[Bonelli] Le Storie

Editore che ha dato i natali ad alcuni dei personaggi più iconici della tradizione fumettistica italiana, toccando tanti generi diversi ma con uno stile unico e inconfondibile.
  • A me è piaciuto tantissimo,li prenderò tutti e non mi farò influenzare dai nomi in copertina. :beer:
    Sono sempre stato esauriente con le argomentazioni. :asd:
  • le Storie #2: La Redenzione del Samurai (Recchioni/Accardi)

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    In edicola è già uscito il terzo numero della collana, ma io ho avuto modo solo recentemente di recuperare e leggere il secondo, attirato soprattutto dal nome di Recchioni, i cui fumetti mi hanno sempre attratto per qualche motivo, e le cose che ho letto mi sono sempre piaciute.
    La Redenzione del Samurai non fa eccezione, invero: per quanto sia una storia in cui lo stile peculiare dell'autore non esca particolarmente dagli schemi, la sceneggiatura scorre bene, la storia è infatti costruita in modo tale da intrigare il lettore, da trascinarlo in questo mondo di guerrieri, onore e sangue. E poco importa se alla fin fine la trama non è niente di particolarmente originale, perché comunque viene valorizzata da una scrittura limpida, che non lascia molto al caso, e soprattutto da personaggi capaci di incidere davvero sulla narrazione e nell'empatia del pubblico. Shimada, il vecchio samurai, mantiene quel velo di atteggiamento strafottente tipico degli alter-ego di Recchioni, pur non eccedendo in tal senso, mentre il suo giovane allievo Tetsuo, vero protagonista della storia, incarna perfettamente i valori e il carattere che si addicono ad una figura del genere in una situazione del genere.
    Infine, inchino per i magnifici disegni di Andrea Accardi, che offre un lavoro davvero strepitoso: i personaggio ma soprattutto gli ambienti e gli sfondi sono un florilegio di particolari e dettagli curatissimi, che generano un insieme assolutamente vincente e con un'estetica dotata di maggiore appeal della media bonelliana, pur essendone molto debitrice.
    Andrea "Bramo" L'Odore della Pioggia
    Osservate l'orrendo baratro su cui è affacciato l'universo! ... senza spingere...

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  • Ho preso i primi due numeri di questa collana che mi sono piaciuti... Il terzo l'ho saltato a piè pari perché non mi attirava granché, il quarto l'ho comprato ma -bof.-

    E poi arriva il migliore volume finora:
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    Bello. Onirico, ma non troppo.
    Ha una struttura a flashback tra l'infanzia e l'età adulta del protagonista che non lo farebbero sfigurare come episodio autoconclusivo di LOST, o voi che continuate a cercare invano un erede. La parte col protagonista marmocchio e i suoi "giochi pericolosi" che non si sa come influiranno sul suo futuro, mi ha trasmesso una sensazione da 20th Century Boys (il manga di Urasawa).
    E anche belli i disegni di questo Matteo Mosca di cui ignoro l'identità, e io non sono un grande estimatore del solito tratto realistico bonellide.

