[N. Retro Studios] Donkey Kong Country Returns
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Il gorilla goloso è tornato e NON è in buona compagnia. Nel senso che Donkey Kong returns, ma insieme allo scimmione della vecchia guardia si fanno vivi soltanto Diddy, stavolta in un ruolo più da power-up che da spalla (in barba al fatto che stia in spalla... *coff*), Cranky, gestore di un negozietto di item di cui diventerete clienti abituali e affezionati, il buon Rambi e Squawks. E naturalmente l'isola di Donkey Kong, nella sua forma migliore dai tempi in cui fu invasa dai Kremling nel lontano 1994. Per il resto, scomparsi tutti i parenti Kong (che ho sempre trovato piuttosto sgradevoli, btw), spariti gli altri animal buddies e soprattutto spazzati via i cattivi coccodrilloidi da sempre nemesi della famiglia di primati, sostituiti da una malvagia tribù di tiki (umanoidi intagliati in legno o roccia vulcanica caratteristici della regione polinesiana) eruttati dal vulcano che domina l'isola. Cambiano gli avversari ma non cambia la missione: recuperare la scorta di banane sottratta dalla banda di turno, che ha pure ipnotizzato le creature della giungla per far sì che li servano nei loro biechi scopi. Dopo il deludente esperimento di Donkey Kong 64, che faceva della ridondanza uno stile di vita, i Retro Studios riportano la saga alle sue basi, con una lunga serie di livelli da affrontare in sequenza più o meno rigorosa (è prevista la possibilità di prendere qualche piccola scorciatoia, comprando una speciale chiave che sblocca l'accesso ad alcuni livelli altrimenti inaccessibili) di difficoltà crescente. Molto crescente in effetti: siamo ben lontani dall'approccio easy a cui gli ultimi episodi del "rivale" Mario ci hanno abituato. Sull'isola di Kong si procede per prove ed errori, le morti si sprecano e completare un livello è essenzialmente questione di imparare il giusto ritmo (della giungla) con cui picchiettare i tasti sul telecomando per far fronte all'infinità di ostacoli naturali e non che si frappongo fra la scimmia e le sue musacee preferite. Fortunatamente la frustrantezza non si fa mai vedere ma in compenso lo scoramento sarà un fedele compagno di viaggio: capita non raramente, infatti, che una morte tiri l'altra praticamente per inerzia, poichè la quantità di decessi continuativi è tale che il rischio è quello di spegnere il cervello e giocare meccanicamente, finendo inevitabilmente con l'entrare in un diabolico quanto poco produttivo loop.
I livelli di Returns si sviluppano essenzialmente su 3 piani a cui corrispondono altettanti livelli di difficoltà: raggiungere semplicemente il barile posto alla fine del percorso non è un'impresa inaffrontabile, ma già recuperare le 4 lettere KONG sparse in giro (fortunatamente perlopiù in bella vista), lettere che consentono l'accesso ad alcuni templi segreti, risulta già più impegnativo, perchè richiede di effettuare trick di una certa complessità e, soprattutto, perchè nella mischia le letterine rischiano di sfuggire e rimanere indietro, il che si traduce nell'andare volontariamente incontro alla morte o nel dover ripetere il livello dall'inizio una volta completato. Discorso a parte va poi fatto per i pezzi di puzzle nascosti in numero variabile per i vari quadri, che sbloccano gallerie di immagini extra, alcuni dei quali davvero ardui da scovare. E questo è il momento della prima tirata d'orecchi. Molto spesso i pezzi di puzzle sono nascosti in elementi dello sfondo, per esempio in caschi di banane o anfore abbandonate. Purtroppo, non