[Bad Robot] Person of Interest (CBS)

L'America non vive di soli hamburger ma anche di una grassissima infornata annuale di serie tv di tutti i generi, dal tentacolare procedural a piccole grandi epiche.
  • Person of Interest – Stagione 1

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    Dopo averci girato attorno a lungo, finalmente è arrivato il suo turno!
    Come avevo scritto nella prima pagina del topic, avevo visto i primi due episodi quando uscirono, ma ne rimasi così poco convinto da non proseguire oltre. Mi sembrava semplicemente un procedurale standard, solo leggermente più articolato.
    Ma con il passare del tempo e i commenti positivi letti sia qui che altrove, mi sono convinto che prima o poi avrei dovuto recuperare questo Person of Interest che, alla fine, è pur sempre un prodotto nato dalla mente del fratello di Nolan e benedetto da JJ Abrams, quindi la qualità non avrebbe dovuto mancare.
    E non manca, anzi!
    Ho finito ieri la prima stagione e devo dire di essere stato assolutamente conquistato dalle vicende di John Reese e Harold Finch.
    Per essere chiari fin da subito: resta intimamente un procedurale fatto e finito, non si scappa, e in tal senso la mia prima impressione del 2011 non fu sbagliata. Ma certo non si può dire che è solo “leggermente più articolato” delle altre serie di questo genere.
    Questo a partire dalla formula-base di cui è fatto lo show: il centro degli episodi non è l’indagine su un caso, è il tentativo di salvare la vittima o fermare l’aggressore di cui si è a conoscenza grazie alle rilevazioni della Macchina. La componente di investigazione non manca, ma è una conseguenza di questo dato di partenza, per il quale spesso bisogna scavare attorno alla vita della persona per capire cosa la minaccia o chi sta minacciando e perché, in modo da poter avere gli elementi adeguati per intervenire nel miglior modo possibile.
    Molto stimolante anche il fattore per cui la persona segnalata dalla Macchina può essere tanto vittima quanto carnefice: peccato che diventi presto un limite, dato che l’unica cosa interessante che si può fare con una situazione del genere è far credere ai protagonisti e agli spettatori che la “persona di interesse” di turno sia la vittima… per poi capire che invece è il cattivo. O viceversa. Dopo che questo rovesciamento viene usato 3-4 volte inizia a mostrare la corda, per quanto le sceneggiature siano sempre molto accorte nello svelare questo trucco in modo da rimanere sempre sorpresi: il trucco in effetti è sfruttare questo fattore con personaggi imprevedibili e soprattutto legati alla continuity della serie.
    Sì, la continuity: l’altro elemento a favore della serie dopo la struttura base. Si tratta di una mitologia non invasiva, ma che costituisce una trama orizzontale assai ben curata che serpeggia fin dai primi episodi per prendere sempre più screen time dalla seconda parte della stagione in poi.
    Considerata la natura della serie, con i “casi della settimana”, direi che più di così difficilmente si poteva fare, e trovo che sia un modo molto riuscito di ibridare la formula tipica dei procedurali – già comunque evoluta grazie alla struttura descritta sopra – con quella delle serie moderne a trama orizzontale e a base di misteri da svelare nello sviluppo della trama. La mitologia è ovviamente inerente alla Macchina, alla sua nascita e alla sua natura, e per ora di chiaro c’è molto poco sul suo funzionamento e sulla sua localizzazione. Il che mi esalta. Anche il passato di Finch, il suo inventore, è abbastanza oscuro anche se già negli ultimi episodi si sono fatti passi avanti. Infine, anche la storia di Reese appare interessante, nonostante sia già più convenzionale tra militanza in CIA e amore finito con rimpianti.
    La parte mitologica un po’ bof è invece quella del cattivo principale, Elias: altri non è se non un aspirante nuovo capo criminale di New York, che come idea di base è tutto fuorché interessante. Lo salva però la caratterizzazione scelta per lui e interpretata dall’attore, che lo rende all’apparenza un anonimo impiegatucolo marginale dissimulando invece la ferocia delle proprie azioni e dei propri intenti.

