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[Marino Magliani] La Tana degli Alberibelli

Inviato: domenica 03 gennaio 2010, 20:32
da Bramo
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La Tana degli Alberibelli
Autore: Marino Magliani
Anno: 2009
Pagine: 329
Prezzo: € 18,00
Editore: Longanesi (Collana Biblioteca di narratori)

L’estate scorsa, mentre ero in vacanza con Marta in Liguria, ho deciso di leggere un libro ambientato in Liguria.
Originale, vero? Il romanzo in questione, La Tana degli Alberibelli, è uscito nel 2009 ed è scritto da un autore di cui non avevo mai sentito parlare prima ma che ha all’attivo ben 6 romanzi, ed è stato regalato a Marta (che poi me l’ha prestato) da un "ospite" venuto a tenere una lezione in università.
Però interessava anche a me, così a naso, come trama. E non me ne sono pentito.

Il libro parla di Jan Martin Van der Linden, un olandese che lavora per un’agenzia europea antifrode e che viene mandato in Italia, in Liguria appunto (nel paesino di Santaleula, per la precisione), ad indagare su fondi europei dirottati per la costruzione del porto, su appalti e su vendite sospette, probabilmente a dei prestanome. Come copertura, il protagonista assumerà il ruolo di archeologo per un’emittente televisiva olandese, interessato a trovare un oggetto abbandonato in una grotta carsica da due disertori della battaglia di Marengo. Il tutto è complicato dalla morte di Pavlos, collaboratore di Jan Martin, avvenuta in circostanze misteriose.
Non è finita qui: continuando il suo lavoro di archeologo, scavando nel sito chiamato Tana degli Alberibelli, incappa in una vecchia storia di partigiani, misteriosa e coperta dalla polvere degli anni. E da bravo investigatore/archeologo, si appassiona di quella storia a cui mancano molti pezzi per essere chiara. Ma qualcuno manda segnali molto eloquenti al nostro, per cercare di fargli capire che non è il caso di ficcare il naso dove non dovrebbe interessargli.
Che ci sia qualche collegamento tra le frode ai fondi europei e quel vecchio episodio partigiano? Jan Martin se ne convince sempre più, ma nessuno che c’era allora è disposto a rievocare quei giorni, fatti di tradimento e morti che è ben cadano nel dimenticatoio.

Quello che colpisce in questo romanzo sono tre cose, essenzialmente.
Le trame, innanzitutto. Solo leggendo il paragrafo qui sopra si capisce come ce ne sono molte che si incrociano e intersecano a formare un mosaico unico ma sfaccettato. C’è la parte investigativa, la parte storica dei disertori di Marengo, la parte storica sui partigiani.
La seconda è Jan Martin stesso. Il protagonista è il fulcro, l’attrazione del romanzo, seguendo lui e i suoi pensieri il lettore viene ammaliato da quest’uomo, ombroso, solitario, solo, spaventato, abbandonato. Un uomo che scrive mail a suo nonno in Olanda, unico suo contatto col resto del mondo, a cui chissà chi ha ammazzato il collaboratore più fidato, che viene minacciato da misteriosi personaggi e che viene quasi abbandonato da Bruxelles. Un uomo che cerca di fare amicizie in paese, ma che familiarizza davvero solo con un certo Pietro. Un uomo che conosce alfine una donna e, più per noia che per altro, ci passa una notte assieme. Per poi però innamorarsi reciprocamente.
E infine il paesaggio. Lo scrittore è ligure, e si sente. La descrizione delle terre di quella regione è potente, fortemente evocativa, e appare nitida davanti agli occhi del lettore. Non a caso la tematica dell’indagine si basa sullo sfruttamento a fini turistici delle coste e del paesaggio, con l’edilizia abusiva che viene in questo modo additata come forte problema della Liguria.

Tutto questo trattato in un modo che definirei elegante. La scrittura di Magliani è infatti fine, leggera, delicata e quasi d’altri tempi: termini non banali o ripetuti, ricercatezza di linguaggio e finezza narrativa distinguono questo bellissimo romanzo da tantissimi altri libri degli ultimi anni che parlano magari di misteri o di indagini. Elementi che qui sono certo presenti, ma mai fini a se stessi, e che anzi riconducono sempre all’animo dei personaggi. Questo raffinato stile di scrittura infatti riesce perfettamente a delineare gli animi umani delle persone che incontriamo nella narrazione, e se soprattutto Jan Martin è scandagliato a fondo – restituendoci una delle più interessati figure narrative degli ultimi anni tra quelle che ho conosciuto nelle mie letture, profonda, misteriosa, inquieta, romantica, persa, lasciata a se stessa – ciò non toglie attenzione anche ad altri comprimari, che vengono indagati nel fondo del loro animo, scavando ben bene come il protagonista scava nella famigerata Tana.

Uno straordinario affresco tanto geografico quanto umano, quindi, il cui unico difetto che mi sento di attribuirgli è proprio quello della grandissima mole di temi e situazioni messe sul tavolo dall’autore. Ma quel che è certo è che Marino Magliani riesce a raccontare tutto quello che ha da dire senza realizzare una narrazione ingarbugliata, e quindi quello che ho indicato diventa un difetto solo a metà.
Consigliatissimo.