c'è alcuna interazione diretta tra ciò che succede in primo piano e ciò che è presente in background: Donkey infatti dispone di un paio di mosse, il soffio e lo scossone al suolo, che si utilizzano quasi esclusivamente per interagire con questi elementi che altrimenti se ne starebbero buoni e calmi e indifferenti sullo sfondo; questo malauguratamente si traduce in una frammentazione dell'altrimenti concitatissima azione, poichè periodicamente viene richiesto di interrompere la propria carica attraverso la giungla per interagire con qualche vasetto o ventola che potrebbero nascondere un collectable. A questo si aggiunge il fatto che queste mosse speciali richiedono un utilizzo del motion control piuttosto scomodo, soprattutto se si utilizza il sistema di controllo col wiimote tenuto in orizzontale. Ed ecco la seconda tirata d'orecchi: in un gioco che richiede un sistema di controllo fluido e dinamico le due proposte si rivelano entrambe inadeguate. Il wiimote in orizzontale offre maggior precisione ma è penalizzato da una croce direzionale troppo piccola e dal malintegrato utilizzo del sensore di movimento (a differenza di quanto accadeva in NSMBWii), mentre la soluzione wiimote+nunchuck presenta una fluidità enormemente maggiore (ragion per cui è stata la mia configurazione di default) ma è carente sul versante precisione. Prima di tornare ai pregi un'ultima tiratina d'orecchi: i boss sono orribili. Period. I boss più brutti che mi sia capitato di giocare ever: dotati di un design discutibilissimo, vanno affrontati in battaglie completamente prive di ritmo scandite unicamente dal preistorico pattern di movimento che ne determina il comportamento. Pacchissimo, e il peggio è che in alcuni livelli normali fanno capolino alcune creature assolutamente magnifiche che avrebbero potuto rappresentare una sfida ben più interessante. Un vero peccato. Oh, per la croncaca: anche i Tiki, benchè apprezzi assai l'idea, non reggono il confronto con i vecchi nemici dei Kong. Non che abbia mai particolarmente amato i Kremling, ma perlomeno loro erano grandi e grossi e dominavano la scena, mentre i Tiki sono avversari fin troppo discreti e, complice la loro natura totemica, danno l'impressione di essere ostacoli (al pari delle punte acuminate che sbucano dal terreno e roba simile) più che i cattivi.
Tutto ciò comunque non deve dare l'impressione che il gioco sia deludente: si tratta di semplici sbavature, di cui nessun titolo è esente. Questo nuovo capitolo, che a conti fatti si presenta quasi più come un reboot, è in realtà un pregevolissimo aggiornamento del lavoro fatto da Rare oltre un decennio fa. Il look è cambiato e, complice uno stile grafico meno realistico, che richiama in parte quello di Banjo-Kazooie, il feeling che ne risulta è smussato ma non per questo meno gradevole, anzi: personalmente ho sempre trovato un po' opprimente l'impronta realistica impressa ai vecchi titoli. Il level design è di fattura eccezionale e la varietà dell'azione è garantita, il che è quasi strano considerando che gli elementi in gioco in realtà non sono tantissimi: barili, carrelli e poc'altro. In definitva un gioco che che dà gioia ed esalto a patto che si si disponga di una buona dose di concentrazione e pazienza, fondamentali per affrontare le sfide più avanzate senza rischiare la regressione ad uno stato di primitiva barbarie...
Messo sotto l'albero!!
Sotto al banano, voglio sperare.MinnieMouse ha scritto:Messo sotto l'albero!!
OvviamenteDapiz ha scritto:
Sotto al banano, voglio sperare.