    I due protagonisti sono ottimi. Michael Emerson à vita a un personaggio splendido: Harold Finch è ermetico, distinto, geniale, elegante, forbito… tutte caratteristiche che porta con grazia e senza apparire troppo, con grande autocontrollo. Raramente si concede qualche battuta, ma sempre con uno stile particolarissimo e signorile. La persona meno probabile da immaginare dietro le quinte di un’impresa del genere.
    Jim Caviezel ha un compito forse ancora più difficile: portare sullo schermo un ex militare duro e glaciale senza farne lo stereotipo di genere. E ci riesce, perché John Reese ha un modo di fare tutto suo, e alterna con naturalezza la figosità del combattente, che risalta nelle numerose e sempre coreograficamente belle scene d’azione, all’eleganza di chi sa mischiarsi alla folla senza farsi notare. È dotato anche lui di una sottile ironia, in grado di spiazzare e divertire tanto lo spettatore quanto Finch.

    Non è diventata la mia serie preferita, per ora. Riconosco però che già adesso è una serie che ha molto da dire e diversa dalle altre, da seguire perché ricca di spunti interessanti, qualitativamente indiscutibile e con due personaggi dai quali è difficile staccarsi. La formula, inoltre, anche se ripetitiva non stanca, primo perché permette di empatizzare con i personaggi del “caso della settimana”, secondo perché vengono presto inserite varianti atte a spezzare brillantemente il ritmo.
    Max Brody e Tyrrel hanno accomunato Person of Interest a PK, ed effettivamente il rapporto Reese-Finch è molto simile a quello tra Paperinik e Uno. Personalmente, però, oltre a questo paragone vedo numerose affinità con Batman: vero che il Cavaliere Oscuro non ha un “back office” con cui è costantemente in contatto durante le missioni (anche se, in molte occasioni, tale ruolo nei fumetti viene ricoperto da Alfred che comunica con l’eroe dalla Bat-caverna), ma il rapporto di Reese con la polizia è davvero ricalcato su quello di Batman con il Gotham City Police Department, sia negli aspetti conflittuali che in quelli che in quelli collaborativi. Diamine, il detective Fusco è praticamente Bullock, poi! :P
    E in generale, comunque, Reese interpreta l’eroe che agisce per il bene ma pur sempre fuori dall’ufficialità, e quindi nell’ombra.

    Insomma, una serie che ricorda sia PK che Batman, con due protagonisti a cui ci si affeziona e con una costruzione di trame – sia singole che orizzontali – qualitativamente molto buone. Ovvio che proseguo! :D
    Andrea "Bramo" L'Odore della Pioggia
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  • E nelle stagioni successive migliora ancora :D
  • Person of Interest – Stagione 2

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    La seconda stagione di Person of Interest alza la posta in gioco. Potremmo dire che è con questa stagione che la serie diventa “adulta”, nel senso che fa quel passo che ancora le mancava per differenziarsi dal maelstrom di procedurali che popolano le reti americane dimostrando di recuperarne solo la formula base, riadattandola però per un sistema narrativo più sofisticato e figlio diretto di quella rivoluzione seriale cominciata più di 10 anni fa con Lost.
    Come ebbi a dire nel mio precedente commento, già la prima stagione mostrava di avere un’attitudine diversa da quella dei vari polizieschi televisivi, con una struttura più vicina ad un comic book supereroistico che ad un procedurale in senso stretto. Ma la season 2 insiste ulteriormente su quegli elementi e compone un mosaico dove a farla da padrone non sono i singoli casi autoconclusivi, quanto la continuity principale della serie, che più o meno sottotraccia serpeggia per tutti i 22 episodi e mette sempre più in primo piano l’elemento più affascinante del prodotto di Jonathan Nolan: la Macchina.

    Già il fatto di iniziare la stagione con una “bilogia” in cui Reese deve salvare Finch, rapito dalla sua “nemesi” Root già vista nella prima stagione (soprattutto nel season finale della stessa) rende il tutto più gustoso… se poi è proprio dalle considerazioni di Root che si inizia a riflettere sulla presunta “coscienza” della Macchina, il tutto diventa ancora più stuzzicante, visto che il tema della Macchina in quanto I.A. senziente è quello principale della stagione, fino all’esplosivo finale. Al di là di quella, la bilogia è valida anche per come è strutturata la narrazione, mostrando attraverso flashback e ricostruzioni il passato di Root, con un abile gioco di mistificazioni e inganni sulla reale identità dell’hacker.

