[WDTA] Peter Pan in Ritorno all'Isola Che Non C'è
-
Cinquant'anni dopo l'uscita di "Peter Pan", sull'onda del successo (?) che stavano riscuotendo i Sequel Direct to Video, la Disney decise di dare un seguito alle avventure del ragazzo che non voleva crescere mai.
Il progetto però fu apprezzato particolarmente dai vertici Disney e per la prima volta un film destinato all'Home Video venne "elevato" alle sale cinematografiche, giudicandolo di qualità abbastanza alta da tentare un passaggio che gli consentisse maggiore visibilità.
Il film è ambientato qualche anno dopo le vicende del primo film: siamo in periodo di guerra, Londra è assediata, vittima di attacchi e bombardamenti, quando Wendy è divenuta adulta e ha avuto due figli. La figlia Jane, molto più matura della sua età per via delle circostanze storiche in cui si trovano, non crede più alle favole e ritiene che la storia di Peter Pan che la madre le racconta sia solo una stupidaggine. Ma proprio Jane viene rapita da Capitan Uncino che la portera sull'Isola che non c'è dove farà la conoscenza di peter Pan, rimanendo comunque piuttosto scettica e sminuendo il potere della fantasia e dei sogni.
Il film è visivamente molto gradevole, pur non raggiungendo i livelli di un classico; per essere però un progetto partito come DTV non c'è nulla di cui lamentarsi. L'unica caduta di stile (e grossa) è nella scena in cui il Galeone di Uncino in CG sorvola Londra, con una qualità paragonabile solo a quei viaggi virtuali presenti in molti DVD Disney. Disgustorama.
Le musiche riprendono alcuni temi del primo film e le canzoni sono orecchiabili, pur non essendo nulla di meraviglioso.
La storia ripercorre per certi versi quanto già visto nel primo film, ma con un unico elemento che sconvolge il tutto: il personaggio di Jane. La sua riluttanza a credere a Peter Pan e alle fate, per via delle dure espereienze che ha dovuto vivere nel mondo reale, creano un rapporto con l'Isola che non c'è diverso da quanto avevamo visto nel primo film, nel quale gli ospiti erano divertiti ed entusiasti dell'avventura che stavano vivendo. Il personaggio è sufficientemente approfondito da rendere Jane una protagonista credibile, ma purtroppo la stessa cura non è stata riposta per gli altri personaggi: in linea di massima sono tutti più stereotipati che nel primo film.
In particolare in Capitan Uncino è scomparsa ogni vena da villain che incute timore: il pirata è quasi unicamente un personaggio comico, azzerando così il suo fascino.
In definitiva un buon sequel, specialmente nella prima parte, somigliando nella seconda metà un po' troppo al suo predecessore.
Per ora dico solo questo: secondo me nel suo assieme e' il piu riuscito tra i numerosi sequel, o direct video che la Disney abbia sfornato sinora...DeborohWalker ha scritto: In definitiva un buon sequel[...]
Non era certo la prima volta che un film Disney Television passava per i cinema: Doug e Ricreazione avevano portato sul grande schermo le animazioni rudimentali della sezione adibita alle serie televisive, mentre con T Come Tigro era stata la sezione lungometraggi ad avere il suo momento di gloria. Era quindi la seconda volta che un film dei futuri Toon Studios veniva dirottato su grande schermo a causa dell'elevata qualità delle sue animazioni. T Come Tigro non era però da considerarsi un vero e proprio sequel di Winnie the Pooh dal momento che il mondo dell'orsetto era stato inteso fin dall'inizio come una dimensione serializzata e aperta ad un infinito numero di seguiti, un po' come il cosmo di Topolino, Paperino & co. Return to Neverland, invece, vero e proprio sequel di Peter Pan, costituì una novità assoluta per un pubblico abituato all'uguaglianza Cinema = Classico.
Due soli sequel erano stati prodotti dalla Disney Feature Animation: Bianca e Bernie nella Terra dei Canguri e Fantasia 2000. Ed entrambi come ovvio non si discostavano affatto dall'andamento qualitativo Disney, finendo spesso e volentieri per rivelarsi visivamente superiori ai rispettivi predecessori. La visibilità che il passaggio cinematografico diede a Return to Neverland spinse anche lo spettatore più disattento a fare i conti con una nuova realtà "minore". E anche lo spettatore meno nerd cominciò ad avvertire subliminalmente che in questi film c'era qualcosa di diverso che li allontanava dallo stile Disney a cui ci si era abituati. Portare al cinema questo lungometraggio significò cancellare definitivamente con un colpo di spugna il sempre più labile confine che divideva il Disney di serie A da quello di serie B, e se da un lato questa mossa contribuì a dare a questo valente team di animatori la dignità e la fiducia necessaria per darsi poco tempo dopo un nome e un logo, inevitabilmente finì per inflazionare ulteriormente il marchio Disney al cinema, suggerendo subliminalmente agli spettatori meno esperti e meno disposti a fare dei distinguo, che non sempre il marchio Disney era sinonimo di qualità.