    Insomma, davvero una bella lettura, consigliato.
    Soprattutto considerando che con 3,50 euro ti porti a casa una storia che profuma di graphic novel.
    Deboroh troppppppppo Web 2.0!
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  • DeborohWalker ha scritto:Insomma, davvero una bella lettura, consigliato.
    Soprattutto considerando che con 3,50 euro ti porti a casa una storia che profuma di graphic novel.
    Quoto.
    E penso che sia la dimostrazione perfetta di come l'esperimento di le Storie possa dirsi perfettamente riuscito, e spero che la cosa possa dirsi anche sotto il profilo delle vendite. Si dimostra una volta per tutte che la scuderia Bonelli ha all'attivo degli autoroni, sia ai testi che ai disegni, e si decide di dargli anche la possibilità di esprimere la loro autorialità fuori dalle collane storiche e dai personaggi decennali. Era una scommessa che, per quanto visto sinora, è vinta, al netto dei giudizi qualitativi s ciascun singolo albo.
    Tornando al #5, invogliato dalle recensioni positive che si leggevano online, e ricordando quanto ho amato la scrittura di Alessandro Bilotta nella miniserie Valter Buio (Deboroh, visto che hai gradito questo volume, ti consiglio di recuperarla), l'ho preso. E non me ne sono affatto pentito, anzi! Siamo a febbraio ma Il Lato Oscuro della Luna per me si candida di diritto ad essere uno dei migliori fumetti del 2013. Una narrazione che non lascia scampo, c'è un'angoscia mai ben definita o comprensibile, che proprio per questo inquieta, e che si pone a cavallo tra i flashback lostiani e il presente nello spazio. Bilotta ancora una volta sa dove andare a pescare nella ridda di sentimenti umani per colpire forte il lettore, e lo fa con una storia che è un inno ad un certo tipo di fantascienza, quella che parlando di spazio, alieni e astronavi in realtà rifletteva sull'essere umano e sulla sua solitudine. Che è esattamente quello che fa l'autore in questa storia.
    DeborohWalker ha scritto:E anche belli i disegni di questo Matteo Mosca di cui ignoro l'identità, e io non sono un grande estimatore del solito tratto realistico bonellide.
    Disegni ottimi davvero. Mosca è un disegnatore finora in forza alla Star Comics, ha infatti disegnato alcuni numeri proprio di Valter Buio. Ha un tratto davvero interessante, capace di essere fedele alla linea "verista" ma di avere un quid particolare e degno di attenzione. Se non erro si tratta del suo primo lavoro in Bonelli, gli auguro la miglior fortuna dunque.
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  • Gran bel numero, anche se stranamente mi è piaciuto di più Moon (cfr.sez.Film).
    "Stranamente" in quanto di solito adoro Storie così.
    E ne Il lato oscuro della luna è frullato un po' tutto quel che mi piace, però ho l'impressione che, aldilà dell'interpretazione, qualcosa non torni.
    [spoiler]Le sequenze spaziali sono di fantasia. La luna è la Grande Madre, l'utero, la fine e l'inizio della vita. Tutto ok. Anche l'opposizione madre/Madre(Luna) è ok. Il protagonista è morto, o non è ancora nato, è uguale. Ok. Le incongruenze storiche sono spiegate dal delirio in un punto di morte/non vita, ok. Rimangono però i due compagni di viaggio. Chi sono? Perché loro due? Perché si chiamano come si chiamano? In una storia in cui nulla vuole essere casuale ogni piccolezza deve avere un motivo. L'unica spiegazione che mi sono dato è che simboleggiano i due approcci alla vita: il sognatore/brava persona e lo scapestrato intrallazzatore. Forse possono essere ricondotti anche loro al trio padre-fratello-madre, tutti e tre idealisti ma anche concentrati più sui cacchi propri che su quelli dei loro cari e del mondo.
    Da qui all'ineluttabilità della vita, alla caduta (prevedibile) del sogno americano ecc. il passo è breve. Dall'esplosione di luce al silenzioso buio, dal ventre al cosmo, dalla madre di ciascuno di noi alla Grande Madre, dalla vita alla morte (anzi, dalla non vita alla non vita - passand, nel caso del protagonista, per la "non vita"!), tutto è già scritto, tutto è già detto, qua nessuno si inventa più niente. Se fossi americano direi: "Polvere alla polvere" o "Polvere eravamo, polvere ritorneremo". Di stelle o di terra, è uguale.[/spoiler]
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    Ottimo lavoro.
  • Preso e letto anch'io, invogliato dai commenti positivi letti in giro e da una copertina davvero bella ed evocativa. Il giudizio è altamente positivo, una lettura che ti prende e ti risucchia, facendo sentire addosso quella sensazione di angoscia e solitudine che si percepisce fin dalle prime pagine. Merito della sceneggiatura di Bilotta che scorre che è una bellezza, nonostante la storia sia tutt'altro che semplice (ergo: ma quanto è stato bravo?), nonché dei disegni di Mosca, che personalmente ho trovato davvero belli (il che mi ricorda che anch'io devo recuperarmi Valter Buio). Una storia con diversi gradi di lettura e di interpretazione, che profuma di graphic novel. [spoiler]Cos'è sogno? Cos'è reale? Forse è tutto un sogno, l'infanzia, lo spazio, la Luna, la Vita stessa. O forse è tutto reale, dannatamente reale, anche il gioco di due bambini, anche una casa sul Lato Oscuro della Luna.[/spoiler] Bello, bello, bello, e per quanto mi riguarda è già da candidare ai prossimi IMS2013.
  • Le Storie #10 - Nobody (Bilotta/Vitrano)

