Bene, bene: ho divorato
Topolino #3070 di gran gusto, e anche se un buon 70% del motivo sta nella storia d'apertura, devo dire che anche il resto non è così male.
Ad ogni è inutile dire che l'attrazione principale è
Lo strano caso del Dottor Ratkyll e di Mister Hyde, trasposizione del quasi omonimo romanzo di Robert L. Stevenson ad opera di Bruno Enna e Fabio Celoni, con il contributo ai colori di Mirka Andolfo.
La prima cosa che si evince è che, dopo
Dracula di Bram Topker, questi tre figuri ci hanno preso gusto a scrivere storie che fanno l'occhiolino al gotico e all'horror in salsa Disney.

E se già
Dracula mi era piaciuto non poco, qui mi pare che il risultato sia ancora migliore e mi sento di dirlo ancor prima di vedere la conclusione della storia, considerando che ho sempre preferito Jekyll/Hyde alla creatura di Bram(o) Stoker.
La parte grafica è semplicemente spettacolare: Fabio Celoni aggiunge una nuova perla a quelle che compongono la già nutrita corona di storie che ha graziato con la sua arte (e che ben vengono celebrate nel nuovo Disney d'Autore, che mi procurerò con ingordigia alla prossima Lucca), e ritengo che il lavoro speso su questo
Dottor Ratkyll e Mister Hyde sia uno dei risultati più interessanti del suo percorso: più ancora di Dracula, il tratto ricercato e intrigante del disegnatore contribuisce nel creare l'atmosfera che si deve respirare nel racconto, precipitando il lettore in un vortice di nebbia brumosa, di vicoli oscuri e di ombre inquietanti. Il gotico fa capolino quasi ad ogni vignetta, anche in quelle più tranquille come possono essere quelle del dopo festa a casa di Ratkyll: l'angoscia dell'avvocato Pipperson infatti si percepisce sempre, e la bravura sta proprio nel lavoro di cesello di Celoni, che riesce a mantenere alta la tensione del racconto.
Notevole è anche il "vedo/non vedo" di Donald Hyde, che riesce a mantenere il difficile equilibrio tra il celare la forma mostruosa e "paperosa" del tristo figuro e il mostrare quanto basta per far cogliere al lettore la negatività di questo "concentrato" di puro male.
Nel romanzo originale la descrizione che più mi colpiva era proprio la sensazione che Hyde trasmetteva al prossimo: una repulsione istintiva e senza mezzi termini. Questo elemento si respira chiaramente nelle tavole di Celoni, anche grazie agli azzeccatissimi e ricercati colori sui quali lui e Mirka Andolfo hanno lavorato egregiamento.
Bruno Enna dal canto suo ha mantenuto una fedeltà al testo irreprensibile, finora, e la cosa è tanto lodevole quanto sorprendente considerando il testo di partenza e i personaggi disneyani. Lo sceneggiatore dimostra tranquillamente quanto questi characters siano malleabili e adatti a impersonare qualunque tipo di interpretazione e di sentimento umano. Non c'è nulla di cui i personaggi Disney non possano parlare, anche se declinandolo nel loro "linguaggio", nelle loro modalità. È ora di ricordarsi che anche il gotico è una chiave di narrazione applicabile a questo universo, se lo si sa fare. Enna si riesce appieno, finora anche meglio che in Dracula. L'equilibrio tra tensione e sdrammatizzazione è pressoché perfetto, il tormentone di Paperoga non stufa e Pipperson è un personaggio credibile: io credo in questo avvocato che riesce ad essere fedele alla controparte cartacea ma anche alle caratteristiche che rendono speciale il personaggio.
La titolazione dei capitoli, infine, è un fiore all'occhiello più di forma che di sostanza, ma comunque importante nell'insieme.
I complimenti aspetto a farli fra una settimana, solo perché non vedo l'ora di avere il quadro completo.
A parte, sono lieto di trovare nel numero l'editoriale dedicato, un'intro alla storia e soprattutto una breve intervista ai due autori, tutte cose che valorizzano il progetto

