[Jonathan Nolan/J.J. Abrams] Westworld (HBO)

L'America non vive di soli hamburger ma anche di una grassissima infornata annuale di serie tv di tutti i generi, dal tentacolare procedural a piccole grandi epiche.
  • Io. Capolavoro. Cinema. Lost 2.
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    Ottimo lavoro.
  • Sono alla 1x05. Un porno-western robotico molto criptico e molto ben recitato, vuoi anche per la presenza di un paio di giganti del cinema contemporaneo tra gli interpreti.

    Forza Teddy! :D Non so quando e come si arriverà alla ribellione ma Teddy sarà uno di quelli più incacchiati.
  • Ep.1x10 - Finale di stagione.

    [spoiler]Quello riguardante William è stato il colpo di scena più grande, molto più della scoperta delle vera identità di Bernardo. °_°

    Un'ottima prima stagione ma la seconda sarà inevitabilmente diversa, sia perché Anthony Hopkins ha ringraziato e salutato (prevedibile che un attore come lui sarebbe rimasto una sola annata), sia perché ora che la ribellione dei robot è palese non si potrà più incentrare la serie su misteri come il labirinto di Arnoldo.

    Jimmi Simpson, l'attore che interpreta il giovane William, lo ricordo bene in House of Cards, dove faceva la parte di un hacker.

    L'unico dettaglio non da poco e che continua non convincermi, è l'accondiscendenza del tizio orientale nei confronti della robotica nera. Perché ne è infatuato? Si vabbè, se la lasci fare quella conquista il mondo come Skynet. Anche se...

    p.s. E Teddy fino all'ultimo è rimasto la solita marionetta. Daje Teddy!![/spoiler]
  • Finita anche questa.

    Tante cose da dire, già dette altrove, poco sensato ripeterle tutte.

    Parto dai tre nuclei abbozzati tempo fa:
    max brody ha scritto:Capolavoro. Cinema. Lost 2.
    Lost 2.
    C'è chi trova odioso vedere Lost in ogni cosa. Probabilmente ha anche ragione.
    In questo caso, però, basta guardare la serie per capire che è veramente Lost 2.
    E', in estrema sintesi, un serial sulla narrazione, come era quello di Lindelof&Cuse. Che travalica un genere per metterceli tutti, perché tanto quel che conta è l'esperienza dello spettatore.
    I personaggi di WW rappresentano i "tipi" di spettatore, esattamente come i personaggi di Lost. Uno su tutti: il personaggio di Ed Harris, che è sostanzialmente il buon, vecchio Locke, con tanto di doppiatore in comune.
    Il parco di divertimenti, che corrisponde al labirinto, che corrisponde al serial stesso, è per definizione un luogo in cui gente eterogenea si adatta a modo suo al contesto. Dove può cercare sé stesso oppure passare il tempo. Come un'isola.

    In cosa si differenzia da Lost? Beh, quello è più vecchio e questo è più nuovo, per cominciare. Una simile banalità trova la sua ragion d'essere ricordata nel momento in cui ci si accorge che Lost era comunque una serie tv, mentre WW è un film a puntate.
    Cambia anche un poco la gestione dei riferimenti: Lost era un mischione di un sacco di robe, WW è ufficialmente il remake di un vecchio film/brand e si mantiene nell'alveo dell'opera originale, limitandosi ad aggiornare il worldbuilding e lo stile (è dunque un remake "giusto" e riuscito). Quindi il rapporto uomo-robot rimane sempre il perno della narrazione, ma il modo in cui viene narrato varia e si adatta a varie tipologie di gusti, compresi quelli di chi non ama questo tipo di fantascienza.

