[Topolino] Annata 2014

Gottfredson, Barks, Scarpa, Rosa, la scuola italiana, con un occhio di riguardo anche ai Disney spillati. Perché ricordiamo che il Sollazzo nasce qui, grazie a un certo papero mascherato...
  • Topo #3065: gioie e dolori.
    Cominciamo dalle gioie, che derivano dalle ben due storie del nostro Vito. :) Potranno sembrare poca cosa in confronto ad avventure più lunghe scritte dal giovane sceneggiatore, ma come sta dimostrando il suo percorso finora è proprio nelle brevi, o nelle storie apparentemente più "di passaggio" che Vito ha modo di mostrare la sua interpretazione del mondo disneyano e, nella fattispecie, dei personaggi che lo popolano. Ed è sempre un'interpretazione volta alla naturalezza, alla spontaneità: ci si allontana da quelle consuetudini macchiettistiche e consuete a cui molti autori si sono assuefatti, e si riscopre una dimensione più semplice, che sgorga direttamente dalla quotidianità. Potrei dire "di pancia", ma si farebbe torto alla capacità tecnica che pure Vito sa ben esprimere nella composizione della sceneggiatura.
    Qui, Quo, Qua e il morbido dilemma è un esempio lampante di questo discorso: una situazione comune a molti ragazzini declinata in modo simpatico, e con un colpo di scena finale che ha dalla sua il senso dell'assurdo e una goliardia di fondo davvero riuscita. Come se non bastasse, la breve è infarcita di un sacco di storpiature simpaticissime di famosi brand, che sono davvero spassose! In questo senso Roberto Marini, un veterano dal tratto piuttosto classico, è stato bravissimo nel rappresentare in modo adeguato e convincente queste spettacolari versioni alternative!
    Poi c'è Gastone e la diva schiva, che segue sempre il discorso che facevo all'inizio ma più compiutamente. Vito prende un personaggio facile da utilizzare secondo i suoi stereotipi e lo tratta invece nella maniera più sensata e piena: condivido appieno le parole di Valerio, che fa un'ottima analisi del carattere di Gastone e della strada percorsa da Vito. Qui c'è il Gastone barksiano che si vergognava di aver lavorato per una volta nella sua vita, rivive quel Gastone che ha come modello di vita il dolce far niente, e che qui lo esprime chiaramente: nemmeno per raggiungere un obiettivo come la conquista di una ragazza, o vincere una sfida con Paperino, può rinunciare al suo credo, che è la sua essenza. Gastone è un dandy, uno stronzetto che crede che il lavoro debilita l'uomo e che è consapevole che non ha bisogno di impegnarsi, tanto le cose per lui andranno a posto comunque. Ed è questo il vero germe che lo rende un personaggio antipatico anche ai lettori, più che il fatto di essere fortunato in contrapposizione alla malasorte di Paperino o al fatto che tenti sempre di rubargli Paperina. Vito l'ha capito e ha messo tutto questo nella storia, contrapponendo poi il protagonista a Zio Paperone, simbolo del culto esattamente opposto. Storia che, peraltro, fa parte del progetto Topotravel: la trama gaston-centrica non è gratuita, perché comunque il biondo papero ha modo di girare l'hotel oggetto della rubrica di questa settimana in lungo e in largo, mostrandolo nei suoi vari aspetti. Bravo Andrea Lucci, il cui tratto dinamico e moderno è sempre più riuscito. Peccato solo che Paperone, ogni tanto, ne faccia le spese finendo per avere, in alcune vignette, una corporatura non troppo convincente (pag. 48, quarta vignetta). Quando si tratta di Gastone e della diva del titolo, invece, siamo a buonissimi livelli :)

    Mò tocca ai dolori. Dolorini e doloretti, ecco, ci sono varie sfumature. In quelli più lievi metto la storia-gioco di Roberto Gagnor che, per la sua stessa natura, non è nulla di più di un pretesto per mettere in campo l'enigmistica. Va bene l'estate, ma continuo a non cogliere l'esigenza di inserire questi giochetti anche in una storia ad hoc, se già c'è la rubrica dedicata. Vabbè.
    Anche la storia di Carlo Panaro, Topolino e il misterioso caso Amberson, non è esaltante, nemmeno nei disegni: Alessia Martusciello sfoggia uno stile troppo vicino a quello plasticoso del merchandising, privando il tratto di una sue vera personalità e di calore. In alcune vignette Topolino e Pippo sembrano essere un po' più personali, ma in generale li ho trovati poco attraenti. Risultato ben diverso sui comprimari, in special modo la bagnina Lisa che risulta molto affascinante.
    Ma il mio cruccio principale è la trama: non mi accanisco sul fatto che Mickey si trovi ad indagare su un caso anche quando è in vacanza come già successo centinaia di volte, ho fatto pace con questa base di partenza. Quello che non mi personalmente piaciuta è la risoluzione scelta, una svolta [spoiler]magica/mitologica[/spoiler] per un caso partito nel modo più serio mi ha destabilizzato un po' troppo, così come la non-sorpresa dei protagonisti una volta svelato l'arcano. Ho storto il naso, così come l'ho storto all'eccessiva ripetizione del termine "misterioso", o "mistero" che, fin dal titolo e per almeno 2-3 volte nella storia, perseguita i balloon. Infine, due comprimari come il tenente e la bibliotecaria vengono caratterizzati in modo un po' "ballerino", con il primo pronto a cambiare radicalmente atteggiamento verso Topolino e Pippo appena saputa la fama del primo (lol, leccaggio spudorato?), la seconda che per esigenze di depistaggio narrativo fa la faccia cattivissima dopo che i due protagonisti si sono allontanati, per poi non fare quasi null'altro per tutta la storia.
    Insomma, mi è parso che molte cose siano state lasciate un po' in sospeso, e che la risoluzione [spoiler]magica[/spoiler] sia piuttosto gratuita.

