[WDAS #50] Rapunzel - L'Intreccio della Torre

E' lo studio d'animazione più antico ma anche il più vitale. Tutto comincia da qui, e continua ancora oggi portando l'arte dell'animazione verso nuove frontiere. La mancanza di un nome riconoscibile ha portato per anni il grande pubblico a confonderne le opere con quelle delle altre filiali Disney, ma adesso tutto è cambiato. Benvenuti nel Canone Disney.
  • DeborohWalker ha scritto:la lacrima salvifica c'era anche nel racconto originale :P
    Quoto, accidenti. E ricordo che è una FIABA. Peraltro disneyzzata. Non ci si può lamentare della banalità del lieto fine, dai...

    Ci si DEVE invece lamentare della chiusura pessima. Quello sì.
    Lorenzo Breda
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  • Stiamo a fare le pulci alle troiate, quando quello che abbiamo avuto è un bellissimo classico.
    Che schifo i nerd...
  • Io sono d'accordissimo con Icnarf, non penso sia giusto giustificare la cosa perché "è una fiaba". Il film è completamente rinnovato, la Disney è famosa per inventarsi finali e svolgimenti del tutto infedeli ai racconti originali... perché volere questo banalume della lacrima magica solo perché è fedele? Che poi non lo è manco così tanto, visto che curiosando sulla wiki ( :P ) si apprende che le lacrime servivano per guarire dall'accecamento. Io non volevo a tutti i costi Flynn morto, ma neppure una sequenza scontata dove inizi tu stesso a raccontarti in mente cosa vedrai. Il finale da fiaba e con l'happy ending poteva esserci in tanti altri modi possibili, hanno scelto proprio la via più scontata e banale (guarigione dalla morte - festa del popolo - matrimonio - vissero felici e contenti) che nel 2010 non accetto più. Anche perché Rapunzel tutto è fuorché una storia raccontata in modo scontato. Fino al finale. Che non credo sia troiata visto che i finali sono importantissimi. Immaginatevi la fine di LOST con Jack che torna a casa e festeggia allegramente con tutti i suoi amici (provocazione voluta, lo so che LOST non è una fiaba ma rendeva l'idea di banale... :D ).

    Poi ovvio, Rapunzel è bellissimo ma si sa che è sempre più bello parlare delle pecche... ;)
  • Wow, una recensione entusiasta sul film da parte di Roberto Recchioni! Mi colpisce in positivo che abbia rilevato più o meno le stesse cose che ci ho visto io e altri sollazzanti :)
    Andrea "Bramo" L'Odore della Pioggia
    Osservate l'orrendo baratro su cui è affacciato l'universo! ... senza spingere...

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  • Ma quei buzzurri dei commentatori vengono direttamente dalla taverna Snuggly Duckling?
  • Visto stasera con la mia lavieestbelle!!! (scusa Bramo la tentazione era troppo forte)

    Bello, bello davvero. Devo dire di essere quasi completamente d'accordo con l'opinione di Grrodon. Appena ho tempo posto una recensione fatta bene che il film se lo merita.
  • Ho rivisto il film e ho perdonato tante cose, come Pascal che fondamentalmente non fa nulla di speciale, o la lacrima che ho compreso meglio nell'ottica di magia ancora presente in Rapunzel (che in questo modo risulta molto meno banale). Banale, purtroppo, rimane la sequenza immediatamente successiva con la gran festa e il lieto fine tutto miele, ma sarebbe tutto sommato passabile se avesse avuto una conclusione degna invece del vecchietto deturpatore.

    Per il resto confermo i suoi tantissimi lati positivi: grafica sublime, estetica e movenze dei personaggi (specie Rapunzel, che stabilisco come miglior personaggio femminile disneyano) impressionanti, ottimo coinvolgimento emotivo e ottima musica (che ho rivalutato ancora di più, adoro le canzoni di questo film). Ho apprezzato meglio perfino l'umorismo che alla prima visione avevo trovato in alcune parti esagerato.

    Come ho già detto, per me si mangia la Principessa e il Ranocchio (in senso positivo per Rapunzel, non negativo per Tiana).

    Toy Story 3 è stato un ottimo capitolo finale di una storica trilogia, ma io questa volta vorrei che l'Oscar andasse alla Disney.
    Ultima modifica di Vito il sabato 11 dicembre 2010, 02:13, modificato 1 volta in totale.
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  • Visto per la terza volta.
    Confermo che se ci si vuole fare un'idea completa e definitiva del film è la seconda volta la migliore.
  • Io voglio vederlo in 2D perchè con gli occhiali da sole il mondo prende tutto un altro colore... uno solo e pure sbiadito.
  • Sarà un problema unicamente della nostra terronevole zona? No perché anche io ho dovuto più volte togliermi gli occhialini per notare la differenza di colori, col 3D era una cosa scurissima.
  • Io lo vidi in 2d (prima) e 3d (poi), non c'era una differenza enorme a livello di colori. A Roma, che non è zona terronevole ma quasi. C'è però da dire che il 2D era in un cinema di periferia/borgata, mentre il 3d era in un cinema super-centrale.
    Lorenzo Breda
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  • Glen Keane parla della CG di Rapunzel:

    "Ispirati da quello che stanno facendo con Tron, io e John [Lasseter, produttore] abbiamo deciso di trovare un sistema per realizzare qualcosa del genere; scoprire quali sono i limiti imposti realizzando una struttura base in CG e permettendo il disegno a mano; io stesso ho animato il personaggio disegnando a mano. Ma il mio sogno era quello di creare personaggi animati al computer, dotati di tutte le caratteristiche ottenibili con solo il disegno a mano e capaci di trasferire le stesse sensazioni di queste ultime. QUESTA è la storia di Rapunzel.
    [...]
    Pensavo che il disegno a mano consentisse maggior libertà di espressione ad un artista, ma mi sbagliavo. Nell'animazione CG ci sono molti altri artisti che non sanno disegnare, ma grazie a questo mezzo hanno trovato una forma artistica tramite la quale esprimere loro stessi. Quello che ho potuto dare è quanto ho imparato io stesso da Frank [Thomas] ed Ollie [Johnston]. Intendo dire, ero costantemente impegnato ad insegnare e disegnare, ripassando anche per me stesso gli stessi princìpi del disegno a mano.
    E loro hanno applicato questi princìpi, fondendoli con il CG".


    Fonte: http://www.ilcancello.com/cinema-news/1 ... keane.html (Dove si parla anche dell'importanza dei capelli di Rapunzel.)
  • 1) sembra una traduzione dal giapponese di un'intervista di miyazaki
    2) è quello che ha sempre detto Lasseter sull'animazione al computer sin dai tempi di André & Wally B.
    3) Ma quello non è il sito di Bender L'Esoterico?
    “DISCUSSIONE, NON RECENSIONE!”

    :solly:
  • Boh, comunque me l'ha detto Grrodon di postare la cosa così "Elik capisce che l'animazione non è quella di Bolt". :P
  • Non ero nel sudland ma in padovania... anzi se proprio lo devo dire, la seconda volta i colori mi sono parsi più scuri ed infatti il tipo di 3d era diverso. A Napulè c'è il real3d mentre lì sul nido della cinciallegra hanno l'expand.
  • Rapunzel - L'intreccio della Torre (Tangled)

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    1. Una Lunga Lavorazione

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    Facevo il liceo quando per la prima volta sentii parlare di Rapunzel. Sono passati quasi dieci anni ma mi ricordo bene questo titolo svettare tra la lista di futuri progetti, alcuni concretizzatisi (Brother Bear, Lilo & Stitch, Enchanted) altri tristemente defunti (Antonius, Fantasia 2006, The Search of Mickey Mouse). Da allora in Disney sono successe tantissime cose, c'è stata una fase sperimentale in cui non si capiva quale direzione si volesse seguire, alla quale è seguita una crisi tremenda e infine una parziale rinascita. Al vertice si sono avvicendati i cattivi, poi di nuovo i buoni, mentre nel frattempo il panorama dell'animazione intorno alla Disney cambiava sempre più con l'ascesa di pericolosa concorrenza, frontiere autoriali che si aprivano dall'oriente, sfiducia da parte di un pubblico che regrediva sempre più volgendosi alla risata facile di stampo Dreamworksiano. La lavorazione di questo film è stata una vera cartina tornasole dei tumultuosi eventi che avvenivano intorno ad esso: ogni volta che la politica dirigenziale cambiava, anche il film veniva completamente rivoluzionato, se ne scrissero qualcosa come quattro versione diverse, anche radicalmente differenti tra loro, con intenti, stili e sensibilità spesso e volentieri opposte. Si ricordano a questo proposito la versione Classico Disney anni '90, oppure la sciaguratissima versione Unbraided, una sorta di Come d'Incanto all'incontrario in cui due moderni adolescenti venivano trascinati nel mondo delle fiabe fino a rubare le fattezze di Raperonzolo e del principe, a loro volta trasformati in una scoiattola e in un cane. Era la versione più Eisneriana, la risposta a Shrek di una Disney in piena crisi d'identità, ma si ricordano volentieri pure la versione dark di qualche anno fa. Un percorso travagliato che finisce dritto dritto su quella che potremmo idealmente definire la "versione hippie", arrivata finalmente al cinema quest'anno.