    Caratteristica della stagione è quindi quella della macrotrama: accantonato momentaneamente Elias, che viene comunque recuperato di tanto in tanto dal carcere per ricordarci che fa sempre parte dell’impianto base della serie, è proprio la Macchina ad essere al centro del tessuto narrativo, e insieme a lei il passato di Finch e del suo collega. Anche il ritorno in scena di Kara Stanton, la rancorosa partner di missione di Reese che avevamo visto nei flashback della scorsa stagione, è stato funzionale alla continuity principale, rivelandosi infatti portatrice di informazioni che saranno poi alla base di quanto si vedrà nell’ultimo episodio.
    Meno interessante è invece un altro elemento ricorrente: il nucleo di poliziotti corrotti noto come HR non è infatti debellato e il suo capo, nascosto in bella vista, è ben attivo. Per quanto questa sottotrama abbia una funzione narrativa in alcuni casi importante, resta un fattore poco stimolante, probabilmente in quanto maggiormente legato alla sfera del distretto di polizia.

    La seconda stagione di PoI ha poi sviluppato anche un elemento di blanda continuità davvero azzeccato e stimolante, un personaggio secondario che diventa recurring: al contrario dell'altro personaggi ricorrente (cioè la deliziosa Zoe Morgan, che anche in questa stagione aiuta John in alcune missioni) Leon Tao sostanzialmente ricopre il ruolo della macchietta, sostituendo un po’ la figura di quel detective Fusco che nel tempo è diventato più complesso e sfaccettato. Il personaggio in questione, interpretato dall’attore che conosciamo nei panni lostiani di Miles, è un impostorucolo che cerca di guadagnarsi da vivere tramite qualche truffa da 4 soldi, facendo regolarmente arrabbiare le persone sbagliate e costringendo Reese ad intervenire per salvarlo. Le scenette con i due sono sempre gustose, ma l’asiatico è ben caratterizzato, riuscendo ad utilizzare la propria intelligenza strategica per aiutare Reese e Finch in un paio di occasioni.

    Un elemento forse di scarso significato, ma per me notevole, è il cambio di sigla in un paio di episodi, dovuto alla speciale situazione che si sarebbe vista. Una scelta sempre interessante che contribuisce secondo me a rendere dinamico l’impianto generale, dimostrando la volontà degli autori di giocare con lo spettatore anche tramite finezze di questo tipo.

    Infine, Shaw: si tratta di una giovane che lavorava per il governo, dovendo sventare gli attentati terroristici che la Macchina segnala all’autorità competente. Dipinta come una donna fredda, risoluta e “tagliata con l’accetta”, viene ripresa brillantemente nel corso della stagione e soprattutto nel finale, dove pare decida di affiliarsi con il dinamico duo. Non sono ancora molto convinto su questo personaggio, perché davvero troppo freddo e monocromatico, ma credo possa avere grandi possibilità di crescita.
    Il finale, come dicevo, è la ciliegina su una torta veramente gustosa. Senza dire troppo per non rovinare sorprese a nessuno, basti dire che finalmente si scoprono alcuni passaggi chiave del passato di Finch – dalla sorte del suo collega alla sua zoppia – e che trovano una precisa collocazione anche alcuni indizi sapientemente piazzati nel corso degli episodi, che lasciavano aperti vari dubbi.
    Il finale rappresenta anche un nuovo punto di svolta per la serie: la nuova condizione della Macchina apre infatti a diversi spiragli di possibilità, tutti alquanto interessanti.
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  • Il modo in cui i personaggi fanno pian piano squadra, anzi in un certo senso fanno "famiglia", è uno degli elementi di forza della serie. :)
    Meno interessante è invece un altro elemento ricorrente: il nucleo di poliziotti corrotti noto come HR non è infatti debellato e il suo capo, nascosto in bella vista, è ben attivo. Per quanto questa sottotrama abbia una funzione narrativa in alcuni casi importante, resta un fattore poco stimolante, probabilmente in quanto maggiormente legato alla sfera del distretto di polizia.
    La HR vedrai avrà un ruolo non da poco nell'evoluzione della storia.
  • Person of Interest – Stagione 3

