“In una caverna sotto terra viveva uno hobbit”.
Con questo incipit inizia un romanzo bellissimo, che fa della semplicità e del fiabesco i suoi punti di forza nel mostrare in tutta la sua fantasia un genere – quello fantasy – che non vive per forza di cose una dimensione solamente epica.
J. R. R. Tolkien lo sapeva bene, evidentemente, anche se forse non immaginava che quel tipo di creature fantastiche che sono gli hobbit sarebbero col tempo divenute celebri quanto i nani e gli elfi nell’immaginario popolare.
Lo Hobbit o la Riconquista del Tesoro è la storia di Bilbo Baggins, uno hobbit che, come tutti i suoi simili abitanti della Contea, ama vivere la sua vita nel modo più tranquillo e normale possibile, senza scosse e soprattutto senza avventure di sorta, che rendono le persone strane e pericolose.
Ma come molte persone, anche Bilbo ha un lato nascosto della sua indole, che neppure lui sospetta, ma che gente più saggia e vecchia di lui sa invece scorgere: in questo caso il mago Gandalf, che capirà subito come lo hobbit possa essere, al di là di ogni ragionevole dubbio, la persona più adatta per una difficile avventura che un gruppo di nani deve intraprendere.
Penso che una delle cose principali che mi colpì quando lessi questo libro per la prima volta – quando in prima superiore la professoressa di italiano ce lo commissionò come lettura del primo quadrimestre – e che ho ritrovato un paio di mesi fa in occasione di un’appassionata rilettura in vista dell'uscita del film di Peter Jackson - è la perfetta descrizione del carattere del protagonista e successivamente della sua maturazione, così sorprendente eppure raccontata in modo così naturale da essere assolutamente credibile e plausibile. Bilbo è un personaggio ottimo, uno dei migliori che la narrativa che ho avuto la fortuna di leggere abbia saputo presentarci, e l’abilità di Tolkien in questo caso è stata proprio quella di non farne un eroe, perlomeno non nel senso classico del termine. Bilbo salva in più di un’occasione i suoi compagni di avventura da gravi pericoli, e verso la fine del libro partorirà un’idea determinante ai fini di una certa situazione, portandola avanti in modo molto coraggioso… ma in tutte queste situazioni non ricopre mai smaccatamente la figura del tipico eroe da romanzo fantasy, bensì sempre quella del personaggio umile, che non nasconde quelli che possono essere difetti o debolezze, e che spesso dimostra tutta la paura che prova e la voglia di tornare al sicuro delle mura domestiche… e che, nonostante questo, al momento giusto sa prendere le decisioni giuste e fare le azioni più adeguate al momento, anche se rischiose.
Oltre a Bilbo, molti altri sono i punti di interesse del romanzo: la trama stessa, quella ricerca del tesoro dei nani così avvincente e che nel rievocare i modi in cui l’oro fu perso contiene tutto il gusto per il classico racconto mitologico a base di draghi, fortune svanite e poteri in declino. Al contrario che nel
Signore degli Anelli, dove la missione da affrontare mira a distruggere un pericolo che tocca l’intera Terra di Mezzo, qui l’avventura è circoscritta alla volontà dei nani di recuperare il loro oro, e in questo senso la storia è più distesa, nonostante i pericoli che i protagonisti devono comunque affrontare nel corso del loro viaggio, e soprattutto nella fase finale quando arriveranno al cospetto del drago Smog che si è impossessato del tesoro, la missione non è volta a salvare i destini di un intero mondo ma solo a recuperare la legittima proprietà dei nani. Questo rende a mio parere il racconto godibile da chiunque abbia voglia anche solo di una lettura d’evasione semplice e senza troppi destini in gioco.
Anche perché, in realtà, nonostante ciò il libro non è privo di tematiche importanti e anche profonde, che vanno dalla ricerca di sé stessi al coraggio, dall’animo delle persone di fronte alla ricchezza alla capacità di fare la cosa giusta al momento giusto, per quanto rischiosa possa essere. L’intero viaggio che la compagnia affronta, con le sue insidie e le persone che incontra, costituisce passo a passo una maturazione non solo di Bilbo, ma anche dei nani e di altri comprimari, come il gigante-orso o come alcuni uomini della città sul lago ai piedi della Montagna.
Si tratta di un’opera di grande spessore, a dispetto di quell’aria semplice e “rustica” che dicevo all’inizio: tra grandi temi, una narrazione entusiasmante, ottimi personaggi, suggestioni capaci di intrigare moltissime persone e un’atmosfera fantasy e favolistica deliziosa,
Lo Hobbit costituisce una pietra miliare non solo del genere narrativo a cui fa capo, ma anche alla narrativa in senso più ampio e generale, non limitandosi ad essere un semplice antipasto o prologo di quello che verrà col
Signore degli Anelli, ma rimanendo un ottimo esempio di romanzo per tutte le età e dal grande valore qualitativo.
Valerio ha scritto:Fu solo con il sequel che questa mitologia salì alla ribalta, tanto che in virtù di essa Tolkien andò a modificare alcune parti dello Hobbit per renderle consistenti con quanto scritto in LOTR. Si parla ad esempio dell'episodio più importante di tutta la vicenda, che è l'incontro di Bilbo con Gollum e il furto dell'Anello, che a quel tempo di certo non era ancora l'entità malefica che sarebbe diventata in seguito.
Proprio ieri sera un mio amico mi ha raccontato di aver scoperto negli scorsi giorni questa cosa, vale a dire che il capitolo dell'incontro tra Bilbo e Gollum era nella primissima versione del libro ben diverso da come lo conosciamo oggi, e che Tolkien nelle edizioni successive ha modificato quel passaggio in virtù della trama del
Signore degli Anelli che nel frattempo stava sviluppando. Insomma, Tolkien come George Lucas!
Da quel che mi ha detto il mio amico, però, la prima edizione non ha mai visto la luce in Italia, dal momento che quando è stato pubblicato per la prima volta da noi era già stata pubblicata la nuova versione.
E' un aneddoto interessante, di cui non ero a conoscenza. Si sa qualcosa di più al riguardo, tipo modifiche in altri punti del libro?
Ah, ricordo che in occasione dell'uscita ormai imminente del film, il libro de
Lo Hobbit è stato ristampato di fresco!
L'operazione è stata condotta sia dalla
Adelphi, che sfrutta il solito e odioso trucco del mettere come copertina la locandina del film, sia dalla
Bombiani, che ristampa l'edizione illustrata da Alan Lee e pubblicata nel 2003 dalla casa editrice, arricchendola con una copertina leggermente diversa e con la nuova traduzione curata dalla Società Tolkieniana Italiana,
come spiega anche questo articolo.