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[Stefano Benni] Pane e Tempesta

Inviato: venerdì 30 ottobre 2009, 23:26
da Bramo
Stefano Benni: Pane e Tempesta

Di seguito, il booktrailer del libro e la presentazione che Benni stesso fa del suo nuovo lavoro.



Ho interrotto la mia lettura della saga della Torre Nera di King per leggere il nuovo romanzo del mio scrittore italiano preferito (e uno dei miei preferiti a livello internazionale), cioè Stefano Benni.
Non prevedevo di riuscire ad ottenerlo così velocemente (è uscito pochi giorni fa) per carenza di pecunia, ma in mio soccorso è venuta la mia adorata Minnie che me l’ha regalato. Grazie amore!
Così me lo sono divorato in un paio di giorni.
Inutile dire che lo consiglio caldamente a tutti, fan o no di Benni.
Pur essendo un libro particolare, a mio parere, anche per gli standard di questo poliedrico autore.

Fuori dalle librerie campeggia il cartellone che recita “Non è un telegiornale. Non è un faccia a faccia. Ma riderete lo stesso!”
Difatti questo libro viene reclamizzato come il ritorno di Stefano Benni alla scrittura puramente divertente e ironica. Al che mi sorgono due dubbi, uno pre-lettura e uno post: quando mai la scrittura di Benni ha smesso di essere divertente? Certo, specie negli ultimi libri lo spazio era preso maggiormente dalla critica e dalla “tragedia”, ma il tutto sempre veicolato dal riso, non c’è stato nessun romanzo, raccolta di racconti o di poesie di questo autore che non mi abbia strappato sonore risate.
Finita la lettura, la situazione quasi si ribalta: non ho trovato questo libro più divertente dei precedenti, anzi forse il divertimento è minore, o meglio più sottile. Ed essendo più sottile è forse anche più pervasivo, ok, fatto sta che qui spazio alla tragedia se ne dà comunque tantissimo.
Infatti, tutto il romanzo (dopo 4 anni, finalmente un nuovo romanzo!) ruota attorno all’imminenza di un infausto avvenimento, la chiusura dello storico Bar Sport del piccolo paesello montano di Montelfo.

Eh già, Stefano Benni ripesca ad anni di distanza l’elemento che più contribuisce alla sua leggenda, quello che forse più si ricorda associandolo allo scrittore bolognese. Chi non ricorda l’omonimo libro, e la Louisona per esempio (citata in quest’ultimo romanzo)? Non lo fa certo per autocelebrazione, ma con un intento preciso. In questo romanzo io infatti noto la nostalgia per i tempi andati, per una società che ormai non c’è più, soppiantata dal progresso che anche i miei professori universitari non smettono di ricordare è veloce quanto mai è stato nelle generazioni passate. Benni, da amante dei racconti e della voglia di raccontare e ascoltare le storie che gli altri decidono di donarci, vede nel Bar Sport il luogo in cui vecchi e meno vecchi si incontrano, socializzano, parlando: un luogo di ritrovo e di racconto, distante mille miglia dall’idea attuale di pub con mega televisore che catalizza l’attenzione di tutti gli avventori. La minaccia quasi impalpabile del progresso diventa fisica e pressante nel libro, allorché dei ricchi imprenditori decideranno di collegare Montelfo all’autostrada e cancellare il vecchio bar per sostituirlo con un complesso più moderno e all’avanguardia.
L’amore di Benni per i racconti si vede non solo nell’estrema celebrazione del mitico Bar Sport, ma anche nela struttura stessa del romanzo: infatti non segue una struttura lineare, ma quasi ogni due capitoli il protagonista, Nonno Stregone, racconta un vecchio aneddoto riguardante la comunità di Montelfo, con i suoi vecchi eroi e cittadini più o meno entrati nella storia, sicuramente nella mitologia personale degli anziani del paese. La vicenda attuale si alterna così a vari episodi dal passato, che servono sempre a trarre insegnamento per affrontare i nuovi guai.
Un continuo confronto tra vecchio e nuovo si rinnova pagina dopo pagina, e Benni ci presenta un ampio spettro di personaggi-icone che incarnano questi aspetti, senza dimenticarsi della figura dei moderni politici e senza dimenticarsi di lanciare un monito a quello che drammaticamente è figlio dei tempi, e quindi anche del progresso.

Diviso in tre parti, il libro scorre bene e velocemente nonostante i continui tuffi nel passato, che sono sempre interessanti e divertenti, e che presentando ogni volta personaggi diversi fa apparire spesso il romanzo quasi una cornice per i racconti che l’autore aveva in mente. Ma non siamo certo ai livelli di Il bar sotto il mare, quello che sta attorno ai racconti non è una semplice cornice ma l’importante filo conduttore dell’avventura, il necessario confronto contro cui cozzano quelle storie del passato, di un paese che vive nel passato.

Stefano Benni confeziona un altro libro di alta qualità, divertente certo, ma come sempre e non di più. Fatto che testimonia l’ultima delle tre parti del libro, dove la malinconia la fa da padrona e dove un ultimo capitolo onirico e sofferto ci fa chiudere il libro seri e riflessivi, nonostante le numerose risate collezionate nel corso dei racconti passati, regalate dagli assurdi protagonisti delle vicende. Ecco, se devo trovare un difetto al libro è forse l’eccessiva mole di personaggi presentati, che giocoforza poi non riescono a essere approfonditi, con il risultato di dimenticare quelli un po' più secondari e rimanere smarriti quando riappare il loro nome. In fondo, i protagonisti essenziali sono Nonno Stregone, Archimede Archivio, Piombino, Alice, Settecanal, Trincon, alcune donne del paese. Ma vabbè,è giusto che per rendere credibile il paesello si nominassero un buon numero di abitanti, e alla fine la cosa non disturba certo il lettore né rovina la lettura.
Come poi noto sempre più spesso nei recenti lavori di questo scrittore (ma a ben pensarci anche in quelli più antichi), anche qui c’è un influsso di disneyanità nel libro.
Anche qui, come in passato, Disney viene citato almeno un paio di volte, ma è proprio nelle atmosfere e nei personaggi sopra le righe che ritrovo quello spirito.

Tra situazioni divertenti e ammonimenti, battute fulminanti e frasi riflessive, tra linguaggio basso e aulico, il nuovo romanzo di Benni non sarà ricordato dal sottoscritto come il migliore, ma nemmeno come il peggiore.
Sicuramente mi ha regalato belle emozioni, preziose, personaggi tanto strambi quanto divertenti quanto teneri, e mi ha fatto pensare in più punti “quanto mi mancava leggere Benni”. E questo rinnovo di amore per la scrittura di un autore lo può causare solo un autore molto bravo, che pur non ripetendosi sa mantenere una qualità sempre alta.

Dimenticavo: Pane e Tempesta viene dal “grido di battaglia” che in un momento di brilla euforia Stregone e Archivio usano per affrontare la situazione in cui sono finiti, all’interno di una metafora molto significativa.