    Cinema.
    Com'è ormai noto, il concetto di serie tv "vecchia scuola" è ormai sorpassato. Stagioni di 20 e passa puntate sono un ricordo che trascolora nella leggenda e oggi i serial sono di fatto film a puntate.
    WW è un film a tutti gli effetti, a puntate. Di più: è un KOLOSSAL a puntate. Perlomeno all'inizio (l'ingresso nel parco nel secondo episodio è Spielberg puro). Successivamente l'aspetto epico, avventuroso e "cinematografico" viene un po' sacrificato e nell'ultimo episodio degrada parzialmente nell'hollywoodata recente (come i Nolan-1 recenti, direi) alla film per adulti giovani.
    Eccelle invece nelle sequenze statiche e dialogiche, un paio delle quali rappresentano in un certo senso la perfezione stilistica. C'è una scena pazzesca (e truffaldina) nel terzo episodio talmente ben fatta da avermi tratto in inganno e portato a fare una sega mentale a cui mi sono poi affezionato.

    Capolavoro.
    E' un capolavoro, alla fin della fiera? No, e in effetti la mia era una sparata.
    Per i motivi descritti più sopra, ognuno vedrà WW a modo suo. Come in un parco divertimenti c'è chi preferisce le montagne russe chi i labirinti di specchi e chi girovagare a caso, così ciascuno apprezzerà di più l'uno o l'altro aspetto: i misteri, la filosofia, la recitazione, la location, la scrittura, le musiche, i nudi integrali, o tutto questo assieme, o solo alcune di queste cose.
    Per i miei gusti il lato avventuroso, come dicevo, non è stato del tutto sviscerato. Era inevitabile, in un certo senso: con soli dieci episodi era ovvio che l'answer mode sarebbe subentrato presto (e questo, per chi vuole, può essere un ulteriore pregio). Avrei voluto più "West", più esplorazione. Qualche soddisfazione tuttavia l'ho avuta: l'ingresso di William e Logan nel parco è francamente memorabile. E non sono mancati altri bei momenti: il culo di Charlotte quella casa nel bosco, le tette di Maeve le camminate nel deserto, qualunque cosa facesse Bernard, il finale epicone.

    I misteri, si diceva, sono di stampo lostiano. In altri tempi sarebbe stato necessario un Diario dei Misteri da aggiornare settimanalmente. Oggi, con il precedente di Lost sul groppone e queste mezze stagioni che hanno preso il posto di quelle intere, appassionarsi a livelli maniacali può apparire risibile. Eppure è quel che è successo: teorie su teorie, siti fasulli veri con cenni di Experience, come fossimo nel 2006. In realtà tutto quel che accade, dalla macrotrama principale alle varie svolte narrative, è facilmente intuibile. Tant'è che le teorie poi confermate sono state tra le prime ad affermarsi. Difetto? Questione di punti di vista. Per me sì e no. Sì perché beh, spiazzante è meglio; no perché per me nei parchi conta di più l'esperienza complessiva che la singola attrazione.

    La filosofia asimoviana dei robot umani. Un aspetto molto importante - ma non fondamentale, a mio parere - che dà il meglio di sé in alcuni monologhi di Hopkins e di Wright e nella recitazione degli attori.

    La recitazione degli attori. Ad alti livelli, unitamente agli effetti speciali. Le "mosche sull'occhio immobile" sembrano cose facili da fare, oggigiorno, ma quel che conta è il risultato. Qui hanno una resa pazzesca. I momenti più alti sono infatti quelli in cui gli attori "fanno i robot". Di altissima fattura.
    Il cast funziona e le perplessità per i "minori" svaniscono subito. Le due vecchie glorie naturalmente fanno presenza semplicemente essendoci, e in più Harris si muove pure. Le nordeuropee sono bonazze assurde, Rodrigo Santoro gigiona che è un piacere, Thandie Newton è nel ruolo della vita, Evan Rachel Wood pure (credo), Jimmi Simpson mi ci sono identificato (e cosa chiedere di più), gli occhi di Ben Barnes sono spaventosi. Ma le vere star della stagione a mio avviso sono Jeffrey Wright e Roberto Draghetti. Bernard è un personaggio che rimane impresso e un po' mi spiace che Dolores e MiB ne offuschino la fama.
    In ogni caso stiamo parlando di personaggi ben modellati e iconici, dal più importante al più sfigato.

