Con gli anni
Shada è diventato celeberrimo tra i fan di
Doctor Who. La cosiddetta “avventura perduta” possiede in sé tutti gli elementi, in effetti, per attirare l’attenzione del fandom: l’ultimo episodio della serie classica scritto da
Douglas Adams – uno degli sceneggiatori di punta del prodotto della BBC, oltre che celebre romanziere della
Guida Galattica per gli Autostoppisti – mai finito di girare per via di uno sciopero alla BBC, spezzoni di girato che ogni tanto venivano utilizzati per qualche operazione strana, rimaneggiamenti della sceneggiatura originale per riadattarla a Dottori successivi e a radio-racconti… facile assumere l’aura di mito!
L’ultimo passaggio di questo sofferto
Shada è la sua versione in romanzo, che riprende il più fedelmente possibile quanto scritto da Adams utilizzando il Dottore per cui era stato pensato (il Quarto) e operando aggiunte solo nei casi in cui degli interventi fossero dovuti per il passaggio da episodio televisivo e libro.
La persona che si è sobbarcata questo arduo ma significativo compito è stata
Gareth Roberts, già sceneggiatore di alcuni episodi delle più recenti stagioni di
Doctor Who (
The Shakespeare Code,
The Unicorn and the Wasp,
Planet of the Dead,
The Lodger... e ha pure scritto insieme a Steven Moffat
The Caretaker nell'ottava stagione!), che nella postfazione fa trasparire tutta l’emozione per aver avuto la possibilità di occuparsi di una cosa del genere e tutta l’ansia da prestazione relativa.
Dopo averlo comprato mesi fa nell’edizione Oscar Mondadori, approfittando di un ghiotto sconto, sono riuscito finalmente a leggere il romanzo. Ne esco soddisfatto, ma a metà.
Sicuramente ho notato, in alcuni punti, un’atmosfera che richiama quanto vedo sullo schermo con le stagioni della nuova serie, a cui sono abituato, ed è una cosa naturale considerando di chi è la penna che ha messo nero su bianco la sceneggiatura originale… d’altronde è lo stesso Roberts ad ammettere che gli sembra di aver creato una strana commistione tra elementi del Dottore classico e quelli del nuovo corso.
In molti altri passaggi ho invece riscontrato lungaggini eccessive, giri a vuoto che non fanno altro che rendere più lunga (spesso inutilmente) la strada per arrivare dal punto A al punto B di una determinata situazione. Considerando che spesso le storie del Dottore classico erano spalmate su 5 o 6 episodi, capisco che ci fosse il bisogno di riempire tutti quei minuti e la sceneggiatura di Adams ne avrà chiaramente tenuto conto… ma non ho fatto a meno di pensare alle
critiche di Dapiz su questa politica narrativa, che fa del contrario dell’asciuttezza la propria bandiera.
Leggere queste soluzioni su un libro, poi, credo penalizzi ulteriormente la fruizione del racconto; in altre parole si sente che la materia originale era pensata per un altro medium, nonostante il lavoro di adattamento di Roberts.
Un’altra cosa che ho notato è che non sono di fronte ad un’altra
Guida Galattica. Se vi aspettavate un romanzo che riproponesse in pieno lo stile, le atmosfere e la comicità della serie che ha reso celebre Douglas Adams, potreste rimanere delusi. Ovviamente non è “colpa” di qualcosa in particolare se non delle mie aspettative: la sceneggiatura per l’episodio di una serie come
Doctor Who è diverso da una storia creata da zero e completamente sua.
Al netto di tutto ciò,
Shada risulta comunque un buon libro, tutto sommato in grado di intrattenere piacevolmente. È straordinario, intanto, come la figura del Dottore riesca ad essere così carismatica e affascinante da riuscire ad attirare l'attenzione di chi ne segue le gesta... anche su carta! Le descrizione delle movenze del Quarto Dottore, delle proprie espressioni facciali, dell'abbigliamento eccentrico ed iconico e del suo approccio alla vita sono così riuscite che riescono a far affezionare velocemente il lettore al protagonista. È molto bello notare che, anche se si fa riferimento ad un altro Dottore e di un'altra epoca, rispetto a quelli che ho conosciuto io, il Dottore sia sempre riconoscibile nei suoi caratteri fondamentali.
Ho apprezzato anche il buon equilibrio tra dramma, azione e commedia, proprio come nella serie. Non ci sarà l'arguzia e la finezza presente nella Guida Galattica, come dicevo qualche riga più sopra, ma ci sono comunque vari momenti divertenti e ben scritti, così come risultano credibili i momenti di tensione.
Si tratta quindi di un libro non certo imperdibile, se non per i fan più accaniti e duri e puri di
Doctor Who, e che nella sua impostazione narrativa si dilunga troppo per essere completamente avvincente, ma resta una lettura simpatica e piacevole, uno strano ibrido cartaceo tra la serie classica e quella moderna, con un protagonista che se ne frega degli anni, dell'incarnazione e perfino del medium in cui vive le proprie avventure, risultando comunque e continuamente un figo!