[Umberto Eco] Numero Zero

Qui è dove si parla di storie, di storie che parlano di cose che magari non sono successe davvero ma che potrebbero anche o che sono successe tanto tempo fa. Quel che è certo è che spesso ci toccano più di quanto non facciano le storie vere di cui siamo testimoni tutti i giorni.
  • Io l'ho letto un anno fa. Ho aspettato la rece di Valerio per non rovinargli l'impostazione grafica della "serie", ma vabbè a 'sto punto tanto vale carpire il diem.

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    Allora, parliamo un po' di questo libro cancellato dalla memoria collettiva.
    Innanzitutto è un libro che parla di memoria. Concetto alla base dell'intera opera echiana, già visto nei precedenti romanzi e negli articoli.
    Poi parla di umorismo. L'umorismo di Eco, quello intelligente e dunque incompreso e dunque malinconico. Umorismo sclaviano, per capirci(?). La vecchia battuta di Sclavi: "è bello, qualche volta, umorire" si adatta bene alla storia che racconta Numero zero: che è, beh, sostanzialmente, una normale storia d'amore in tempi tristi.
    Anche umorismo (Nome della Rosa, Baudolino, Cimitero di Praga, Pendolo di Foucault) e romanticismo (Isola del Giorno Prima, Pendolo di Foucault) sono ingredienti del das con cui Eco modella i suoi pensieri e li conosciamo bene.
    Infine abbiamo la Storia. La Storia Segreta del Mondo, che da fittizia diventa vera. Pendolo! - grida l'Economo. Anche Baudolino e Cimitero di Praga. E un po' Regina Loana - aggiunge e chiosa poi.
    Con Baudolino Eco ha raccontato la vera fittizia origine delle leggende e della Storia medioevali, col Pendolo abbiamo avuto praticamente tutta la Storia dell'umanità fino sostanzialmente al divampare dell'occultismo a fine ottocento (rimasto in piedi fino al 1988 e dopo); nel Cimitero di Praga ecco la vera storia del Risorgimento e dello sviluppo della narrativa industriale, fino alle origini del nazismo (primo novecento); La misteriosa fiamma della regina Loana ci racconta il ventesimo secolo fino alla WWII; ebbene, Numero Zero - nomen omen - ci riporta alle origini, cioè dal Dopoguerra ai giorni nostri ovvero il 1992 ovvero il nostro presente fermo a vent'anni fa.
    Lo fa raccontando una buffa vicenda di fantascienza ucronica che vede protagonista nientepopodimeno che [spoiler]il cadavere di Mussolini[/spoiler], al centro di un intrigo che è niente più che l'evoluzione del Piano di Casaubon, Belbo e Diotallevi visto nel Pendolo di Foucault.
    Proprio il Pendolo, tra i sei che precedono questo ultimo, è il romanzo con cui Numero Zero ha più affinità. Vi ricompaiono personaggi simili a quelli visti nella scombinata casa editrice dove lavoravano i tre protagonisti di allora nonché un vero e proprio "Garamond invecchiato" e reso ancora più cinico.
    Già. A parer mio si può ben definire Numero Zero un sequel "decadente" del Pendolo di Focault, e per "sequel decadente" penso - esempio portato solo sul piano formale, non contenutistico - al rapporto che lega I soliti ignoti vent'anni dopo a I soliti ignoti: tutto va ancora più a rotoli, i personaggi hanno ancora meno speranze nel futuro, l'Occasione è ormai perduta, si può solo abbozzare.
    C'è una tristezza che aleggia sui due protagonisti di Numero Zero, un lui e una lei alle dipendenze di una annoiata redazione costretta dal suo proprietario, il Cavalier Vimercate (chi è?), a preparare il numero zero di un nuovo Giornale, che dovrà essere Libero di dire quel che più gli aggrada, anche a costo di inventare. Per Eco è l'Occasione di riproporre le sue idee sulla stampa italiana, già messe su carta su svariati articoli degli ultimi venti anni e qui sfruttati finalmente anche come motore narrativo.
    Parallela a questa corre la trama pseudostorica, qui forse più improbabile che nel Pendolo - nella causa, ovviamente, non negli effetti che, purtroppo, sono stati proprio quelli.
    Fa da collante l'atmosfera decadente di una Milano e di una Italia cialtrona e opportunista, che qua e là sembra quasi a voler dire che forse era meglio quando faceva schifo ma almeno si prendeva sul serio. Ma questa è soltanto una mia impressione, che ho, da qualche anno a questa parte, anche quando mi capita di leggere le "Bustine", l'idea che Eco consideri irrecuperabile questo bel paese. E che, di conseguenza, si sia un po' rotto il callo di dire sempre le stesse cose e di perderci tempo. Da qui il notevole distacco dai precedenti romanzi, rispetto ai quali Numero Zero è lungo circa la metà. Anche lo stile letterario è leggermente meno puntiglioso, ma solo leggermente. I personaggi che Eco mette in scena sono comunque colti ed eleganti, o almeno ci provano.

    Riguardo alla lunghezza, ho anche un'altra ipotesi: nei sei romanzi precedenti Eco ha cercato di riproporre i romanzi-tipo dell'epoca in cui erano ambientati, unendo la forma alla sostanza. Abbiamo avuto la chanson de geste, la cronaca medievale, il drammone seicentesco, il romanzo storico ottocentesco, il feuilleton novecentesco, il romanzo-pastiche postmoderno. Forse qui Eco cerca di proporci la sua versione del romanzetto italiano moderno, dai toni leggermente grotteschi e "young adult" (i due protagonisti ad un certo punto sembrano due innamoratini). O almeno a me piace pensarla così. Perché, come diceva nell'ultima Bustina di Minerva (della raccolta omonima), il senso della vita è pensare che tutti siano coglioni... compresi noi stessi.





    p.s.: prosecuzione dell'ultima frase: E quindi non c'è altro da dire. Fine della Storia.
    p.p.s.: ecco perché nel topic del sondaggio parlavo di "finale di Eco".
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    Ottimo lavoro.
  • Ma guarda che io non ho ancora avuto modo di leggerlo. Un po' per il poco tempo, un po' perché il Cimitero di Praga mi aveva un po' spaventatino, te lo dico.
  • Comprensibile, in un certo senso già Il cimitero era il finale di Eco (cimitero, appunto). Quest'ultimo, vista pure la lunghezza, nel complesso della carriera letteraria del nostro va considerata forse più un'appendice, un poscritto. Però è anche un breve romanzo fatto e finito.

    Ciò detto:
    1) è Eco
    2) è breve
    3) è sicuramente meglio di X-Files :P
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    Ottimo lavoro.
  • Sul terzo punto non c'è proprio dubbio.
  • Troppo tardi.
  • Ma come? Ti perdi proprio il finale?
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    Ottimo lavoro.
  • Toh, il finale vero arriverà sabato questo, dicono.
  • Quello è saggistica.

    Glab. E l'editore è La nave di Teseo. Cioè, rendiamoci conto di chi è scomparso.
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    Ottimo lavoro.
  • Straka?
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