Ma la colpa di tutto questo è della politica dirigenziale e non certo del povero Return to Neverland che in sé è uno dei prodotti migliori del filone. Questo è un sequel con un suo perchè, e sebbene prenda non poco spunto dallo spielberghiano Hook, riesce a ripresentare il mondo del classico del '53 sotto un ottica nuova, inserendolo nella drammatica cornice della Seconda Guerra Mondiale. Il maggior punto di forza è infatti proprio la parte iniziale ambientata in una Londra distrutta dai bombardamenti, in cui ha logo la vicenda di Jane, figlia di una Wendy divenuta adulta.
Per la prima volta un personaggio viene trasformato totalmente, e fa un certo effetto il riconoscere la cara vecchia Wendy in questa madre di famiglia. Sono inoltre assenti Gianni e Michele, tralasciati per non sovraccaricare il film di inutili, quanto ridondanti, presenze. E si ripropone per l'ennesima volta il tema della nuova generazione ribelle, che assume dei comportamenti opposti a quelli del genitore. E' proprio la guerra e la partenza del padre al fronte a giustificare la maturazione precoce di Jane, troppo impegnata a curare il suo senso pratico per lasciarsi trasportare dalle fiabe della madre, come fa invece il fratellino piccolo. L'inizio del film, che parla degli sfollamenti dei bambini nelle campagne ricorda inoltre Pomi d'Ottone e Manici di Scopa, nonché il più recente Le Cronache di Narnia - Il Leone, la Strega e l'Armadio, in cui con questo espediente si giustificava l'arrivo dei protagonisti in un mondo magico. E l'introduzione di Jane nel mondo di Peter Pan avviene forzatamente, tramite Capitan Uncino, che credendola Wendy, la "preleva" gentilmente da casa sua, in una sequenza che vede il Jolly Rogers veleggiare per Londra, schivando la contraerea inglese.
Il problema del film è che una volta arrivati all'Isola Che Non C'è non succede più nulla. Che il feeling adulto necessario a introdurre Jane e porla in contrapposizione con Peter ad un certo punto scompaia è sicuramente una tappa obbligata del film, ma sinceramente una volta arrivati all'Isola si percepisce come nel soggetto manchi una qualche componente fondamentale. La permanenza di jane sull'Isola è infatti caratterizzata da un'iniziale malsopportazione delle atmosfere infantili e dalla progressiva (apparente) accettazione del mondo di Peter a seguito di un patto con Capitan Uncino che le promette il viaggio di ritorno se lei gli porterà il tesoro dei Bimbi Sperduti. Ma in tutto questo si avverte un eccessiva decompressione della sceneggiatura portata forzatamente a 72 minuti. Ci sono anche alcune cadute di tono abbastanza grosse come la presenza di un inutile polipo, in sostituzione del classico coccodrillo, che aspetta di papparsi Capitan Uncino. E un altro difetto è proprio il buffonesco Capitano, che ridotto qui a personaggio comico e imbranato finisce per collezionare sconfitte a ripetizione, che ne eliminano inevitabilmente il carisma.
Ma ci sono anche molti momenti topici, come la carrellata inizale tra le nuvole che mostra le sagome dei personaggi del primo film, il volo di Jane sulle spalle di Peter e soprattutto l'incontro finale tra Peter e Wendy, carico di nostalgica poesia, due minuti che riscattano il film di ogni suo difetto.
L'animazione di Peter Pan in Ritorno all'Isola Che non C'è è assai ben fatta anche se molto spesso scade nel gommoso. Questo accade principalmente con i Bimbi Sperduti, il cui iperespressivismo fa a pugni con la qualità del loro umorismo, che diciamocelo, non è proprio il massimo per essere accompagnato da una simile enfasi.
