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[Sandrone Dazieri] Ciclo del Gorilla

Inviato: venerdì 07 ottobre 2016, 00:09
da Bramo
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Sandrone Dazieri non è forse un nome noto ai più, facendo parte di quella categoria di scrittori che, pur essendo in attività da più di vent’anni, hanno caratterizzato un genere forse di nicchia nel nostro Paese e che quindi non godono di una fama nazionalpopolare.
Ma è sicuramente uno scrittore che gli addetti ai lavori e una buona fascia di pubblico conoscono piuttosto bene: ha scritto diversi romanzi pubblicati con Mondadori, è stato Direttore della collana Libri per Ragazzi per lo stesso editore, ha scritto e continua a scrivere sceneggiature per cinema e televisione e ha bazzicato anche il mondo del fumetto collaborando alla realizzazione di alcune storie per Diabolik, dove ha lavorato insieme al suo amico Tito Faraci.

Ma sicuramente l’attività che l’ha reso più celebre è la serie di romanzi con protagonista colui che soprannominano il Gorilla.
Introdotto in Attenti al Gorilla, questo personaggio – che si chiama Sandrone Dazieri come lo stesso autore e ne condivide anche buona parte della biografia – è un addetto alla sicurezza free lance e indipendente, con un passato da leoncavallino militante prima e da buttafuori poi, che si fa incuriosire dalle persone e dalle situazioni sbagliate e si improvvisa detective dilettante, finendo in giri pericolosi in una Milano allucinata e sotterranea, ben separata da quella di facciata che tutti conosciamo.
In questo primo romanzo, per quanto riuscito, Dazieri è ancora acerbo come autore e infatti ci sono pochi guizzi nella trama, che scorre piuttosto lineare. Il gusto per il noir all’americana, però, è ben visibile e mischiato con l’ambientazione meneghina costituisce il punto di forza di una storia ricca di mordente.

Infatti già nel secondo libro, La cura del Gorilla, questi elementi vengono trattati con maggior cura e il lettore si trova di fronte a un romanzo assai godibile, con dialoghi freschi e immediati e con una trama che va a pescare nel torbido degli avvenimenti più scottanti della società italiana, come gli sbarchi degli immigrati albanesi che negli anni Novanta erano spesso al centro della cronaca italiana.
La sottile ironia che traspariva nel romanzo precedente qui appare meno pretestuosa, più bilanciata con il contesto e quindi, paradossalmente, più punk. E il caso descritto è più intricato e di conseguenza più soddisfacente nel suo dipanarsi.

È con Gorilla blues che Dazieri raggiunge a mio avviso l’apice della sua narrativa: la spola tra Milano e il Lago Maggiore, un’indagine che riguarda inizialmente un gruppo di zingari circensi ma poi si estende ad un certo sottobosco dell’imprenditorialità lombarda per arrivare addirittura a concernere il G8 di Genova, un anno esatto dopo i tragici fatti del 2001, sono tutti elementi che rendono la storia memorabile, tanto da aver divorato il romanzo in due giorni. Il protagonista inoltre è qui più in forma che mai, la sua migliore versione di tutta la saga.

Il karma del Gorilla è invece una piccola marcia indietro rispetto a quanto letto in precedenza: il protagonista è sempre ottimo, ma è come se si fosse detto già tutto quello che c’era da dire su di lui, concentrandosi maggiormente sull’indagine che appare però troppo complessa e mal gestita per essere davvero apprezzabile, così che quando si arriva alla soluzione finale questa lascia meno soddisfatti di quello che poteva essere, visto che invece l’idea sul colpevole e sul movente è molto forte.

Non è un caso quindi che l’ultimo romanzo, La bellezza è un malinteso, segni uno stacco netto con le avventure precedenti, fin dal titolo se vogliamo notare le finezze: ambientato (oltre che scritto) diversi anni dopo, vede in scena un Gorilla che ha messo la testa a posto: sposato, con un lavoro stabile e meno pericoloso, con un senso di responsabilità più marcato e la volontà di non mettere a rischio quanto di buono finalmente ottenuto nella sua vita. Poi in un’indagine dove rischia tutto quanto ci finisce lo stesso, a sottolineare come l’animo militante non possa mai sparire del tutto, ma l’approccio è cambiato. Non solo quello, anche la sfera dei comprimari è cambiata, e quelli storici che i lettori hanno conosciuto e amato negli altri libri compaiono solo come citazioni per gli aficionados o per poche pagine, a sottolineare come la vita sia andata avanti per il protagonista.
Tecnicamente è forse il romanzo migliore della cinquina, ma non può non lasciare un po’ interdetto chi aveva amato le atmosfere precedenti: sono preservate per quanto riguarda l’impianto hard-boiled, intendiamoci, ma quella sensazione crepuscolare di tempo che scorre è così realistica che non può non immalinconire o addirittura inquietare. È un quid dell’autore, alla fine, ma lascia scossi.

Se uno dei due punti forti della serie sono le indagini, perché architettate bene, scritte meglio e con un’ambientazione che riesce ad essere vicina al lettore italiano e allo stesso tempo tipica della narrativa di questo tipo di stampo americano, l’altro è senza dubbio il protagonista.
Il Sandrone Dazieri personaggio è una figura affascinante e azzeccatissima: un passato da anarchico di sinistra sempre presente ai cortei di protesta, poi passato a fare il buttafuori e diventato agente di sicurezza allontanandolo dai giri e dalle amicizie di un tempo, senza però che abbia abbandonato davvero gli ideali che lo muovevano un tempo. Complesso, stratificato, ironico e iconico, il Gorilla è il classico antieroe dei thriller made in USA, e nella letteratura italiana l’unico esempio che gli va vicino, tra quelli che mi vengono in mente, è l’ispettore Coliandro di Carlo Lucarelli.
Ma Dazieri spinge comunque oltre quelle atmosfere e muove un personaggio ancora più borderline, grazie alla sua caratteristica principale: il Gorilla possiede infatti due personalità. Afflitto da una rarissima forma di schizofrenia, lui non dorme mai, e quando si addormenta subentra nella sua mente il suo “lato B”, che lui chiama Socio, con cui divide il corpo ma dal quale lo divide il carattere. Molto meno ironico e umano di Sandrone, il Socio è una persona che sa vivere e sopravvivere in situazioni estreme, per niente vincolato dai sentimenti e decisamente razionale e pragmatico, al contrario del Gorilla.
L’idea conteneva un alto tasso di minchiaggine che rischiava di svaccare tutto, invece l’autore è stato bravo nel non giocare mai troppo su questa peculiarità, rendendola soltanto l’arguto motore e stratagemma per far scorrere le trame, oltre che una semplice caratteristica che delinea il personaggio.
Il risultato è più che ottimo.

Segnalo in chiusura che il Gorilla è apparso anche sul grande schermo, una decina d’anni fa, nella trasposizione cinematografica di La cura del Gorilla, alla cui sceneggiatura ha lavorato lo stesso Dazieri. Ad interpretare il protagonista è stato chiamato Claudio Bisio, una scelta che trovavo surreale e inconcepibile per un ruolo del genere, ma che a sorpresa si è rivelata ottima: Bisio riesce infatti ad accantonare le esagerazioni comiche per cui è noto e trasmette alla sua interpretazione la giusta dose di pathos, portando in scena una versione piuttosto fedele e non caricaturale del Gorilla cartaceo.
Un film piccolino che ha avuto ben poco successo al botteghino, ma che è in realtà fatto bene e che racchiude in modo soddisfacente le atmosfere del libro da cui è tratto, al netto dei cambiamenti dell’adattamento, sempre sensati.