[Topolino] Annata 2014

Gottfredson, Barks, Scarpa, Rosa, la scuola italiana, con un occhio di riguardo anche ai Disney spillati. Perché ricordiamo che il Sollazzo nasce qui, grazie a un certo papero mascherato...
  • La Redazione ha scritto:
    Speciale Dottor Ratkyll e Mister Hyde
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    Domani in edicola uscirà la seconda parte di Lo strano caso del Dottor Ratkyll e di Mister Hyde: quale modo migliore di passare queste ultime ore di attesa se non leggendo le risposte che Bruno Enna e Fabio Celoni hanno dato alle domande poste dagli utenti del nostro forum?
    Ecco di seguito quanto espresso dai due autori per soddisfare le curiosità emerse in questi sette giorni :)

    Bramo: Come hai deciso a quali personaggi Disney far interpretare i ruoli dei protagonisti del romanzo di Stevenson?

    Bruno: Per Topolino e Paperino è stato facile: solo loro avrebbero potuto incarnare Jekyll (anzi, Ratkyll) e (Donald) Hyde. Va specificato che, almeno dal punto di vista esteriore, per caratterizzare il secondo mi sono dovuto ispirare più a Paperinik che a Paperino. Pipperson non poteva che essere il "magro, lungo, polveroso" Utterson, nonché il motore dell'intera vicenda. Per tutti gli altri ho cercato di calibrare il carattere in base alla natura (topesca o paperesca) di protagonisti e comparse. Solo nel caso di Basetpoole ho deciso di "forzare" un pochino alcuni aspetti caratteriali.


    Bramo: L'avvocato Utterson è una figura piuttosto austera e seriosa, nel libro: come hai lavorato su Pippo per calarlo efficacemente nella parte, riuscendo comunque a coniugare la sua filosofia laterale?

    Bruno: In realtà, Pippo è rimasto Pippo. Forse è un po' più serio, preoccupato, consapevole, ma sempre di Pippo si tratta. Resta un tipo distratto, vagamente ingenuo, positivo, pronto a farsi in quattro per il suo miglior amico Topolino. Ma non è stupido (non lo è mai stato), al contrario di Paperoga, che in questa vicenda gli fa da spalla e dimostra di poter convivere tranquillamente con lui.


    Bramo: La scena iniziale, raccontata da Richard Duckfield a Pipperson, è lievemente diversa da quella del romanzo: mentre Stevenson non forniva motivazione per il gesto crudele di Hyde che calpesta una bambina, qui inserisci già l'elemento della ricerca degli ingredienti per la pozione. Come mai hai sentito il bisogno di anticipare questo passaggio?

    Bruno: Quando leggerete la seconda parte della storia, capirete. Era necessario giustificare i comportamenti di Donald Hyde, in tutto e per tutto. Nel libro, la scena in cui Hyde calpesta la bambina mi ha molto colpito: si tratta di un gesto orribile che definisce all'istante il carattere del personaggio. Donald possiede tutt'altro tipo di carattere, ma è comunque un tipo irascibile. E poi, mi faceva sorridere vederlo (anzi, rivederlo) mentre se la prende con i nipotini (come faceva una volta, magari inseguendoli con il battipanni).


    Bramo: Come mai hai scelto di raccontare una storia su bene e sul male, e sulla forza di questa "seconda metà umana", in una storia Disney? Oltre al piacere di rileggere sotto quest'ottica una grande storia, c'è un messaggio che volevi esporre?

    Bruno: Quella scritta da Stevenson è LA storia per eccellenza. Prima o poi, qualsiasi autore deve confrontarsi con essa. In Disney non sono stato certo il primo a farlo e, molto probabilmente, non sarò neanche l'ultimo. D'altro canto, il tentativo di raccontare la "seconda metà umana" è uno dei temi portanti della narrazione in generale. In un certo senso, è come se tutti avessero bisogno di farla emergere, questa benedetta (o maledetta) metà. Visto che mi trovo su un forum, faccio un esempio: alcuni forumisti usano dei nickname per potersi esprimere... diciamo... liberamente. Non si tratta di esprimere il loro lato negativo, quanto quello istintivo, viscerale, nascosto. Il messaggio è: abbiamo tutti un simpatico Hyde dentro di noi. Nel mio caso, ha l'aspetto di Paperino ;)