    Nei "dolorini" metto anche Dinamite Bla e i due yak sitter, di Fausto Vitaliano e Stefano Intini. Se sulla parte grafica non c'è nulla su cui obbiettare, è la sceneggiatura che mi ha fatto sollevare il sopracciglio. La storia appare senza uno scheletro davvero robusto a sostenere la trama: lo yak del titolo è un mero pretesto, di scarsa importanza nell'economia dell'avventura, che indipendentemente dal labile pretesto con cui Paperone manda i due nipotini su Cucuzzolo del Misantropo (il ripetitore della sua stazione televisiva deve per forza essere installato lì? Quando il Topotravel dello stesso numero dice che la Collina Ammazzamotori è la cosa più alta della regione?), si riduce a Dinamite che insegue con la spingarda Paperino e Gastone. Tanto che Fausto stesso fa autoironia sulla cosa in un balloon.
    Poi in un altro.
    E in un altro.
    E nell'ultima vignetta. Wait... what? Mmm. Già nelle sue ultime storie mi era parso di intuire che l'autore, dopo il suo ritorno sulle pagine di Topolino, mettesse in pratica una sorta di decostruzione di alcuni stilemi narrativi disneyani, insieme ad una vena sarcastico-cinica ancor più marcata che in passato. Questa nuova storia ne è l'emblema, con un occhio di riguardo alle strade battute da lui stesso in precedenza. Vitaliano prende Dinamite (personaggio riportato in auge da lui stesso) e lo fa parlare e agire secondo il copione-base delle sue storie... portato all'eccesso. Così Paperino e Paperoga. La decostruzione in questo caso non ha l'aspetto di quella operata da Tito Faraci negli anni '90, quanto piuttosto quello di una sorta di implosione interna dei personaggi, che girano su loro stessi, parlano di loro stessi, e finiscono a non credere alle storie che vivono, tramutate in farsa.
    La storia in sé è divertente, intendiamoci, la comicità di Vitaliano è qui ben presente e sa intrattenere: ma gli attimi di puro delirio, oltre a non mancare, sono così spinti da diventare farseschi.
    Questa mia analisi, oltre che essere figlia di impressioni del tutto personali, è comunque necessariamente parziale: troppe poche storie Vitaliano ha scritto da quando è tornato in Disney, per poter trarre qualsiasi tipo di conclusione. Per questo attendo con impazienza di leggere le prossime prove dell'autore, per poter verificare se queste impressioni verranno confermate oppure se si tratta solo di queste prime storie che, per "n" motivi, hanno avuto quest'impronta così forte. O ancora, se questo trend si evolverà in qualcosa di realmente nuovo, utile e consistente per il fumetto disneyano.

    Chiudo la parentesi "dolorosa" con il servizio su Planes 2. Santo Scarcella riprende come un tempo ad occuparsi di questi articoli che trattano della pellicola Disney in uscita, sostituendo dunque Valerio in questo ruolo che proprio da Scarcella aveva in qualche modo ereditato nell'ultimo periodo. E purtroppo la differenza di stile si avverte: laddove i recenti pezzi sui film Disney puntavano a chiarire le differenze tra i vari studi di animazione disneyani, a valorizzare il lavoro di chi ha realizzato il prodotto e a fornire dettagli che andassero oltre le solite informazioni pubblicitarie, qui si ritorna all'articolo "tipo": nessun accenno ai Toon Studios, nessun approfondimento particolare sulla realizzazione di Planes 2, ma solo la descrizione della trama e dei nuovi personaggi presenti nel sequel in oggetto. Ci sono i boxini, vero, ma dicono poco di sostanziale.
    Indubbiamente l'autore ha realizzato un buon lavoro: il pezzo è scritto bene, e la noia derivata dalla lettura delle schede-personaggi non è da imputare a lui, quanto... al film stesso che ne inseriti tipo 23 :P Qui noto solo un segnale di stile differente, con un risultato evidentemente sufficiente per quello che era l'obiettivo del pezzo e il target che si voleva raggiungere, ma che al sottoscritto non ha dato molto. A ben vedere, questo film non è neanche una prova così illuminante, proprio per la sua natura e il suo pubblico di riferimento, e quindi molto più utile sarà vedere come si parlerà fra qualche mese di Big Hero 6... ma intanto non posso non rilevare un pezzo poco più interessante di un comunicato stampa.
    Andrea "Bramo" L'Odore della Pioggia
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  • Vabbè ma fate dire qualcosa anche a noi. Un dolce Vito, quello dei maglioni, senza dubbio. Ottimo l'altro, che mi ha fatto pensare a Casty e Topesio.
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    Ottimo lavoro.
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    Su Topolino 3066 possiamo degustare un nuovo Vito e una Nonna Papera ad opera di Pisapia/Urbano!
  • Topolino #3066 si apre alla grande e si chiude benissimo.
    In mezzo... poca roba. Non parlerò della storia dei Bassotti, il cui merito è giusto quello dell'ironia sul cambio di Presidente nel Paese dove i protagonisti finiscono: per il resto è la solita storia, con i disegni di Amendola che non contribuiscono certo a svecchiarla. Non accennerò nemmeno alla storia-gioco di Gagnor, palesemente fatta per non essere valutata come avventura in sé, ma solo per essere giocata.
    La storia di Pisapia e Urbano, collegata al "Topotravel", è buona ma niente di eccezionale: Nonna Papera come "signora in giallo" funziona anche abbastanza, ma il plot non esalta, pur andando a comporre una storia più che leggibile. Molto buona la prova di Urbano, che qui migliora rispetto al recente passato, riavvicinandosi ai fasti dello scorso decennio.
    Paperino e la stampante recalcitrante di RoM e Lavoradori è una buona gag-story, dove il tratto del disegnatore si fa meno estremo delle sue ultime prove, con una resa che resta sempre sperimentale ma stavolta in modo maggiormente piacevole, per quel che mi riguarda. Lo sceneggiatore fa un buon lavoro partendo da un episodio di vita quotidiana perfettamente calato nell'attualità, che rende la storia ancora più apprezzabile.

