Detto, fatto! Ed esigo che Dottor Paperus arrivi a commentare!Bramo ha scritto:Anche a me il libro piacque, ma lo lessi anni fa, non mi ricordo più niente. Non era neanche lungo, quindi magari prima dell'uscita del film lo vado a ripescare.Dottor Paperus ha scritto: Ho amato il libro e questo film odora tanto di capolavoro, anche solo per l'estetica.
Avevo già letto qualche anno fa questo romanzo, scroccato dalla collezione di mia mamma nella collezione tascabile Mondadori dell’ormai defunta collana “I Miti” (vedi prima cover tra quelle qui sopra ), ma in vista dell’uscita del film di Baz Luhrmann con Leonardo di Caprio, Tobey McGuire e Carey Mulligan me lo sono riletto in pochi giorni.
E’ un libro che si divora velocemente, infatti, complice la scrittura pulita e scorrevole di Fitzgerald che punta molto sui dialoghi e su un’adorabile inclinazione alla descrizione poetica dei sentimenti umani. Un po’ rigido quando si tratta di descrivere gli ambienti, lo stile dell’autore si salva dalla noia grazie alla narrazione in prima persona da parte del co-protagonista, Nick Carraway.
La storia, ambientata nell’America degli anni ’20, attraverso lo sguardo di Nick racconta di Jay Gatsby, giovane riccone che è solito dare feste sfarzose nella sua immensa villa da favola, alle quali accorrono giovani da ogni dove. Una figura immediatamente interessante, tanto per Nick quanto per il lettore, che inevitabilmente affascina per l’aura di mistero che pervade questa figura di cui, pian piano, scopriamo sempre di più, fino a svelarne il passato e le motivazioni.
Si potrebbe dire che Il Grande Gatsby sia una storia romantica. Oppure drammatica. Disperata, anche, ma non priva di venature di commedia. La realtà più profonda che ho individuato, tanto la prima volta quanto ora, è che il romanzo sia un affresco struggente e disincantato di una generazione precisa, quella a cui apparteneva e si riconosceva Fitzgerald stesso, vale a dire quella dei ruggenti anni ’20, la cosiddetta “età del jazz”, caratterizzata da un periodo di fasto e positività che si sarebbe scontrato pochi anni dopo con la Grande Depressione ma che, per il momento, probabilmente pareva non dover finire mai.
Ma oltre a questo taglio generale, la potenza del romanzo sta proprio nel protagonista e nel modo affascinante in cui è stato tratteggiato: il carattere più evidente è quello della solitudine, ancora più percepibile grazie al contrasto ottenuto dalla folla presente alle sue feste. E’ una solitudine poco sana, disperata, insoddisfatta, inguaribilmente legata al passato: la solitudine di un uomo che non ha fatto “move on” e che paga ogni giorno questo dazio. E quando sembra, durante il dipanarsi del romanzo, che anche da questo tortuoso modo di vivere la propria esistenza possa arrivare del buono, l’atmosfera rimane incerta, ancora più frustrante avendo la felicità a portata di mano.
Il Grande Gatsby è un buon libro, una piacevole lettura: non grido al capolavoro né lo inserisco nella mia top ten, ma è un romanzo interessante e che merita sicuramente una lettura.