La grammatica di Dio
Storie di solitudine e allegria
di Stefano Benni
Il nuovo libro di Stefano Benni è una raccolta di racconti. Sono felice che, per prima cosa, non ce ne sia stato nemmeno uno che mi abbia deluso o annoiato, e poi che ce ne siano stati alcuni splendidi. Il filo conduttore di tutti questi racconti è la solitudine, ma non per questo sono tutti racconti tristi, anzi. Ce ne sono di poetici, di tristissimi, di divertenti e di ironici o addirittura "allegorici" (esemplare il racconto sull'Eutanasia del Nonnino). Oltre al tono, Benni attraversa anche i generi e gli stili. Il risultato è una compilation di perle che soddisfano tutti i palati (o forse no, c'è chi è allergico alle storie di solitudine e malinconia anche se trattate in varie salse, anche se è ammiratore di Stefano Benni, come ho notato da alcuni commenti in giro per il web).
Dall'alto dei suoi sessant'anni Benni analizza le malattie di questi tempi, malattie che forse considera la causa delle solitudini che racconta, malattie di massa o inquietudini individuali e generazionali. E' "il libro del mondo", come l'ha chiamato l'autore, ma di questo mondo, degli anni 2000, con una retorica che in bocca ad altri sarebbe banale, ma con le sue parole (poetiche o ironiche che siano) si innalza al rango di morale fiabesca... anche se in uno degli ultimi racconti si abbassa bruscamente alla retorica celentanesca del "là dove c'era l'erba ora c'è una città".
Alcuni racconti sono delle citazioni/parodie di opere celebri, come Alice nel paese meraviglie, l'Orlando furioso, la Fattoria degli animali, e altre che forse non ho colto. La parodia dell'Orlando (per Benni è Furioso sì, ma soprattutto "Impellicciato") è il racconto, secondo me, più esilarante (e credo anche più lungo) del libro.
Tutti i racconti sono ambientati in Italia e hanno protagonisti italiani. CHE. BELLO. Che bello quando narratori italiani ti fanno innamorare di storie italiane... ti rimane la speranza che il nostro popolo sia ancora un popolo interessante. Alcuni racconti poi sono peculiari dell'italianità: in primis quello sul calcio (poteva mancare?) "Solitudine e rivoluzione del terzino Poldo" che ha la stessa folcloristica incomprensibilità (per me che non sono così esperto di calcio) dei racconti americani sul baseball, e poi quello sul presepe vivente dei paesini di provincia.
Poi c'è un breve racconto che assomiglia vagamente al cortometraggio Pixar Stu - Anche un alieno può sbagliare, e non dico altro
Un libro che, nel mio piccolo, vi consiglio vivamente. Una raccolta di storie che la nostra generazione potrà raccontare ai propri nipoti, e sortire su di loro lo stesso effetto che su di noi hanno avuto favole come Cappuccetto Rosso, le storie sull'uomo nero, eccetera. Una morale divertente e malinconica, quindi moderna.
[Stefano Benni] La Grammatica di Dio
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“DISCUSSIONE, NON RECENSIONE!”
Da bravo fan di Stefano Benni non mi potevo esimere dall'acquistare e leggere fina da novembre la nuova fatica letteraria di questo grande autore italiano...
"La grammatica di Dio" è davvero un bel libro... sebbene sacrifica le atmosfere estese tipiche delle narrazioni dei romanzi ( acui ultimamente Benni ci aveva abituato) questi tanti e spesso brevi racconti sono delle piccole perle rare, davvero, perchè nella loro semplicità rivelano tante cose, prima fra tutte il piacere di Benni nello scrivere: si vede in ogni singolo racconto che per Benni poter narrare quello che ha dentro, sia esso del tutto interiorizzato o provenga dalla società che ci/lo circonda, lui ama dirlo usando le parole scritte, e in queste, che sono il suo elemento, lui ci sguazza!
Nessun racconto è mai fine a se stesso, perfino in "L'indovina" che durta una pagina sola Benni vuole insegnare qualcosa, o permomeno porre l'accento su qualcosa che ha a che fare con l'animo umano, e in questo caso specifico lo fa col veicolo della solitudine.
Ma dove molti calcherebbero la mano su personaggi tragici, solo con il loro dolore, cupi, suonando un gigantesco organo (come un certo polipone di certi pirati di certi Caraibi! ) lui usa un tono anche scanzonato, e soprattutto saccheggia il mondo metaforico per descrivere con allegorie quello che vuole rappresentare... emblematico il racconto dello scienziato che vuole cercare l'uomo più solo del mondo... o quello del vecchio che parla con la Morte...
Ma il punto forte del viatico per comunicare Benni lo trova nella sua consueta ironia: il racconto sullo schiavismo da cellulare, quello sull'eutanasia del nonnino, quella del presepe vivente...
Molto rifelssivi poi sono quelli su Frate Zitto, sul Dottor Zero, su un Volo Tranquillo...
Insomma, un intreccio unico emagico di realtà possibili e sconcertanti nella loro realtà (uno degli scenari più cupi è descritto in "Una soluzione civile" e il pensare che da qualche parte succeda davvero fa accponare la pelle), un girone di personaggi che con le loro manie, ossessioni, paure, debolezze, bassezze, dipingono una società - la nostra italiana - e condizioni umane universali, di cui molte riconducibili alla solitudine che , in coppia con l'allegria, fa da sottotitolo e da sottofondo a tutte le quasi 200 pagine di libro!
Da leggere tantissimo! e da amare!
"La grammatica di Dio" è davvero un bel libro... sebbene sacrifica le atmosfere estese tipiche delle narrazioni dei romanzi ( acui ultimamente Benni ci aveva abituato) questi tanti e spesso brevi racconti sono delle piccole perle rare, davvero, perchè nella loro semplicità rivelano tante cose, prima fra tutte il piacere di Benni nello scrivere: si vede in ogni singolo racconto che per Benni poter narrare quello che ha dentro, sia esso del tutto interiorizzato o provenga dalla società che ci/lo circonda, lui ama dirlo usando le parole scritte, e in queste, che sono il suo elemento, lui ci sguazza!
Nessun racconto è mai fine a se stesso, perfino in "L'indovina" che durta una pagina sola Benni vuole insegnare qualcosa, o permomeno porre l'accento su qualcosa che ha a che fare con l'animo umano, e in questo caso specifico lo fa col veicolo della solitudine.
Ma dove molti calcherebbero la mano su personaggi tragici, solo con il loro dolore, cupi, suonando un gigantesco organo (come un certo polipone di certi pirati di certi Caraibi! ) lui usa un tono anche scanzonato, e soprattutto saccheggia il mondo metaforico per descrivere con allegorie quello che vuole rappresentare... emblematico il racconto dello scienziato che vuole cercare l'uomo più solo del mondo... o quello del vecchio che parla con la Morte...
Ma il punto forte del viatico per comunicare Benni lo trova nella sua consueta ironia: il racconto sullo schiavismo da cellulare, quello sull'eutanasia del nonnino, quella del presepe vivente...
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Andrea "Bramo" L'Odore della Pioggia
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