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    Alessandro Bilotta mi è piaciuto così tanto in passato che alla fine ho dovuto prendere la sua seconda incursione in questa interessante collana Bonelli.
    E non ne sono deluso: a mio parere Il Lato Oscuro della Luna è superiore a questo Nobody, ma ciò non toglie che anche stavolta il lettore si trova davanti ad una storia eterea, onirica, dove la distinzione tra realtà e finzione non è chiaro né chiarito. Su Facebook Bilotta riportava spesso la frase "Raccontare di solitudini. Sempre", e in effetti se c'è' una cosa in comune col quinto numero delle Storie è quella di avere un protagonista che, per quanto interagisca con altri personaggi, non è affiancato da amici o sodali ma è drammaticamente solo. Solo e ossessionato.
    Nobody infatti è un pescatore alla ricerca della moglie, rapita da un pirata: la sua unica missione nella vita è quella di ritrovarla e salvarla, ma quest'obiettivo è talmente disperato da assumere i contorni dell'ossessione, quasi della follia. Non a caso la gente normale lo allontana, e Nobody troverà persone in grado di capirlo e aiutarlo solo nei personaggi che hanno caratterizzato la mitologia e la narrativa legata al mare. Una passerella di citazioni di questo tipo, che non elenco per non rovinare la sorpresa, è un colpo di genio perché, lontana dal privare la storia di una trama come qualcuno nel web ha detto, serve invece a costruire in modo intelligente il carattere del protagonista, che si specchia e si fa consigliare in questi celebri personaggi. Certo, si potrebbe dire quindi che ben poco di originale si trova in questo Nobody e nella sua avventura, ma in realtà poco importa l'innovazione in questo caso: Bilotta voleva raccontare una nuova solitudine, e ha deciso di farlo attingendo direttamente ai classici per darle un taglio particolare, riuscendoci brillantemente a mio parere e confezionando una storia che lascia molte ombre e inquietudini su ciò che è vero e ciò che non lo è (il finale è da brividi in tal senso) e quel vago senso di inquietudine e di malinconica solitudine sono un regalo narrativo assai prezioso.
    Il comparto grafico non mi ha entusiasmato, ma Vitrano fa il suo onesto lavoro e porta a casa delle tavole buone e significative.

    PS: come faccia ad apprezzare un fumetto come Long Wei e uno come quello di Bilotta nello stesso giorno è qualcosa di misterioso, affascinante ed entusiasmante :P
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  • Riletto Il boia di Parigi. E rigradito. Più della prima volta. E' epichino, a modo suo, ma è anche intimista, più di quanto mi fosse parso ad Ottobre. Sceneggiato con sobrietà e decisione e disegnato in modo fantastico, i volti ripugnanti di Casertano sono proprio quello che sembrano. Rimane un ultimo dubbio, quello che ha rinfocolato la lotta di classe e di ideologie: Il boia di Parigi è un fumetto reazionario? Ma anche no, io direi. E' sicuramente una apologia contro le rivoluzioni farlocche, e per sapere quante rivoluzioni dal 1789 a oggi siano state reali e quante farlocche basta leggere il libro di Storia. C'entra un cazzo Paola Barbato, che di amore nella morte e morte nell'amore ha parlato anche su Dylan Dog e che mica s'è messa a improvvisare tanto per riempire 110 pagine. Avrà pure la sua opinione, ma in fondo mica è colpa sua se il libro di Storia riporta quel che riporta. Nel 2012-2013 di rivoluzionari è piena l'Italia, che non è la Francia ma poco ci manca. Rivoluzionari "nuovi" e rivoluzionari vecchi. Ecco, noi, nel 2013, stiamo ancora scontando le pene inflitteci dai rivoluzionari di vent'anni fa. Abbiamo più mezzi a disposizione degli analfabeti del 1789: cerchiamo di usarli bene. Anche se sono fumetti.