    2. L'Animazione di Glen Keane

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    Una cosa però è quasi sempre rimasta costante: Rapunzel avrebbe dovuto essere un qualcosa di rivoluzionario che avrebbe impresso una svolta decisiva all'animazione computerizzata, conferendole le tipiche qualità espressive e recitative dell'animazione tradizionale, in una sorta di fusione del meglio di entrambe le tecniche. L'uomo chiave di questo progetto si chiama Glen Keane, che prima di fare un infarto (dal quale pare essersi ripreso!) doveva addirittura essere il regista del film, e che oggi è "solo" il produttore esecutivo e il supervisore di ogni briciolo di animazione presente sullo schermo, mentre la regia è passata in mano a Byron Howard (regista di Bolt) e Nathan Greno (che ha codiretto Super Rhino). Glen Keane è insieme ad Andreas Deja, Eric Goldberg, Mark Henn, Musker & Clements e molti altri, uno dei "nuovi vecchi", formatosi alla scuola di Eric Larson, e senza dubbio il miglior animatore della storia dell'umanità. Il grizzly di Red & Toby, Rattigan, Sykes, Ariel, Marahute, la Bestia, Aladdin, Pocahontas, Tarzan e Long John Silver sono tutte sue creazioni, che dimostrano la sua incredibile versatilità e l'immensa carica espressiva di ogni suo disegno. Basta vedere uno schizzo a matita di Glen per rendersi conto della forza che sprigiona ogni sua macchia di matita. Affidare al numero uno dell'animazione tradizionale la resa di un film in computer grafica, di UNA FIABA in computer grafica, concetto che sia le raffinate commedie Pixar che i cinepanettoni Dreamworks hanno contribuito a rendere ossimorico poteva sembrare un azzardo. Se però l'azzardo si fosse trasformato in un progetto ben preciso volto a nobilitare una CGI da sempre a disagio con la figura umana allora poteva essere diverso. L'animazione tradizionale di Glen Keane aveva saputo da sempre offrirci personaggi espressivi, facendo non poco sfigurare la CGI, incapace di trovare la giusta via di mezzo tra le simpatiche stilizzazioni estreme Pixariane o lo squallido fotorealismo della motion capture di Zemeckis: ora si trattava di applicare la cura di Glen Keane a questa tecnica d'animazione per vedere cosa ne sarebbe uscito. E Glen le sue idee chiare le aveva, e quindi attraverso ogni fase o riscrittura del film, ha sempre continuato ad istruire la crew di animatori 3D, animando personalmente in 2D una miriade di scene, mostrando ai discepoli come infondere lo stile Disney nei modelli poligonali di cui dovevano essere fatti i personaggi.
    Col tempo e col passaparola questo proposito è fuoriuscito dalle porte degli studios fino a raggiungere il fandom, che per anni ci ha chiacchierato sopra arrivando ad immaginarsi mirabolanti fusioni 2d/3d in cui la resa sarebbe stata simile a quella di un dipinto, oppure ad una sorta di cel-shading su grande schermo. E invece no, non era tanto nella resa che risiedeva il cuore 2d del film, bensì in una miriade di altri fattori ben più profondi e importanti, tra cui la recitazione pura dei personaggi, il modo in cui i loro volti sono illuminati, e la loro stessa modellazione che richiama parecchio quella dei disegni 2d di Glen Keane sin nei minimi particolari. Un esempio a questo proposito può essere il fatto che gli occhi dei personaggi (persino del protagonista maschile) sono leggermente "ombrettati" in maniera da replicare alla perfezione la sottile linea nera del contorno occhi, uno dei punti forti dell'animazione tradizionale, che spesso e volentieri nella CGI era invece lasciata scontornata dando a certi umani del passato (la bimbetta di One Man Band, ad esempio) quel fastidioso effetto plasticoso. E questo è solo uno dei tanti piccoli tocchi, finezze che possono passare inosservate ma ad un livello inconscio aiutano a restituire il feeling che Glen Keane ha cercato di ricreare per amor della sua arte, il resto è dato dall'aspetto dei modelli, e dalla qualità dei loro movimenti, qualcosa che mai prima d'ora si era visto nella storia dell'animazione CGI.

    3. Storia di una Ribellione

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    Passando poi all'opera finita, possiamo dire di trovarci davanti ad un film che ripropone il classicissimo stile Disney, con contaminazioni umoristiche moderne qua e là, in alcuni casi piuttosto riuscite, in altre meno. Certo è che la storia in sé è veramente ben fatta, e riesce a servirsi della fiaba originale, senza tradirla più di tanto, ma discostandosi da essa abbastanza da portare avanti la tradizione tutta Disneyana delle reinterpretazioni, piuttosto che degli adattamenti. Certo, lo schema compositivo della sceneggiatura è quanto di più classico si possa immaginare, ma a parte che la cosa ha sempre funzionato molto bene a livello di ritmi, penso che il messaggio che voglia far trasparire questo film è che se lo si fa nel modo giusto è possibile fare un film "come una volta" anche in CGI. Quindi rivoluzione, sì, ma più formale che contenutistica. Una sfida senza dubbio vinta, come del resto lo era stata secondo me anche quella inversa dell'anno scorso che voleva invece infondere il metodo narrativo Pixar, col suo setting più concreto e i suoi personaggi più realistici (per non parlare della musica di Randy Newman), all'interno della classicissima animazione tradizionale Disney. Ma anche se ben collaudato, questo processo di scrittura anche quest'anno riesce a restituirci alcuni spunti non banali e mai utilizzati prima d'ora in un Classico Disney: la protagonista Rapunzel, i cui capelli hanno un effetto terapeutico, viene rapita ai suoi genitori e rinchiusa nella torre da una megera che intende spacciarsi per sua madre pur di sfruttarne il magico potere. La megera in questione, Madre Gothel, ha come unico obiettivo quella di mantenersi giovane grazie ai capelli di lei, e per cercare di preservare questo dono non esita a costruire barriere intorno a Rapunzel specialmente psicologiche, senza mai farla uscire, e infondendo in lei la convinzione che il mondo esterno sia cattivo e che lei sia troppo bruttina e debole per riuscire a far fronte a tali orrori. Una violenza psicologica notevole, perpetuata negli anni, nei confronti di una ragazzina e che potrebbe ricordare un altro imprigionamento, quello di Quasimodo. C'è però una differenza sostanziale in tutto questo, ed è nel rapporto tra le due: se Frollo e Quasimodo avevano più che altro un rapporto tutore/allievo, quello che offre questo film è qualcosa di molto più disturbante, un rapporto genitoriale morboso, basato sull'inganno e la manipolazione, e uno filiale fatto di senso di colpa, disagio e insoddisfazione. Insomma, la biondina dai capelli lunghi (i quali non vengono mai tagliati per impedire che il loro potere si perda) alla sua presunta madre è sinceramente affezionata, e si avverte tutto il suo dispiacere quando si trova costretta a fuggire da lei, e in qualche punto del film viene da chiedersi se quella donna mostruosa di Gothel, tanto egoista e presa da sé stessa, non si sia minimamente affezionata alla "figlia" nel corso di questi 18 anni, pur non alimentando dubbio alcuno su quali siano le sue priorità. Ed è infatti molto più inquietante il rapporto tra le due quando è tranquillo e falsamente positivo rispetto a quando nel finale per ovvi motivi si fa via via più conflittuale. Ed è per questo che si può parlare di film hippie, dal momento che è la storia della liberazione di Rapunzel da queste catene psicologiche e della sua ingenua ribellione, che si traduce in una sorta di fuga dalla torre con l'aiuto e il supporto della bodyguard improvvisata Flynn Rider, bandito in corso di redenzione, e contrappunto picaresco (e un po' pagliaccesco) del film.