    Ma il cuore dell'albo, come dicevo, è dato dalle storie di apertura e di chiusura. Giorgio Salati torna dopo un po' di mesi di assenza sul "Topo" e lo fa con Topolino, il topo del momento, una storia che parte da uno spunto non inedito ma che si svolge in maniera decisamente interessante. Salati si muove in modo molto credibile nel tratteggiare un Mickey diventato attore di grande fama e oppresso dalla notorietà: sarebbe stato fuori parte renderlo uno snob pieno di sé e ubriaco di successo, quindi la caratterizzazione scelta propende per lasciare al protagonista la sua semplicità da uomo comune (che poi è proprio il ruolo che interpreta nel film che l'ha reso celebre), intaccandola ovviamente con i numerosi impegni, doveri e problemi che una vita del genere comporta. Anche Minni sfugge al cliché della ragazza che si ingelosisce davanti a tutto ciò, accettando con maturità le inevitabili conseguenze di questa situazione. Ad eccezione ovviamente della classica goccia che fa traboccare il vaso, ma lì ci sta ed anzi è l'evento scatenante che porta la storia al suo giusto compimento. Il chiaro "no" ai compromessi del mondo dello star system ricolloca Topolino nella sua dimensione usuale, rendendo questa storia un piacevole diversivo e un ottimo esempio di bell'utilizzo dei personaggi.
    Alessandro Gottardo presta il fianco alla trama con dei disegni gradevoli, il cui pregio maggiore sta proprio nelle espressioni dei personaggi, adatte alle varie svolte dell'avventura. Belle le sue interpretazioni delle citazioni inserite da Salati, come il David Letterman Show e lo spot di un celebre caffè.
    La palma di miglior storia del numero, comunque, spetta a quella scritta da Vito Stabile, il quale per la seconda volta ha l'onore di vedere la propria opera in apertura di giornale, con tanto di cavazzaniana copertina dedicata. Zio Paperone e la Stampasogni è una storia bella e importante, perché come già in precedenti avventure scritte da Vito si fanno recitare i personaggi nella loro natura più viva e credibile. Tant'è vero che non sembra che stiano recitando, ma che stiano semplicemente affrontando una nuova avventura. Tutto è coerente e credibile: e ovviamente con questi termini non vado a fare le pulci ai dettagli più fantasiosi attraverso i quali lo sceneggiatore mette in scena la sua commedia papera: soluzioni quali la "coscienza buona" e la "cattiva coscienza" o Paperone che si fa traviare facilmente dall'immagine restituita dalla macchina sono chiaramente figlie di un mondo cartoonesco, come rimane ovviamente quello disneyano, ma sono tutte idee volte a indagare sulla natura di questi personaggi, che è il modo di Vito per restituirceli più veri, dopo anni e anni e migliaia di storie dove poteva capitare che diventassero macchiette.
    L'autore l'ha dimostrato la settimana scorsa con Gastone, e ora lo fa di nuovo rimettendo al centro della scena il "suo" Zio Paperone: un uomo non privo di dubbi e insicurezze, che in gioventù si è interrogato sul senso dell'inseguire la ricchezza come obiettivo di vita. È sempre a Carl Barks che Vito guarda per tratteggiarlo così insicuro, rendendo la sua grinta non tanto una maschera, quanto uno stile di vita forgiato negli anni ma che non è mai andato a soppiantare il carattere anche dubbioso e riflessivo di Paperone. Don Rosa stesso aveva assimilato questa influenza barksiana, in storie come Il Sogno di una Vita o nell'ultima tavola dell'ottavo capitolo della $aga.
    Ci sta quindi che di fronte al responso di una macchina considerata infallibile, e al netto di una vita non certo priva di tensioni e stress, il magnate possa farsi condizionare a tal punto.
    Anche Rockerduck ne esce alla grande: lontano dagli eccessi visualizzati da Guido Martina nel secolo scorso, Vito riprende invece la preziosa differenza tra il "pivello in bombetta" e Cuordipietra Famedoro che già Francesco Artibani aveva cercato di introdurre nell'Ultima Avventura, dovendo far agire contemporaneamente i due miliardari. Famedoro è infame, infido e disonesto, ma proprio senza scrupoli. Rockerduck non è sempre stato rispettoso delle leggi e di colpi bassi ne ha tirati, ma non è mai stato senza scrupoli, a parte in quei diabolici anni '70 dove ne faceva di cotte e di crude... ma Martina ne faceva fare anche a Paperone, se è per questo!
    La caratterizzazione che ne dà Vito mi pare calzante, molto buona e più consona: lui è il "figlio di papà", invidioso del rivale che per superare sarebbe disposto anche a scorrettezze... ma se può preferisce giocare ad armi pari, pentendosi sempre un po' delle azioni troppo infami che ha computo, specie quando le conseguenze sono troppo rovinose rispetto ai suoi piani iniziali. Quante volte ha esclamato "Oh no! Io volevo solo diventare il n. 1, non ridurre Paperone sul lastrico!" Ha un suo straccio di coscienza, insomma.
    Un plauso anche ai dialoghi, sempre briosi!
    Ottavio Panaro fa un lavoro eccellente ai disegni: di norma non mi dispiace, ma nemmeno notavo guizzi di particolare attrattiva nel suo stile. Stavolta invece ha infuso in quasi tutte le tavole un calore inaspettato, che anche in altre storie particolari avevo notato in passato: le espressioni di Paperone sono tutte calzanti, adattissime alle situazioni, perfette. Anche quelle di Paperino, Rockerduck e Archimede sono consone alla vicenda, e la silhouette dei personaggi in generale è ottima. Gli sfondi sono più convenzionali, ma ben fatti.
    Andrea "Bramo" L'Odore della Pioggia
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  • Mi sono letto Vito in spiaggia. Premettiamo che la storia parte da un assunto di base inedito, mai utilizzato, un idea con la I maiuscola, di quelle che non possono che fare bene al fumetto disneyano. Molto fine inoltre il riflettere di Paperone sull'abuso nel marketing della parola sogno (la Brancucci lavorerà pure a Paperopoli? :P).

    A dire la verità qualcosina che ha stonato pure a me c'è stata. La pagina di prologo in medias res, ormai sembra diventata uno stilema, il Rockerduck che non fa altro che professare la propria bontà l'ho trovato ridondante e eccessivo, e soprattutto avrei evitato di mettere in scena una situazione come quella delle "lezioni di", con un personaggio che va a imparare il galateo (o lo sgalateo :P) da un altro personaggio per assumerne per breve tempo il ruolo ma poi non resiste a sfoggiare nuovamente la sua originale caratterizzazione, che ormai è un cliché abusato. Per fortuna dura quattro vignette e quel "non hai la mentalità giusta!" riporta in breve tempo il tutto su un piano reale e concreto.

    Ma cmq sono sciocchezze, la storia è valida e vorrei che ce ne fossero di più di così intelligenti.