    le Storie #2: La redenzione del samurai (Recchioni/Accardi)

    Recuperato il n.2. Siamo da tutt'altra parte rispetto al Boia, eppure siamo sempre nel magico mondo di Un uomo un'avventura. Siamo in piena bonellianità, eppure siamo dalla parte opposta nel mondo, dove le cose vanno in un modo che per noi sarà sempre un po' incomprensibile. E giocoforza riadattato.
    Bramo ha scritto: La Redenzione del Samurai non fa eccezione, invero: per quanto sia una storia in cui lo stile peculiare dell'autore non esca particolarmente dagli schemi, la sceneggiatura scorre bene, la storia è infatti costruita in modo tale da intrigare il lettore, da trascinarlo in questo mondo di guerrieri, onore e sangue. E poco importa se alla fin fine la trama non è niente di particolarmente originale, perché comunque viene valorizzata da una scrittura limpida, che non lascia molto al caso, e soprattutto da personaggi capaci di incidere davvero sulla narrazione e nell'empatia del pubblico. Shimada, il vecchio samurai, mantiene quel velo di atteggiamento strafottente tipico degli alter-ego di Recchioni, pur non eccedendo in tal senso, mentre il suo giovane allievo Tetsuo, vero protagonista della storia, incarna perfettamente i valori e il carattere che si addicono ad una figura del genere in una situazione del genere.
    Infine, inchino per i magnifici disegni di Andrea Accardi, che offre un lavoro davvero strepitoso: i personaggio ma soprattutto gli ambienti e gli sfondi sono un florilegio di particolari e dettagli curatissimi, che generano un insieme assolutamente vincente e con un'estetica dotata di maggiore appeal della media bonelliana, pur essendone molto debitrice.
    Quoto, questo albo è ibridismo spinto, più di John Doe, oserei dire. Ritroviamo la sobrietà e la decisione che la Barbato aveva messo nel Boia, e anche in questo caso si ha l'impressione che il disegnatore si sia messo particolarmente d'impegno, consapevole che tutto doveva essere perfetto e calcolato a puntino. Ancor più che nel Boia ritroviamo sequenze d'impatto e crudeltà assortite. Siamo anni-luce dal Bonelli-tipo, eppure siamo in un Bonelli-tipo, dato che di storie così Un uomo un'avventura e altre testate sono piene. Con la differenza che in quelle il linguaggio non è particolarmente analizzato e ponderato, aspetto che invece fiocca da ogni tavola di questo numero. E no, non è una storia granché originale, questa, anzi, è un vero e proprio concentrato di topoi e cliché nipponici. Sono i cliché e i topoi visti dall'Occidente, e in particolare da Recchioni, che di Oriente è conoscitore, pare, profondo. Ma, per quanto possa esserlo, orientale non è. E deve adattare sé al contesto e viceversa. Così è lui il samurai che pare debba essere redento per forza sulla via della bonellianità? O è il vecchio sòla ardimentoso che fa le mangate buffe? O è l'allievo che prende il meglio da entrambi (da entrambe le prospettive, cioè) e, fatta esperienza, è pronto a diventare il samurai del fumetto italiano? Paola Barbato si prefigurava come colei che compie un mestiere ingrato, lo scrivere, ovvero dare la morte (o, al più, rinunciare a farlo) ai personaggi delle sue storie, come l'artista amata e odiata al contempo, che vorrebbe cambiare le cose ma alla fine dà al pubblico quel che vuole (cioè sè stessa). Recchioni questo discorso lo fa tacendo, senza spettacolarizzarsi troppo, limitandosi ad andare dritto per la sua strada. Ad accomunarli la volontà di lasciar giudicare le proprie azioni ai posteri/lettori. Volontà, appunto, cioè consapevolezza ("non posso certo aver cambiato la Storia!", "andiamo avanti finché non avremo finito!"): entrambi sanno che la ghigliottina è la loro, sanno di avere la katana dalla parte del manico.
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    Ottimo lavoro.
  • Le Storie #12 - La Pazienza del Destino (Barbato/Freghieri)

