconto è sfumato, piuttosto gradevole, anche sul piano visivo. Poi prevale l'indagine con la sua risoluzione banalotta e lo stacco di - argh! - sei mesi. Ormai il rispetto per le tempistiche ce lo siamo giocato anche su questa serie, sigh. Peccato perché poi l'idea dell'isola simbolica da raggiungere per trovare la pace era molto serriana e bella. Ma quel che è fatto è fatto, o si guarda indietro o si guarda avanti.

    Nathan Never #266: Doppia indagine (Perniola/Cascioli) [1di3]
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    Il numero di Luglio è la prima parte di una tripla strutturata in "stile serial tv" (puntate quasi autoconclusive, le prossime saranno disegnate da altri autori). Una prima parte buona. Niente di eccezionale, per il momento, solo ben scritta, dai ritmi ben dosati, capace di reintrodurre il giudice Morrighan e la psicologa Christine Trust (dal maxi #7) nel cast, di introdurre ex novo la nerd Ekene e di far interagire il periodo di prova dei nuovi con le due indagini parallele condotte dai vecchi. Buona la scelta di non dividere banalmente in maschi e femmine, Morrighan con Legs ci sta benino. Tyrrel è autorizzato a comprare questo e i due numeri successivi.
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    Ottimo lavoro.
  • max brody ha scritto:Tyrrel è autorizzato a comprare questo e i due numeri successivi.
    Prendo nota.

    Comunque voglio che la collana Alamanacchi prosegua anche solo per leggere una recensione come quella poco sopra.
  • Nathan Never #267: Sulle tracce del serial killer (Perniola/Forlini) [2di3]
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    Uno dei titoli più banali di tutti i tempi etichetta la seconda parte della storia di Perniola che introduce un nuovo agente Alfa. Una seconda parte condita da spunti nient'affatto male, su tutti [spoiler]la clamorosa toppata delle due psicologhe[/spoiler] che conduce all'interessante cliffhanger. Interessante perché con questo numero Perniola dimostra una volta di più come si possa adornare una trama qualunque di più chiavi di lettura e trasformare così un nucleo fatto di piattume in qualcosa che non è tempo perso seguire. Nel seguire una trama in apparenza semplicissima, il lettore si ritrova a dover tenere conto di varie cose: dalle due indagini condotte in parallelo alla piccola quest inerente il nuovo agente (fra Morrighan, la Trust ed Ekene imho se la giocano il primo e la terza) alla condizione umana di questi tre character all'evolversi della psicologia di Nathan e Legs all'integrazione multitasking fra tutti loro (Perniola è molto bravo a non intessere relazioni monogame e a far parlare ciascun personaggio con tutti gli altri). Dal punto di vista narrativo, inoltre, Perniola conferma la sua volontà di eliminare spieghini e ridondanze senza per questo accelerare random il ritmo della storia; per questo fa uso di vignette mute, utilissime per "fare paesaggio" e mostrare, senza spiattellarla con enfasi, la megalopoli e il suo costante sviluppo. A proposito di megalopoli e sviluppo, Perniola è ormai l'unico sceneggiatore che ancora introduce novità con un minimo di interesse, come in questo caso il quartiere-isola New Deep la cui pianta richiama quella della capitale di Atlantide, un tipo di scelta che concede al fan la possibilità di un minimo di speculazione nerd (Mister Alfa, d'altronde, ha vinto la guerra). Insomma, buono il lavoro di Perniola, macchiato soltanto da una svista nell'ultima vignetta di pag.40 nella quale Sigmund non balbetta (forse nello scriverla l'autore era mentalmente rimasto alla gag sulla balbuzie di poche tavole prima). Sul piano grafico all'esordiente Forlini non vanno addossate colpe, ma il suo stile rappresenta decisamente la vittoria dell'omologazione grafica, simile com'è a quello di Cascioli. Il quale, comunque, aveva firmato la prima puntata e impostato graficamente la storia. Il giudizio su Forlini dunque è solo una constatazione e non una dichiarazione apocalittica, a maggior ragione dopo aver visto l'anteprima del prossimo gigante, disegnato da Roi con il suo consueto stile espressionista.