bel gioco ma ad essere sincera l'ho lasciato a mio fratello perchè i comandi sono scomodi
lo giocherò quando mi rilasserò
lo giocherò quando mi rilasserò
Donkey Kong e Mario sono nati insieme, in quel mitico gioco coin-op che prendeva il nome del primo ma lanciava entrambi. Bisognava attendere la Rare, quando ancora era roba di Nintendo, perché venisse costruita attorno al gorillone una serie apposita di platform che lo vedesse protagonista assoluto, lui e tutta la sua famiglia di gorilla creati dagli stessi ragazzi di Rare. Era la gloriosa serie Donkey Kong Country, bizzarramente portata avanti da Rare per ben tre titoli su Super Nintendo e poi traslata alle tre dimensioni con quel Donky Kong 64, che segnava l'addio del team alla serie del gorillone. Perché agli albori dell'epoca Game Cube la Rare sarebbe stata ceduta a Microsoft e la serie di Donkey Kong cadde nel dimenticatoio. Ne emerse grazie ai ragazzi di Tokyo EAD che confezionarono lo sperimentale ma bellissimo Donkey Kong Jungle Beat in cui presentarono molti elementi che avrebbero fatto rifluire poco dopo in Mario Galaxy, ma ancora una volta fu una breve primavera. Ed ecco che in epoca Wii, quando il platform bidimensionale pare tornato prepotentemente di moda, viene finalmente rilanciato il gorillone nel modo più tradizionale possibile, con tutti i crismi: lo dobbiamo stavolta alle capacissime mani dei ragazzi di Retro Studios, che terminata l'acclamata trilogia di Metroid Prime si sono immediatamente dedicati al rilancio di un'altra stella Nintendo dimostrando la loro enorme capacità e versatilità. Riprendere in mano la dicitura Country era rischioso, visto che era legata ad un preciso periodo storico e ad un team differente che era rimasto nei cuori di tutti, ma la sfida è stata vinta perché il gioco in questione si pone come perfetta continuazione di quella tanto amata tradizione, senza dimenticare l'innovazione tipica di Nintendo.
La fonte primaria di ispirazione per i ragazzi dei Retro Studios è il primo dei tre country, quello in cui bisognava muovere Donkey e Diddy, prima che iniziasse la deriva familiare condotta a suon di cugini, fidanzate e parenti vari, che avevano soffiato il ruolo al vero protagonista.
Stilisticamente parlando i riferimenti ai tre country ci sono, ne troviamo negli ambienti come anche nella colonna sonora, ma è anche vero che Rare ha sempre avuto uno stile molto personale, leggermente più cupo di quello che Nintendo proponeva in Mario, e parecchio più "scorretto", umoristicamente parlando, e questa è una cosa che avrebbe potuto riprodurre solo Rare. Questo Donkey Kong Country Returns nasce sì come un omaggio all'epopea Rare, ma in chiave assolutamente Nintendiana, e lo si nota da una maggior ariosità degli ambienti, e da una pulizia stilistica davvero mirabile. Dell'esercito di personaggi creati dal team inglese sono rimasti solo i due protagonisti e Cranky Kong, e pure il numero di animali che venivano utilizzati come mezzo di trasporto è stato drasticamente ridotto (sono rimasti Rambi e Squawks, anche se l'ultimo come NPC). Persino i nemici non sono più i coccodrilloni di King K. Rool, ma un esercito di maschere Tiki che vogliono rubare le banane di Donkey. Il gameplay risente invece delle ottime evoluzioni avute negli ultimi tempi (si tratta di un mondo assolutamente poligonale, anche se la telecamera riprende l'azione orizzontalmente), costituendo una sorta di altra metà del progetto nato con New Super Mario Bros Wii: è infatti possibile utilizzare le medesime dinamiche multiplayer manovrando Diddy. Il gameplay offre anche alcune trovate sorprendenti, tipo fasi di gioco in cui bisognerà muovere DK in lontananza sulla linea dell'orizzonte, o gli sbalorditivi livelli in cui vediamo solo la silhouette dei personaggi, ambientati durante il tramonto o tra i fumi di una fabbrica, che sono veramente fra le più belle pagine della storia dei videogiochi che Nintendo abbia mai scritto. Un gioco da avere assolutamente, quindi, anche se a tratti un bel po' più difficile del corrispettivo mariesco, specie per i folli che vogliono completarlo al 100% con tutti i collectibles.