NN #252: Nel cuore della macchina (Serra-Rigamonti/Mandanici) svela il segreto di Sigmund: Serra sceglie la soluzione più logica e romantica, sicchè il coinvolgimento emotivo fa perdonare il rasoio di Occam. Non è che la nerdità venga a mancare, comunque: anzi, questo Sigmund che si rifugia nel cyberspazio perchè stanco della dabbenaggine dell'umanità è un Sheldon Cooper all'ennesima potenza, una manifestazione di arroganza e di comprensibile frustrazione che ogni nerd ha provato almeno una volta nella vita. Il caso di puntata, in sè inutilino come i precedenti due, come i precedenti due è una sintesi del caso di puntata tipo del periodo in cui la storia è ambientata, ovvero quello che io ho chiamato "terza stagione" e in cui i filler psicanalitici sono la norma. Soprassiedo sulla banalità del caso, dunque; quel che mi infastidisce, invece, è la carrellata avanti finale, in cui il gap temporale si colma in fretta e furia e si sorvolano elementi fondamentali come i litigi fra Nathan e Sigmund, peraltro citati - a questo punto incomprensibilmente - negli albi successivi. Mah.
NN #253: Omega (Serra-Perniola/Denna-Corbetta-Martino) è già uno dei numeri più chiacchierati di tutta la serie, e questo lo rende già un numero vincente. "Se ne parli male, purchè se ne parli" vuole la logica di mercato. Nessuna logica vuole invece che se ne parli male perchè fa moda farlo, e assurdo è non accorgersi che dietro all'operazione imbastita da Serra c'è tanta roba, NN al 100%. Omega è ridicolo perchè deve esserlo, è un'aberrazione che pensa di aver capito tutto del mondo ma non ha capito niente. Eppure è invincibile e nel suo essere un ennesimo nemico che può sconfiggersi soltanto da solo, come già sono Mister Alfa e l'Uomo Quantico, rappresenta la fine di tutte le cose. L'Omega, appunto. In un certo senso, a meno che Serra non estragga dal cilindro qualcosa di davvero geniale, Omega è la fine di NN, quando la sua storyline finirà finirà anche NN. Alfa, Omega e l'Uomo Quantico costituiscono un triangolo che rappresentano principio, fine e l'infinita varietà del tutto: metanarrativa e narrativa al contempo. L'avesse fatto Alan Moore sarebbero tutti a sperticarsi di lodi. Siccome lo fa Serra bisogna smerdarlo ad ogni occasione. Questo non significa che l'albo in sè sia privo di difetti: tutt'altro, i dialoghi di Perniola - rivisti troppe volte dalla redazione - sanno ancora un po' di forzato. Ma da qui a dire "schifo" ce ne passa.
Agenzia Alfa #26: Operazione di recupero, Madre vendetta, Il culto della follia (Sammartino/De Biase-Corda; Sammartino/Vicari; Rigamonti/Arduini)
Questo buffo albo va collocato per forza qui, anche se ciò comporta strattonare un po' la continuity. La mancanza del restyling grafico lo colloca infatti prima del #254, la presenza di Elania lo colloca DOPO il #249, il Sigmund che non balbetta invece lo colloca PRIMA del #249, visto che dev'essere per forza il robot. In caso contrario saremmo di fronte a un erroraccio impossibile da difendere. Anzi, l'erroraccio c'è comunque, perchè se siamo dopo la guerra il robot non dovrebbe esserci. E se siamo prima della guerra non avrebbe senso parlare di Branko e May (ma non siamo prima della guerra, perchè l'introduzione dice che siamo dopo). Bah. Ecco, piuttosto che con quel poveraccio di Omega sarebbe più salutare prendersela con questi errori da asilo.
Comunque le prime due storie sono palesi riempitivi, infatti le scrive Sammartino, ex lettore poi diventato autore tappabuchi. Le due storie rendono ben chiaro come il fulcro dell'intero volume sia la famiglia Branko-May-Kay, in piena fase di transizione dopo la guerra, ma la particolarità del tutto sta nel fatto che le due storie sono l'una il clone dell'altra: stesso identico svolgimento, stesso identico tema di fondo (solitudine, disperazione), stessa identica atmosfera da
La valle di Elah. Cambiano solo luogo e setting, con la prima che vede Branko in sudamerica e la seconda May in versione chic. La terza amplia il tutto e porta May in zona Babilonia per la terza volta in tre anni, segno che i semi gettati da Vietti nel 2010 e nel 2011 sono ormai diventati piante con cui fare i conti e da cui cogliere frutti. Il fatto che sia Rigamonti a portare avanti la sottotrama fa capire come Babilonia e la civiltà mutante che la abita siano ben tenute in considerazione dalla redazione e come sia lecito attendersi sorprese in futuro. D'altronde la May mutante che vediamo debuttare nel finale dovrà essere sicuramente ripresa. A parte questo,
Il culto della follia è una storia gradevole e dai toni decisamente marvelliani che ben si incastonano nell'operazione di rinnovamento voluto da Serra.
NN 254: Le chiavi del futuro (Serra-Perniola/Romeo-Masala-Vercelli-Corbetta)
I toni decisamente marvelliani del
Culto della follia qui diventano toni marvelliani all'ennesima potenza. Il focus su Branko e May dell'AA precedente porta infatti al matrimonio fra i due. E qui pare di leggere il volume
Matrimoni Marvel quando la celebrazione, oltre a farsi doppia con l'aggiunta dell'unione fra Sigmund e Betty (che cade un po' dal cielo, a dire il vero), viene condita da rinnovamenti grafici e cattivi spioni che boicottano per il gusto di farlo. Un albo che rimescola relazioni, aggiunge, toglie, chiarifica e che finalmente smuove la trama orizzontale. Ed è bella l'idea della piccola quest interna volta a trovare il nuovo agente Alfa fra i 9 candidati (da Marcus Morrighan a Ysha sono tutti volti conosciuti), una quest che per come è presentata ha quasi il sapore della multimedialità, quasi ci sia l'intenzione di invitare i lettori a decidere tramite mailvoto. Speriamo non sia dimenticata. Bello anche il restyling caciarone, forzato sì, ma giustificato dall'essere trasmesso in diretta tv. Insomma un albo che non è sicuramente da Pulitzer, ma che restituisce qualcosa che mancava da tempo immemore e che nel fumetto italiano manca poco che sia appannaggio del solo Casty: il SENSE OF WONDER (che sprizza già da copertina e titolo). Era ora, porco giuda.
Il #255 è la prima parte di una doppia, per cui il commento slitta a storia completa. Gli apocalittici che con due numeri più nerd del solito vedevano già la morte aleggiare sulla testata avranno finito di piagnucolare, spero; l'atmosfera messa su da Perniola è sempre vecchio stile, ma appartiene al filone malinconico e degradato a loro tanto caro.