    Valerio: Come ho scritto in quel papiro di recensione, le mie papille disneyane sono state titillate dal vedere un tale dispiego di personaggi. Mentre in animazione siamo abituati a vederli agire insieme, sulla carta bisogna attendere eventi, feste comandate, celebrazioni e storie promozionali perché avvengano "crossover". Nella vostra storia invece ci troviamo in una Londra in cui paperi e topi convivono con tranquillità come se fosse sempre stato normale, e questa naturalezza nel loro status quo "si respira" a pieni polmoni. L'effetto che mi ha fatto è stata quella di due anime gemelle che finalmente si incontrano e danno vita a qualcosa che va oltre la somma delle loro parti. La cosa funziona così bene che mi sono chiesto se contaminazioni di questo tipo debbano per forza rimanere legate a eventi speciali, e non si potrebbero sfruttare di più. Puoi spiegarci il tuo punto di vista?

    Bruno: Per spiegarti il mio punto di vista, parto con un esempio: uno sceneggiatore in erba mi spedisce un soggetto. Descrive una storia pazzesca, in cui succede tutto e il contrario di tutto. In questo soggetto, la logica va a farsi benedire a vantaggio della potenza narrativa. Lo sceneggiatore mi spiega che, alla fine, "era tutto un sogno" ed è convinto che, in conclusione, lo status quo venga ripristinato. Viene da sé che, leggendo una storia del genere, qualsiasi lettore si sentirebbe preso in giro: la scusa del sogno non reggerebbe (certo, in passato è stata usata molte volte, ma proprio per questo è diventata banale e i lettori di oggi sono più smaliziati di quelli di ieri). E poi, diciamocelo, sarebbe troppo facile. Oppure no? E se, invece, l'intera vicenda vertesse proprio sui sogni? Se la storia, per dire, parlasse della materia di cui sono fatti? Forse, in questo caso, un finale del genere potrebbe reggere, se non risultare addirittura necessario. Ecco, credo che l'operazione che io e Fabio abbiamo condotto con Ratkyll è Hyde sia più o meno analoga: la storia regge proprio perché fa della convivenza tra Topi e Paperi il suo punto focale. Il problema è che (a mio parere, è ovvio) può funzionare solo poche volte e a patto che tutto converga nella giusta direzione. Insomma, Paperi e Topi insieme, ma con parsimonia e coerenza. Altrimenti, si rischia in caos.


    Bramo: Nei credits della storia sei accreditato, per quanto riguarda il colore, come "supervisore", ma nell'intervista presente sul "Topo" sembra che tu ti sia
    occupato dei colori in modo più attivo di quanto faccia pensare una supervisione finale. Puoi spiegare esattamente quale è stato il tuo apporto ai colori della storia?


    Fabio: Sì, c’è stata una svista nei credits, ho sì supervisionato i colori ma ho anche partecipato attivamente alla colorazione della storia, insieme a Mirka, in maniera più ampia rispetto a quanto feci con "Dracula". Inizialmente, vista la peculiarità della storia, avevo suggerito che una colorazione bicromatica ci sarebbe potuta stare bene, sia per cercare di legarci a un certo consolidato immaginario illustrativo che per esaltarne le suggestioni, oltre che per non soffocare il massiccio uso di tratteggi che avevo usato. Poi, insieme a Mirka e a Valentina, abbiamo deciso di abbandonare l’uso del bicromatico perché ci sarebbe già stata una versione speciale (quella in b/n), e dunque abbiamo cercato di avvicinarci a una colorazione che non si discostasse troppo da "Topolino". La traccia usata quindi è stata quella del lavoro che avevamo fatto per "Dracula". Da lì in avanti Mirka e io abbiamo lavorato insieme (ognuno al proprio computer) per cercare di ottenere la resa migliore nelle tavole. La figura del supervisore può suggerire l’idea di qualcuno che dice “fai quello” o “fai questo”, ma ero anch’io nel cantiere col caschetto, a sporcarmi le mani (di colore) come operaio.