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    In edicola è già uscito il nuovo numero, ma io ho potuto leggere solo pochi giorni fa La Pazienza del Destino, dodicesimo numero della bonelliana Le Storie.
    Stavolta l'acquisto non è stato motivato dal nome dell'autore, dal momento che conosco la Barbato di fama ma credo non aver mai letto niente di suo, quanto piuttosto dalla tematica trattata, per cui ho un debole: quel noir/hard-boiled che fa del detective in impermeabile e di vicoli stretti bagnati dalla pioggia il proprio biglietto da visita.
    Ammetto di non essere stato deluso: la sceneggiatura scorre pulita per tutta la durata dell'albo, facendo il suo mestiere in modo impeccabile. Questo vuol dire che non offre nulla di particolarmente strabiliante o innovativo, ma aderisce perfettamente ai canoni narrativi di questo genere. Ed era esattamente quanto mi aspettavo da una storia di questo tipo. Certo, il colpo di scena finale c'è, ma anche questo come stilema è ampiamente previsto, così come il famigerato "spiegone finale", che mai come ora è accettabile e anzi funzionale al racconto.
    L'investigatore protagonista è caratterizzato perfettamente, avendo quegli atteggiamenti e quei dialoghi ricchi di sarcasmo che tanto mi fanno amare i personaggi dei romanzi appartenenti a questo genere. I comprimari rappresentano bene la Hollywood nel suo lato "dark" che l'autrice voleva mettere in risalto.
    Mi sono piaciuti molto anche i disegni di Freghieri, che ho trovato adatti all'atmosfera generale.
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  • Le Storie #14 - I Fiori del Massacro (Recchioni/Accardi)

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    E' così: Recchioni non sarà il mio sceneggiatore preferito, e le atmosfere con cui infarcisce spesso i suoi lavori non mi appartengono del tutto, ma ha un modo di scrivere che mi affascina e raramente sono rimasto deluso da fumetti scritti da lui.
    Non potevo esimermi dal comprare il nuovo numero di Le Storie, quindi, a maggior ragione considerando che si pone come una sorta di secondo tempo del secondo numero della collana, quella Redenzione del Samurai che pur non facendomi gridare al miracolo avevo comunque gradito, l'anno scorso.
    I Fiori del Massacro infatti racconta della vendetta della giovane Jun in seguito agli avvenimenti raccontati nella Redenzione del Samurai: in principio sconfortata e umiliata dallo scherno che i dignitari e il Daimyo hanno riversato sul sacrificio del padre, incrocerà la sua strada col saggio vecchietto-samurai Ichi, una delle cose migliori della prima avventura orientale di Recchioni (insieme ai disegni, ma ci torniamo), che qui si dimostra un personaggio in formissima, reso benissimo dalla sceneggiatura di Recchioni e protagonista di numerose scene da brividi, in combattimento.
    Ecco, c'è da dire che come trama non c'è molto altro da dire: Jun si fa guidare prima da Ichi, poi da una donna che ha il compito di addestrare donne-guerriere, diventa una "macchina da combattimento" e procede alla sua vendetta. Ma il bello di questa storia, che forse ho apprezzato anche più di quella dello scorso anno, sono le sensazioni che si respirano, quegli umori e comportamenti dei personaggi che colpiscono il lettore. La stessa evoluzione della protagonista è molto interessante sotto il profilo psicologico, anche se forse avrebbe potuto essere descritta in modo più chiaro. Ma comunque si coglie, si coglie che il duro addestramento la cambia, non solo nelle abilità fisiche e molto più di quanto Ichi o chiunque altro avrebbe potuto pensare.
    Una buona storia, insomma, una lettura interessante resa imperdibile dal comparto grafico. Ebbi già modo di dire che Andrea Accardi fa delle cose sopraffine, ma qua si è ulteriormente superato: ogni tavola è un lavoro di cesello, ogni vignetta uno spettacolo. Che si tratti di scene d'azione o di dialogo, che ci siano combattimenti o personaggi fermi, Accardi sfoggia un tratto davvero eccelso, che dal basso della mia scarsa conoscenza del disegno realistico italiano me lo fa comunque collocare nell'Olimpo di questa categoria, di fronte a risultati come questo.
    Solo applausi.
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  • Accardi ha veramente realizzato un piccolo gioiello con quest'albo.
    Tuttavia, giusto per trovare il pelo nell'uovo, avrei voluto che avesse dedicato tutta l'attenzione che ha avuto per ambientazioni e paesaggi anche a tutte le rappresentazioni dei personaggi della storia. Invece, a mio parere, lì ogni tanto il livello si abbassa leggermente, pur rimanendo di gran lunga sopra la media. ;)
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  • Da qui:
    Bramo ha scritto:Vitaliano sta compiendo un suo personale percorso autoriale molto interessante, come sceneggiatore Disney grazie al suo recente ritorno tra le fila degli sceneggiatori di Topolino, come autore di fumetti a tutto tondo, in vista del suo esordio in Bonelli con il numero di Le Storie del prossimo luglio
    E allora inseriamolo, il promo dell'esordio bonelliano di Vitaliano (ché c'è pure Mottura):
    http://www.sergiobonelli.it/scheda/3739 ... atria.html
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    Marsiglia 1954. Jacques ha conosciuto la follia della guerra combattendo nella Legione Straniera e oggi, per lui, la retorica dell’onore e della patria non è che un cumulo di parole senza senso. Messo alle strette, non può rifiutare un’ultima missione in una terra lontana: nel Vietnam, che lotta per liberarsi dal giogo coloniale francese, un generale dell’esercito occupante è sospettato di tradimento e deve essere eliminato…
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    Ottimo lavoro.
  • Le Storie #22 - Eroe senza patria (Vitaliano/Mottura)

