Qualche anno prima che Sherlock facesse il botto, e più precisamente nel 2007, quel diavolaccio di Steven Moffat aveva già provato a portare sul piccolo schermo la rivisitazione in chiave moderna di un personaggio della letteratura classica inglese. Un personaggio che vale doppio, a dire il vero, visto che si tratta del Dottor Jekyll e di Mr. Hyde.
A differenza di Sherlock, però, in questo caso ambientare una storia ispirata ad un’opera letteraria non equivale a realizzarne una versione alternativa, ma piuttosto un prolungamento, un “seguito” di quanto raccontato nel celebre romano di Stevenson in un mondo che è esattamente il nostro, dove Stevenson era uno scrittore e Lo Strano Caso del Dottor Jekyll e del Signor Hyde è solo una storia inventata.
O meglio, così si è sempre pensato!
Jekyll è una serie che poggia la sua potenza in due cose, essenzialmente: la scrittura e l’interpretazione maiuscola di James Nesbitt, il quale riesce a vestire in modo vincente e credibile tanto i panni del timido dottore, quanto quelli del pazzo senza freni. Basta un cambio di pettinatura e la differente modulazione dell’espressione e dei movimenti del corpo, e l’attore si trasforma letteralmente sotto gli occhi dello spettatore, senza bisogno di eclatanti effetti speciali hollywoodiani che mostrino una mutazione radicale dell’aspetto fisico, magari con massiccio intervento di CGI. No, qua bastano pochi accorgimenti a livello di trucco/parrucco e di recitazione per avere in maniere credibile lo sdoppiamento di personalità.
Quello che è interessante nella formula narrativa di Jekyll è il legame con i fatti del romanzo di ispirazione, e soprattutto il modo con cui sussistono questi legami: Moffat infatti elabora un complotto a livello filogovernativo legato alla figura di Hyde, mostrando come una misteriosa associazione fosse da tempo consapevole non solo della veridicità dei fatti raccontati da Stevenson, ma anche del fatto che l’entità denominata Hyde sarebbe potuta tornare.
La vicenda complottistica risulta piuttosto oscura e quindi intrigante, ma fortunatamente Moffat non perde un colpo e al contrario di altri sceneggiatori che, con in mano un intrigo del genere, svaccano nella spiegazione, porta avanti più che lucidamente la sua trama, giocandosela perfettamente anche con una narrazione che si muove avanti e indietro nel tempo, sia di poche ore che di secoli, quando ad un certo punto si arriva a dare un occhio alla fine dell’800 e al Dottor Jekyll vero e proprio.
Jekyll è una goduria, per la mente e per la fame di storie ben scritte. Cliffhanger quando meno te lo aspetti, morti a tradimento, rivelazioni davvero inaspettate che ribaltano molte cose, la moglie del protagonista che… be’, che svolge un ruolo di primo piano, una donna forte e indipendente che non si fa spaventare dalla situazione assurda e grottesca in cui finisce, ma anzi che sa essere determinante in più di un’occasione. Un uso davvero intelligente di un ruolo che poteva essere troppo facilmente di contorno, pericolo scampato elegantemente dall’autore.
Il finale meriterebbe tutto un discorso a parte: non tanto nel suo complesso, visto che la risoluzione del dramma era anche piuttosto prevedibile, quanto piuttosto nella rivelazione alla base del mistero e soprattutto nelle scene finali: quelle scene, signori, riescono ad essere la cosa più inquietante vista in una serie televisiva dalla scena finale di Twin Peaks. A vederle, e a comprendere quello che vedevo e che significavano, ho avuto gli stessi brividi alla schiena che provai quando vidi il finale della serie di David Lynch. D’altronde, il meccanismo narrativo di “drammatica scoperta” è il medesimo, trattato nello stesso modo.
Da manuale.
Jekyll, miniserie inglese per la BBC di soli 6 episodi, ciascuno di 45-50 minuti.
Mai trasmessa in Italia, ma avrebbe meritato ben altro successo.
Vedetela, non ve ne pentirete!