    4. La Musica di Alan Menken

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    Le notizie che si rincorrevano ai tempi delle prime versioni erano contraddittorie ma quasi tutte concordavo sul fatto che questo film in CGI non sarebbe stato solo una fiaba, ma addirittura un musical, nel senso più Disneyano del termine. Raccontare una storia tramite le canzoni, anche se molta gente non lo accetta, è sempre stato uno dei maggiori intenti estetici di Walt Disney, l'uomo che i Classici Disney li ha creati, intento che proprio in quegli anni stava cadendo in disuso a favore di esperimenti filmici più improntati all'azione (Atlantis, Treasure Planet), alla commedia (Le Follie dell'Imperatore, Lilo & Stitch) o con un limitato numero di canzoni originali (Chicken Little, I Robinson, Bolt). Koda Fratello Orso e Mucche alla Riscossa avevano segnato una piccola ripresa del musical, ma erano stati fortemente boicottati dalle alte sfere, frettolose di chiudere i conti con un passato che si pensava non più redditizio. Quindi Rapunzel rappresentava un'anomalia bella grossa in questo panorama anti-musical, tantopiù che a firmare le canzoni si vociferava essere una new entry, la compositrice Jeanine Tesori, che avrebbe firmato "capolavori" musicali come Mulan 2, La Sirenetta 3, o il musical di Shrek.
    Menken in quel periodo stava facendo la muffa in teatro, e dopo l'esperienza minore (ma gustosa) di Mucche alla Riscossa non aveva più collaborato ai film Disney, un vero peccato considerando che il suo nome era stato un tempo sinonimo di classicismo. Ci voleva l'arrivo di Lasseter e soci al comando per ricoinvolgerlo nei progetti filmici, prima con la colonna sonora del film a scrittura mista Come D'Incanto, antipasto per la rinascita del 2D, e poi con la colonna sonora de La Principessa e il Ranocchio, incarico che però sarebbe passato quasi subito nelle mani del collega jazzistico Randy Newman. Non c'era dubbio che se si voleva tentare l'esperimento del Classico a tutti gli effetti era necessario che Rapunzel portasse la firma di Alan Menken, e quindi licenziata la versione Unbraided e tolta fortunatamente di mezzo la Tesori, si resettò la produzione consegnandoci il ritorno alla tradizione che nessuno avrebbe mai osato sperare.
    La prima cosa che fece Menken fu dichiarare che Rapunzel avrebbe avuto sonorità rockeggianti, cosa che sconvolse tanti. Del resto stiamo parlando dell'uomo che scelse il gospel per parlarci di mitologia greca, le sonorità giamaicane per portarci in Danimarca, il jazz per le mille e una notte e lo Yodel per il vecchio west, quindi era logico che si sarebbe inventato qualcosa di atipico mischiando sonorità improbabili con collegamenti imprevedibili. E in questo caso il rock melodico anni '60 poteva descrivere alla perfezione questa fiaba hippie, che racconta della ribellione di una capellona, vera e propria "figlia dei fiori" in fuga da un sistema genitoriale castrante. Una concezione della fiaba sicuramente più innovativa e moderna di quanto in un decennio abbia fatto la tanto sbandierata Dreamworks di Katzenberg, che dietro una patina di ammiccante modernume ha sempre inserito idee piuttosto scontate.
    Va detto che non è che nel prodotto finito questa anima rock si senta poi così tanto, ma quel che basta per descrivere al meglio la sognatrice Rapunzel il cui tema personale When Will My Life Begin apre il film offrendoci un modo radicalmente diverso di intendere la più classica delle I Want Song. Si sente la chitarra, la canzone è cantata fuori campo mentre la biondina passa a illustrare al pubblico, attraverso le mille attività che le tocca inventarsi nella torre per riempire le sue giornate, la sua condizione di prigioniera. E' una scena magnifica in cui la vediamo fare proprio di tutto, senza neanche rendersi conto dell'orrore della sua condizione: quel che vediamo infatti è una ragazza ingenua che pensa di star divertendosi e che un po' se la racconta, quando in realtà il suo sogno sarebbe uscire per scoprire il significato di quelle lanterne che i suoi veri genitori inviano ogni anno nei cieli per cercarla. Esistono ben due reprise di questa canzone, il primo dei quali è stato però brutalmente tagliato dal film ma inserito nella colonna sonora americana, mentre il secondo c'è eccome e descrive il momento in cui la ragazza per la prima volta scende dalla torre e si ritrova libera. E' un inno alla libertà, che riprende la melodia iniziale ma la trasforma abbandonando le sonorità rock in favore di un crescendo sinfonico da pelle d'oca in cui vediamo la biondina correre come un'indiavolata sul prato a piedi nudi mentre la telecamera, più dinamica che mai, le gira intorno danzando con lei. La seconda canzone del film è la villain song di Madre Gothel, Mother Knows Best, che sulle prime, col suo andamento recitativo da operetta, non sembrava essere una gran cosa, ma una volta vista all'interno del film si capisce quanto geniale possa essere: è una canzone dai toni melliflui il cui testo è quanto di più ironico, intelligente e divertente possa esistere all'interno della filmografia Disney. E' sicuramente il pezzo più teatrale, una scena completamente girata al buio dove le luci illuminano come un palcoscenico a volte Gothel e a volte Rapunzel, e in cui viene spiegato alla perfezione il tipo di rapporto malato che esiste tra le due. Tra un volteggio e l'altro la matrigna riesce a dare a Rapunzel dell'imbecille, a dirle che è brutta, incapace, il tutto tra un sorriso e una carezza e facendosi abbracciare al termine di tutto. Diabolicamente raffinato. E nella scena ci sono un paio di momenti veramente iconici come ad esempio Gothel che arrotola Rapunzel nei suoi capelli come un tappeto, mostrando coi fatti come sia capace di fare quello che vuole della figlia. E le espressioni mortificate della piccola sono davvero da oscar, il modo in cui le manca il terreno sotto i piedi dopo ogni affettuosa stilettata