    La storiella di Pisapia l'ho trovata simpatica, curata ma prevedibile, RoM mi ha strappato un sorriso, evocandomi ricordi cortometraggistici, mentre invece la storia di chiusura mi ha lasciato interdetto. Penso che nel 2014 rispolverare il canovaccio del personaggio (Pluto, Pippo, Minni, Topolino, tanto l'hanno interpretato tutti) che diventa famoso all'improvviso, poi viene a contatto con le magagne dello star system e molla tutto, sia una sconfitta narrativa senza mezzi termini.
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    Su Topolino 3067 troviamo il grande ritorno del commissario Topalbano in una nuova storia firmata da Artibani e Soldati.
    A volte ho paura a guardare le sue opere. Paura di quella loro perfezione assoluta. Sembra che quest'uomo non conosca solo la magia di ogni mezzo tecnico, ma sappia anche agire sulle corde più segrete dei pensieri, delle immagini mentali e dei sentimenti umani. Sergej M. Ejzenstejn su Walt Disney
  • Confrontare il sorrisetto sbarazzino di Montalbano con la faccia da cazzone di Topolino, prego.
    <Grrodon> Sì ma a 15 anni è troppo vecchia
  • Voglio spendere due parole per il Topo in edicola questa settimana, perché contiene una storia che a mio avviso merita e vorrei consigliare caldamente: Topolino e lo Zio d'America (Artibani/Soldati), seguito di Topolino e la Promessa del Gatto (Artibani/Cavazzano) uscita qualche tempo fa (in un numero che mi sta particolarmente a cuore, aggiungerei, visto che c'era il mio primissimo articolo per il Topo, quello su Paperman). Si tratta di una doppietta di storie nate come omaggio a Camilleri e al suo Montalbano, nelle quali Artibani si è impegnato moltissimo sia a ricreare il feeling del personaggio originale che - cosa importantissima - a integrarlo in modo efficace con il consueto scenario Disneyano. Fin troppo spesso accade infatti che storie celebrative o promozionali in cui appaiono vip o personaggi famosi in versione tartufata o paperizzata appaiano forzate, poco naturali o semplici marchette: non è questo il caso. Artibani introduce nel mondo Disney un personaggio letterario di prima scelta, e crea una contaminazione intelligente tra i diversi linguaggi dei rispettivi ambiti di provenienza. Il risultato è che la statura di Montalbano non ne viene minimamente scalfita, mentre Topolino risulta addirittura valorizzato, trovandosi ad avere a che fare con una realtà poliziesca più dura e interessante del consueto.

    Questa seconda avventura di Topalbano è un seguito perfettamente simmetrico al suo predecessore. Se nella prima storia seguivamo Topolino nella sua trasferta siciliana, adesso è Topalbano a spostarsi invece negli USA, venendo a contatto con un mondo a lui estraneo. Va notato inoltre che Topolino non appare se non dopo molte pagine, lasciando allo stesso Topalbano il compito di immergere il lettore nella storia. Il personaggio infatti è ormai stato introdotto e si svincola dallo scomodo ruolo di guest star, prendendosi i suoi tempi e i suoi spazi. La storia è veramente pregna di spunti, battute e contenuti interessanti: va notato ad esempio come l'arrivo di Basettoni non coincida per forza con l'arresto del criminale di turno, ma che ci sia spazio anche per una fuga improvvisa e un concitato inseguimento in auto, diversamente da molte storie poliziesche in cui l'azione vera e propria scarseggia. Ancora una volta tematiche che si pensavano tabù per il fumetto Disney come la morte o l'alcool vengono invece trattate da Artibani con grande naturalezza, alzando dove possibile l'asticella narrativa e rivelando così il gran potenziale nascosto in questi personaggi. Persino la scelta di includere nel cast un Pietro più collaborazionista del solito viene motivata dando al personaggio motivazioni solide e autentiche per accettare questa alleanza temporanea. L'accettazione di Gamba nella squadra da parte di Topolino e soci, che normalmente nel fumetto Disney stonerebbe, viene inoltre messa nella giusta prospettiva dallo stesso Topalbano, consapevole che in questo lavoro a contare sono i pesci grossi, e che si possa chiudere un occhio sui delinquentelli di bassa lega, qualora si rivelassero occasionalmente utili.

    Bisogna riconoscere come, attraverso Topalbano, Artibani sia riuscito a portare a Topolinia un po' di quell'evoluzione narrativa che negli anni 90 avevamo visto nelle sue migliori storie di MM. Poche settimane dopo aver lanciato un segnale potente come il ritorno di PK, ecco che l'infaticabile Artibani si riconferma l'autore più versatile e utile per il settimanale, capace di mostrare alle nuove leve il sistema più intelligente, efficace e onesto per evolvere il Disney di carta. Che si tratti di Montalbano, di PK, di Moby Dick o dell'Ultima Avventura di ZP, Artibani ha già fornito in pochi anni un esauriente e onestissimo manifesto autoriale, un know how per affrontare il fumetto disneyano in tutte le sue forme, in modo da renderlo interessante, incisivo e all'insegna della qualità. A prova di futuro, insomma.
  • Già letto anch'io Topolino #3067.
    Un numero un po' indeciso, dove a parte la prima storia le altre non sono riuscite mai a convincermi del tutto.

    Topolino e lo zio d'America è un buon giallo, solido e intrigante, dove Francesco Artibani ripropone con efficacia il suo commissario Topalbano, che tanto successo riscosse lo scorso anno nella prima storia in cui era comparso. Ho riletto anche quella, e devo dire che l'avventura del 2013 era forse mi era piaciuta di più a quella odierna.
    Ciò non toglie che anche Lo zio d'America sia una bella storia, come dicevo all'inizio: Topalbano si conferma un character molto ben gestito, un poliziotto tutto d'un pezzo e d'azione, ma anche casereccio e deciso ad aiutare chi ha bisogno, specie se si tratta di amici, disposto anche a percorrere vie meno convenzionali per risolvere le situazioni. Un personaggio positivo, scavezzacollo e anche "fumantino" ma retto e corretto è perfettamente disneyano, e al contempo piuttosto fedele al personaggio originale di Andrea Camilleri.
    Dicevo che la storia precedente mi era piaciuta di più, ma forse solo a causa dell'ambientazione italiana e dell'effetto novità, perché tecnicamente questa storia funziona effettivamente molto bene: l'idea che Salvo prenda e parta per Topolinia per poter aiutare il figlio di Evelina è un buon motore per spostare l'azione, e la trama torbida che sta dietro al lavoro trovato dal ragazzo è narrativamente efficace. Il soggetto diventa quindi molto realistico (come era la scorsa volta), a base di mafia, casinò, aiuti ai malavitosi e velate minacce, e così tutto il tono del racconto si fa maturo e l'intrigo davvero avvincente.
    E quel Topolino così naturalmente eroico mi piace un sacco.
    Grandissimi applausi anche a Giampaolo Soldati, che qui offre forse la sua performance migliore: richiama efficacemente il tratto di Cavazzano, soprattutto per i personaggi vigattesi, e in generale regala delle tavole davvero ottime, dove i personaggi sono sempre molto vivi e le ambientazioni curate. Merito anche della colorazione di Max Montenduro, anche se mi pare che spesso abbia usato delle ombre un po' troppo pesanti, specialmente sul viso dei personaggi.
    Peccato per la copertina: quel Mickey in quella posa lì non si può vedere...