Ma al di là di questo non ci si può proprio lamentare, Wendy nella sua nuova incarnazione è fantastica mentre Trilli è una gioia per gli occhi. Forse perchè uno dei simboli della Disney, forse perchè era già nell'aria il progetto Fairies, ma sembra quasi che su Trilli siano stati fatti studi speciali per renderla assolutamente fedele - e oserei dire superiore - all'originale, anche in vista del futuro Tinker Bell Movie che dovrà vederla protagonista insieme ad un gruppo di sua amiche fate. Venendo poi alle ambientazioni e ai colori, non a tutti è piaciuto il volo del galeone di Capitan Uncino sui cieli londinesi, caratterizzato da un integrazione 2d/3d assai discutibile. La colorazione del film però è brillante, brillantissima, e se questo riesce a rendere piacevole alla vista la prima parte assai cupa e ambientata a Londra, si traduce però, una volta giunti sull'Isola, in effetto epilessia, con una scelta di colori pure troppo sgargiante.
La colonna sonora è invece povera di canzoni. Questo sarebbe diventato successivamente un elemento distintivo dei sequel, che avrebbero ben presto barattato il sistema delle cinque canzoni di qualità altalenante con un numero di brani più esiguo magari accompagnato da riproposizioni di vecchi temi. E infatti nel corso del film è possibile sentire solo I'll Try, la melodica (e un po' sanremese) canzone di Jane e So to Be One of Us, l'infantile e fin troppo buffonesco inno dei Bimbi Sperduti. Per il resto è presente una riproposizione della classica Second Star to the Right, che apre il film, e Here We Go Another Plan, la sciocca filastrocca di pochi secondi che Spugna canticchia, e che nei titoli di coda è accreditata come canzone vera e propria. Nei credits è invece possibile ascoltare la canzone paradossalmente più famosa del film, Do You Believe in Magic, che è stata di recente utilizzata in una serie di spot Philadelphia.
Return to Never land è tutto sommato un sequel valido, benchè non meritasse il grande schermo più di Lilli e il vagabondo 2, ma che deve la sua fortuna più all'inizio di forte impatto che al suo corpo centrale. Non sarebbe però stato un caso isolato, dal momento che solo un anno dopo i cinema avrebbero ospitato un nuovo lungometraggio dei nascenti Toon Studios: Il Libro della Giungla 2.
Due soli sequel erano stati prodotti dalla Disney Feature Animation: Bianca e Bernie nella Terra dei Canguri e Fantasia 2000. Ed entrambi come ovvio non si discostavano affatto dall'andamento qualitativo Disney, finendo spesso e volentieri per rivelarsi visivamente superiori ai rispettivi predecessori. La visibilità che il passaggio cinematografico diede a Return to Neverland spinse anche lo spettatore più disattento a fare i conti con una nuova realtà "minore". E anche lo spettatore meno nerd cominciò ad avvertire subliminalmente che in questi film c'era qualcosa di diverso che li allontanava dallo stile Disney a cui ci si era abituati. Portare al cinema questo lungometraggio significò cancellare definitivamente con un colpo di spugna il sempre più labile confine che divideva il Disney di serie A da quello di serie B, e se da un lato questa mossa contribuì a dare a questo valente team di animatori la dignità e la fiducia necessaria per darsi poco tempo dopo un nome e un logo, inevitabilmente finì per inflazionare ulteriormente il marchio Disney al cinema, suggerendo subliminalmente agli spettatori meno esperti e meno disposti a fare dei distinguo, che non sempre il marchio Disney era sinonimo di qualità.
Ma la colpa di tutto questo è della politica dirigenziale e non certo del povero Return to Neverland che in sé è uno dei prodotti migliori del filone. Questo è un sequel con un suo perchè, e sebbene prenda non poco spunto dallo spielberghiano Hook, riesce a ripresentare il mondo del classico del '53 sotto un ottica nuova, inserendolo nella drammatica cornice della Seconda Guerra Mondiale. Il maggior punto di forza è infatti proprio la parte iniziale ambientata in una Londra distrutta dai bombardamenti, in cui ha logo la vicenda di Jane, figlia di una Wendy divenuta adulta.
Per la prima volta un personaggio viene trasformato totalmente, e fa un certo effetto il riconoscere la cara vecchia Wendy in questa madre di famiglia. Sono inoltre assenti Gianni e Michele, tralasciati per non sovraccaricare il film di inutili, quanto ridondanti, presenze. E si ripropone per l'ennesima volta il tema della nuova generazione ribelle, che assume dei comportamenti opposti a quelli del genitore. E' proprio la guerra e la partenza del padre al fronte a giustificare la maturazione precoce di Jane, troppo impegnata a curare il suo senso pratico per lasciarsi trasportare dalle fiabe della madre, come fa invece il fratellino piccolo. L'inizio del film, che parla degli sfollamenti dei bambini nelle campagne ricorda inoltre Pomi d'Ottone e Manici di Scopa, nonché il più recente Le Cronache di Narnia - Il Leone, la Strega e l'Armadio, in cui con questo espediente si giustificava l'arrivo dei protagonisti in un mondo magico. E l'introduzione di Jane nel mondo di Peter Pan avviene forzatamente, tramite Capitan Uncino, che credendola Wendy, la "preleva" gentilmente da casa sua, in una sequenza che vede il Jolly Rogers veleggiare per Londra, schivando la contraerea inglese.