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    Per vari motivi ho massacrato la visione di questa terza stagione di Person of Interest.
    Iniziata a metà ottobre, sono arrivato a poco meno di metà prima di Lucca Comics. Il mese successivo, come tutti gli anni, tra reportage dalla fiera e letture di quanto comprato durante la kermesse lucchese, non ho visto nulla, lanciandomi solo verso gli ultimi giorni di novembre con la maratona serrata di Jessica Jones, che meritava priorità alfa e alla quale è seguito un altro stop di visioni fino alle Feste natalizie, dove prima mi sono goduto il dvd-selezione di Doctor Who e poi ho finalmente ripreso in mano questa serie, bevendomene la seconda metà nel giro di una settimana.
    Questo preambolo assolutamente personale e ben poco pertinente mi serviva per chiarire che non ho fruito di questa stagione nel migliore dei modi... eppure si rivela essere la migliore delle tre finora viste, dove il crescendo qualitativo nell'intreccio e nella gestione della storia generale è palese.
    A onor del vero, la prima parte sembrava essersi fin troppo assestata: dopo i grandi botti del season finale precedente, mi aspettavo qualche scossone in più, invece ci si è fissati su uno status quo nuovo, ma pur sempre eletto a status quo. Puntate sempre godibili e con dovizia di accenni sul destino della Macchina e sul nuovo ruolo di Root, ma tutto abbastanza nei binari convenzionali. Fino alla [spoiler]morte della Carter[/spoiler], gestita in maniera drammatica e particolarmente sentita. In effetti forse la prima parte di stagione è più incentrata su di lei, sulle sue azioni parallele per sconfiggere definitivamente l'HR senza troppi aiuti da Reese e Finch, un tributo ad un personaggio importante [spoiler]prima del suo addio[/spoiler].
    Molto belli gli episodi successivi all'avvenimento, capaci di essere un ottimo giro di boa, di rendere quella faccenda effettivamente carica di importanza e di aprire la strada al vero nucleo della stagione: lo scontro dei protagonisti contro Decima Technologies e contro Vigilance.
    Trovo che entrambi i fronti - un'industria che vuole acquisire il potere di cui è dotata la Macchina e un gruppo di dissidenti che vuole tutelare la privacy dei cittadini - siano molto ben strutturati e raccontati, per quanto entrambi piuttosto prevedibili in una serie che fin dai primissimi episodi pone il tema etico della "osservazione per difesa". Ma proprio il modo di introdurli nella macro-trama (Decima fin dalla stagione precedente) e il loro ruolo all'interno di essa, che cresce sempre più con il procedere della narrazione fino ad intrecciarsi in sviluppi decisamente interessanti, intelligenti e a sorpresa, fa sì che costituiscano due ottimi avversari per l'organizzazione indipendente di Finch.

    Altro punto a favore è la nuova caratterizzazione di Root. La hacker pazza conosciuta precedentemente viene qui fatta maturare nell'atteggiamento in modo credibile, perfettamente giustificato e funzionale alla trama generale, rendendola un personaggio ancora migliore di quanto non fosse prima. La Macchina la rende una sua agente e così facendo la fa diventare meno instabile: pur non rinunciando alla vena di follia che continua a caratterizzarla, condita da una sottile ironia che trovo adorabile (insieme all'avvenenza dell'attrice), il personaggio diventa uno dei "buoni", pur con un codice morale tutto suo.
    Parlando di personaggi, ho imparato ad apprezzare di più anche Shaw: come prevedevo nel commento precedente, rendendola partner effettiva e a tempo pieno di Reese si è potuto lavorare sul suo carattere, permettendo anche qui di maturarlo.
    Ovviamente, infine, continuo ad adorare le "sigle" alternative e trovo che l'episodio ambientato quando Finch lavorava con un altro tizio, prima che contattasse Reese, ottimo.

    Gli ultimi 4 episodi della stagione sono un crescendo di hype e pompismo, e costituiscono il motivo per cui questa stagione è superiore alle altre: il bello è che non sono "a sé", ma il logico coronamento di tanti piccoli e grandi dettagli che abbiamo visto evolvere nel corso della stagione, in alcuni casi anche ereditati da quella precedente. PoI si dimostra così una delle serie più unitarie, coese e programmate degli ultimi anni, dove la mitologia appare chiara, limpida e coerente con sé stessa in maniera certosina e che non fa pensare a ripensamenti e cambi in corsa. Merito di Jonathan Nolan, che evidentemente ha messo molta della sua abilità di sceneggiatore in questa serie.
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  • Forse fai in tempo a guardare anche la quarta stagione prima che cominci la quinta in America. Ancora non si sa quando (in primavera?) ma sarà di 13 episodi e a quanto si dice concluderà la serie :( . Però meglio un bel finale studiato che andare avanti ad oltranza inseguendo gli ascolti.
  • Person of Interest – Stagione 4