materna, il momento in cui si nasconde tra i capelli a mo' di casetta, quando al sentirsi dire che è brutta le trema la guancia come se stesse mettendosi a piangere, e soprattutto quando credendo di correre tra le braccia della madre si ritrova davanti ad un manichino mentre Gothel coi suoi atteggiamenti teatrali e egocentrici è da tutt'altra parte della stanza a scendere dalla scalinata come una diva. Bé potremmo essere davanti ad un esempio perfetto di come si possa dire con una canzone ben di più di quanto si potrebbe fare con una semplice scena di dialogo. Ci sarà più tardi nel film pure un potente reprise di questa canzone, meno mellifluo e sicuramente più sinistro, in cui Gothel cerca in tutti i modi di convincere Rapunzel a far ritorno tra le sue braccia instillandole il germe della sfiducia verso Flynn. In quell'occasione il nuovo palcoscenico diventerà il bosco, gli atteggiamenti di Gothel muteranno non poco e la storia verrà nuovamente messa in moto.
    Con I've Got a Dream abbiamo il brano più umoristico, la famosa scena della baldoria nella locanda in cui Rapunzel, una volta libera, apre il cuore dei briganti spingendoli a rivelarsi per le mammole che sono. Un momento a dir poco trascinante, magari musicalmente non rivoluzionario ma molto classico, e visivamente forse il più indovinato. La sperimentazione qui è lasciata da parte, si tratta di un brano in pieno stile Broadway, con balli e canti, e sicuramente si ride tantissimo. Uncino che vorrebbe essere un pianista, Ulf che vuole fare il mimo, Vladimir che colleziona unicorni di porcellana sono un'idea più geniale dell'altra, e il testo della canzone si sposa con le immagini in maniera sempre imprevedibile. Siamo ai vertici dello humor Disney, quello delle caricature grottesche e delle risate a denti stretti, un qualcosa a cui dopo anni e anni di commediole in CGI bisognerebbe essere assuefatti, ma che invece risplende in modo fulgido, grazie alla sua raffinatezza.
    E poi si arriva nel regno dove troviamo un paio di scene da capogiro. E la cosa più incredibile è che la prima delle due non è una canzone ma un brano strumentale. Menken aveva sempre lavorato fondendo storia, immagini, temi dei personaggi e reprise, costruendo una colonna sonora al totale servizio del film, in cui la storia veniva raccontata anche attraverso i richiami alle varie canzoni, però raramente si potevano individuare veri e propri brani strumentali che potessero vivere di vita propria alla pari delle canzoni, e invece qui succede e si tratta della Kingdom Dance, la scena madre del film in cui Rapunzel e Flynn entrano nella cittadina medioevale. Sembra di star vagando nella Hyrule Town di The Legend of Zelda: Twilight Princess e la cosa non può che essere deliziosa. Rapunzel e Flynn passano una giornata insieme innamorandosi sempre più e il tutto è raccontato in questa scena, che svolge un po' il ruolo che fu delle "canzoni della crescita" in cui le scene del loro avvicinarsi progressivamente durante la giornata vengono incrociate nel montaggio con questa danza inebriante che una Rapunzel dai capelli intrecciati e ricoperti di fiori fa completamente scalza coinvolgendo popolani di ogni età e sesso in un momento di comunione spirituale a dir poco dionisiaca. L'animazione di lei è qualcosa di sconvolgente, un risultato che solo un esteta visionario avrebbe potuto ottenere da una tecnica come la CGI che si credeva fredda. Rapunzel danza in maniera ingenua e allo stesso tempo sembra una che ne sa, e quando si lascia andare e va in estasi ad occhi chiusi sembra proprio di essere all'epoca degli hippie. Un risultato straordinario, sottolineato da un brano trascinante e dal sapore puramente medioevale che termina solo nel momento in cui i due futuri amanti riescono a congiungersi dopo esser stati per tutta la danza continuamente sviati dal caos della folla in festa. Da brivido.
    E dopo un momento di festa così intenso si ha la scena più rilassante e serena, dove esplode il tema d'amore, quell'I See the Light che la Disney vuole candidare come miglior canzone agli Oscar di quest'anno. E' una scena veramente magica, in cui i due guardano finalmente le lanterne salire nel cielo nella notte stellata da sopra un'imbarcazione sul laghetto illuminato. Tornano questa volta le sonorità rock, ma è un rock lento che serve a descrivere l'evoluzione caratteriale di Rapunzel finalmente in pace con sé stessa e innamorata. Si tratta di un'altra canzone che ascoltata da sola poteva apparire molto più banale e meno significativa di quel che in realtà è, una volta collocata nel giusto contesto, e lo stesso si può dire un po' di tutta questa colonna sonora menkeniana che i più hanno criticato sottolineandone la scarsa incisività rispetto al passato. Forse è vero che non raggiunge i livelli spettacolari di un Gobbo di Notre Dame ma stiamo pur sempre parlando di film diversi, con intenti e storie diverse. E Menken dimostra di saperci fare reinventandosi ogni volta, e ponendosi al servizio dell'esigenza del momento, sia che si tratti di un'opera epica come il Gobbo, di un'opera leggera come Mucche, o di un'opera citazionistica come Enchanted. E sfido chiunque il film l'abbia davvero visto a dire che anche una sola di queste canzoni, una volta collocata al suo posto, sia fuoriposto, superflua o poco appropriata nel contesto. C'è persino una canzone brevissima, la Healing Incantation che ricorre più e più volte nel film e che ha un suo preciso ruolo, essendo la formula magica che attiva i capelli di Rapunzel. Un brano magico che sarebbe stato bello poter ascoltare in versione più estesa, ma che deve piegarsi anche lui alle esigenze di narrazione. Unico brano non di Menken del lotto è la cover pop Something That I Want presente nei credits, che offrono disegnetti simpaticissimi e leggermente burtoniani che descrivono la storia del film, e tocca dirlo, stavolta è perfettamente indovinata pure questa, simpatica e trascinante.