    Bramo: La parte con il dialogo tra Pipperson e Hyde mi piaceva moltissimo anche nel romanzo, e mi ha colpito tanto anche nella versione disneyana: quali scelte grafiche hai compiuto per rendere efficaci delle scene di per sé piuttosto statiche, per quanto cariche di tensione emotiva?

    Fabio: Ho giocato con fotografia, regia e suggestioni varie. Fotografia, cioè luci di scena: chiaroscuri e ombre, tratteggiate o nette. Regia, cioè inquadrature, che andassero a suggerire stati d’animo. In qualche modo il disegnatore deve trasformarsi in mago e far provare “a comando” determinate emozioni al lettore. Inquadrature ravvicinate, dal basso, o alcuni tagli possono coinvolgere in maniera diversa di altri. Tutto sta insomma a conoscere le “formule magiche” necessarie e a riuscire a gestirle nel modo più opportuno per veicolare il messaggio a cui si vuole dar vita. Le suggestioni varie invece sono i “trucchi grafici” che ho usato per sottolineare ancora di più certe atmosfere, ad esempio lavorando su volute di nebbia, composizione dell’immagine e dinamiche di corpi e abiti. È sempre un gioco fragile e complesso, il cercare di trovare un equilibrio, un’armonia.


    Bramo: Angoscia, inquietudine, chiaroscuri: su quali elementi del disegno hai lavorato maggiormente per imprimere alla storia queste atmosfere gotiche?

    Fabio: Credo di aver in parte risposto nella precedente domanda. È un’operazione complessa che richieda un bilanciamento di più elementi. Ho lavorato molto sulle inquadrature così come pure sui chiaroscuri, che suggeriscono pathos e danno tridimensionalità. Un’ombra che scivola su qualcosa può raccontare quella cosa in molti modi. Ho prediletto l’uso del tratteggio, per richiamarmi ad atmosfere grafiche di fine ottocento. È stata una storia estremamente faticosa da realizzare, benché molto divertente: faticosa perché c’è un sacco di roba! Ma non parlo solo di oggetti o personaggi visibili in scena, non è riempiendo a dismisura una tavola che la si rende bella. Intendo anche il disegno “nascosto”, cioè quello che sta dietro a quello su carta. Concettualmente è stata una bella sfida, insomma.
    Questo anche perché volevo fondere Disney con un gusto dark che solitamente non gli appartiene, ed era un’operazione piuttosto rischiosa e complicata. Ancora più che in "Dracula".



    Bramo: Alcune movenze dei personaggi (il claudicare di Hyde, i movimenti convulsi di Paperonew quando è fuori di sé, il gesticolare di Pipperson etc.) ricordano da vicino la fluidità dell'animazione: hai guardato a qualche prodotto animato in particolare per ispirarti nella rappresentazione dei personaggi in movimento?

    Fabio: No. Quando mi approccio a una tavola siamo io e la tavola bianca, difficile che cerchi spunti visivi da qualche altra parte. Questo semplicemente per evitare di essere troppo influenzato da qualcosa. Ma leggo e guardo moltissimo, e certamente lo studio dell’animazione (non solo Disney) è stata molto importante nella mia formazione artistica.
    Credo si noti parecchio nel mio disegno.




    Valerio: Come ho scritto in quel papiro di recensione, le mie papille disneyane sono state titillate dal vedere un tale dispiego di personaggi. Mentre in animazione siamo abituati a vederli agire insieme, sulla carta bisogna attendere eventi, feste comandate, celebrazioni e storie promozionali perché avvengano "crossover".
    Nella vostra storia invece ci troviamo in una Londra in cui paperi e topi convivono con tranquillità come se fosse sempre stato normale, e questa naturalezza nel loro status quo "si respira" a pieni polmoni. L'effetto che mi ha fatto è stata quella di due anime gemelle che finalmente si incontrano e danno vita a qualcosa che va oltre la somma delle loro parti. La cosa funziona così bene che mi sono chiesto se contaminazioni di questo tipo debbano per forza rimanere legate a eventi speciali, e non si potrebbero sfruttare di più. Puoi spiegarci il tuo punto di vista?