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    Tanto tempo ci ho messo a visionare la terza stagione di Person of Interest nel suo complesso, tanto poco ce ne ho messo per divorare la quarta e finora ultima trasmessa.
    Sarà che stavolta ero determinato a non trascinarmela più come fatto in precedenza, sarà che non si erano frapposte condizioni che me lo imponessero e sarà, soprattutto, che ero davvero preso dalla trama orizzontale che si lasciava intuire dallo scorso season finale e che è stato riconfermato in modo assai riuscito nei primi episodi della quarta stagione.
    Già, perché mai come ora la continuity e la mitologia della serie vengono poste in primo piano nel costrutto generale degli episodi, e tale atteggiamento mi ha ricordato molto quanto successo nell'ultima stagione di Fringe, scritta in modo molto più unitario di quanto fosse in precedenza, dominata soprattutto da puntate autoconclusive con il caso della settimana. Altra analogia con Fringe è nella modalità con cui viene sviluppata la stagione: u'autorità pericolosa che minaccia gravemente il mondo con una forma sottile di dittatura: se nella serie fantascientifica di Abrams, Orci e Kurtzman questa era rappresentata dagli Osservatori, qui c'è Samaritan, a suo modo un'altra entità che fa dell'osservazione la propria caratteristica principale.
    Era effettivamente inevitabile, per come si erano messe le cose alla fine della scorsa stagione, che l'attenzione per la macrotrama fosse ora più pronunciata: non solo nei cambi di alcuni status quo (la sede operativa si sposta dalla biblioteca ad un binario abbandonato della metropolitana, i protagonisti hanno tutti un'identità di copertura che devono utilizzare durante il giorno per non destare sospetti) ma anche nelle quest da affrontare, sempre più inerenti ai machiavellici piani che questa nuova I.A. sta portando avanti.
    Devo dire di aver apprezzato molto questo approccio, per quanto non ne sentissi il bisogno: ritengo, in senso più ampio, di non essere più schiavo di quello che potrei chiamare "Lost-effect", quella febbre che mi faceva apprezzare solo le serie TV che avessero un'approccio prettamente legato alla continuity serrata che mi era salita dopo aver visto e amato Lost. Dopo quella serie tutto è cambiato come approccio a questo medium narrativo, ma ciò non implica solo avere serie tutte dedite alla trama orizzontale come se fossero un romanzo: significa semplicemente maggior consapevolezza nella qualità della scrittura, che fa la differenza tra un episodio filler o uno a trama verticale scritto ai giorni nostri e uno del genere di una serie anni '90. Person of Interest ha dimostrato sempre - sempre - che poteva essere interessante anche con la struttura-base del caso della settimana, riuscendo a ricordare sempre e comunque il quadro generale.
    Per questo apprezzo che le due anime siano rimaste preservate anche in questa quarta stagione, cambiandone solo la quantità visto che i casi stand-alone sono diminuiti rispetto agli episodi legati alla continuity.
    Continuity che, attenzione, non significa solo Samaritan: anche il destino di Elias, il buon vecchio boss criminale, torna ad essere al centro dell'attenzione, così come l'ascesa di un nuovo capetto che vorrebbe fargli le scarpe, tale Dominic. Mi è piaciuto non perdere la visuale anche su questi "crimini da strada", e anche [spoiler]il loro inaspettato collegamento con la visione d'insieme negli ultimi minuti del season finale[/spoiler].
    Mi è piaciuto vedere le difficoltà e le perdite subite dai protagonisti, sempre rese benissimo dagli attori che interpretano i due personaggi principali: Jim Caviezel e Michael Emerson sono ormai affiatati insieme e conoscono benissimo i loro personaggi, vi ci sono affezionati oserei dire, e portano in scena un John Reese e un Harold Finch più in forma che mai, perché più vissuti, più segnati e più sfaccettati. Sempre molto buoni anche i gregari, come il divertente Fusco, la furbetta Root, la letale Sameen.
    Ed ho trovato davvero interessante la descrizione del modus operandi di Samaritan: credo che uno dei pregi principali di Jonathan Nolan nella scrittura di questa stagione sia stato quello di aver descritto in modo lucido la freddezza di ragionamento che potrebbe mettere in campo una I.A. del genere, andando per piccoli passi e portando avanti con i giusti tempi un piano meticoloso e dalle molte facce che in modo clinico punta ad un obiettivo preciso.
    Di contro, vedere la Macchina di Finch mostrare per la prima volta in modo così potente la propria umanità, con cui è stata appositamente costruita, è stato un tocco di classe in senso opposto, e riuscito a maggior ragione per via del contrasto con Samaritan.