    5. Flynn e gli Altri Personaggi

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    Per quanto riguarda il cast di personaggi, tenderei a ricordare che oltre che di fronte ad una cattiva molto riuscita ci troviamo davanti alla protagonista femminile Disney probabilmente più adorabile di sempre. La più credibile, la più espressiva, la più simpatica, e ottimo esempio di tutto questo è la mitica scena degli sbalzi di personalità appena uscita dalla torre. Mai si era vista una principessa Disney così buffa e nel contempo affascinante. E dire questo di un film in CGI è una gran cosa, specie dopo tutto il discutere di figura umana che si è fatto negli anni passati. Si sarebbe potuto esigere decisamente di più dal personaggio di Flynn Rider che invece non si discosta molto dallo stereotipo del bandito disinvolto e materialista che però ha un cuore d'oro. E va detto che per tutta la prima parte del film, prima della sua repentina maturazione, i suoi modi sempre sopra le righe e il suo atteggiamento egocentrico e disinvolto creano parecchi scompensi di registro al film, apparendo come note un po' stonate...che diventano molto stonate nell'adattamento italiano. Adattamento che non penso sia stato fatto poi così male, le canzoni adattate da Lorena Brancucci tendono un po' al banale, d'accordo, ma si nota un progresso rispetto ai suoi primi adattamenti incerti in Come D'Incanto e La Principessa e il Ranocchio. Certo ci sarebbe da eliminare qua e là dai titoli una quindicina di "sogno" messi a casaccio, ma in fin dei conti trovo che I've Got a Dream, vero banco di prova della qualità dell'adattamento faccia ridere anche in italiano, e tanto mi basta. Laura Chiatti nel ruolo di Rapunzel la invecchia un tantino ma trovo abbia fatto un lavoro validissimo, mentre il vero problema è Morelli e il suo Flynn, che come si diceva sopra, è un tarlo del film. I monologhi esibizionisti di Flynn vengono decisamente appesantiti da un'interpretazione monocorde, che rovina la sospensione d'incredulità. Sentirlo poi pronunciare delle frasi in romanesco, del tutto involontariamente suona proprio male, specie se si pensa che il personaggio avrebbe potuto avere una resa ben diversa se affidato ad un doppiatore professionista come Massimiliano Alto che ne interpreta la voce cantata o Nanni Baldini che lo interpretava nei trailer. Invece molto buono Mario Biondi nel ruolo di Uncino e un po' tutti gli avventori della locanda, personaggi graficamente straordinari che offrono un contrappunto comico davvero apprezzabile (sì, persino il vecchietto ubriaco è adorabile, anche se ovviamente avrei evitato di affidargli la chiusa). Inquietanti invece i fratelli Stabbington, con Pino Insegno che doppia l'unico a parlare dei due, dimostrando una volta di più la sua capacità di doppiatore capace di passare dal protagonista maschile (John Smith) a spalla comica (Louis) per finire a fare il cattivo. E poi vengono ovviamente le spalle comiche ufficiali, animali che stavolta non parlano: il camaleonte Pascal e il cavallo Maximus. Il primo è abbastanza inutile, diciamocelo, è un semplice contrappunto, interlocutore minimalista di Rapunzel che si limita a fare un paio di versetti e sorrisini, ma che non risulta assolutamente invasivo o pecoreccio come ci si aspetterebbe ormai purtroppo dalle spalle comiche, il secondo è un colpo di genio. Se dai trailer poteva sembrare il cavallo di Flynn o di Rapunzel, scoprire nel film che è una sorta di attivissimo antagonista, irriducibile nel voler catturare Flynn è sicuramente un sorpresone. E' un personaggio graficamente eccezionale, il giusto sunto di tutti i cavalli Disney che si sono avvicendati nel corso degli anni dal Ronzino di Cenerentola al Pegaso di Hercules, passando per il Sansone della Bella Addormentata nel Bosco, e le sue gag fisiche, nevrotiche, violente, e i suoi duetti con Flynn sono veramente uno dei punti di forza del film, occasioni in cui mostra tutta la sua energia. Perché va ricordato che questo è un film molto energico, con una buona dose d'azione, diretta in modo magistrale. Mi riferisco sia al combattimento tra l'uomo e il cavallo che avviene vicino alla diga, che alla scena in cui i due protagonisti sono intrappolati nelle rocce con l'acqua che sale e a un passo dalla morte svelano i propri segreti, per non parlare della liberazione di Flynn per mano dei vichinghi, un concentrato di gag divertenti ma nello stesso tempo ben dosate, e la "battaglia finale" nella Torre ricca di scene ad alto pathos, rese con una regia molto buona.