    Fabio: Avevo già affrontato parzialmente la cosa lavorando sulle tavole di "Kingdom Hearts", trovandola una cosa molto naturale e per niente forzata. Sono tutti personaggi straordinari, un vero e proprio microcosmo che rappresenta su carta l’universo interiore degli uomini.
    Insieme possono rappresentare qualsiasi commedia umana. Dunque non vedo la necessità di tenerli slegati a tutti i costi, poiché le due anime possono convivere molto bene, come abbiamo visto con questa storia. A seconda delle necessità narrative, naturalmente, se serve davvero e non per il solo gusto di fare un minestrone.




    LBreda: Ti sei ritrovato a dover disegnare un Paperino "cattivo". Paperino può essere irascibile, talvolta anche lunatico, ma difficilmente può arrivare a fare ciò che fa in questa storia. Come hai preso la sfida? Renderlo sufficientemente riconoscibile nonostante tutto è stato difficile come sembra?

    Fabio: Paperino ha fatto cose assurde in storie del passato, mi vengono in mente alcune cose di Martina di una ferocia totale, ad esempio quando lo fa sparare contro un leone cieco e zoppo, che tra l’altro per vivere chiede l’elemosina a lato strada (e per “il santuario”, nemmeno per sé)! Solo una pagina dopo uccide a fucilate un povero asinello, fuggendo dalla folla che lo vuole impalare. Ed era Paperino, proprio lui, non un qualche terribile personaggio interpretato da Paperino in chissà quale rivisitazione! Altri tempi, certo. Ma insomma, direi di no, non ho avuto particolari problemi a farlo recitare così. È un grande attore, in teoria può fare - quasi - qualunque cosa. E qui noi avevamo in realtà la figura di un papero, generico, mascherato dalle ombre, e appena percettibile sotto la pesante cappa del mantello e della tuba. Il volto, poi, doveva restare sempre nascosto. Ecco, piuttosto è stata questa la sfida vera, far recitare un personaggio che non si doveva vedere in viso, dunque privato dell’arma più potente di un attore, le sue espressioni facciali. Non mi restava che far recitare il suo corpo, anzi la sua intera figura, compresa dei lembi degli abiti! E queste sono tecniche che vengono dall’animazione. Non ho fatto recitare solo la sua figura, ma anche l’ambiente circostante, la nebbia che lo avvolgeva, ad esempio. Insomma sì, è stato difficile come sembra!
    La prima tornata di domande ai due autori finisce qui.
    Ma Enna e Celoni si sono resi disponibili a rispondere anche alle eventuali domande che potranno nascere in seguito alla lettura seconda parte della storia: quindi avanti, non siate timidi! Se avete delle curiosità su Lo strano caso del Dottor Ratkyll e di Mister Hyde, questa è l'occasione giusta per farle ;)
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    Su Topolino 3071 troviamo la seconda parte de "Lo strano caso del Dottor Ratkyll e di Mister Hyde" di Enna e Celoni.
    A volte ho paura a guardare le sue opere. Paura di quella loro perfezione assoluta. Sembra che quest'uomo non conosca solo la magia di ogni mezzo tecnico, ma sappia anche agire sulle corde più segrete dei pensieri, delle immagini mentali e dei sentimenti umani. Sergej M. Ejzenstejn su Walt Disney
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    Giunge al termine la nuova Grande Parodia di Enna e Celoni, quarta di questo nuovo filone di omaggi letterari di lusso. E, a giochi conclusi, si può senza dubbio dire di essere di fronte alla migliore del lotto. Ratkyll porta all'estremo ogni pregio già visto nelle precedenti opere: prima di tutto abbiamo il rispetto dell' originale, di cui si è cercato di restituire il sapore visivo e narrativo. Poi c'è ovviamente un meraviglioso uso del cast disneyano, personaggi sfaccettati che vengono giudicati dall'autore perfettamente degni di interpretare storie profonde e intelligenti, senza mai dimenticare l'emozione e l'umorismo. Il tutto messo trionfalmente in scena dal comparto grafico di un Fabio Celoni straordinario. Il suo tratto è fluido, sfrenato, disturbante e aggressivo ma basta guardare il volto dei suoi personaggi per ritrovare in loro l'eleganza e l'espressività del miglior Disney.

