[Rob Reiner] Stand by Me: Ricordo di un'Estate
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Trailer
“Non ho mai più avuto amici, in seguito, come quelli che avevo a dodici anni. Gesù, ma chi li ha?”
Con una frase così, semplice ed efficace, Stand by me riesce a colpire gli spettatori dritto al cuore, proiettandoli direttamente nell’ottica dei tredicenni protagonisti del film tratto da un racconto di Stephen King, “Il corpo”.
Girato nel 1986, ma ambientato nel 1959 a Castlerock, Stand by me è la storia di un gruppo di ragazzini che, venuti a conoscenza della presenza, da qualche parte nei boschi che circondano la loro cittadina, del cadavere di un loro coetaneo scomparso, decidono di intraprendere un viaggio, di nascosto dai loro genitori, per trovarlo e finire sui giornali locali.
L’estate è quasi finita, presto inizieranno le superiori, le loro strade si separeranno: questa avventura sarà una delle ultime cose che, tutti insieme, riusciranno a condividere.
La storia è narrata in prima persona da uno dei protagonisti, Gordie, ormai un trentacinquenne scrittore di successo, che ricorda le vicende con dolcezza e disincanto, in un flashback che dura per quasi tutto il film. Ai fini della narrazione, la cosa si rivela più che efficace: si avrà così la possibilità di assistere alle vicende del gruppetto senza che il loro esclusivo punto di vista “da tredicenni” risulti straniante. Il Gordie adulto racconta la storia di se stesso e di ognuno di loro, mette ordine nei loro pensieri, spiega cosa si cela dietro ogni loro singolo cruccio o sorriso, senza però risultare mai invadente, e lasciandogli tutto lo spazio che meritano.
Il canovaccio, così semplice da sembrare quasi banale, è in realtà il pretesto per raccontare qualcosa di più profondo: il percorso di formazione di ognuno di loro, la loro catarsi attraverso le piccole sfide che l’avventura nel bosco proporrà loro di volta in volta, il coraggio di mettere a nudo le proprie debolezze di fronte agli altri amici, i dolori strazianti di un’età in cui si è ancora abbastanza puri da non vergognarsi di sentirsi addolorati e straziati.
Il tutto non scade però nel melenso o nello stucchevole: i dialoghi dei ragazzini sono vivaci, a volte volutamente sboccati, i loro gesti grossolani, vogliosi di risultare fichi come tutti gli altri loro cotanei. Impossibile non citare, di tanto in tanto, qualcuna delle loro frasi. Ad accomunarli, situazioni familiari poco rassicuranti, forte senso dell’amicizia, una maschera di spensieratezza dietro cui celare i propri problemi.
Ecco così il già nominato Gordie, da sempre invisibile agli occhi dei propri genitori, oscurato dalla luminosità da stella-dello-sport del fratello maggiore prima, e dal dolore per la sua morte poi (in uno dei suoi peggiori incubi, avverte come la famiglia avrebbe voluto ci fosse stato lui, al posto di suo fratello); Chris, apparentemente il più forte del gruppo, in realtà subisce da sempre le violenze di un padre alcolizzato e del fratello maggiore, uno dei bulletti del quartiere e, insieme a quelle fisiche, anche quelle psicologiche per essere da sempre circondato da basse aspettative da parte degli altri solo a causa della propria famiglia; Teddy, il cui padre si trova in un ospedale psichiatrico, impazzito a causa della guerra: si veste da soldato per dimostrare di amare il coraggio del genitore, ma crolla non appena ci si riferisce a lui come “mentecatto”; Vern, anche lui vittima di qualche abuso da parte del fratello maggiore (amico di quello di Chris).
Tutti insieme, si troveranno faccia a faccia con le loro paure (durante la notte nel bosco e le confessioni e le storie che raccontano l’uno agli altri), scontreranno il proprio muso contro la realtà nuda e cruda (la scena di Teddy e Chopper), correranno lungo dei binari con un treno alle calcagna, metafora del passaggio dall’infanzia all’età adulta, troveranno alla fine della loro corsa un cadavere, semplice simbolo della morte, fronteggeranno con successo i ragazzi più grandi, saranno pronti ad affrontare le prove che la vita gli metterà di fronte.