    Musiche e ambienti. Povere ma giuste. Gradevoli all'orecchio e all'occhio. La mia teoria del labirinto=[spoiler]laboratori[/spoiler] pare saltata, ma vedremo. Il worldbuilding è solo all'inizio. E io voglio vedere quel posto da una prospettiva differente.
    Le composizioni di Rawadi non sono molte, e si sentono poco, ma accipicchia se catturano. La soundtrack è figa più per gli arrangiamenti a parer mio e comunque funziona.

    Scrittura. Nolaniana. Passa dal pregevole al forzato all'ottimo come un niente. Mi dà la stessa impressione di PoI: quando c'ha voglia è sopraffina, quando si stufa si nota subito.

    I nudazzi. Hai voglia. Piselloni e fighette a pioggia. Tette d'ogni forma e dimensione. Thandie Newton gira interi episodi in vesti naturiste. Eppure... neppure si nota. E'... natura, appunto. (un'orgiazza c'è, ma roba che oggi è per bambini)

    Il passato e il futuro. Il film di Chrichton viene valorizzato come nei più riusciti "remake in continuity": retcon di fatto, ispirazione per il presente. Buona parte della storyline principale riguarda il passato, un passato quasi "astratto" e divenuto leggenda, e non mancano un paio di marveliani momenti con Hopkins giovane.
    Quanto al futuro, il worldbuilding stesso fatto di parchi e labirinti prevede più possibilità per gli sviluppi futuri, e quindi per la struttura stessa della serie. La prossima stagione potrebbe essere semplicemente la prosecuzione della prima (come sarebbe giusto, visto il finale, sebbene l'attesa di due anni non sia salutare nell'era della fretta), oppure una storia autonoma (con un altro parco, e sarebbe giusto anche questo), ma più probabilmente sarà un ibrido. Una nuova specie, decisa a soppiantare le precedenti? Lo vedremo. Ma se è Lost 2, le possibilità di riuscita sono buone.
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    Ottimo lavoro.
  • Io l'ho iniziato, e sono alla terza. E, che dire, bomba.
  • Poi conclusi, con grande soddisfazione.

    E' una serie bomba, questa. Una di quelle che presentano grande, grandissimo contenuto. Il tocco di Nolan si sente, specialmente quando alla fine ti accorgi che scene che credevi ambientate in un momento erano invece precedenti a quel momento e via dicendo. Sono trucchi che funzionano ancora, e pure bene.

    Un appunto lo faccio, però. Dieci episodi di una tale lunghezza mi sono parsi quasi troppi per la storia raccontata. Nel mezzo qualche rallentamento ce l'ho visto: storyline western non immediatamente coinvolgenti (dal momento che sai che sono finzione, appunto), un bel po' di divagazioni sullo spionaggio industriale.

    Ma è roba veniale, specie alla luce di un finale che dà a quanto visto una patina di completezza e di senso, arricchendo il piatto in modo meraviglioso. Perché sì, ho apprezzato un mucchio di cose: il colpo di scena su William l'ho trovato struggente e registicamente perfetto. Ma ancor più geniale è la resa del labirinto, aka il modo in cui hanno reso il risveglio dell'autocoscienza.

    Narrativa di altissimo livello, ricca, complessa e così compiuta che nemmeno ce ne sarebbe bisogno di una stagione due.

    E' di contenuti del genere che c'è bisogno, altroché.
  • 2x01: Into the Night

    Iniziata questa seconda stagione di Westworld è.

    E, francamente, penso che dovrebbe essere inserita nei manuali su come si iniziano le stagioni 2.

    Sorvolando sull'ottima scrittura, regia, recitazione, fotografia, musica etc etc etc che ormai lo sappiamo che lo standard è alto, stupisce il modo assolutamente naturale e al contempo sorprendente con cui si è deciso di portare avanti le linee narrative.