    Per quanto riguarda il resto, nulla che mi entusiasmi: la storia di Paperink si fa leggere ma non è nulla di che, se non per alcune soluzioni grafiche di Massimo Asaro che comunque non eccelle; quella di Orazio sa di già visto, con una Clarabella insopportabile, un sviluppo strano (perché mai tutti i comprimari di Topolinia sono nel negozio dove va il protagonista???) e una conclusione prevedibile, peraltro con i disegni di Asteriti che oltre a non piacermi di suo ha uno stile poco adatto ad una storia così movimentata; un po' sconclusionata la breve di Cirillo coi Bassotti; la storia conclusiva, infine, è piacevole da leggere ma poco incisiva, anche per via delle poche tavole che le sono state destinate... molto buoni però i disegni di Daniela Vetro.
    Spezzo in chiusura una lancia alla storia-gioco di Gagnor, che nelle scorse settimane tralasciavo ma che stavolta riesce ad andare oltre il mero pretesto per presentare giochi di enigmistica forzatamente inseriti in un fumetto: l'autore inserisce un paio di battutine niente male e offre nell'ultima tavola un Paperone davvero in parte, capace di comunicarmi qualcosa sul suo carattere. Molto bene. E un plauso va anche a Gianluca Panniello, che disegna delle vignette davvero piacevoli da leggere, il suo Paperone è davvero espressivo.
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  • Vediamo di commentare un po' di roba notevole degli ultimi due mesetti.

    Zio Paperone alla Ricerca di se Stesso non convince fino in fondo. Da un lato ci sono cose molto valide, tipo la trollata alla figura del dottore specialista improbabile, il finale muto ed anche il messaggio della storia, semplice eppure azzeccato. Dall'altro ci sono elementi che potevano essere sicuramente ampliati o resi meglio. Innanzitutto, il lato avventuristico/esplorativo dovrebbe essere una componente abbastanza importante in una quest del genere, mentre di fatto è presente ma ci viene raccontato più che mostrato: sia tutta la storia della cornamusa che l'effettiva ricerca del tesoro sono solo esposizione utile ad arrivare al nocciolo della storia e in sostanza considerati come step necessari per parlare d'altro. Il che è un po' un peccato perché toglie un po' di respiro alla storia, ma dopotutto si tratta pur sempre, con la notevole eccezione del Patto della Luna, della prima storia non "urbana" di Vito e quindi da questo punto di vista rimango fiducioso in attesa di una bella avventurona a tutto tondo.
    C'è poi l'aspetto personaggistico. Che è bello, molto. Ma proprio perché è così bello dispiace che certi aspetti siano approfonditi poco, su tutti una visione di Paperone che ribalta la visione donrosiana che vuole nascere prima la passione per l'avventura e poi quella per il denaro. Paperone FETICISTA, che ama l'oggetto moneta in quanto tale è davvero un'idea con grande potenziale e magari meritava un po' più di centralità nella storia. Va anche detto che si tratta di una concezione insospettabilmente fine del personaggio, suscettibile di non pochi potenziali fraintendimenti e che quindi va affrontata con una certa cautela, che probabilmente Vito non poteva garantire dovendo gestire anche altri aspetti della storia.
    In conclusione, una storia bellina ma niente di più, in cui Vito fa un po' di tentativi in un territorio a lui inedito. Confido che faccia tesoro dell'esperienza e che prima o poi riprenda certi spunti davvero meritevoli.


    Zio Paperone e i prodigi della 3D-PI non sarà una storia eccezionale, ma funziona il giusto. Casty che si prodiga nel rendere plausibile e nello spiegare i meccanismi dell'invenzione di Archimede aggiunge quella credibilità che manca a questo genere di storie inflazionate, mentre di contro il bassottone è un'idea piacevolmente giocattolosa. Peccato venga spiegata un po' così e che tutta la storia del chip sia un po' campata in aria, causando un po' di discrepanza tra una parte di storia che spiega e giustifica il funzionamento dell'invenzione e un'altra che praticamente si scherma con un conveniente "eh oh, funziona".


    Topolino e l'Uomo del Carbonifero invece funziona, ma non il giusto. Bello come Casty affronti il filone della Macchina del Tempo, belli i trivia storici integrati in modo credibile con la trama... ma i tempi narrativi sono davvero troppo veloci, quasi repentini, non si fa in tempo ad esporre un problema che SUBITO DOPO viene schiaffata lì la soluzione rendendo il tutto assai poco interessante e vanificando l'intreccio che si voleva andare a costruire. Il risultato è che la storia sembra fin troppo veloce, un rincorrersi continuo di avvenimenti quasi claustrofobico. Strano, non è da Casty gestire male questi aspetti della narrazione, ma è già da un paio di occasioni che noto questa deriva, come ad esempio ne il Teatrino di Bambolier. Colpa di un taglio di tavole? Mboh.


    Gastone e la Diva Schiva è un'altra dimostrazione, dopo Gastone e la Luna Storta di Faccini, di come sia possibile fare una buona storia con Gastone protagonista. Se Faccini finisce però per renderlo comunque un personaggio positivo, pur mantenendo alcune sfacciettature da fighetto, Vito qui si dimostra ancora più coraggioso: il suo Gastone è un cazzaro, lo rivendica e non si redime, trollando tutti sul finale. Davvero un bel modo di utilizzare il personaggio, senza snaturarlo ma anzi riportandolo alla sua dimensione originaria, ben più intessante di un semplice fortunello; e buono anche il conflitto con Paperone, che da un lato serve ad approfondire un po' le dinamiche fra i due e dall'altro è utile per lanciare un messaggio ben chiaro ai lettori più giovani, binomio che in Il Mio Amico Topolino non era riuscito alla perfezione.
    Due parole anche sulla breve con i nipotini... eh lol, ci siamo passati tutti. Altro bello spunto credibile, in linea con le altre storie "quotidiane" come Brividi sotto il Sole o il Brutto Quarto d'Ora.


    Zio Paperone e la Stampasogni è una storia che mi è piaciuta molto. E' sceneggiata molto bene ed ha quell'ottima gestione dei tempi che ho apprezzato anche in altre storie particolarmente riuscite di Vito. Ha un bel tema, parte da un bello spunto, con due parole riesce ad essere molto significativa e ad inquadrare bene i comportamenti dei personaggi. Elabora il personaggio di Rockerduck, spesso abbastanza maltrattato, e cerca di recuperarlo un po' al pari di come è stato fatto con Amelia. Non si arriva a quei livelli, ma si fa comunque un buon lavoro, considerando comunque che qui la prospettiva è un'altra. Non il rapporto con Paperone in sé, ma una storia un po' più intima che vuole far recuperare la vera natura di Rocky: quella del rosicone. Magari ci sarebbero state bene giusto due tavole in più sul finale, ma insomma: bella storia, raccontata bene e nota di merito per l'inclusione di Dinamite, a conti fatta non indispensabile ma comunque una scelta funzionale che denota la volontà di costruire intrecci un attimo più elaborati. Il ragazzo sta crescendo bene.
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    Sta arrivando.
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    Questa settimana su Topolino 3069, "Zio Paperone e l'enciclopedia eccessiva" di Sisti e Mottura.
    A volte ho paura a guardare le sue opere. Paura di quella loro perfezione assoluta. Sembra che quest'uomo non conosca solo la magia di ogni mezzo tecnico, ma sappia anche agire sulle corde più segrete dei pensieri, delle immagini mentali e dei sentimenti umani. Sergej M. Ejzenstejn su Walt Disney
  • Numero 3070, imperdibile, a meno che non si prenda la Deluxe Edition per fumetterie a Dicembre :D
  • In attesa del Jekyll/Hide di Enna/Celoni, credo sia doveroso spendere qualche parola su:
    Tigrotta ha scritto:Questa settimana su Topolino 3069, "Zio Paperone e l'enciclopedia eccessiva" di Sisti e Mottura.
    Un numero che andrebbe acquistato già solo per la copertina disegnato da un immenso Mottura, una delle migliori di sempre a mio parere.