Meravigliose la sceneggiatura e la fotografia: ogni inquadratura è studiata con cura dal regista Rob Reiner. Le interpretazioni dei piccoli attori, destinati a diventare già da allora miti della filmografia americana anni ’80-’90 (basti pensare ai Goonies, ai Gremlins, ai film di Phoenix), sono ineccepibili: Phoenix regala a Chris delle fantastiche espressioni a metà tra il forte ed il disincantato, Will Wheaton presta i suoi occhi da ragazzino introverso ma maturo a Gordie, Corey Feldman è quasi da oscar quando ci mostra tutta la follia di Teddy, la sua rabbia e le angosce che cela dietro un atteggiamento da buffone del gruppo ed un paio di spessi occhiali da vista; Jerry O' Connell sa dare magistralmente a Vern la giusta dose di ingenuità e fifonaggine.
Insieme a “I Goonies”, il film cult di un’intera generazione sull’adolescenza e l’amicizia.
Gran film. Anch'io l'ho sempre collegato ai Goonies, considerandoli praticamente lo stesso film, uno più profondo, l'altro più leggero.
Ed entrambi, per le persone estremamente nostalgiche come me, legate all'infanzia e alla memoria dei bei momenti del passato, è sempre una discreta botta allo stomaco.
Ma oltre allo sguardo sul passato, il film è in realtà rivolto al futuro, perchè tutta quest'avventura ha senso solo perchè dopo la conclusione di essa ognuno prenderà la sua strada e proseguirà la vita a modo suo. In particolare viene sviluppato il sogno di Gordie, le sue potenzialità e il modo in cui dovrebbe affrontare la cosa; una dialogo di Chris a riguardo lo trovo incredibilmente efficace, è riuscito a dare una spinta al sottoscritto in un momento di incertezza.
Ah, e continuo a pensare che Stephen King dia il meglio di sè nelle storie non horror.
Ed entrambi, per le persone estremamente nostalgiche come me, legate all'infanzia e alla memoria dei bei momenti del passato, è sempre una discreta botta allo stomaco.
Ma oltre allo sguardo sul passato, il film è in realtà rivolto al futuro, perchè tutta quest'avventura ha senso solo perchè dopo la conclusione di essa ognuno prenderà la sua strada e proseguirà la vita a modo suo. In particolare viene sviluppato il sogno di Gordie, le sue potenzialità e il modo in cui dovrebbe affrontare la cosa; una dialogo di Chris a riguardo lo trovo incredibilmente efficace, è riuscito a dare una spinta al sottoscritto in un momento di incertezza.
Ah, e continuo a pensare che Stephen King dia il meglio di sè nelle storie non horror.
Stessa cosa, stessa cosa.DeborohWalker ha scritto:Gran film. Anch'io l'ho sempre collegato ai Goonies, considerandoli praticamente lo stesso film, uno più profondo, l'altro più leggero.
Ed entrambi, per le persone estremamente nostalgiche come me, legate all'infanzia e alla memoria dei bei momenti del passato, è sempre una discreta botta allo stomaco.
Quoto anche questo. Non capisco perché si ostini a scrivere, per la maggior parte, storie horror. Il Corpo è meraviglioso.DeborohWalker ha scritto:Ah, e continuo a pensare che Stephen King dia il meglio di sè nelle storie non horror.
In realtà etichettare King come scrittore horror è molto limitativo.
L'horror fa da cornice, ma non è mai l'elemento fondamentale.
Il suo unico romanzo completamente horror è Pet Semetary.
Tutti gli altri, pur avendo anche elementi horror, sono storie di amicizia, amore, ricordo dell'infanzia.
I romanzi di King sono romanzi psicologici prima di tutto.
La gente quando pensa a King, ancor prima dei suoi romanzi, pensa alle trasposizioni cinematografiche.
Questo film è tratto indubbiamente da un racconto privo di elementi horror nel comune senso della parola.
Leggetevi It, ad esempio.
I capitoli horror sono quelli meno interessanti.
E lasciate perdere che troverete questo romanzo, in libreria, nella sezione horror...
L'horror fa da cornice, ma non è mai l'elemento fondamentale.
Il suo unico romanzo completamente horror è Pet Semetary.
Tutti gli altri, pur avendo anche elementi horror, sono storie di amicizia, amore, ricordo dell'infanzia.
I romanzi di King sono romanzi psicologici prima di tutto.
