E' morto Hiroshi Yamauchi

Nintendo non è solo Mario, Zelda o Pokémon: è sinonimo stesso di "videogioco", è il nome di chi ha creato il divertimento elettronico come lo conosciamo oggi e che continua a ricrearlo reinventandosi senza sosta, in una continua ricerca della perfezione ludica.
  • Un uomo che ha reso il mondo un posto migliore.
  • Quando i giochi erano prodotti da lui, tutto mi pareva più bello.

    No, non ce l'ho con Iwata, il "mi pareva" mi scherma dalle accuse di oggettivizzazione nostalgica.

    Sto giocando Earthbound e glielo dedico, va', che è proprio un gioco fantasioso, immersivo e frizzante come se ne producevano quando c'era lui. E il sense of wonder arrivava in orario.
  • È stato tra quelle persone veramente coraggiose che hanno cambiato il mondo investendo tutto in qualcosa in cui solo loro credevano. E lo ha davvero cambiato in meglio.
    Lorenzo Breda
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    If you couldn't find any weirdness, maybe we'll just have to make some!
    Hobbes, Calvin&Hobbes

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  • Due begli Articoli di BadGames su di lui:

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    Hiroshi Yamauchi non è stato solo un grande, grandissimo uomo d'affari. Le sue sfuriate, il suo atteggiamento intransigente, persino la sua fisionomia, lo facevano apparire come un terribile vecchietto. Eppure, dietro quel volto, dietro quell'apparente conservatorismo, si celava un uomo estremamente intraprendente, un sognatore, non riconosciuto tale forse perché lontano dell'idea comune, romanticamente stereotipata.



    Hiroshi Yamauchi è il motivo per il quale oggi esiste un'industria videoludica, la ragione per cui il castello non è crollato ai tempi della grande crisi americana, l'uomo che riempì il devastante vuoto successivo al 1983 con una console straordinaria per l'epoca, piena di titoli che creavano nuovi generi: NES. Nintendo produceva carte da gioco (non solo: aveva, per esempio, una compagnia di taxi ed una di love hotel), fu Yamauchi a decidere di svoltare verso l'intrattenimento elettronico e, soprattutto, a proseguire in quella direzione mentre nel deserto del New Mexico venivano seppellite migliaia di console e videogiochi. E c'è chi racconta sia stato poco coraggioso.

    Hiroshi Yamauchi è stato l'uomo che si è fidato totalmente del genio di Gunpei Yokoi, l'uomo dietro Game Boy ed inventore del d-pad, che ha dato spazio e strumenti a Shigeru Miyamoto, papà di Mario e della serie The Legend of Zelda. Miyamoto aveva 23 anni al tempo. Ora, pensate, in una società come quella giapponese, 29 anni fa, cosa significasse credere in un ragazzo: ed ancora parliamo di Yamauchi come un conservatore?

    Hiroshi Yamauchi non ha avuto paura di sbagliare, che non ha mai lasciato che il mercato decidesse la linea dell'azienda, spronando sempre i suoi dipendenti, sia che il risultato si rivelasse positivo che negativo. All'alba del lancio di GameCube e Game Boy Advance, scrisse una lettera agli azionisti Nintendo, nella quale affermava come l'obietto della compagnia, nel XXI secolo, sarebbe stato ancora quello di garantire nuove forme di divertimento e di innovare il modo in cui giocare: successivamente arrivarono Wii e Nintendo DS. Dov'è lo Yamauchi miope e tradizionalista del quale si è favoleggiato per anni?

    Hiroshi Yamauchi è stato Nintendo. Dal 1949 al 2002 ha guidato la compagnia secondo la sua visione, e dal 2002 in poi è sempre sulle sue idee che la compagnia ha agito. L'industria dei videogiochi non ha avuto memoria per quest'uomo straordinario, proprio nel periodo in cui si sprecano fiumi di parole per personalità ben meno influenti ed importanti: ne avranno i giocatori, che non potranno mai dimenticare come sia stato colui grazie al quale tutto questo è stato possibile.
    A Kyoto, nel 1949, non c’erano neon, negozi luminosi e strade asfaltate. La capitale d’ovest, per secoli dimora del Tenno era stata risparmiata dai bombardamenti alleati, tuttavia, come nel resto del paese, la fame e la miseria mordevano anche le famiglie più benestanti. Fu proprio in quei giorni, quando il Trono del Crisantemo sembrava soffrire la sua ora più oscura, che il giovane Hiroshi Yamauchi si trovò a dover assumere una delle decisioni più difficili della sua vita. Suo padre era morto durante la guerra e il nonno, all’epoca presidente di una piccola fabbrica di carte da gioco, aveva appena avuto un violento infarto. In Giappone l’etica è una cosa seria, dunque fu naturale per Hiroshi abbandonare gli studi universitari e dedicarsi anima e corpo all’impresa di famiglia.