    Poi uno apre l'albo e ci trova dentro l'ottima Zio Paperone e l'enciclopedia eccessiva, storia esotica sceneggiata da un Alessandro Sisti in gran forma che si diverte non solo a scrivere una storia condita da gag e citazioni, ma anche a giocare con il lettore sull'identità degli "altri membri della spedizione", pur riservando un bel colpo di scena sul finale. E devo dire di aver anche apprezzato la riflessione finale sull'Enciclopedia Massimale: un'opera che si propone di archiviare tutto, ma proprio tutto, lo scibile umano, deve per forza catalogare anche quanto proposto dal web, bufale incluse. Ma come fare, a questo punto a distinguere quanto è utile e quanto no in un'enciclopedia del genere? Insomma, un bel rompicapo degno di [spoiler]Omberto Oco[/spoiler]!
    Su Mottura mi ripeto, anche qui davvero straordinario, molto a suo agio con le atmosfere avventurose ed esotiche della storia.

    Non male anche le altre storie, senza grosse pretese ma che tutto sommato ho gradito. In particolare mi è piaciuta l'idea di Panini di utilizzare per la sua storia "portuale" (e legata agli argomenti della Guida Paperopolese di questo numero) un personaggio come Paperina: non so se l'idea sia stata sua o se abbia ricevuto un input dalla redazione, ma ho trovato intelligente l'idea di calarla in un contesto per lei inedito utilizzando il pretesto del tirocinio comunale (una realtà dei nostri giorni, dopotutto).
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    E' finalmente in edicola Topolino 3070 con la prima parte di "Lo strano caso del Dottor Ratkyl e di Mister Hyde" di Enna e Celoni e con una nuova storia di Casty e Pastrovicchio.
    A volte ho paura a guardare le sue opere. Paura di quella loro perfezione assoluta. Sembra che quest'uomo non conosca solo la magia di ogni mezzo tecnico, ma sappia anche agire sulle corde più segrete dei pensieri, delle immagini mentali e dei sentimenti umani. Sergej M. Ejzenstejn su Walt Disney
  • Speciale Dottor Ratkyll e Mister Hyde
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    Analogamente a quanto fatto in occasione di DarkenBlot 2.0 e, un paio di mesi fa, con il grande ritorno di PK, La Tana del Sollazzo decide di riproporre quella che si sta rivelando una consolidata e fruttuosa abitudine: quella dei "botta e risposta".
    Su Topolino in edicola da stamattina viene infatti pubblicata la prima puntata di Lo strano caso del Dottor Ratkyll e di Mister Hyde, storia scritta da Bruno Enna e disegnata da Fabio Celoni, che si è anche occupato dei colori in coppia con Mirka Andolfo.
    Si ripropone insomma il "team delle meraviglie" che un paio d'anni fa aveva sfornato quell'ottimo Dracula di Bram Topker, progetto lodevole sotto diversi punti di vista.

    "Ratkyll e Hyde" è, senza dubbio, la storia-evento di questo autunno topolinesco, e per questo ci è sembrato doveroso interpellare Enna e Celoni in un nuovo botta e risposta, nonostante stavolta si tratti di una storia in due parti e non in quattro. In virtù di queste le domande saranno distribuite solo su due tornate, una prima dell'uscita del secondo tempo, e un'altra dopo la conclusione dell'avventura.
    Le regole sono sempre le stesse: qualunque utente del Sollazzo può porre una domanda ai due autori, postandolo in questo topic; queste verranno raccolte e inviate ai destinatari delle vostre curiosità, che ci faranno pervenire le risposte che verranno poi presentate sempre qua.

    Il termine per porre le vostre domande in questa prima tornata è venerdì 26 settembre alle ore 20.00.

    Approfittiamo di questo annuncio per ringraziare anche pubblicamente Bruno Enna e Fabio Celoni per la disponibilità concessa nel partecipare a questo piccolo progetto.

