[Duncan Jones] Source Code
Inviato: sabato 07 maggio 2011, 10:17
Molti (?) si sono stupiti dell'annuncio di questo film in home page per il Sollazzo, e in effetti io ce l'ho messo sulla fiducia, quando non l'avevo ancora visto. Ora l'ho visto, e dichiaro ufficialmente che la fiducia era stata ben riposta.
La ragione principale per cui aspettavo (e non solo io) questo film è il suo regista. Duncan Jones è il figlio di David Bowie ma ormai la notizia non è più questa. La notizia è che Duncan Jones è un formidabile regista, e se non fosse bastato il suo primo film, il già cult Moon (non abbiamo il thread?! Scandalo!), questo suo secondo lavoro lo conferma. Il commento che mi è venuto dopo la visione di Source Code è "Jones è come Christopher Nolan, ma senza soldi. Per ora", e in effetti anche Jones è britannico come Nolan ed è già molto corteggiato a Hollywood.
Duncan Jones ama giocare con la fantascienza a basso budget, la fantascienza dell'umanità e non delle tecnologie, la fantascienza dei problemi bioetici e non elettromagnetici. E in questo senso Source Code non è da meno.
Il capitano Colten Stevens si ritrova misteriosamente e contro la propria volontà rinchiuso in una strana capsula, in contatto video con due suoi superiori che non sembrano molto ben disposti a rivelargli granché della sua missione. E la sua missione è ancora più strana e misteriosa. La capsula infatti è il "source code", un'apparecchiatura in grado di ricostruire virtualmente una realtà sulla base degli ultimi ricordi di una persona appena morta, precisamente gli ultimi 8 minuti, e catapultarci dentro una qualunque persona per farle rivivere quegli ultimi istanti. Il capitano Stevens è stato proiettato nei ricordi di una delle vittime di un attentato terroristico su un treno passeggeri, avvenuto poche ore prima, e il suo compito è quello di ripercorrere ossessivamente quegli 8 minuti fino a trovare indizi su chi ha piazzato quella bomba (lo stesso individuo che, nella realtà vera, sta per passare alla fase successiva del suo diabolico piano). Per il capitano Stevens però la missione assumerà contorni più "esistenzialisti" quando scoprirà quello che gli è realmente successo e il motivo per cui è stato scelto per sperimentare il source code.
Un film che si affida totalmente al protagonista Jake Gyllenhaal, che fa egregiamente il suo lavoro anche se non è un ruolo da Oscar. Sicuramente da Oscar è invece la sceneggiatura di Ben Ripley al suo esordio cinematografico e con una sua idea originale. Il personaggio di Colten Stevens è destinato a rimanere nella memoria di molti, per la sua tenacia nell'attaccamento alla vita sua e delle vittime dell'incidente e contemporaneamente nella obbedienza militare, ma soprattutto per il suo ruolo quasi "divino" nel finale. Un finale forse semplice, per certi versi anche amaro, per altri esaltante, ma sicuramente perfetto. Niente colpo di scena conclusivo, ma una serie di piccoli colpi di scena spalmati per tutta la durata del film. La missione infatti viene rivelata a poco a poco a noi e al protagonista, e ognuna di queste piccole rivelazioni è sconvolgente e cambia le carte in tavola. Ogni volta che gli 8 minuti ricominciano l'attitudine del protagonista e la nostra cambiano rispetto a prima, ma cambiano anche l'una rispetto all'altra. Più in noi spettatori aumenta la consapevolezza che la missione è "finta", più la missione diventa importante per il capitano Stevens. Le nostre aspettative cambiano insieme alle sue, ma divergono. Questo effetto secondo me è geniale, ed è quello che fa di Colten Stevens un eroe, una persona attaccata a una causa che per noi spettatori è già persa. Sviluppiamo una sorta di compassione per lui, che nel frattempo, senza che ce ne accorgiamo, sta assurgendo alla gloria. Ci immedesimiamo più in Colleen Goodwin (interpretata da Vera Farmiga, che vederla è sempre un piacere), l'ufficiale che impartisce le istruzioni a Stevens, che conosce la sua missione e il suo destino, che sa qual è la realtà vera e qual è quella ricostruita, come lo sappiamo noi. Eppure, forse, abbiamo torto.