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    Ma dell'esordio bonelliano di Fausto Vitaliano non ne parliamo? Max, tu non l'hai ancora letto?
    Io sì, e ne ho parlato diffusamente in questa recensione su Lo Spazio Bianco.
    Spendo comunque due parole anche qui per dire che si tratta di un buon albo, al netto di qualche difetto strutturale, che certo può saltare all'occhio dei lettori.
    I fan della testata, sulla pagina Facebook relativa, non sono stati molto teneri nel giudicare Eroe senza patria, ma in realtà mi sono sembrati commenti eccessivamente ingenerosi. Problemi narrativi e anche a livello di disegno ce ne sono, e li ho descritti nel mio pezzo linkato sopra, ma nulla che infici così nettamente la bontà di una storia che dal punto di vista del racconto porta comunque avanti il discorso tematico anti-bellico che Vitaliano ha già avuto modo di affrontare con forte partecipazione in suoi lavori precedenti (in special modo nei due romanzi Era solo una promessa e Lorenzo Segreto). Nell'albo bonelliano lo fa partendo da un conflitto piuttosto misconosciuto e intrecciando una trama fatta di doppi giochi, misteri e cambi di prospettiva piuttosto intrigante, anche se non sempre gestita al meglio.
    Paolo Mottura fa un onesto lavoro: indubbiamente on raggiunge le vette stilistiche a cui ci ha abituato in passato col disegno umoristico e disneyano in particolar modo, ma l'impressione generale nella sua prova col disegno realistico non è negativa.

    Abbiamo un ex-legionario francese che viene inviato nell'Indocina del 1954 per sventare un tradimento. Ma non è detto che tutto quel che appare alla fine sia la verità, e così per il protagonista inizia una sorta di "indagine della verità" in un Paese lontano e non proprio amichevole o sicuro.
    Un albo che tutto sommato mi trovo a consigliare per la particolarità dell'ambientazione e per il messaggio di cui la storia è portatrice.
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  • Back in time!
    In edicola attualmente si può trovare il n. 24 della testata, ma io qualche giorno fa ho recuperato in fumetteria il n. 16, uscito lo scorso gennaio.
    Il motivo sta nel fatto che l'albo è firmato Alessandro Bilotta, autore per il quale non ho mai nascosto la mia passione, in quanto abilissimo narratore dell'anima in Valter Buio, e che ha riconfermato tale qualità anche nei due albi precedenti di Le Storie.