    Sempre in tema di anticipazioni, il sito Bonelli spoilera quel che rimane del 2013 neveriano.
    A pelle, il mensile sembra nuovamente sprecato. Bene invece per Guerra futura e probably idem per lo special, nonostante sia una vecchia storia riadattata. Che palle Serra/Giardo su Agenzia Alfa, lo volevo saltare. -_-

    Meanwhile, la Grande Ristampa cessa le pubblicazione con il numero in edicola.
    Io non ho seguito questa collana, ma forse avrei dovuto: infatti ha ristampato, senza dirlo, alcune storie brevi, tra cui, pare, il raro crossover con Mister No. Dunque almeno un numero mi toccherà recuperarlo.
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    Ottimo lavoro.
  • Nathan Never #268: Guinea Pigs (Perniola/Vercelli) [3di3]
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    Buffa la copertina che mostra una scena che nell'albo compare più volte, ma senza Nathan.
    Bene, la trilogia di Perniola finisce come doveva finire, e con in più la piccola sorpresa robotica, coerente con il percorso che lo stesso Perniola aveva imbastito prima della guerra. La sottotrama dei robot C3 è di fatto l'unica aperta al di fuori del trittico Alfa-Omega-Uomo Quantico ed è logico vederla svilupparsi ora che le atmosfere sono tornate quelle dei primi numeri, ai tempi in cui però si finì a parlare di robot solo con Aldus e le sue paturnie. Qui invece la direzione sembra prendere una direzione più popolare e ampia, e sarà interessante vederla approfondita. Perché, diciamocelo, se il NN storico sta finendo e uno nuovo sta iniziando non è detto che quello nuovo debba essere seguito tutto e per forza, a maggior ragione dopo questa annata deprimente. Eppure Perniola sta dimostrando di meritare fiducia, di avere delle idee e dei progetti a lungo raggio e di essere in grado di districarsi nella folta selva di sceneggiatori messa su da Serra seminando queste sue idee in modo da saggiarne fin da subito un' anticipazione. Insomma, Perniola è da seguì: sa ritmare le sue sceneggiature, sa caratterizzare i personaggi, sa gestirli e farli parlare fra di loro in modo verosimile, sa rigirare trame ritrite in modo nuovo mixando per bene gli ingredienti. Cosa volere di più? Tripla promossa, senza dubbio. E non solo perché ho indovinato i due nuovi innesti dell'Alfa. No, è una bella storia, più volte spiazzante, anche nel suo essere insolitamente splatter e persino un po' gore.
    Stacco. Un tempo, gli albi della vecchia guardia bonelliana (da Tex al MM anni '80) erano spezzettati, spesso contenevano il pezzo finale di una storia e il pezzo iniziale di un'altra. Talvolta non c'erano problemi, ma talaltra i due pezzi, specialmente quello iniziale, erano allungamenti di brodo che poi portavano a ridimensionare la valutazione delle storie nel loro complesso. Tuttavia, anche la formula degli albi completi, delle storie singole/doppie/triple ha comportato spesso lo stesso problema: quando si deve riempire un numero predefinito di pagine lo scrittore finisce sempre per tagliare o allungare qualcosa. La redazione di NN da qualche tempo ha trovato una terza via (non completamente inedita, già MM la sperimentò in un paio di occasioni) con cui aggirare l'ostacolo, via che prevede, anziché storie di giocoforza 94/188 tavole o storie slabbrate fra un albo e l'altro, albi con storie di lunghezze diverse. Nelle tre occasioni precedenti, una volta il gioco è riuscito bene (#263), un altro male (#265) e un altro a metà (#257). Ora la situazione si propone ed in un contesto ancora una volta diverso dai precedenti. Primo, perché la prima storia non è completa ma è la terza parte di una trilogia, secondo, perché la seconda storia riesce buffamente ad essere un pezzo di saga slabbrato che poi porterà a ridimensionare la valutazione complessiva della saga stessa.
    Peccato, perché Tragiche rivelazioni (Serra/Giardo) in sé è una storiella molto godibile, con una sceneggiatura già vista diverse volte ma ben resa da un Giardo che fa belli anche gli scarabocchi, figurarsi delle tavole molto sentite come quelle con Nathan, Sigmund e Legs malinconici. Poche pagine "facili", nel senso che con i lettori neveriani è gioco facile puntare sul passato e sulla nostalgia, ma oh, coinvolgenti sono coinvolgenti, per cui merito al merito. Poi una piccola rivelazione inedita (Sigmund [spoiler]ha una malattia genetica[/spoiler], ma secondo me è qualcosa legato alle zozzerie che si è fatto ai tempi in cui si faceva sostituire da Omega), il cameo di Omega (pur'egli [spoiler]malato, d'altronde è il "figlio" di Sigmund[/spoiler]) che spia i nostri e voilà. Il guaio è che a Omega gli si fa dire che "tra poco" passerà all'offensiva, ma poi si va a vedere le previews e si scopre che per il resto del 2013 paiono essere previsti solo filler. Groan, e allora Serra lo dica che vuole essere spernacchiato dai forum. Come se non bastasse il suo parere reazionario su Pacific Rim :P (bello comunque che sia NN che MM parlino di kaiju proprio adesso).
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    Ottimo lavoro.
  • Su FB Vigna fa il Recchioni e pompa l'hype scrivendo cose come:
    Bepi Vigna ha scritto:fra qualche mese tutta la verità su Nathan Never... ciò che nessuno ha mai rivelato. Disegni di roberto De Angelis

