L'intera mitologia giapponese, completa di leggende, fiabe, favole e racconti popolari, riversata in un unico dischetto. Un'avventura evocativa che funge da punto di incontro per ogni minimo elemento della tradizione orale nipponica, illustrata con uno stile particolarissimo e da vivere nei panni di un Dea mutatasi in lupo. Questo è
Okami, capolavoro di Capcom uscito su Ps2 e recentemente convertito su Wii. Un gioco stratosferico, un'avventura lunga e articolata, il videogioco allo stato dell'arte.
Un plagio di Zelda.
La lezione la devono avere imparata piuttosto bene i ragazzi di Capcom, visto che già a suo tempo avevano preso parte alla realizzazione delle avventure portatili di Link per conto di Nintendo. I due
Oracle, il giochino appendice
Four Swords e il capolavoro
The Minish Cap hanno lasciato un certo imprinting, visto che le avventure della lupa Amateratsu e del suo miscroscopico mentore Issun devono non poco a quelle di Link. Anzi, diciamo proprio che la struttura di gioco, le atmosfere, il processo di crescita, le subquest sono assolutamente identiche a quelle di un qualsiasi gioco della blasonata serie Nintendo. Non che questo sia propriamente un male, anzi, non lo è affatto visto che si tratta pur sempre di un signor schema di gioco, messo al servizio di un signora storia, con una signora realizzazione tecnica. Ben venga il riciclo di una struttura valida, se messa al servizio di idee nuove, di intuizioni artistiche senza precedenti come quelle di
Okami. E se in Nintendo stessa nessuno ha avuto niente da dire, ma anzi, il gioco è stato accolto su Wii con tutti i crismi e un sonoro 9/10 dalla rivista ufficiale, significa che la cosa è stata vista di buon occhio. Quel che si ottiene dunque è un signor Zelda, anche se apocrifo. Per alcuni persino uno dei migliori Zelda da anni a questa parte, roba da far impallidire
quelli veri.
Il gioco, si deduce, segue pedissequamente la struttura tradizionale, suddividendosi in sessioni di esplorazione, dungeon, e backtracking in cui si ritorneranno a visitare antichi luoghi, forti delle nuove tecniche apprese. Che in questa versione Wii, si traducono in tecniche pittoriche: la dea Amateratsu, rimasta in passato priva dei suoi poteri dovrà recuperarli ad uno ad uno, nell'ottica di sconfiggere il nemico Orochi, e dovrà appunto setacciare il territorio di Nippon per potenziare il pennello divino, "interpretato dal Wiimote", che gli permetterà di disegnare su schermo per far accadere i prodigi. E' sostanzialmente questa la novità apportata in questa versione Wii, rispetto al passato. Si potranno tracciare cerchi e linee nel vuoto per veder disegnarsi sullo schermo dei tratti che permetteranno di far venire il giorno e la notte, di far apparire fontane, di far sbocciare i fiori, e più generalmente di far rifiorire la terra di Nippon, corrotta dal male. L'effetto è piacevolissimo, ovviamente, e si rivela uno dei maggiori punti di forza di questa avventura.
L'altro grande punto di forza è rappresentato dalla grafica scelta, una sorta di particolarissimo cel shading atto a far apparire personaggi ed elementi dello scenario come delle pitture su delle stampe giapponesi, e che rende la stessa colorazione degli sfondi simile a quella della pergamena di riso. Una volta in movimento l'effetto è da paura, e conferisce una notevole personalità al gioco. Le musiche ovviamente si adeguano di conseguenza, presentando temi epici ma dal sapore irrimediabilmente giapponese.