    L'esito della storia non è per niente banale. Ogni personaggio metterà in discussione le sue caratteristiche pur rimanendo profondamente sé stesso, come tutti gli esseri umani. La "cattiveria" di Hyde, la follia di Archimede, l'aggressività di Pippo sono tutti elementi che alla luce della spiegazione di Topolino acquisiscono un sapore nuovo, più vero. Enna scrive ottimo metafumetto, avventurandosi su un territorio già battuto da menti eccelse come quella di Ortolani, e da lì ci lancia un messaggio arguto e intelligente. Il fulcro di tutto quanto è proprio ciò di cui ci si poteva accorgere sin dal primo episodio, e che trova adeguata espressione nella frase pronunciata da Topolino nell'ultima tavola:

    Paperi e Topi, insieme! E' proprio questo dualismo, questa fantastica peculiarità a rendere il nostro mondo così unico!

    Enna ci ricorda dunque che questi due universi narrativi sono due metà della stessa mela, e che possono trarre forza l'uno dall'altro, se usati nel modo opportuno. La comunità scientifica che ride e deride sostenendo che "non possa esserci alcun legame tra Paperi e Topi" non può non ricordare i pregiudizi che per anni sono piovuti sul povero Calisota, che è diventato in alcune occasioni addirittura vittima di tale dualismo e degli stereotipi ad esso connessi. Ma non bisogna dimenticare che in origine questi personaggi vennero concepiti all'interno di uno stesso ambito, ed è insieme che hanno vissuto la loro fase più verace. Si è parlato molto in questi anni di decostruzione del fumetto disneyano come arma finale contro la ripetitività di certi cliché. Enna qui fa qualcosa di diverso, di migliore. Ci regala una nuova chiave di lettura per questo universo fumettistico, un'umilissima proposta di ricostruzione, con la consapevolezza di star maneggiando qualcosa di più di semplici personaggi monodimensionali.

    Per farla breve: Ratkyll è una Signora Storia, di quelle che rendono fieri di aver letto le vicende di quelle tre brave persone che sono Topolino, Paperino e Pippo.
  • Volevo aspettare a comprare Topolino #3071 per accaparrarmi direttamente la splendida variant cover... ho resistito fino a ieri, non di più :P (specie dopo aver scoperto che comunque prima di settimana prossima non sarebbe arrivata in fumetteria ^^'' ).
    Comunque, non potevo porre tempo in mezzo per vedere il gran finale di Lo strano del Dottor Ratkyll e di Mister Hyde, di Bruno Enna e Fabio Celoni. E la seconda parte della storia non delude affatto le mie aspettative. La trasposizione prosegue in modo piuttosto fedele per quanto riguarda la scansione degli avvenimenti, anche se nelle ultime tavole la scollatura tra questa versione disneyana e il romanzo originale si configura certamente come maggiore rispetto alle tavole precedenti. La cosa però non appare come una stonatura, andando a focalizzarsi su quell'elemento che lo sceneggiatore non aveva certo nascosto di voler approfondire, approfittando del lavoro di Stevenson: la dualità Topolino/Paperino intesi come le due anime della disneyanità.
    È quindi pertinente che il finale dell'avventura rappresenti la dualità del protagonista non tanto secondo dettami buono (razionale)/cattivo (istintivo), quanto piuttosto la posatezza di Topolino a confronto con l'irascibilità di Paperino: il lavoro di Enna era tutto volto a questo momento topico, questo disvelamento che mostra analogie e differenze tra i due universi disneyani per eccellenza, tra i due caratteristi principali dell'intero cast.
    Il monologo di Ratkyll nelle ultime due tavole è emblematico: il perfetto equilibrio nella narrativa Disney sta nel saper dosare con consapevolezza sia il carattere "sanguigno" di Paperino, sia quello più razionale e posato di Topolino.
    Il momento della trasformazione è centrale anche sotto il profilo grafico: Fabio Celoni infonde infatti in quelle particolari vignette un'intensità del disegno che ha davvero dell'incredibile, il mutamento che riporta Ratkyll al posto di Hyde è inquietante, anche grazie all'efficace colorazione a cura di Celoni e Mirka Andolfo. Il dramma, che si respira per tutte le tavole della storia e soprattutto in questa seconda parte (vedere il capitolo dell'incidente della finestra, per dire, dove Ratkyll appare già molto provato nel fisico), ma esplode nel momento della mutazione, e sono pagine che davvero resteranno scolpite nella memoria dei lettori per molto, molto tempo. Celoni firma una pagina della Storia del fumetto Disney con quelle vignette, riuscendo a rendere accettabile esteticamente, ma aberrante filosoficamente, una metamorfosi che nulla ha di umano.
    Il lavoro di Enna/Celoni è quindi un istant-classic, in modo ancora più marcato di quanto non fosse Dracula: stavolta la fedeltà con il testo originale si sposa e si esalta con un messaggio metafumettistico di rara grazia e potenza, quasi un manifesto che porta ad un nuovo livello il concetto di "i personaggi Disney sono così duttili che possono interpretare qualunque storia". Qui i personaggi non solo "interpretano" una novella già esistente, ma vi si immergono e la fanno completamente propria, rendendola terreno fertile per una riflessione fondante di tutto questo immaginario.
    Ah, e Pipperson che cerca ripetutamente di affettare Hyde con un chiaro intento... definitivo, è una forza della natura, una versione davvero efficace del personaggio.