    e
    Bepi Vigna ha scritto:ho appena ultimato una miniserie in sei albi che potrebbe intitolarsi... "Tutto ciò che sai su Nathan Never è Falso!"
    e
    Bepi Vigna ha scritto:sarà molto più dura e violenta dello standard a cui siete abituati
    Sta parlando della miniserie in 6 numeri disegnata da DeAngelis, di cui linka pure una tavola.
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    Ottimo lavoro.
  • Vigna continua a scrivere cose pazze. Qui e qui.
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    Ottimo lavoro.
  • Indubbiamente quanto ha scritto incuriosisce non poco, in particolare le questioni relative al rapporto serie/lettori e alla vera storia sul passato di Nathan. Ho comunque l'impressione che il buon Vigna se la stia scialando un mondo a scrivere queste cose e vedere l'effetto che fa.
  • L'avevo saltato, poi l'ho scroccato. Eccolo qua:
    Agenzia Alfa #29: Attacco alla Yakuza, Alta moda, Crash test, I volti delle ombre, La prova, Epilogo (Perniola/Lazzarini, Eccher/Arduini, Rigamonti/Zoni, Rigamonti/Di Clemente, Gualdoni/Regazzoni, Serra/Giardo)
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    Le prime quattro storie sono la solita solfa. La sceneggiatura di Perniola è, al solito, la più dinamica e la meglio strutturata, e anche Rigamonti fa un discreto lavoro con l'esordio in solitaria dello psicologo Herschfeld nella quarta storia. Tuttavia, sono comunque i disegnatori l'unico motivo di interesse delle prime quattro trame: la Lazzarini è probabilmente la migliore interprete di May, la Arduini riesce a rendere sensuale perfino Kay, mentre Zoni e Di Clemente fanno il loro. Poi arriva La prova di Gualdoni/Regazzoni, i due esordienti di turno. Ok, Gualdoni si sapeva chi era, e proprio per questo non mi aspettavo un esordio così immerso nella continuity. L'ex curatore dylandoghiano, infatti, riporta il lettore al tempio telepate e ripesca vari personaggi abbandonati prima della guerra, da Keiko a Malwa e Mysore, quest'ultime addirittura agganciate alla saga dei giganti di Vietti tramite da una sagace battuta. Quel che Vietti non aveva ancora ufficializzato, cioè che le Malwa e Mysore del presente sono le stesse del futuro dell'Imperatrice Ann, lo fa Gualdoni all'esordio. LOL. Come se questo non bastasse, la storia si fa leggere gradevolmente, anche se odora di anni '90 lontano un miglio. Ma la nostalgia e l'attaccamento tenace al passato è da sempre uno degli ingredienti di NN, e non a caso l'albo si chiude con l'Epilogo extra by Serra/Giardo, epilogo nel quale Omega cambia nuovamente look, si fa fare un riassunto delle cinque storie precedenti e minaccia di voler tormentare tutti, Betty compresa. Così in poche pagine Serra riesce ancora a dire la sua. Che ridere infatti pensare come questo Omega ridicolo, così attaccato ai suoi brutti ricordi e che spernacchia chi considera colpevole del suo mal di vivere, assomigli ai lettori.