    C'è il rassicurante ripetersi che ci regala "la porta" come erede del tema del "labirinto" della prima stagione.

    C'è il meraviglioso espandersi, dando cenni più o meno velati sulla struttura del mondo esterno, spingendoci a immaginare la collocazione spaziotemporale della storia raccontata.

    C'è l'onestà del voler continuare a narrare su diversi piani temporali, dicendolo però immediatamente, senza gigioneggiare troppo. Ma usando proprio questo sfasamento per introdurre nuovi misteri.

    Ma soprattutto si ha finalmente l'impressione che la storia narrata nella prima stagione, che pareva così autonoma... non lo fosse affatto. La storia cresce, e il punto di vista dello spettatore di conseguenza muta.

    L'unico dubbio? Ora che siamo allo step successivo, che l'incantesimo è "rotto" e che tutto si è insudiciato non sarà facile ritrovare quella bella atmosfera dell'anno scorso. Sarà necessario inventarsi qualcosa per preservare l'aspetto estetico della serie.
  • 2x02: Reunion

    La linea temporale fra 15 gg ce la siamo lasciata indietro, in compenso frotte di flashback chiarificatori, uno più interessante dell'altro. Continuiamo ad avere assaggi di mondo esterno senza mai avere il quadro preciso di come sia il mondo oggi, quindi viene da pensare che ci sia di mezzo qualche colpone di scena.

    I personaggi si dirigono verso Glory, la meta morale di questa seconda stagione, che fa ben capire come dietro il parco William abbia creato qualcosa di spaventoso (un sistema per ricattare le persone più indisciplinate? una "punizione"?), la qual cosa alza ulteriormente la posta in gioco.

    Ma ciò che ho amato di più è senza dubbio la scelta di usare nuovamente Logan e William giovane per raccontarci la presa del parco da parte della Delos. Sono scene affascinanti, ben scritte, ben girate e intrinsecamente BELLE. E dato che una delle accuse rivolte alla premiere è proprio la mancanza di tocchi di stile, e la tamarraggine dei mercenari, ritrovare tanta estetica mi ha fatto proprio piacere.

    La storia si espande e si sta facendo più chiara. Continuo a trovare questa seconda stagione un manuale su come si continua una serie.
  • 2x03: Virtù e Fortuna
    2x04: The Riddle of the Sphinx


    Ho sentito parlare male di questa seconda stagione di Westworld. Serie involgarita, divenuta televisiva, senza fascino etc. No. Ottima, niente da dire. Ci sono momenti lenti, e non la trovo sempre al top, ovviamente. Esempio? Dopo che sposti l'attenzione sul fuori, sul risveglio, sulla coscienza, nei rari momenti in cui la serie torna a dare spazio alle storyline western (posticce) del parco, anche se funzionali al resto, qualcosa si inceppa. Cala l'interesse, ecco. Ma era così anche l'anno scorso, eh! I dilemmi esistenziali, la ribellione vera, i colpi di scena non riuscivano a non far fare una figura barbina ai conflitti più ludici. Se in ballo c'è ben altro, non te ne frega poi molto dei Confederados, dei banditi, delle cose messe lì per veicolare altro. Vuoi subito questo altro. E di altro qui ce n'è parecchio, pure di più della prima stagione. Possiamo tranquillamente dire che ciò che abbiamo perso a livello di atmosfera, l'abbiamo guadagnato in complessità narrativa.

    Il terzo episodio non mi è piaciuto, lo dico senza mezzi termini. Senza le storyline più psicologiche, concentrarsi appunto su una "guerra" interessante fino a un certo punto mi è parsa una scelta castrante. Il quarto invece meraviglia: i flashback con William giovane, esattamente come nel secondo episodio, sono il meglio. Trasudano sostanza, mistero, mitologia. Ricordano Lost nella forma e nel contenuto.