    Il resto del numero, ahimè, offre ben poche attrattive.
    Il buon Macchetto fa una storia delle sue, con la rima nel titolo, gli standard characters che si riducono a comprimari per mettere al centro un personaggio nuovo e one-shot, latore di un messaggio particolare che è quindi il vero protagonista della storia. Che sia il cibo donato dai paperopolesi o l'importanza delle lettere scritte a mano, la sostanza non cambia: una storia eccessivamente melensa, di poca sostanza, dove prevalgono i buoni sentimenti senza scampo alcuno e dove l'intreccio è ben poco interessante. Niente di significativo se non il messaggio, insomma, che comunque lascia un po' il tempo che trova per come viene esposto.
    Alle matite Marco Mazzarello, che qui mostra un leggere miglioramento rispetto allo stile di alcuni mesi fa, ma a parte alcuni guizzi siamo sempre su un livello poco soddisfacente.
    RoM realizza la prima breve che non mi detto proprio nulla: una gag allungata di 4 pagine, con una risoluzione telefonata.
    Taccio invece sull'ennessima bassottata disegnata da Amendola, che pare essersi specializzato :P Il plot di Palmas non brilla di originalità e ben presto il lettore può capire dove andrà a parare la storia.
    Mi ha annoiato, infine, la storia dei Tre Moschettieri e del tennis, che fonde uno svolgimento già visto con trovate balzane che cercano di fare dell'anacronismo il fulcro della comicità presente, non riuscendoci. La gag finale sull'invenzione del calcio era già vecchia nel 1995.
    Andrea "Bramo" L'Odore della Pioggia
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  • Complimenti a Enna e Celoni per aver realizzato quella che a parer mio è ben più di una parodia ma un vero e proprio adattamento disneyano, che declina il tema del doppio nella maniera più intelligente e consona ai personaggi. In Ratkyll e Hyde Topolino e Paperino non si limitano a recitare un ruolo (per il quale avrebbero comunque tutti i requisiti) ma reinterpretano l'opera originale a modo loro, non solo rendendole pienamente giustizia ma fornendo un utile spunto di riflessione, che giustifica e valorizza la scelta di impiegare il linguaggio disneyano per raccontare nuovamente questa storia. Avercene.