    6. La Riconquista del Pubblico

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    Quando La Principessa e il Ranocchio "floppò" al botteghino, sembrava la fine per le fiabe Disneyane, che erano timidamente tornate al cinema per farsi cacciare a calci, secondo la visione dei dirigenti Disney. Non era più il caso di riprovarci, e se avessero potuto avrebbero stoppato anche Rapunzel, che però era quasi pronto. Una rinascita abortita in partenza quindi, e l'unica cosa secondo loro da fare era stoppare i lavori sulla Regina delle Nevi, King of Elves e qualsiasi altro progetto potesse avere un reale nel titolo. Cancellare Rapunzel non si poteva, quindi l'unica cosa da fare era cambiare il titolo nel più commedioso e meno iconico Tangled (sciagura che noi italiani abbiamo scampato, come anche il cacofonico Raperonzolo), e portare avanti una campagna pubblicitaria alquanto fuorviante che cercava di sviare in tutti i modi l'attenzione dal lato fiabesco ed emozionante per buttare tutto sul ridere. Almeno si sarebbero limitati i danni. Uscirono così dei trailer alquanto farlocchi in cui si cercava di spacciare il film come miscela esplosiva unicamente d'azione e umorismo, arrivando persino ad inserire una manciata di animazioni puramente slapstick del tutto assenti dal film, come ad esempio Flynn che viene gettato dalla torre legato alla sedia, o che viene sommerso dalla chioma di lei, o Rapunzel che fa il kung fu coi capelli. Per non parlare poi dei trailer demenziali che pubblicizzavano finti prodotti legati al film, o quello demenzialissimo che parodizzava il double rainbow. Insomma una campagna promozionale volta a vendere un prodotto sviando il più possibile dal suo vero valore, nella speranza che prima della riorganizzazione degli studios il film potesse passare sufficentemente inosservato per poter candidare il pur bellissimo Toy Story 3 all'Oscar come Miglior Film, senza dover fronteggiare un imbarazzante calo d'immagine e un impiccio indesiderato. Poveri sciocchi, Rapunzel non solo non avrebbe causato alcun danno al botteghino, ma sarebbe stato un gran successo. Questo film portato avanti tra mille problemi e in cui al momento dell'uscita la dirigenza non credeva più ha avuto un incasso di tutto rispetto, un successo come da tempo non se ne vedevano in casa Disney. Certo, chiunque a posteriori potrebbe affermare che siano i frutti "dell'intelligentissima" manovra di marketing operata, ma va considerato anche il fattore passaparola. E se veramente un musical fiabesco non fosse adatto al pubblico odierno la cosa sarebbe emersa poco dopo e la "truffa" svelata. E invece Rapunzel piace eccome, per cui godiamoci questo momento dorato pensando che molto probabilmente Tiana ha aperto la strada ad una rinascita, rieducando un pubblico che al termine del 2009 era ancora scettico (e distratto da A Christmas Carol), a credere nuovamente nella Disney, un pubblico occasionale che magari avrà visto La Principessa e il Ranocchio se non al cinema magari in streaming, in dvd, o a casa d'altri, o che ne ha sentito parlare bene e passo passo a ripreso a fidarsi. E con questi presupposti qualitativi pure gli appassionati dovrebbero d'ora in poi approcciarsi alle scelte dei WDAS con maggior ottimismo, senza storcere troppo il naso di fronte ai prossimi progetti, dai più improbabili (Winnie the Pooh) a quelli apparentemente più modernisti ma in realtà dotati di un immenso potenziale (Reboot Ralph, Mort), dal momento che questi signori ci hanno finalmente dimostrato di voler tornare a far film qualitativamente impeccabili.
    E a questo proposito godiamoci anche il bellissimo regalo che i WDAS quest'anno hanno fatto ai loro fan più storici facendo precedere e seguire il loro film da una bellissima variante del logo con Stemboat Willie che specifica a chiare lettere che questo è il 50th Animated Feature, fornendo una risposta e una chiusura definitiva alla querelle sulla Lista dei Classici che ormai da dieci anni tormentava gli animi dei fan più accaniti. Con questo bel numerone rosso posto addirittura all'interno di un loro film viene definito una volta per tutte il Canone Ufficiale Disneyano, riconoscendo con onestà al suo interno anche i meno riusciti film in CGI, e fornendoci così una cartina tornasole di quella che tra alti, bassi, e altissimi (non trovo ci siano mai stati bassissimi) è la vera storia dello studio d'animazione più importante del mondo.