    Ma la più grande vittoria dello show, vittoria che continua imperterrita a farsi sentire in entrambe le stagioni, è quella sensazione in cui non sai mai se una qualsiasi battuta pronunciata da un host appartenga al suo copione, o sia cosciente improvvisazione. Non sai mai quali siano i confini dell'autocoscienza, non sai mai a che livello del percorso sia ogni pupazzo, non sai mai quali siano i criteri con cui determinare chi è vivo e chi non lo è. Ti porti dietro questo dubbio, questa confusione che ti costringe a pensare che la serie sia scritta in modo confusionario... finché non ti rendi conto che un vero confine non c'è nemmeno nella realtà, e che la nostra mente di esseri viventi non funziona in modo tanto meno informatico. Seguiamo schemi, recitiamo ruoli, ripetiamo a pappagallo frasi fatte e sentite da altri, che entrano a far parte del nostro vocabolario senza che ce ne rendiamo conto, abbiamo riflessi condizionati e reazioni inconsce, ci adeguiamo ad un codice, sposiamo consapevolmente una routine, e a volte rifiutiamo di assumere una prospettiva più ampia che potrebbe portare le regole del gioco ad un livello più difficile. E questo genere di roba è esattamente ciò che chiedo alla buona narrativa.
  • E' innegabile: la seconda stagione di Westworld ha disamorato molta gente. Solo che io, dinnanzi a questi fenomeni, piuttosto che schierarmi, preferisco osservare la cosa con distacco, non farmi travolgere dal chiacchiericcio e dal disincanto contagioso e fermarmi un po' a riflettere. Meno bella della prima lo è, e questo è abbastanza oggettivo. La seconda “fase” della storia non ha il fascino dell'inizio, è decisamente più tamarra e le rivelazioni che si porta dietro sono carucce, ma già viste altrove. Insomma, si sente la mancanza di quei concetti "forti" visti nella prima stagione, fra cui quello della Mente Bicamerale. La vera colpa è però la scarsa chiarezza. Il succo è semplice da capire, ma sono le modalità che generano dubbi: un sacco di giri a vuoto, sottotrame tagliabili, tutto materiale che poteva essere sintetizzato o raccontato in modo più diretto. L'impressione è che si volesse sempre fare il giro lungo per arrivare a dire cose che forse un giro così lungo e complesso non lo meritavano nemmeno. Apprezzo la complessità, la narrazione intricata e il mistero, non dico di no, altrimenti non mi sarei goduto nemmeno Lost. Eppure Lost quando decideva di narrare su diversi piani temporali stava bene attento a presentarli in modo che fosse immediatamente intuitivo orizzontarcisi. Qui non succede. Decidere di raccontare una storia spalmata in due momenti, caratterizzati dalle stesse identiche ambientazioni e dalle stesse identiche situazioni è stata una scelta che grida ancora vendetta e che emerge in tutta la sua infelicità proprio sul finale, quando i due momenti iniziano a congiungersi, generando un caos della madonna. D'altra parte, pure la prima osannata stagione non scherzava in quanto a lungagnate e a confusione, che a questo punto temo siano la cifra stilistica della serie. Serie che dubito possa essere giudicata in modo soddisfacente finché non sarà davvero finita. Servirà prospettiva per capire se questa seconda stagione rappresenta un reale calo o semplicemente un capitolo un po' più ostico ma necessario per il quadro narrativo generale.
  • La cosa che mi è piaciuta di più è stata la storia di Akecheta, quella che mi è piaciuta di meno e che ho trovato inutile è stata la parte dei samurai anche se Hiroyuki Sanada è sempre bravo e ha messo in scena un buon duello con la spada.

    [spoiler]Siccome sono schiattati quasi tutti,[/spoiler] dovranno mettere molta nuova carne al fuoco nella terza stagione e dovrà essere di qualità. Bé, avranno tempo per pensarci visto che si parla del 2020.
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