[Stefano Benni] Di Tutte le Ricchezze
Inviato: sabato 26 gennaio 2013, 00:09
Il fan non abbandona mai i propri autori preferiti.
Io amo visceralmente la scrittura di Stefano Benni da quasi 10 anni ormai, e dal primo incontro che ebbi con lui (La Compagnia dei Celestini) ho recuperato tutto quanto realizzato prima e dopo.
E anche quando gli ultimi due libri li ho trovati meno brillanti del solito, quasi a notare un calo nell'appeal del suo stile, non ho potuto fare a meno di esultare quando nel settembre del 2012 è uscito per Feltrinelli il nuovo romanzo di Benni.
L'ormai ultra-sessantenne autore sforna con Di Tutte le Ricchezze la sua opera migliore tra quelle degli ultimi 7-8 anni. Questo non significa che sia tornato ai fasti dei romanzi che l'hanno reso celebre, non è più tempo del Benni Furioso o di Comici Spaventati Guerrieri.
Benni sfrutta l'età e quello che comporta in termini di sentire e di saggezza per scrivere un romanzo sulla vecchiaia e sulla solitudine. I romanzi dell'autore sono caratterizzati spesso dalla moltitudine di personaggi bizzarri, iconici e surreali, qui pure sono presenti ma in misura decisamente minore, e quasi eterea, proprio a sottolineare quella solitudine particolare e pregnante della senilità.
Perché sarà anche vero che, come recita un passo del romanzo, "ogni solitudine racchiude in sé tutte le solitudini", ma il libro riesce a descrivere in modo mirabile le caratteristiche che contraddistinguono la solitudine dell'anzianità, diversa da quella adolescenziale, voluta o notturna.
Il protagonista è Martin, un anziano professore in pensione che vive ritirato in una casetta isolata, appena fuori un piccolo paesino. Vive la sua esistenza con grande dignità e rassegnazione, parlando con gli animali del bosco e coltivando la sua passione per la cultura, in particolare per il Catena, poeta maledetto morto da anni. Un giorno una giovane coppia affitta la casa vicina a quella del professore, e Martin conosce così l'attraente e fatata Michelle, che gli ricorda un amore di gioventù.
Benni regala a questo straordinario e fiero personaggio una nuova avventura, quando pensava che non gli fossero più dovute, quando pensava di essere nella fase in cui tutto è già accaduto. La memoria ha un grande peso nell'economia della storia, insieme ai segreti dell'animo, terribili e cupi, ma Martin ha la possibilità di vivere il tempo presente come non avrebbe mai creduto di poter fare.
Una riga a parte merita Michelle: Benni è sempre unico nel descrivere le sue figure femminili, e nel descriverle tramite il filtro di osservazione degli altri personaggi. Sia che si evidenzi il lato più "volgare" della femminilità, sia che si accentui la versione più "angelicata" a dirla come Dante, l'autore è sempre riuscito a dare un tocco speciale alle descrizioni delle donne che popolano i suoi romanzi, e qui non fa eccezione regalandoci un'emozionantissima giovane donna.
Le ultime, malinconiche e disvelatrici, pagine suonano quasi come un testamento letterario, e le ultime due pagine in particolare quasi confermano la sensazione che ho avuto per tutto il libro, cioè che Martin fosse una sorta di alter-ego di Benni, visto che il professore rompe la quarta parete con parole che dicono sulla narrativa più di quanto possano fare 10 manuali di scrittura creativa.
Io amo visceralmente la scrittura di Stefano Benni da quasi 10 anni ormai, e dal primo incontro che ebbi con lui (La Compagnia dei Celestini) ho recuperato tutto quanto realizzato prima e dopo.
E anche quando gli ultimi due libri li ho trovati meno brillanti del solito, quasi a notare un calo nell'appeal del suo stile, non ho potuto fare a meno di esultare quando nel settembre del 2012 è uscito per Feltrinelli il nuovo romanzo di Benni.
L'ormai ultra-sessantenne autore sforna con Di Tutte le Ricchezze la sua opera migliore tra quelle degli ultimi 7-8 anni. Questo non significa che sia tornato ai fasti dei romanzi che l'hanno reso celebre, non è più tempo del Benni Furioso o di Comici Spaventati Guerrieri.
Benni sfrutta l'età e quello che comporta in termini di sentire e di saggezza per scrivere un romanzo sulla vecchiaia e sulla solitudine. I romanzi dell'autore sono caratterizzati spesso dalla moltitudine di personaggi bizzarri, iconici e surreali, qui pure sono presenti ma in misura decisamente minore, e quasi eterea, proprio a sottolineare quella solitudine particolare e pregnante della senilità.
Perché sarà anche vero che, come recita un passo del romanzo, "ogni solitudine racchiude in sé tutte le solitudini", ma il libro riesce a descrivere in modo mirabile le caratteristiche che contraddistinguono la solitudine dell'anzianità, diversa da quella adolescenziale, voluta o notturna.
Il protagonista è Martin, un anziano professore in pensione che vive ritirato in una casetta isolata, appena fuori un piccolo paesino. Vive la sua esistenza con grande dignità e rassegnazione, parlando con gli animali del bosco e coltivando la sua passione per la cultura, in particolare per il Catena, poeta maledetto morto da anni. Un giorno una giovane coppia affitta la casa vicina a quella del professore, e Martin conosce così l'attraente e fatata Michelle, che gli ricorda un amore di gioventù.
Benni regala a questo straordinario e fiero personaggio una nuova avventura, quando pensava che non gli fossero più dovute, quando pensava di essere nella fase in cui tutto è già accaduto. La memoria ha un grande peso nell'economia della storia, insieme ai segreti dell'animo, terribili e cupi, ma Martin ha la possibilità di vivere il tempo presente come non avrebbe mai creduto di poter fare.
Una riga a parte merita Michelle: Benni è sempre unico nel descrivere le sue figure femminili, e nel descriverle tramite il filtro di osservazione degli altri personaggi. Sia che si evidenzi il lato più "volgare" della femminilità, sia che si accentui la versione più "angelicata" a dirla come Dante, l'autore è sempre riuscito a dare un tocco speciale alle descrizioni delle donne che popolano i suoi romanzi, e qui non fa eccezione regalandoci un'emozionantissima giovane donna.
Le ultime, malinconiche e disvelatrici, pagine suonano quasi come un testamento letterario, e le ultime due pagine in particolare quasi confermano la sensazione che ho avuto per tutto il libro, cioè che Martin fosse una sorta di alter-ego di Benni, visto che il professore rompe la quarta parete con parole che dicono sulla narrativa più di quanto possano fare 10 manuali di scrittura creativa.