Il problema del film è che una volta arrivati all'Isola Che Non C'è non succede più nulla. Che il feeling adulto necessario a introdurre Jane e porla in contrapposizione con Peter ad un certo punto scompaia è sicuramente una tappa obbligata del film, ma sinceramente una volta arrivati all'Isola si percepisce come nel soggetto manchi una qualche componente fondamentale. La permanenza di jane sull'Isola è infatti caratterizzata da un'iniziale malsopportazione delle atmosfere infantili e dalla progressiva (apparente) accettazione del mondo di Peter a seguito di un patto con Capitan Uncino che le promette il viaggio di ritorno se lei gli porterà il tesoro dei Bimbi Sperduti. Ma in tutto questo si avverte un eccessiva decompressione della sceneggiatura portata forzatamente a 72 minuti. Ci sono anche alcune cadute di tono abbastanza grosse come la presenza di un inutile polipo, in sostituzione del classico coccodrillo, che aspetta di papparsi Capitan Uncino. E un altro difetto è proprio il buffonesco Capitano, che ridotto qui a personaggio comico e imbranato finisce per collezionare sconfitte a ripetizione, che ne eliminano inevitabilmente il carisma.
Ma ci sono anche molti momenti topici, come la carrellata inizale tra le nuvole che mostra le sagome dei personaggi del primo film, il volo di Jane sulle spalle di Peter e soprattutto l'incontro finale tra Peter e Wendy, carico di nostalgica poesia, due minuti che riscattano il film di ogni suo difetto.
L'animazione di Peter Pan in Ritorno all'Isola Che non C'è è assai ben fatta anche se molto spesso scade nel gommoso. Questo accade principalmente con i Bimbi Sperduti, il cui iperespressivismo fa a pugni con la qualità del loro umorismo, che diciamocelo, non è proprio il massimo per essere accompagnato da una simile enfasi.
Ma al di là di questo non ci si può proprio lamentare, Wendy nella sua nuova incarnazione è fantastica mentre Trilli è una gioia per gli occhi. Forse perchè uno dei simboli della Disney, forse perchè era già nell'aria il progetto Fairies, ma sembra quasi che su Trilli siano stati fatti studi speciali per renderla assolutamente fedele - e oserei dire superiore - all'originale, anche in vista del futuro Tinker Bell Movie che dovrà vederla protagonista insieme ad un gruppo di sua amiche fate. Venendo poi alle ambientazioni e ai colori, non a tutti è piaciuto il volo del galeone di Capitan Uncino sui cieli londinesi, caratterizzato da un integrazione 2d/3d assai discutibile. La colorazione del film però è brillante, brillantissima, e se questo riesce a rendere piacevole alla vista la prima parte assai cupa e ambientata a Londra, si traduce però, una volta giunti sull'Isola, in effetto epilessia, con una scelta di colori pure troppo sgargiante.
La colonna sonora è invece povera di canzoni. Questo sarebbe diventato successivamente un elemento distintivo dei sequel, che avrebbero ben presto barattato il sistema delle cinque canzoni di qualità altalenante con un numero di brani più esiguo magari accompagnato da riproposizioni di vecchi temi. E infatti nel corso del film è possibile sentire solo I'll Try, la melodica (e un po' sanremese) canzone di Jane e So to Be One of Us, l'infantile e fin troppo buffonesco inno dei Bimbi Sperduti. Per il resto è presente una riproposizione della classica Second Star to the Right, che apre il film, e Here We Go Another Plan, la sciocca filastrocca di pochi secondi che Spugna canticchia, e che nei titoli di coda è accreditata come canzone vera e propria. Nei credits è invece possibile ascoltare la canzone paradossalmente più famosa del film, Do You Believe in Magic, che è stata di recente utilizzata in una serie di spot Philadelphia.
Return to Never land è tutto sommato un sequel valido, benchè non meritasse il grande schermo più di Lilli e il vagabondo 2, ma che deve la sua fortuna più all'inizio di forte impatto che al suo corpo centrale. Non sarebbe però stato un caso isolato, dal momento che solo un anno dopo i cinema avrebbero ospitato un nuovo lungometraggio dei nascenti Toon Studios: Il Libro della Giungla 2.