[L'Osservatorio #2] Il futuro del fumetto Disney

Se trovate i post del forum prolissi, aspettate di vedere cosa succede quando ci viene in mente di scrivere dei veri e propri articoli approfonditi, o delle interviste ai limiti del terzo grado. Mettetevi comodi...
  • Questo secondo editoriale trovo che sia molto d'aiuto a chi è digiuno di fumetto Disney e può così avere un approccio alla lettura più attento e coinvolto (per non continuare a pensare agli standard characters come macchiette dalla personalità monodimensionale).
    Quello che è sottolineato già dalle prime righe è proprio quello che alla fine distingue un autore memorabile da uno qualunque; il punto fondamentale e paradossalmente più complicato è proprio quello del creare situazioni in cui ci si possa immedesimare, storie non verosimili da ogni punto di vista, ma azioni comprensibili e familiari al lettore e, inoltre, sceglie con cura il personaggio protagonista di queste storie, in modo da creare la perfetta armonia.
    Siamo tutti curiosi di vedere cosa il passaggio a Panini comporterà sotto questo punto di vista.
  • Sicuramente gli autori pantofolai, quelli che non hanno contenuti importanti o anche solo interessanti ma che invece si accontentano della storia di mestiere, sono abbastanza problematici: sono autori che, una volta cresciuti professionalmente e coinvolti in sceneggiature o progetti un attimo più complessi, riversano questa superficialità nei loro lavori di spicco, magari anche interessanti dal punto di vista narrativo ma svilenti nella concezione dei personaggi e delle situazioni; autori la cui influenza viene esercitata inevitabilmente sulle nuove leve, con il rischio di creare uno standard e di soffocare gli autori che al contrario cercano e sperimentano nuove soluzioni.

    Detto questo, l'editoriale spinge molto sui cliché abusati e sulle trame preconfezionate: sicuramente aspetti negativi, ma non credo siano stati il vero problema della gestione del fumetto Disney.
    Questo tipo di storie, la solita minestra scaldata dietro il paravento della storia classica educativa per i bambini, sono di fatto ineliminabili nella formula di Topolino, quella della pubblicazione-contenitore a cadenza settimanale. Sono storie con una funzione fisiologica: l'importante è saperle arginare bene, meglio se si riesce a confezionarle con uno o due elementi nuovi... ma in sostanza ce le teniamo.

    Il problema è quando a questa superficialità si unisce una maggiore pigrizia. Pigrizia non solo nel pensare le trame, ma anche nel cercare nuove soluzioni con scelte di comodo, facili, trasformando espedienti anche simpatici una tantum in vere e proprie tipologie. Alcuni, noti, esempi:

    Il trend dei protagonismi. Si prende un personaggio terziario e lo si rende protagonista, giocando e rigiocando sulle sue caratteristiche, i suoi tic, i suoi tratti essenziali. Peccato che al di là di questi, ci sia il nulla. E così è sicuramente spiacevole trovare personaggi come Topolino o Paperino ridotti da personaggi a maschere, ancora peggio però è prendere personaggi che erano maschere in partenza e renderle macchiette, sperando che la sovraesposizione e le risate facili nascondano l'effettiva inconsistenza. Per fortuna è un trend morente, dopo il boom degli anni '90, ma ha ancora spiacevoli momenti di recrudescenza.

    Il trend degli alter ego. Questo invece va e viene a periodi, ma è sempre un evergreen. Pigliamo un personaggio e gli diamo l'alter ego. Perché l'alter ego fa figo e soprattutto facile da scrivere, non bisogna pensare più di tanto ai presupposti della trama e le soluzioni sono virtualmente infinite. Il rischio è duplice: da una parte si creano altre macchiette che alla fine non hanno nulla da dire e dall'altro vengono sviliti i personaggi classici, visto che si preferisce relegare la loro identità "canonica" alle storie giàvistoyawn e si riservano le avventure più complesse unicamente per le identità alternative.

    Infine, la destrutturazione. Questa è per pochi, ma altrettanto pericolosa. Giocare sugli stereotipi dei personaggi in modo intelligente ed autoironico è un bel modo per approfondirli e renderli interessanti anche nonostante l'enorme peso iconico che si portano appresso: il rischio è di farla fuori dal vaso e passare dalla dissacrazione con un proposito allo sputtanamento aggratis, anche questo facilissimo da realizzare visto che basta puntare alle regole del gioco che ogni lettore accetta quando si legge un fumetto Disney. E quindi abbiamo il passaggio dalla genialata autoriale all'umorismo da BSDE.


    Come sono nate queste tipologie? Reagendo proprio alle storie "classiche", agli stereotipi, ai clichè abusati. Ovviamente rispondendo male: una risposta andava trovata ma evidentemente la cura è stata più dannosa della malattia.
    Per il futuro del fumetto Disney quindi mi auguro una rivoluzione organizzativa che sappia quantomeno dare una direzione, delle linee guida alle nuove generazioni, non sul cosa ma sul come fare buon fumetto: non un appiattimento stilistico come quello che fu portato dall'Accademia Disney né un'insalubre e distopica dittatura editoriale, contraria ai presupposti del fumetto popolare; ma nemmeno un'anarchia sregolata, in cui contare su una manciata di fumettisti talentuosi mentre il resto affonda nella mediocrità.

    Difficile che Panini possa essere artefice o anche solo interessata ad un tale cambiamento... di certo piace pensarlo, anche solo per non lasciare la strada ad un possibile miglioramento intentata.
  • Posso esporre un modesto parere?

    Una parte del problema magari è che questi fumetti non hanno uno stile ben definito, a parte l'essere il racconto delle avventure sempre uguali di un topo senza più personalità (non facciamo finta di niente, un po' è ancora così la situazione)

    Troppi autori diversi e per una buona metà mediocri, troppe contaminazioni dei già accuratamente citati e sventrati cliché, troppe poche storie che siano davvero memorabili, almeno in rapporto al resto della produzione.

    Cos'è un fumetto Disney? Cosa lo distingue da uno di Dylan Dog o uno della Pimpa? Cosa lo rende un fumetto con vere potenzialità per essere ancora alla pari con i big? (vabbé, qui l'ho sparata alla grande)

    Magari è solo una mia impressione, ma penso che sia una questione su cui riflettere.
    <Grrodon> Sì ma a 15 anni è troppo vecchia
  • Mason ha scritto: Una parte del problema magari è che questi fumetti non hanno uno stile ben definito
    E' un tipo di fumetto scritto e disegnato da autori diversi. Ovvio che non abbia uno stile predefinito.

    troppe poche storie che siano davvero memorabili, almeno in rapporto al resto della produzione.
    E' l'annoso problema del Topo rivista-contenitore. Ma un problema che attiene la pubblicazione, non lo stile delle storie.
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