    La prima decisione che prese fu cambiargli nome, la chiamò Nintendo.

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    Yamauchi non ha avuto bisogno di morire per diventare una leggenda, i suoi tratti somatici, lo stile imperiale con cui ha governato Nintendo per quasi cinquant’anni, il suo amore per i giochi sono entrati nella storia della nostra industry già da ben prima della sua staffetta con Satoru Iwata. Le cronache d’epoca raccontano che Yamauchi decise di abbandonare le carte da gioco ed investire nell’elettronica quando, dopo un viaggio negli Stati Uniti, scoprì che il più grande produttore di carte del mondo era una piccolissima impresa con sede a Cincinnati. Mosso da un’ambizione sfrenata, Yamauchi decise che no, la sua azienda non sarebbe stata così “piccola”, lui avrebbe costruito un colosso.

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    Il resto, come si suol dire, è storia, l’incontro con Gunpei Yokoi, l’assunzione di un giovane di nome Shigeru Miyamoto, la creazione del NES e del Super Nintendo, il litigio con Square e il progetto del Nintendo 64, il presunto (e forse un po’ artefatto) scambio di battute scatologiche con Steve Ballmer, questi eventi e molti altri hanno contribuito a costruire la sua figura di shogun imperioso ed imperiale, poco incline ai compromessi e ancor meno paziente con chi non raggiungeva i suoi - elevatissimi - standard di qualità.

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    Tuttavia, andando a scavare, la grandezza di Yamauchi non si trova nei suoi successi o negli errori che ha commesso, si trova nella sua visione, nell’aver trasformato un’oscura fabbrica giapponese in uno dei maggiori conglomerati mondiali che operano nel settore dell’intrattenimento. Yamauchi, mentre il resto del mondo guardava a un presente fatto di fatica e ricostruzione ha avuto la forza di sporgersi oltre, di vedere il futuro, di immaginare un mondo in cui l’elettronica e i computer avrebbero rivoluzionato anche mercati che sembravano rigidi come adamantio. Circondandosi di pochi collaboratori geniali, l’ex presidente di Nintendo non ha mai lasciato che Nintendo diventasse come gli altri o che gettasse al vento le sue tradizioni per inseguire le mode del momento. In alcuni casi sbagliò clamorosamente come quando regalò a Sony i brevetti su Playstation, in altri - per esempio quando scommise sul mercato americano - anticipo di anni alcuni trend che il mercato avrebbe confermato solo molto dopo.

    Con i suoi tratti appuntiti, lo sguardo severo e le sue proverbiali sfuriate contro i dipendenti (pare che il primo colore del Famicom, rosso, sia stato imposto da lui in persona solo perché aveva una sciarpa dello stesso colore), Yamauchi è stato un degno erede della tradizione nipponica, un vero signore della guerra, uno degli ultimi shogun.

    Sit tibi terra levis.
  • Lo devo a lui la mia bellissima infanzia videoludica, pomeriggi cercando di finire Super Mario Bros 3, Megaman 2, U.four.ia e molti altri. Senza contare che ha portato la compagnia verso un mercato in pieno declino ed è riuscito a rivoluzionario completamente, cosa non da poco visto in quei anni la gente odiava persino vedere le cose che sembravano videogiochi. Poi senza di lui non avremo mai avuto quel genio di nome Myamoto, che ha riscritto completamente il modo di fare videogiochi, da solito collezionar punteggi ad avere un obbiettivo finale. Yamamuchi poteva sembrare un uomo conservatore o no, ma a me è parso un uomo di larghe vedute e tocca pure vedere in che periodo è cresciuto. Ha lasciato la compagnia in mano ad un talentuoso Iwata, che molti può non piacere come presidente, ma non si può dire che porta fiducia solo a guardarlo e rende la Nintendo un identità tutta sua, rispetto alla fredda concorenza. Grazie ancora Presidente.
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