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[Luis Sepùlveda] L'Ombra Di Quel Che Eravamo

Inviato: lunedì 18 gennaio 2010, 22:43
da Bramo
L'Ombra De Quel Che Eravamo
Titolo Originale: La Sombra Di Lo Que Fuimos
Autore: Luis Sepùlveda
Traduttore: Carmignani Ilide
Anno: 2009
Pagine: 148
Prezzo: euro 14.50
Editore: Guanda (collana Narratori della Fenice)

Un buon noir è sempre ambientato in una notte di pioggia.
O almeno, di solito è così, probabilmente non è sempre così e ci sono pure ottimi romanzi di questo genere.
Fatto sta che L’ombra di quel che eravamo, pur non essendo solo un noir, è ambientato in una sola notte, e in quella notte piove, e questo contribuisce in modo pesante con l’atmosfera.
Io conoscevo Sepùlveda, come penso molti, per il suo libro Storia di una gabbanella e del gatto che le insegnò a volare, bellissimo e commovente romanzo da cui è stato pure tratto un film d’animazione tutto italiano, ad opera di Enzo Dalò. Incuriosito dalla sua più recente uscita editoriale, ho deciso di vedere che impressione mi avrebbe fatto l’autore cileno ad anni di distanza.
Strana.
Alcune cose sono simili: l’atmosfera triste, carica del passato ma speranzosa per il futuro, l’ironia che sempre emerge anche – e soprattutto – quando non te l’aspetti.
Altre no: in questo romanzo Sepùlveda scava nel passato recente del suo paese, a cui è molto legato, il Cile. Tre vecchi amici, un tempo sostenitori di Salvador Allende, si ritrovano insieme dopo molti anni in cui non si erano più visti, ognuno in esilio in paesi diversi. Si riuniscono perché convocati da un misterioso individuo, chiamato l’Ombra, che li vuole ingaggiare per una missione molto particolare. Perché il Cile, anche oggi, ha ancora molti misteri e scheletri nell’armadio…
Oltre a ciò, ma intrinsecamente legato a ciò, c’è un omicidio involontario che mette in pista un vecchio ispettore.

Leggendo il libro ho capito quanto sono ignorante. O quanto poco le lezioni di storia della scuola superiore italiana si concentrino su determinati episodi. Dato che ho dovuto dare un occhio a internet per capire un po’ meglio le sorti del Cile citate dall’autore.
Ma fortunatamente mi sono anche accorto che non è poi necessario averne una conoscenza approfondita per godersi il romanzo: se da un lato infatti Sepùlveda sottolinea la strana atmosfera che si respira nella vita in Cile, lo fa attraverso dei personaggi così iconici, divertenti, immediati e riusciti che il lettore riesce a immedesimarsi senza troppe difficoltà in questi vecchi amici. Così come anche l’ispettore, vero e proprio “filosofo” del suo Paese.
Inoltre, un altro cardine fondamentale di tutto il romanzo è la nostalgia. Forte, lancinante, unita ad uno sguardo disilluso sul mondo di oggi. La nostalgia è quasi palpabile grazie ai ricordi dei protagonisti, ai flashback, ai racconti…

Tutto questo fa sì che quello che viene fuori è un libro che punta i riflettori su un Paese di cui si sa poco, e sul suo immediato passato, e lo fa parlando del tempo che inesorabilmente passa, della nostalgia triste, e del sentirsi fuori posto, come se il tuo tempo fosse ormai scaduto. Un libro però che sottolinea che è anche possibile un riscatto, che è sempre possibile che vecchie verità tornino a galla. E questo grazie a una trama che fonde mirabilmente il poliziesco con la storia e con un’ironia pura, cristallina, sorprendente. Questo grazie al ritrovato Luis Sepùlveda.