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    Questo Friedrichstrasse, però, l'avevo skippato perché il tema non mi attirava molto, ma la recente lettura della trilogia del Pianeta dei Morti per Dylan Dog mi ha spinto a recuperare anche questa storia di Bilotta :)
    Non me ne sono pentito: per quanto Friedrichstrasse mi sia piaciuta meno del Lato Oscuro della Luna e di Nobody, non si può negare che racchiuda al suo interno quella malinconia e quel dramma della solitudine umana che il signor Bilotta sa trattare così bene con la sua scrittura. E, paradossalmente, la cosa stavolta viene aiutata proprio dall'ambientazione che mesi fa non mi aveva convinto e mi aveva tenuto lontano dall'acquisto. Siamo a Berlino Est nel pieno della Guerra Fredda, una decina d'anni prima della caduta del muro, e il protagonista fa parte della Stasi, la polizia politica che in quel periodo si occupava di rintracciare i nemici del socialismo per imprigionarli. Ma quando nel mirino degli alti papaveri finisce una cantante per la quale Friedrich ha un debole, sospettata di essere una sovversiva, le cose iniziano a precipitare: il detective si comprometterà sempre di più, mentre parallelamente cresce il suo amore per la cantante, e la situazione precipita violentemente.
    Ci sarà anche un drammatico [spoiler]capovolgimento di scena[/spoiler], verso la fine, ma personalmente sono rimasto ancor più colpito dalla scoperta di cosa aveva fatto Friedrich alla sua famiglia, e di come ha iniziato a vivere con sé stesso in relazione a questo avvenimento e alle sue conseguenze.
    Una storia tormentata, fatta di sensi di colpa, amore, azzeramento forzato dei sentimenti per sopravvivere e - manco a dirlo - solitudine, illustrata da un Matteo Mosca che torna a disegnare un numero firmato Bilotta (dopo Il Lato Oscuro della Luna), anche se stavolta il suo segno mi ha convinto meno: intendiamoci, il disegnatore regala delle tavole riuscite e dettagliate, ma mi è parso di vedere qualcosa di meno efficace rispetto al passato, specie in alcuni primi piani sui volti dei personaggi, dove i dettagli sono così tanti da diventare quasi manieristici e quindi pesanti sulla struttura dei visi. Vero che spesso questa conseguenza accresceva in modo corretto il dolore e la fatica che hanno scavato i volti di alcuni individui, ma sono stati segnali di stile che non mi hanno entusiasmato. Detto questo, la parte grafica si assesta sulla media.
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  • Le Storie #28 - Mercurio Loi (Bilotta/Mosca)

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    Torna su Le Storie il dream-team composto da Alessandro Bilotta e Matteo Mosca, i quali hanno firmato assieme alcuni numeri di Valter Buio e due numeri di questa testata.
    In questo Mercurio Loi c'è da rilevare, innanzitutto, che lo spirito malinconico e riflessivo tipico della produzione di Bilotta viene leggermente messo da parte, in favore di una storia che punta maggiormente sull'avventura e sull'azione. L'omonimo protagonista è infatti un professore universitario nella Roma dei primi decenni dell'Ottocento che, durante le notti, agisce come un vigilante sulle tracce di oscuri intrighi a cui deve porre fine, consegnando poi alla giustizia i responsabili. In queste "missioni" è accompagnato da un suo studente, Ottone, che ricopre il ruolo di sidekick. Questi elementi richiamano evidentemente i meccanismi narrativi tipici dei fumetti di supereroi, ma il fatto che il protagonista e il setting siano così inusuali contribuiscono a distanziare Mercurio Loi da quell'etichetta, dandogli un aspetto più raffinato.
    Infatti, nonostante il grosso dell'albo sia incentrato sul racconto di queste scorribande, non mancano i momenti dell'animo, tipici della scrittura di Bilotta, che affiorano qua e là tra i misteri dell'ordine a cui appartiene Mercurio e la doppia vita segreta di Ottone, che nelle ultime - concitate quanto ombrose - tavole sembra essere sconvolta.