    Lo strano caso del Dottor Ratkyll e di Mister Hyde è una storia che scatenerà sicuramente diverse curiosità: avete la possibilità di saziarle, non perdetela!
    Non siete ancora utenti della Tana del Sollazzo? Ecco una buona occasione per iscriversi ;)
  • Bene, bene: ho divorato Topolino #3070 di gran gusto, e anche se un buon 70% del motivo sta nella storia d'apertura, devo dire che anche il resto non è così male.
    Ad ogni è inutile dire che l'attrazione principale è Lo strano caso del Dottor Ratkyll e di Mister Hyde, trasposizione del quasi omonimo romanzo di Robert L. Stevenson ad opera di Bruno Enna e Fabio Celoni, con il contributo ai colori di Mirka Andolfo.
    La prima cosa che si evince è che, dopo Dracula di Bram Topker, questi tre figuri ci hanno preso gusto a scrivere storie che fanno l'occhiolino al gotico e all'horror in salsa Disney. ;) E se già Dracula mi era piaciuto non poco, qui mi pare che il risultato sia ancora migliore e mi sento di dirlo ancor prima di vedere la conclusione della storia, considerando che ho sempre preferito Jekyll/Hyde alla creatura di Bram(o) Stoker.
    La parte grafica è semplicemente spettacolare: Fabio Celoni aggiunge una nuova perla a quelle che compongono la già nutrita corona di storie che ha graziato con la sua arte (e che ben vengono celebrate nel nuovo Disney d'Autore, che mi procurerò con ingordigia alla prossima Lucca), e ritengo che il lavoro speso su questo Dottor Ratkyll e Mister Hyde sia uno dei risultati più interessanti del suo percorso: più ancora di Dracula, il tratto ricercato e intrigante del disegnatore contribuisce nel creare l'atmosfera che si deve respirare nel racconto, precipitando il lettore in un vortice di nebbia brumosa, di vicoli oscuri e di ombre inquietanti. Il gotico fa capolino quasi ad ogni vignetta, anche in quelle più tranquille come possono essere quelle del dopo festa a casa di Ratkyll: l'angoscia dell'avvocato Pipperson infatti si percepisce sempre, e la bravura sta proprio nel lavoro di cesello di Celoni, che riesce a mantenere alta la tensione del racconto.
    Notevole è anche il "vedo/non vedo" di Donald Hyde, che riesce a mantenere il difficile equilibrio tra il celare la forma mostruosa e "paperosa" del tristo figuro e il mostrare quanto basta per far cogliere al lettore la negatività di questo "concentrato" di puro male.
    Nel romanzo originale la descrizione che più mi colpiva era proprio la sensazione che Hyde trasmetteva al prossimo: una repulsione istintiva e senza mezzi termini. Questo elemento si respira chiaramente nelle tavole di Celoni, anche grazie agli azzeccatissimi e ricercati colori sui quali lui e Mirka Andolfo hanno lavorato egregiamento.
    Bruno Enna dal canto suo ha mantenuto una fedeltà al testo irreprensibile, finora, e la cosa è tanto lodevole quanto sorprendente considerando il testo di partenza e i personaggi disneyani. Lo sceneggiatore dimostra tranquillamente quanto questi characters siano malleabili e adatti a impersonare qualunque tipo di interpretazione e di sentimento umano. Non c'è nulla di cui i personaggi Disney non possano parlare, anche se declinandolo nel loro "linguaggio", nelle loro modalità. È ora di ricordarsi che anche il gotico è una chiave di narrazione applicabile a questo universo, se lo si sa fare. Enna si riesce appieno, finora anche meglio che in Dracula. L'equilibrio tra tensione e sdrammatizzazione è pressoché perfetto, il tormentone di Paperoga non stufa e Pipperson è un personaggio credibile: io credo in questo avvocato che riesce ad essere fedele alla controparte cartacea ma anche alle caratteristiche che rendono speciale il personaggio.
    La titolazione dei capitoli, infine, è un fiore all'occhiello più di forma che di sostanza, ma comunque importante nell'insieme.
    I complimenti aspetto a farli fra una settimana, solo perché non vedo l'ora di avere il quadro completo.

    A parte, sono lieto di trovare nel numero l'editoriale dedicato, un'intro alla storia e soprattutto una breve intervista ai due autori, tutte cose che valorizzano il progetto :)

    Una partenza del genere rischia di mettere in ombra il fatto che la seconda storia è firmata da Casty e Lorenzo Pastrovicchio.
    In realtà Topolino, Atomino e il mistero delle merendine mutevoli è... è... una storia un po' strana da decifrare. Casty rispolvera il suo lato più "giocoso-fanciullesco", presentando una trama che vede i due protagonisti combattere un atomo dispettoso che ha atteggiamenti da bimbo birbante e che se la ride al verso di "uaz, uaz"! La storia ha quindi una piega poco seria e che spinge sull'acceleratore del fantastico, presentando verso la fine un buon, piccolo colpo di scena ma che per il resto offre un plot lineare. In definitiva si tratta di una lettura amena, piacevole e leggera, ma che si configura più come omaggio alla ricerca scientifica nel campo degli atomi (e al Centro di Ricerca di Elettra, a Trieste) che come una storia con vero mordente, risultando ben scritta e simpatica ma niente di più. Si può dire che fa il suo dovere.
    Il Pastro si adegua a questa atmosfera "rilassata" e mette in scena delle tavole piuttosto nella norma e con pochi virtuosismi, anche se le pagine 68 e 69 sono veramente d'effetto. Il tratto dell'autore è sempre affascinante e riconoscibile, ma è indubbio che il Pastro abbia eccelso in altri lavori e che qui, in linea con una storia piuttosto pacata, abbia adottato uno stile più rilassato, che certamente non richiedeva particolari soluzioni registiche. Non è da escludere anche che abbia avuto non molto tempo per realizzarla, considerando che la storia occorreva giocoforza per questo numero e il disegnatore usciva dal tour de force di PK.
    Molto bello comunque il suo Atomino (che credo sia la prima volta che disegna), mentre l'atomo indisciplinato ricorda graficamente un po' Cattivik, influenza azzeccata considerando l'atteggiamento del personaggio :)

    Il "Topo" si chiude con l'ultima storia collegata al Topotravel: Valentina Camerini scrive una storia caruccia sul vecchio faro di Paperopoli, dove Pico si avventura per verificare le leggende sulla maledizione di un fantasma. Scoprirà invece quanto un posto-simbolo, carico di suggestioni, può essere importante per tante persone. Insomma, niente di che ma messaggio bello e ben trasmesso, il che non è affatto poco. A disegnare Pico e le leggende del faro di Paperopoli c'è il classicissimo Roberto Marini, che comunque non mi dispiace come resa.
    Infine c'è Paperino e il tridimensionale sensazionale: Francesca Agrati sfoggia un "incubo" già visto varie volte (gli attori tv che escono dallo schermo), ma lo coniuga in modo simpatico con Paperino, Gastone e Paperoga in veste di "Blockbusters" che, agghindati come i Ghostbusters, devono andare a risucchiare queste entità fuori controllo.
    C'è un tentativo di narrazione non lineare che purtroppo non è riuscito quanto vorrebbe, e la storia si perde un po' nel finale, dove perde l'appeal che aveva. Donald Soffritti fa un discreto lavoro, anche se mi sembra meno in spolvero rispetto a sue prove passate.
    Siamo di fronte ad un numero che spicca enormemente per la storia d'apertura, è capace di offrire spunti interessanti nelle restanti storie che però non riescono a convincere del tutto.


    Time to questions, now!
    Bruno:
    - Come hai deciso a quali personaggi Disney far interpretare i ruoli dei protagonisti del romanzo di Stevenson?
    - L'avvocato Utterson è una figura piuttosto austera e seriosa, nel libro: come hai lavorato su Pippo per calarlo efficacemente nella parte, riuscendo comunque a coniugare la sua filosofia laterale?
    - La scena iniziale, raccontata a Richard Duckfield a Pipperson, è lievemente diversa da quella del romanzo: mentre Stevenson non forniva motivazione per il gesto crudele di Hyde che calpesta una bambina, qui inserisci già l'elemento della ricerca degli ingredienti per la pozione. Come mai hai sentito il bisogno di anticipare questo passaggio?
    - Come mai hai scelto di raccontare una storia su bene e sul male, e sulla forza di questa "seconda metà umana", in una storia Disney? Oltre al piacere di rileggere sotto quest'ottica una grande storia, c'è un messaggio che volevi esporre?