    Due episodi, comunque, mi hanno colpito particolarmente.
    If-Then-Else dimostra una grande padronanza della sceneggiatura, di what-if e di flashback, collegando il tutto con sicurezza e ottenendo un risultato di grande efficacia. La squadra è infatti intrappolata in una situazione difficile, e Root chiede aiuto alla Macchina per capire che strategia mettere in atto. Vediamo quindi la conseguenza del suggerimento, che si conclude però con la morte di Harold! Solo in quel momento capiamo che quanto visto era solo una proiezione probabilistica della Macchina, che scarta quindi quest'ipotesi e ne sottopone una alternativa. Lo spettatore a questo punto è preparato al vedere un' "impossibile morte", ma resta notevole la costruzione che si intreccia con alcuni flashback che vertono proprio sul far capire come la Macchina ragioni e il tempo minimo che impiega per fare proiezioni piuttosto complesse.
    Terra Incognita è invece un episodio intimista e malinconico, qualcosa in grado di colpire a fondo lo spettatore che non si aspetta di trovare qualcosa del genere ad un passo dal finale di stagione (è il terzultimo episodio) e non si aspetta di rivedere [spoiler]la Carter[/spoiler], anche se solo in alcuni flashback... flashback o allucinazioni? Dovute a cosa?
    Si tratta di un viaggio interiore allucinante di Reese, e la cosa è tanto più apprezzata considerando che nell'ultimo periodo il personaggio era un po' messo da parte, con tutta l'attenzione verso Samaritan e con le missioni più "in topic" di Root e Sameen. La stagione ha regalato a John anche una relazione amorosa con la psichiatra della polizia, che non è stata sviluppata in modo soddisfacente, a riprova della minor centralità del personaggio. Doveroso quindi fermarsi un attimo e portare sullo schermo un episodio tutto dedicato a lui, alla sua fragilità e ad alcune cose in sospeso con cui poter finalmente fare i conti. Ne è venuto fuori un gioiellino, atipico per struttura e intenti, e certamente scollegato dalla macrotrama, ma esempio di grande televisione.

    Ora è alta l'attesa per la quinta stagione, che dovrebbe arrivare sulla CBS americana questa primavera (marzo? aprile? La data non è ancora stata rilasciata) e che sarà composta da soli 13 episodi, motivo che fa pensare sia l'ultima. Devo dire che accoglierei positivamente la conferma di questo rumor: la serie è molto bella, solida, compatta, ma proprio per questi motivi non so quanto potrebbe farle bene continuare ancora troppo a lungo, anche in considerazione della bravura dimostrata da showrunner e sceneggiatori. La serie è arrivata ad un'apice narrativo e tematico, con questa stagione, che può trovare naturale sbocco nei 13 episodi che rimangono, e che può infine terminare lasciando un ottimo ricordo e la testimonianza di una delle serie TV meglio riuscite dal 2000 in avanti. Peccato che sia anche una delle più sottovalutate e meno celebrate.

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  • Confermato che la quinta sarà l'ultima stagione di Person of Interest.
    Sugli schermi americani dal 3 maggio prossimo
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  • Triste e felice allo stesso tempo. Triste perchè chiude una grande serie. Felice perchè un finale programmato e ben studiato sarà sicuramente grandioso.
  • -3 giorni all'inizio della quinta stagione in America. :adore:



  • Ho visto la prima puntata ("BSoD ") dell'ultima stagione e ora devo resistere dal guardare tutte insieme le altre finora mandate in onda (in America sono arrivati alla 5x08).

    BSoD = Blue Screen of Death.

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  • Person of Interest - Stagione 5

