Dei Coen ho sempre sentito parlare bene, ma non ho mai visto nulla di loro.
Eppure mi hanno sempre incuriosito.
E, tra i loro film che più mi interessavano, il primo posto spettava sicuramente a Il Grande Lebowski: l'aura emanata dal protagonista, la presenza di John Goodman, il fatto che mi piace molto il White Russian come cocktail e ovviamente il fatto che sia considerato una pellicola cult. Tutti elementi che mi hanno finalmente spinto a vederlo.
E devo dire di non essere stato deluso.
La mia ansia maggiore era che il suo essere cult fosse irrimediabilmente legato all'anno di realizzazione (ormai il film ha vent'anni sulle spalle), invece la pellicola riesce a catalizzare l'attenzione indipendentemente dalla data di realizzazione. Jeffrey Lebowski è un personaggio semplicemente stupendo, caratterizzato in maniera impeccabile da quel Jeff Bridges che ci ho messo mezz'ora buona a capire che è il Kevin Flynn di Tron (dieci anni prima!) e Tron Legacy!
Il suo darsi un soprannome che diventa il nome più importante, Drugo (che nella traduzione è forse anche più geniale del Dude originale), la sua vita da disoccupato ma felice di esserlo come stile di vita ideale, le sue giornale al bowling insieme ad un amico pazzoide come il Walter interpretato da John Goodman, il White Russian!
E, caratteristica importante e curata a dovere, gli abiti: quella trascuratezza nel vestire, quell'accozzaglia di vestiti abbinati a caso, la vestaglia e poi pantaloni larghissimi e dalle fantasie improbabili... e i trip mentali meravigliosi di cui è preda dopo essersi fatto.
In un film standard un personaggio così deviato, così smarrito compirebbe una parabola per cui alla fine delle avventure narrate cambi in qualche modo: potrebbe cambiare stile di vita e migliorare, potrebbe peggiorare e quindi essere punito, magari morendo. Qui no: il Drugo rimane il Drugo fino in fondo, gliene accadono di tutti i colori durante le quasi due ore di film, conosce gente anche più improbabile e dissennata di lui, incontra dei veri pazzi, e situazioni già delicate che diventano infuocate a causa dell'intervento di Walter.
Ma alla fine del film, Drugo è uguale a come l'abbiamo conosciuto all'inizio: il bello del film è che non giudica il protagonista, ci fa solo conoscere una serie di giornate un po' più strane del solito di una persona "alternativa", oggi la definiremmo "indie" oppure "hipster", osservandone i comportamenti e le reazioni.
È questo che ho apprezzato del Grande Lebowski: offre una storia senza giudizi, ma una serie di situazioni più o meno grottesche in cui il protagonista finisce e ne esce, mantenendo intatte le proprie caratteristiche. Caratteristiche che non è un caso che l'abbiano reso un personaggio di riferimento, proprio per tutte quelle sofisticate accortezze sia nella recitazione che nell'estetica che lo rendono fortemente iconico.