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  • Grrodon ha scritto:Ed è per questo che si può parlare di film hippie, dal momento che è la storia della liberazione di Rapunzel da queste catene psicologiche e della sua ingenua ribellione, che si traduce in una sorta di fuga dalla torre
    Bè, non è una novità in casa Disney, dato che anche Ariel e Jasmine erano "prigioniere" di una figura genitoriale troppo apprensiva, anche se in quel caso era più realistica (e quindi condivisibile) e non un'apprensione spiccatamente negativa come in questo caso.
    Grrodon ha scritto:Menken in quel periodo stava facendo la muffa in teatro
    :muori: :muori: :muori:
    Grrodon ha scritto:E sfido chiunque il film l'abbia davvero visto a dire che anche una sola di queste canzoni, una volta collocata al suo posto, sia fuoriposto, superflua o poco appropriata nel contesto.
    Bè, nessuno può dire che ci sia anche solo una canzone fuori posto, però manca quel pezzo/i memorabili che ti rimane in testa già dal tragitto cinema-casa e da lì per i giorni a seguire, come finora Menken aveva fatto in ogni sua partitura.
    Grrodon ha scritto:Per quanto riguarda il cast di personaggi, tenderei a ricordare che oltre che di fronte ad una cattiva molto riuscita ci troviamo davanti alla protagonista femminile Disney probabilmente più adorabile di sempre. La più credibile, la più espressiva, la più simpatica.
    Oserei dire che questo deriva anche dal fatto che sia quella più "attiva". Già in passato c'erano state eroine che prendevano la situazione in pugno, ma sono personaggi come Mulan e Pocahontas che partivano già come figure forti, o comunque con un fuoco dentro che non aspettava altro che esplodere.
    Rapunzel invece è proprio lo stereotipo della principessa da salvare prigioniera della torre, che però diventa la responsabile del suo destino.
    Deboroh troppppppppo Web 2.0!
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  • DeborohWalker ha scritto: Bè, nessuno può dire che ci sia anche solo una canzone fuori posto, però manca quel pezzo/i memorabili che ti rimane in testa già dal tragitto cinema-casa e da lì per i giorni a seguire, come finora Menken aveva fatto in ogni sua partitura.
    Io mi sono alzato il giorno dopo la visione del film cantando I See the Light e non riuscivo più a togliermela dalla testa. :D
    DeborohWalker ha scritto: Rapunzel invece è proprio lo stereotipo della principessa da salvare prigioniera della torre
    Ma dài... Rapunzel?? Con quell'esuberanza e quella vitalità lì? Lo stereotipo della donzelletta prigioniera da salvare è Fiona del primo Shrek, mica Rapunzel!
    EDIT: Ma forse intendevi dire che è quello che la Disney voleva inizialmente farci credere salvo poi mostrarci la sua natura differente... non ho ben compreso.


    Comunque ci ho speso un'ora per leggere questo grrodonico bendiddìo, ma merita veramente.

    Concordo praticamente su tutto, e soprattutto ho riflettuto sulla canzone di Gothel e ho notato che in effetti è un vero capolavoro psicologico!

    Non sapevo che la Disney ha ultimato questo Classico con la speranza sottoterra, spero che questa sfiducia non abbia contribuito a scelte poco felici come il tanto vituperato finale col vecchietto o alla cancellazione di momenti più seri/poetici.

    Sono veramente contento del risultato al botteghino di questo film, spero che cambi un po' di carte in tavola.
  • Ho trovato finalmente il tempo di andare al cinema a vederlo.

    Non ero pronto. Perché dopo le infinite vicissitudini di questo film, le anteprime e le smentite, le aspettative rivoluzionarie e i ridimensionamenti del marketing, le musiche di un Menken un po' appannato, oltre a qualche recensione sbirciata qua e là (comprese quelle sul Sollazzo), e dopo La Principessa e il Ranocchio, film non brutto ma sostanzialmente debole e che mi aveva convinto proprio poco in termini di "rinascita" Disney, be', sono entrato nella sala dove proiettavano Rapunzel lasciando fuori dalle porte tutte le aspettative che un tempo avevo, tenendomi tutt'al più la certezza che tanto male non avrebbe potuto comunque essere, e che quindi avrei almeno passato un paio d'ore gradevoli.

    Invece mi piomba addosso un film bellissimo, e potrei anche non aggiungere altro.

    Si percepisce veramente un'intelligenza inedita nell'animazione computerizzata. Anche se però, a mio parere, globalmente l'estetica del film al computer, fatta di "marionette" e spazi chiaramente tridimensionali, discendente dall'aspetto visivo dell'animazione stop motion, non è affatto cambiata. Il fatto che ci siano ingegnosi tocchi grafici desunti dal 2D non influisce. Quello che è cambiato è l'approccio dell'animatore alla "marionetta", non l'estetica della "marionetta" in sé. Il che, comunque, rimane un'ottima cosa.

    Per il resto, non ho nessuna voglia di mettermi a cercare il pelo nell'uovo. Io non so ancora se questa "rinascita" c'è o non c'è. So solo che almeno per ora, almeno per questo dicembre, la parola "Disney" ha di nuovo il sapore di un tempo. È un regalo di Natale che non mi aspettavo.
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