È da quando
il gruppo indie italiano I Cani gli ha dedicato una canzone, che voglio vedermi qualche film di
Wes Anderson.
Dopo aver sentito quel pezzo, infatti, mi è capitato spesso di sentir nominare il regista in questione, di capire la sua fama presso gli hipster, di coglierne alcune caratteristiche e di decidere che poteva essere materiale che poteva interessarmi.
Ma solo in questi giorni ho deciso di procedere con la visione effettiva, spinto anche da Zangief.
E sono partito da
Grand Budapest Hotel, l'ultimo (finora) film del regista e sceneggiatore. Se mi riesce cercherò di andare in ordine cronologico inverso, per i prossimi
Parlando del film in questione... be', direi che l'aggettivo adatto è straniante. È difficile da spiegare, ma si tratta di un modo di costruire la pellicola, di intenderla, di portarla avanti diverso da quello che solitamente il cinema medio propone.
L'atmosfera è costantemente surreale, grazie alla recitazione sopra le righe di tutto il cast, agli eventi paradossali descritti come se fossero normali e alla fotografia contornata da colori saturati, e la trama viene raccontata in un modo talmente originale e soffuso da lasciare stralunato lo spettatore.
Non posso infatti, in tutta onestà, dire di aver "amato" o "adorato" questo film, nemmeno definirlo "capolavoro": si tratta di un prodotto con una sua identità forte e unica, che lo rende impossibile da confrontare con altri lavori (a parte, probabilmente, con le precedenti fatiche dello stesso regista) ma che affascina, accarezza e flirta con il pubblico più ricettivo, che sarà costantemente stimolato dalle stranezze del film.
Il protagonista, interpretato magistralmente da
Ralph Fiennes, è comunque un personaggio capace di imprimersi nella mente dello spettatore: consierge dell'albergo del titolo, si rivela assai più di questa carica, come un uomo dai modi impeccabili ma dalla vita avventurosa, dall'iniziativa facile e dall'irresistibile carisma. La sua spalla, il garzoncello a cui presta il volto Tony Revolori, con il suo atteggiamento compassato e timoroso convince e avvince, e insieme i due ci portano in una storia fatta di intrighi, testamenti e fughe rocambolesche. Una commedia, sostanzialmente, ma terribilmente raffinata e non priva di momenti commoventi e anche drammatici (lo sfondo della guerra).
Il resto del cast, come da regola dei lavori di Wes Anderson, è stellare: l'onnipresente
Bill Murray (anche se qui relegato a un breve cammeo),
Jude Law,
Tom Wilkinson,
Edward Norton,
Willem Defoe sono solo alcuni dei nomi di spicco, che contribuiscono alla riuscita di un film decisamente originale e apprezzabile, una ventata di aria fresca nella cinematografia americana.