Una partenza del genere rischia di mettere in ombra il fatto che la seconda storia è firmata da Casty e Lorenzo Pastrovicchio.
In realtà
Topolino, Atomino e il mistero delle merendine mutevoli è... è... una storia un po' strana da decifrare. Casty rispolvera il suo lato più "giocoso-fanciullesco", presentando una trama che vede i due protagonisti combattere un atomo dispettoso che ha atteggiamenti da bimbo birbante e che se la ride al verso di "uaz, uaz"! La storia ha quindi una piega poco seria e che spinge sull'acceleratore del fantastico, presentando verso la fine un buon, piccolo colpo di scena ma che per il resto offre un plot lineare. In definitiva si tratta di una lettura amena, piacevole e leggera, ma che si configura più come omaggio alla ricerca scientifica nel campo degli atomi (e al Centro di Ricerca di Elettra, a Trieste) che come una storia con vero mordente, risultando ben scritta e simpatica ma niente di più. Si può dire che fa il suo dovere.
Il Pastro si adegua a questa atmosfera "rilassata" e mette in scena delle tavole piuttosto nella norma e con pochi virtuosismi, anche se le pagine 68 e 69 sono veramente d'effetto. Il tratto dell'autore è sempre affascinante e riconoscibile, ma è indubbio che il Pastro abbia eccelso in altri lavori e che qui, in linea con una storia piuttosto pacata, abbia adottato uno stile più rilassato, che certamente non richiedeva particolari soluzioni registiche. Non è da escludere anche che abbia avuto non molto tempo per realizzarla, considerando che la storia occorreva giocoforza per questo numero e il disegnatore usciva dal tour de force di PK.
Molto bello comunque il suo Atomino (che credo sia la prima volta che disegna), mentre l'atomo indisciplinato ricorda graficamente un po' Cattivik, influenza azzeccata considerando l'atteggiamento del personaggio

Il "Topo" si chiude con l'ultima storia collegata al
Topotravel: Valentina Camerini scrive una storia caruccia sul vecchio faro di Paperopoli, dove Pico si avventura per verificare le leggende sulla maledizione di un fantasma. Scoprirà invece quanto un posto-simbolo, carico di suggestioni, può essere importante per tante persone. Insomma, niente di che ma messaggio bello e ben trasmesso, il che non è affatto poco. A disegnare
Pico e le leggende del faro di Paperopoli c'è il classicissimo Roberto Marini, che comunque non mi dispiace come resa.
Infine c'è
Paperino e il tridimensionale sensazionale: Francesca Agrati sfoggia un "incubo" già visto varie volte (gli attori tv che escono dallo schermo), ma lo coniuga in modo simpatico con Paperino, Gastone e Paperoga in veste di "Blockbusters" che, agghindati come i Ghostbusters, devono andare a risucchiare queste entità fuori controllo.
C'è un tentativo di narrazione non lineare che purtroppo non è riuscito quanto vorrebbe, e la storia si perde un po' nel finale, dove perde l'appeal che aveva. Donald Soffritti fa un discreto lavoro, anche se mi sembra meno in spolvero rispetto a sue prove passate.
Siamo di fronte ad un numero che spicca enormemente per la storia d'apertura, è capace di offrire spunti interessanti nelle restanti storie che però non riescono a convincere del tutto.
Time to questions, now!Bruno:
- Come hai deciso a quali personaggi Disney far interpretare i ruoli dei protagonisti del romanzo di Stevenson?
- L'avvocato Utterson è una figura piuttosto austera e seriosa, nel libro: come hai lavorato su Pippo per calarlo efficacemente nella parte, riuscendo comunque a coniugare la sua filosofia laterale?
- La scena iniziale, raccontata a Richard Duckfield a Pipperson, è lievemente diversa da quella del romanzo: mentre Stevenson non forniva motivazione per il gesto crudele di Hyde che calpesta una bambina, qui inserisci già l'elemento della ricerca degli ingredienti per la pozione. Come mai hai sentito il bisogno di anticipare questo passaggio?
- Come mai hai scelto di raccontare una storia su bene e sul male, e sulla forza di questa "seconda metà umana", in una storia Disney? Oltre al piacere di rileggere sotto quest'ottica una grande storia, c'è un messaggio che volevi esporre?
Fabio:
- Nei credits della storia sei accreditato, per quanto riguarda il colore, come "supervisore", ma nell'intervista presente sul "Topo" sembra che tu ti sia occupato dei colori in modo più attivo di quanto faccia pensare una supervisione finale. Puoi spiegare esattamente quale è stato il tuo apporto ai colori della storia?
- La parte con il dialogo tra Pipperson e Hyde mi piaceva moltissimo anche nel romanzo, e mi ha colpito tanto anche nella versione disneyana: quali scelte grafiche hai compiuto per rendere efficaci delle scene di per sé piuttosto statiche, per quanto cariche di tensione emotiva?
- Angoscia, inquietudine, chiaroscuri: su quali elementi del disegno hai lavorato maggiormente per imprimere alla storia queste atmosfere gotiche?
- Alcune movenze dei personaggi (il claudicare di Hyde, i movimenti convulsi di Paperonew quando è fuori di sé, il gesticolare di Pipperson etc.) ricordano da vicino la fluidità dell'animazione: hai guardato a qualche prodotto animato in particolare per ispirarti nella rappresentazione dei personaggi in movimento?