La tematica naturalistica è alla base del gioco, che prevede una trama niente male, non troppo seriosa ma piena di colpi di scena inaspettati [spoiler](ad esempio, una volta finito il gioco si scopre di essere solo a metà)[/spoiler] in cui come si è già detto convergono gli elementi più disparati della tradizione nipponica, mischiati insieme con originalità. Capiterà infatti di trovarsi a scalare l'obelisco di Karin di Dragonballiana memoria, con tanto di gatto in cima ad aspettarci, di incontrare in una cittadina il piccolo Momo Taro, di avere a che fare con Ninetails e i suoi famigerati volpotti Keaton, e via dicendo. Gli stessi elementi costituenti della trama principale non sono altro che topos preesistenti mixati insieme in modo innovativo. E' naturale quindi che in un gioco simile la religione shintoista la faccia da padrona, a suon di spiriti e animali. Uno degli scopi secondari, a cui sono legate praticamente tutte le numerose subquest è il tornare a credere nella divinità. Qualsiasi quest risolta, qualsiasi persona aiutata, qualsiasi animale sfamato (la subquest relativa agli animali è sfiziosissima) portano ad un aumento della propria forza, sottoforma di gratitudine e preghiere.
I dungeon pur essendo presenti sono una fase di gioco meno consistente che in Zelda, qui predomina infatti il lato avventuroso. La saga di Zelda però, oltre a venire copiata pedissequamente per quanto riguarda la struttura di gioco, viene omaggiata tramite sessioni che rimandano ai vari capitoli della serie: ci sono numerosissime cittadine ripiene di abitanti da aiutare, e la più grande di queste, la città imperiale, è proprio come la Clock Town di
Majora's Mask, in cui convergono un sacco di subquest da affrontare con quello spirito intimista e un po' individualista di quel titolo, c'è inoltre spazio per [spoiler]viaggi nel tempo e paradossi temporali come nei vari
Ocarina of Time e
Oracle of Ages[/spoiler], è presente una fase di navigazione che omaggia direttamente
The Wind Waker e un paio di magnifiche sessioni in cui si giocherà con le dimensioni stesse raggiungendo le misure del proprio alleato Issun, in una citazione diretta a
The Minish Cap. Per non parlare poi del lupo, che accumuna questo titolo a
Twilight Princess.
Qualche difettuccio qua e là spunta però. Le primissime fasi di gioco non sono dolcemente immergenti come in Zelda, e almeno a me è capitato di dover passare almeno una mezz'ora prima di entrare in sintonia e innamorarmi di questo titolo. Un altro difetto, pur miscroscopico, è il troppo testo: va bene che Issun per controbilanciare la protagonista muta (ricorda qualcosa?) deve essere loquace, ma un minimo di reticenza in più nei rapporti coi personaggi non giocanti non avrebbe fatto male, tantopiù che il testo del gioco è scandalosamente rimasto in inglese. Non sarebbe stato male inoltre rendere il sistema di combattimento delle varie armi un po' meno macchinoso, eliminando la cosa delle combinazioni tra spade, scudi e riflettori, troppo complessa. Infine scatta la sonarata: in contrasto diretto con la bonaria filosofia Nintendo del poter fare qualsiasi cosa sempre, qui ci sono alcune cose che si possono fare solo in un certo momento del gioco [spoiler]e più precisamente nella sessione ambientata al passato[/spoiler], e inoltre arrivati al termine dell'avventura, poco prima di affrontare il boss finale, sull'intero mondo di gioco cala una sorta di notte eterna, che non impedisce certo l'esplorazione ma rovina parecchio quella sorta di fatato e incorruttibile status quo da cui riprendere a giocare ogni qualvolta ci si voglia immergere nelle poetiche atmosfere di Nippon, facendo perdere interesse per i vari collectibles che in questo gioco sono veramente parecchi. Sono particolari minimi che però mostrano la differenza con la filosofia di gioco Nintendo, basata sull'incentivare il giocatore a completare al 100% il proprio file, senza che il non fare una certa cosa in un certo momento possa mettere a repentaglio la partita.
Ma pazienza per queste bazzecole, è già tanto che si sia riusciti ad ottenere un capolavoro simile, un gioco da amare e sfoggiare orgogliosamente in collezione, uno Zelda apocrifo il cui ricordo possa confondersi nelle pieghe della memoria in mezzo ai capitoli della Leggenda.
P.S. Lode e onore al libretto d'istruzioni, il primo dopo secoli che vedo realizzare come Dio comanda. Sorta di approfonditissima appendice conoscitiva che permette di apprezzare meglio la cultura alla base del gioco e quindi il gioco stesso. Riprendessero a realizzarli così in Nintendo...