La gente quando pensa a King, ancor prima dei suoi romanzi, pensa alle trasposizioni cinematografiche.
Questo film è tratto indubbiamente da un racconto privo di elementi horror nel comune senso della parola.
Leggetevi It, ad esempio.
I capitoli horror sono quelli meno interessanti.
E lasciate perdere che troverete questo romanzo, in libreria, nella sezione horror...
Questa notte non andare via
cadono le stelle giù, cadono le stelle
e va bene resterò un po’ qui
ti racconterò della neve blu
che cade sulle case in estate
ma ogni mille anni è solo in un posto
e non si sa quale, non si sa dove
è sempre diversa, è una magia dell’universo
e quando cade i sogni sono veri
se i sogni, se i sogni, i sogni sono veri
(Neve Blu, Francesco Tricarico)
cadono le stelle giù, cadono le stelle
e va bene resterò un po’ qui
ti racconterò della neve blu
che cade sulle case in estate
ma ogni mille anni è solo in un posto
e non si sa quale, non si sa dove
è sempre diversa, è una magia dell’universo
e quando cade i sogni sono veri
se i sogni, se i sogni, i sogni sono veri
(Neve Blu, Francesco Tricarico)
Beh.. dipende anche un po' da cosa si intende per horror. Io per esempio non intendo solo teste mozzate, sangue a fiumi, serial killer, eccetera... è vero che etichettare King SOLO come scrittore horror è limitativo. Però l'horror, nei suoi romanzi, non ce lo vedo solo come cornice... permea anche l'inconscio e la psicologia dei personaggi, e credo sia questo ciò che abbia contribuito di più al suo riconoscimento come "maestro" del genere. E' infatti verissimo ciò che hai detto sulla psicologia, appunto... ma in moltissimi suoi romanzi sono proprio certe atmosfere da incubo ad influenzarla, o far venire a galla cose sopite. Queste atmosfere tendono in genere, infatti, a ripetersi in sequenze ossessive, sciogliendosi solo alla fine del racconto e, psicologicamente, si riflettono con situazioni come l'impossibilità di muoversi, l'impotenza e la paralisi di chi ha scarse possibilità di reazione ed è costretto passivamente a subire. In questa condizione, tipica dell'incubo, si materializzano gli orrori della mente, e al sopraggiungere di questi eventi inesplicabili corrisponde in genere la loro interiorizzazione da parte dei protagonisti, che vivono le loro allucinazioni come voce sprigionata dai fantasmi dell'inconscio. Al di là delle sue storie sull'amicizia, l'infanzia, ho trovato questi come elementi comuni nella psicologia dei personaggi dei suoi romanzi.. Quindi io considero horror IT, Carrie (uno dei miei preferitissimi di King), Pet Sematary, Misery, Shining, e tre quarti dei libri di King. L'elemento psicologico è perciò sì portante... ma fa parte anche del suo voler descrivere atmosfere macabre e raccapriccianti, quindi la considero un'ottima e sofisticata tecnica narrativa.Bender l'Esoterico ha scritto:In realtà etichettare King come scrittore horror è molto limitativo.
L'horror fa da cornice, ma non è mai l'elemento fondamentale.
Il suo unico romanzo completamente horror è Pet Semetary.
Tutti gli altri, pur avendo anche elementi horror, sono storie di amicizia, amore, ricordo dell'infanzia.
I romanzi di King sono romanzi psicologici prima di tutto.
La gente quando pensa a King, ancor prima dei suoi romanzi, pensa alle trasposizioni cinematografiche.
Questo film è tratto indubbiamente da un racconto privo di elementi horror nel comune senso della parola.
Leggetevi It, ad esempio.
I capitoli horror sono quelli meno interessanti.
E lasciate perdere che troverete questo romanzo, in libreria, nella sezione horror...
E, non fraintendermi, è bravissimo in questo: proprio per questo motivo ho detto come, paradossalmente, a volte trovo gli riesca meglio scrivere di storie come quella de Il corpo, in cui la psicologia dei personaggi fa da padrona senza cornici o altri elementi che la influenzino..
Questo volevo dire col mio intervento di prima, perlopiù, e adesso con questo intendo solo dare una spiegazione alla mia definizione di "horror" per King, e una motivazione al mio commento precedente.