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    E alla fine è arrivata.
    L'ultima stagione di Person of Interest è stata trasmessa in America, liquidata in un mesetto e mezzo con alcune settimane in cui trasmettevano anche due episodi in modo assolutamente randomico, e si è conclusa proprio questa settimana con la trasmissione dell'ultimo episodio, il 5x13.
    Che dire di questa stagione? Be', innanzitutto che nonostante sia molto più breve delle precedenti non ha un minimo di charme in meno, anzi forse questa carrellata finale guadagna in qualità proprio grazie al minor numero di episodi, che come già fu con Fringe permette una continuity molto più serrata, un'apprezzabile circolarità narrativa e l'assenza di eccessiva dispersività nella costruzione del racconto complessivo.
    Nonostante il compito di dover chiudere le trame in sospeso (essenzialmente lo scontro con l'intelligenza artificiale Samaritan e i suoi agenti e le sorti dei protagonisti) e l'aver a che fare con una minaccia totalizzante di dimensioni mondiali, la struttura della serie trova comunque lo spazio per presentare anche alcuni casi autoconclusivi sullo stile delle prime stagioni: scelta corretta, a mio avviso, perché preserva una caratteristica insita nel DNA della serie e nel contempo la inserisce in modo non invasivo all'interno della macro-struttura. Niente di diverso da quanto fatto anche nella stagione precedente, che già vedeva una presenza maggiore di narrazione orizzontale, ma far convivere le due anime dello show in uno spazio più ristretto era meno scontato. Gli autori ce l'hanno però fatta brillantemente.

    Ma anche la stessa macrotrama funziona benissimo, e sviluppa e conclude in modo più che soddisfacente la serie, sia sotto il profilo dello scontro Macchina-Samaritan sia a livello generale di tutto quello che è stato PoI dall'inizio, con il suo concentrato di paranoia, riflessioni sull'essere umano e filosofia dell'etica nell'era cibernetica.
    Mi ci ero affezionato seriamente a questa serie, pur avendola recuperata per la gran parte in differita, e mi ero legato molto ai personaggi: il John Reese di Jim Caviezel e l'Harold Finch di Michael Emerson (che posso ormai decretare con sicurezza abbia superato la sua interpretazione in Lost) sono ottimi nei loro ruoli, e insieme hanno formato un'alchimia davvero riuscita e funzionale, e anche non banale. Ma anche Root si è rivelata col tempo un'ottima figura, con una gran bella evoluzione e una caratterizzazione originale e ipnotica. Sameen pure è efficace, e infine hanno dato grandi prove anche Elias e Fusco. Un gruppo di personaggi a tratti disfunzionali, carismatici, sarcastici, scritti davvero bene.

    Mi è piaciuto comunque come negli ultimi episodi ci si sia concentrati molto su Finch e sulla sua centralità nella serie: o meglio, sulla centralità dei valori di cui è portatore.
    Finch è colui che ha creato il next step della società umana ma che si rende conto di dover impedire che questa opportunità privi il mondo delle caratteristiche più prettamente umane, mai e poi mai sostituibili da nessun tipo di Intelligenza Artificiale, per quanto abile, autonoma e senziente. E questo nonostante la Macchina sia molto ma molto vicina a un essere umano.
    Il monologo di Emerson in cui decide che è venuto il tempo di rinunciare alle regole che si è dato per una vita pur di sconfiggere il più grande pericolo per il libero arbitrio nella storia dell'umanità è maestoso, gigantesco, pari a quello di Peter Capaldi nell'episodio The Zygon Inversion di Doctor Who per complessità, densità di temi e performance attoriale, e dice moltissimo sul protagonista. Così come, pur con minor pathos, anche i vari dialoghi con Root sulla necessità di lasciare più autonomia alla Macchina.
    Person of Interest è quindi una serie fortemente calata nell'attualità, nei pericoli dovuti all'onnipotenza dei sistemi informatici e dell'uso che ne possono fare le potenze mondiali, e che parla e ribadisce con forza dell'importanza dell'umanità, a dispetto di qualunque evoluzione e progresso, pur con tutti i grossi limiti e difetti di cui è portatrice e che possono procurare danni anche gravissimi.
    Temi complessi e affascinanti, trattati con impronta action e con leggerezza, ma mai banalizzandoli, lasciando sempre spazio per far sedimentare queste riflessioni.
    Si potrebbe pensare che, detta così, i personaggi sono come pedine, ma le sceneggiature ci restituiscono invece persone vive e, come detto sopra, a cui è facile affezionarsi.
    [spoiler]In questo senso il "riposo dei guerrieri" che si vede alla fine consegna a loro quanto a noi spettatori una sorta di pace interiore, e anche per i combattenti rimasti in azione c'è soddisfazione, perché quella è l'unica pace a cui anelano.[/spoiler]