    Fabio:
    - Nei credits della storia sei accreditato, per quanto riguarda il colore, come "supervisore", ma nell'intervista presente sul "Topo" sembra che tu ti sia occupato dei colori in modo più attivo di quanto faccia pensare una supervisione finale. Puoi spiegare esattamente quale è stato il tuo apporto ai colori della storia?
    - La parte con il dialogo tra Pipperson e Hyde mi piaceva moltissimo anche nel romanzo, e mi ha colpito tanto anche nella versione disneyana: quali scelte grafiche hai compiuto per rendere efficaci delle scene di per sé piuttosto statiche, per quanto cariche di tensione emotiva?
    - Angoscia, inquietudine, chiaroscuri: su quali elementi del disegno hai lavorato maggiormente per imprimere alla storia queste atmosfere gotiche?
    - Alcune movenze dei personaggi (il claudicare di Hyde, i movimenti convulsi di Paperonew quando è fuori di sé, il gesticolare di Pipperson etc.) ricordano da vicino la fluidità dell'animazione: hai guardato a qualche prodotto animato in particolare per ispirarti nella rappresentazione dei personaggi in movimento?
    Andrea "Bramo" L'Odore della Pioggia
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  • Non posso esimermi dallo spendere qualche parola sulla prima parte di Ratkyll.

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    La nuova storia "letteraria" di Enna e Celoni appartiene ad un nuovo filone che ha visto la luce su Topolino con il faraciano Novecento, e ha proseguito il suo percorso con Dracula e Moby Dick. Si potrebbero definire la nuove grandi parodie, se non fosse che il termine è limitante. Queste nuove storie fanno col fumetto Disney ciò che da sempre fa l'animazione Disney, proponendo reinterpretazioni di storie note anziché semplici prese in giro delle stesse. A partire dal Dracula di Enna e Celoni, inoltre questa serie di adattamenti di lusso si è contraddistinta da un'impostazione grafica d'eccezione. Artisti peculiari come Celoni e Mottura sono stati capaci di mettere il loro tratto barocco al servizio di atmosfere ben diverse da quanto il settimanale offriva fino a quel momento, scatenando la loro creatività e raggiungendo punte di drammaticità e pathos visivo incredibili. Si tratta di Fumetto con la F maiuscola, insomma.

    Nello specifico questa è la volta del Jeckyll/Hyde di Stevenson, una storia che come Dracula è ormai penetrata così tanto nella cultura popolare da aver perso buona parte della sua originale natura. E Enna ancora una volta decide di andarla a recuperare questa originale natura, mostrando al pubblico in cosa consisteva il romanzo originale. Che era una storia discontinua e frammentata, dalla connotazione gialla e con un Mr. Hyde molto differente da ciò che i media hanno poi tramandato. La narrazione divisa in capitoli, il fatto che non venga mai chiaramente detto che i due protagonisti sono lo stesso personaggio, il punto di vista totalmente esterno ai fatti, tutto sembra volerci riportare alla fonte, quella vera. Ed ecco una differenza sostanziale dalle parodie di Martina: se si esclude l'Inferno di Topolino, tutte le altre erano così distanti nello spirito e nell'estetica dall'opera presa in esame che non spingevano più di tanto ad un recupero dell' originale. Il lavoro di Enna/Celoni mette nell'orecchio del lettore una pulce ben più ingombrante, rendendo all'opera di Stevenson (e prima ancora di Bram Stoker) un servizio decisamente migliore, suggerendone i punti di forza.

    Celoni dal canto suo ce la mette tutta per esasperare il suo tratto, giocando con la prospettiva, mettendo il lettore a disagio e coccolandolo subito dopo, in un incredibile ottovolante di percezioni. Esagerando sempre e comunque qualsiasi elemento, ma senza mai perdere di vista la leggibilità. Leggere le sue tavole è come immergersi in un mondo a parte, e in questo si vede come l'esperienza orrorifica avuta in Bonelli abbia pesato moltissimo. A tenere insieme i suoi incontenibili guizzi è l'immensa bravura nel far recitare i personaggi, e nel conferire loro delle magnifiche espressioni. Qualsiasi elemento che possa anche solo lontanamente sembrare non disneyano viene immediatamente controbilanciato da una recitazione impeccabile, animata che restituisce questi meravigliosi personaggi alla loro essenza più pura. Le battute di spirito di Enna contribuiscono a stemperare l'atmosfera, senza mai svilirla o apparire fuori posto.

    Ma a rendere questa storia un vero gioiello è soprattutto l'idea di base. Paperino e Topolino, i due simboli stessi della disneyanità vengono trasformati in due facce della stessa medaglia. Divisi da troppi anni, da tradizioni fumettistiche che li hanno resi sempre più distanti, si ritrovano qui a condividere un unico corpo, mettendo in luce così le due anime del fumetto Disney, e facendo in questo modo dell'intelligente metafumetto. Nella Londra brumosa di Enna e Celoni, Topi e Paperi convivono, e l'impressione che se ne trae è quella di un mondo Disney finalmente completo, affascinante e ricco di personalità di altissimo livello. E di colpo ci si ricorda che un tempo era così, e che queste personalità nei cartoni animati agivano insieme e si compensavano perfettamente, dando vita a capolavori quali Mickey's Christmas Carol. Il desiderio di vedere anche in futuro Topi e Paperi in storie non per forza celebrative rimane forte, e non si può non sperare che Enna abbia in questo modo "tolto il velo" e fatto riscoprire un sapore antico ma tremendamente efficace, quello della disneyanità.
  • Aggiungo pure io una bella domandona per Bruno, ma anche per Fabio. Facciamo per Brabio Celenna e non se ne parli più.

    Brabio: Come ho scritto in quel papiro di recensione, le mie papille disneyane sono state titillate dal vedere un tale dispiego di personaggi. Mentre in animazione siamo abituati a vederli agire insieme, sulla carta bisogna attendere eventi, feste comandate, celebrazioni e storie promozionali perché avvengano "crossover". Nella vostra storia invece ci troviamo in una Londra in cui paperi e topi convivono con tranquillità come se fosse sempre stato normale, e questa naturalezza nel loro status quo "si respira" a pieni polmoni. L'effetto che mi ha fatto è stata quella di due anime gemelle che finalmente si incontrano e danno vita a qualcosa che va oltre la somma delle loro parti. La cosa funziona così bene che mi sono chiesto se contaminazioni di questo tipo debbano per forza rimanere legate a eventi speciali, e non si potrebbero sfruttare di più. Puoi spiegarci il tuo punto di vista?
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