    Nathan Never #269/270: Sangue nell'arena/Effetto domino (Eccher/Vercelli-Mandanici)
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    Col senno di poi avrei volentieri saltato anche questa, ma una letta alla serie regolare gliela si può ancora dare, sebbene l'annata 2013 di NN si sia rivelata, direi che a novembre lo si può dire, bruttarella a dir poco. In questa storia, addirittura doppia, a parte l'ottima Mandanici (che nella prima metà inchiostra Vercelli), ci sarebbe da buttare praticamente tutto. Come mai? Beh, basti questo: Il Carragueño, il generale Moreno, il colonnello Ruiz e la revolucion dei compañeros. In una storia del 2013. Bloargh. Non mancano, per la gioia di Bramo, il villaggio dei poveri, lo sport truccato per compiacere le masse (un wrestling che Nathan trova DIVERTENTE) e la giornalista d'assalto compiacente finché serve. Ah, ci sono pure tre mutati semianimaleschi, ma per fortuna non è presente alcun uomo tigre. L'uomo leone invece sì. Per di più, questi mutati si autodefiniscono "marziani" e finita lì, a Eccher poco gliene cale di inquadrarli nel contesto neveriano.
    No, vabbè, a essere buoni come il pane come lo sono io, possiamo trovare nel regime delle banane di Moreno pesanti echi del nostro... ma è più demerito nostro che merito della storia.
    Bah, certo che storie così sembrano fatte apposta per dare ragione ai lettori petulanti.


    Universo Alfa #13: Guerra Futura 2115 - Invasione marziana (Vietti/Bertolini-Da Sacco-Fiorelli-Oskar-Pueroni-Santoro)
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    Ed ecco il tanto atteso Guerra Futura dedicato alla Guerra dei Mondi. Esce ben due anni dopo quella guerra, in un momento in cui un tale numero non c'entra nulla con quello che la serie sta raccontando (o non raccontando): sembra fatto apposta per dare ragione ai lettori petulanti e nostalgici. Inoltre, se la storia di Eccher è il solito action B movie, quello di Vietti è il solito collage di solite storie di guerra. Perché, diciamolo, se non fosse per qualche vignetta con i tripodi, la differenza fra questo e gli albi dedicati alla Guerra contro le Stazioni Orbitanti sarebbe quasi nulla (e la differenza fra quelli e i film sulle guerre novecentesche e non consisteva solo in qualche arma sci-fi e in qualche autoreferenzialità neveriana). Ma è pure vero che non è colpa di Vietti se le guerre sono tutte uguali, e non è colpa delle guerre se l'albo esce così e in questo momento. Prima del 2011 andavano fatte delle scelte a monte più drastiche e decise. Pazienza. L'albo è di gradevole lettura, Vietti nel suo pane quotidiano è a suo agio... ma io non sono affatto un nostalgico di storie di questo tipo. A suo tempo hanno dato molto, ma è tempo di voltare pagina. In questo senso anche il personaggio di Delya Davids non riesce più a coinvolgermi granché. Andare a rimestare storie di guerra è comunque rimestare nel torbido e, anche se Vietti cerca di dipingerla sempre e comunque come una donna coraggiosa e onesta, di fatto è una giornalista arrivata già al terzo libro di memorie. Cos'è, deve diventare una produzione industriale, stile Bruno Vespa? Non mi sembra una operazione così sincera, la sua, considerando pure che i racconti sono tragici (e da un punto di vista "giurisprudenziale" non sono nemmeno comprovati). Il primo Guerra Futura aveva un perché, uno scopo, e partiva da presupposti molto diversi da quelli del secondo e di questo terzo numero. Prima Delya andava a cercare storie secretate da diffondere, ora ne riceve tonnellate da parte di gente smaniosa di apparire e le seleziona per pubblicare il libro. E dato che questo libro è di fatto l'albo stesso, ecco che l'operazione che sta dietro a Guerra Futura mi pare avere perso il suo significato.
    Gradevole, comunque, l'apparizione di Nathan.
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    Ottimo lavoro.
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