    Una stagione conclusiva migliore delle mie più rosee aspettative, con i primi due episodi di una bellezza rara, e che consegna alla storia una serie davvero riuscita e avvincente.
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  • Io sono alla 5x05, sto vedendo una puntata a settimana. Voglio che mi duri almeno fino ad agosto. :ARGH:
  • Pangur Ban ha scritto:Io sono alla 5x05, sto vedendo una puntata a settimana. Voglio che mi duri almeno fino ad agosto. :ARGH:
    Lol, io ho tenuto il ritmo di due al giorno, pensa te :D
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  • Quando di una serie che mi piace ho tante puntate a disposizione, anch'io la divoro. P.o.I. ho iniziato a seguirla l'anno scorso e la prima stagione penso di averla finita in una decina di giorni. Tre anni fa recuperai le otto stagioni di Dexter e le finii in sei mesi.
    Quando però manca poco alla conclusione, allora rallento. Faccio così anche con i fumetti. ^_^
  • Ad ogni modo, quando l'avrai conclusa, passa di qui a dire come l'hai trovata, ché mi interessa molto ;)
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  • Ho visto l'ultima puntata dell'ultima stagione di Person of Interest. Game over, fine, the end. Che posso dire? [spoiler]Non mi hanno dato il tempo di elaborare il lutto. E' stato così veloce l'addio a "The Man in the Suit"! :(
    Certo era facile prevedere che qualcuno ci avrebbe lasciato le penne e John Reese era tra quelli col bersaglio più grosso sulla schiena (addirittura colpito da un missile).
    Ho trovato un maggiore lirismo nel finale della quarta stagione e in generale la sensazione che mi ha dato la quinta, specie durante la seconda parte, è di correre troppo verso la conclusione forzando alcune scelte (la morte di Greer) e senza una battaglia Machine - Samaratan davvero appassionante. Non volevo mica che prendessero il controllo di robot giganti e si menassero, però...:D La verità secondo me è che gli autori hanno dovuto trovare la maniera per chiudere in modo degno ma avrebbero fatto volentieri a meno della cancellazione annunciata mesi fa.[/spoiler]
    Davvero ingiusto, una così bella serie, tra le migliori degli ultimi anni.
  • Pangur Ban ha scritto: Ho trovato un maggiore lirismo nel finale della quarta stagione
    Concordo.
    Pangur Ban ha scritto:la sensazione che mi ha dato la quinta, specie durante la seconda parte, è di correre troppo verso la conclusione
    Mmm... sì e no. Anche perché da quel che sapevo gli autori avevano costruito la stagione pensandola come conclusiva della serie, anche prima di saperlo con certezza, perché avevano "annusato l'aria". Forse la sensazione di "precipitevolezza" è data soprattutto dalla brevità della season a confronto con le precedenti, che ci ha consegnato un prodotto più compatto, con meno filler e una tensione maggiore a "chiudere i conti". Ma narrativamente non ho avvertito un'eccessiva velocità.
    Pangur Ban ha scritto:La verità secondo me è che gli autori hanno dovuto trovare la maniera per chiudere in modo degno ma avrebbero fatto volentieri a meno della cancellazione annunciata mesi fa.
    Davvero ingiusto, una così bella serie, tra le migliori degli ultimi anni.
    Probabilmente sarebbero stati davvero felici di proseguire... e al contrario di altre serie (Once Upon a Time, per dire il caso più celebre tra quelli che conosco) sarebbero anche riusciti a portarla avanti in maniera robusta e mai noiosa o ripetitiva, grazie ad una struttura generale di ferro e al coraggio di cambiare di tanto in tanto le minacce e la macrotrama.
    Spiace anche a me, e ogni tanto torno col pensiero a PoI, dopo il series finale, ma almeno abbiamo un prodotto bello compatto e senza sbavature che potremmo rimaratonarci in futuro con soddisfazione :)
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  • Non deve essere facile lasciare una serie del genere nemmeno per gli attori. In generale non è mai facile quando i personaggi diventano così popolari. Jim Caviezel sarà per sempre John Reese (almeno per me) come l'immagine televisiva di John Noble sarà sempre quella di Walter Bishop, Dexter quella di Michael C. Hall, Walter White quella di Bryan Cranston, ecc.. Andrew Lincoln per esempio deve sperare che TWD duri altri vent'anni mentre invece un attore come Michael Emerson forse si infilerà nei panni di un nuovo personaggio memorabile, anche se non credo che stavolta gli riuscirà subito come quando è passato dall'essere Benjamin Linus di Lost al nostro Harold "Harry" "Quattrocchi" "zio Harold" "Mr. Peabody" ( :D ) "professor" Finch.
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