    È difficile dire se questi personaggi torneranno a rivivere in nuove storie, e se sì come. Che possa nascere una nuova serie, una miniserie o semplicemente un secondo numero di Le Storie (come ha fatto Roberto Recchioni con la sua saga dei samurai) non è dato saperlo, ma in molti non snobberebbero il ritrovare in azione Mercurio e Ottone in nuove avventure.

    Matteo Mosca si è dimostrato all'altezza della situazione:le sue tavole sono molto eleganti, il tratto si dimostra pulito e netto e gli ambienti e gli abiti sono dettagliati e accurati nella ricostruzione storica. Tavole davvero molto belle da vedere.
    Mosca è stato intervistato per il sito ufficiale della Bonelli, intervista in cui parla del suo lavoro per questo numero.
    Nell'ultima risposta rivela di essere già al lavoro su un nuovo numero della testata, ed essendo una nostra vecchia conoscenza val la pena di riportare anche qui le sue parole:
    Siccome, evidentemente, punti al titolo di "disegnatore più presente sulla collana", so che sei già al lavoro su di una nuova Storia, ideata da Fausto Vitaliano, ambientata nella Russia dei primi del Novecento. Dacci qualche anticipazione, riguardo questa "gelida" avventura…

    Beh, uno si deve porre degli obiettivi, nella vita, e il titolo di "disegnatore più presente sulla collana" non è cosa da poco, in effetti! Scherzi a parte, se per raccogliere la documentazione su Roma del diciannovesimo secolo ho fatto fatica, per trovare un minimo di materiale visivo sulla Russia imperiale di inizio novecento sto impazzendo: spulciare su Internet siti in cirillico è un incubo, per me!

    A fare da sfondo alla storia sceneggiata da Vitaliano c'è una guerra misconosciuta, come quella Russo-Giapponese del 1904-1905. In questo contesto si animano intrighi e manovre ammantate di patriottismo e si muovono eroi piccoli, improbabili e dal grande cuore. Cosa si può chiedere di più?
    Andrea "Bramo" L'Odore della Pioggia
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  • Questo lo ho preso anche io.

    E l'effetto è strano. Lo inizi e ti pare di leggere il Giornalino. Che il ragazzotto e il maestro lí è quasi un cliché.

    Poi incuriosisce un po'.

    Poi incuriosisce TANTO.

    Sarà che non dice un accidenti dei misteri, sarà che i disegni hanno cose che ti chiedi perché ci siano, sarà che è la mia città, ma NE VOGLIO ANCORA.
    Lorenzo Breda
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  • LBreda ha scritto: E l'effetto è strano. Lo inizi e ti pare di leggere il Giornalino. Che il ragazzotto e il maestro lí è quasi un cliché.
    Lol, non ci avevo pensato, ma il paragone ci sta :P
    LBreda ha scritto:Sarà che non dice un accidenti dei misteri, sarà che i disegni hanno cose che ti chiedi perché ci siano, sarà che è la mia città, ma NE VOGLIO ANCORA.
    Sui misteri... be', quello sul fantasma viene spiegato. E in parte anche quello del diabolico piano di Tarcisio.
    Però è vero, rimane piuttosto avvolta nel mistero l'organizzazione della quale Mercurio fa parte, ed è buona parte del bello di questa storia: molte cose vengono lasciate in sospeso, senza però che questo dia un senso di incompiutezza alla trama.

    Mi incuriosisce poi il tuo accenno ai disegni: in che senso "hanno cose che ti chiedi perché ci siano"? :)
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  • [spoiler]ragni ovunque, anche dove paiono non entrarci nulla[/spoiler]
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  • LBreda ha scritto:[spoiler]ragni ovunque, anche dove paiono non entrarci nulla[/spoiler]
    [spoiler]È vero, la cosa dei ragni è strana. Se non cozzasse con il tono generale dell'albo, lo definirei una gag ripetuta stile tormentone.[/spoiler]
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