    Domanda: In Potere e Potenza Artibani uccide Paperino, in Ratkyll e Hyde Donald "scompare definitivamente"... state cercando di dirci qualcosa? :P Più seriamente, nonostante la storia si concluda con una nota positiva, non posso fare a meno di considerarlo un finale molto coraggioso e difficile. Ci sono mai stati dubbi su questa scelta?
  • Ho anch'io alcune domande per gli autori, in seguito al fine del Dottor Ratkyll e di Mister Hyde :)

    Bruno:
    - Nell'acceso confronto tra Hyde e Pipperson, quest'ultimo diventa piuttosto violento: ora, già la settimana scorsa in una domanda su Pippo/Pipperson mi avevi risposto che anche in questa parodia "Pippo resta Pippo", ma qui mulina un'ascia e cerca di usarla "come si conviene". Come ti sei regolato nel descrivere questa reazione senza superare certi paletti e senza snaturare la classica indole del personaggio?
    - Da dove deriva la battuta (ricorrente) sul fatto che Londra tutti scrivono lettere?
    - Alla luce del "messaggio finale", ritieni che il carattere di Topolino contenga un po' anche quello di Paperino, e viceversa? In tal caso, come uno sceneggiatore dovrebbe modulare queste ambivalenti caratteristiche nell'uso dei personaggi?

    Fabio:
    - Come hai scelto quali fasi della trasformazione da Donald Hyde a Henry Ratkyll mostrare? Come hai gestito gli elementi topeschi e papereschi in un unico corpo?
    - Nell'acceso confronto tra Hyde e Pipperson, quest'ultimo diventa piuttosto violento: come ti sei regolato nel ritrarre un Pippo così "estremo" senza superare certi paletti e senza snaturare la classica indole del personaggio?
    - Quanto l'esperienza di disegno realistico e orrorifico su Dylan Dog ha aiutato nella resa estetica del Dottor Ratkyll e di Mister Hyde?
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  • Io ho due domande su alcuni passaggi della storia che non ho ben compreso:

    - Sul finale scopriamo che Hyde non era deforme, malaticcio, debole o chissà che. E allora perché celava a tutti il suo volto? Non mi sembra che avesse alcunché da nascondere, né si spacciava per Ratkyll ma si faceva identificare da tutti giustamente come Hyde. Insomma, poteva essere un papero qualsiasi. Da dove derivava questo disagio nel mostrarsi in pubblico?

    - Al contrario, abbiamo un capitolo in cui Ratkyll è sereno, afferma di stare benissimo e di potersi sbarazzare di Hyde a piacimento. Eppure quel momento è successivo all'episodio del mercato, in cui vediamo Hyde cercare affannosamente il sale raro, suggerendo che la trasformazione era già andata fuori controllo. Come si spiega?
  • Bramo ha scritto: - Nell'acceso confronto tra Hyde e Pipperson, quest'ultimo diventa piuttosto violento: ora, già la settimana scorsa in una domanda su Pippo/Pipperson mi avevi risposto che anche in questa parodia "Pippo resta Pippo", ma qui mulina un'ascia e cerca di usarla "come si conviene". Come ti sei regolato nel descrivere questa reazione senza superare certi paletti e senza snaturare la classica indole del personaggio?
    Ora, non so come risponderà Enna, ma personalmente non mi sembra che usare una caspita di ascia sia tutta questa snaturazione del personaggio, eh.
    <Grrodon> Sì ma a 15 anni è troppo vecchia
  • Mason ha scritto:
    Bramo ha scritto: - Nell'acceso confronto tra Hyde e Pipperson, quest'ultimo diventa piuttosto violento: ora, già la settimana scorsa in una domanda su Pippo/Pipperson mi avevi risposto che anche in questa parodia "Pippo resta Pippo", ma qui mulina un'ascia e cerca di usarla "come si conviene". Come ti sei regolato nel descrivere questa reazione senza superare certi paletti e senza snaturare la classica indole del personaggio?
    Ora, non so come risponderà Enna, ma personalmente non mi sembra che usare una caspita di ascia sia tutta questa snaturazione del personaggio, eh.
    Scusami, ma non ho capito il concetto. Ascia o non ascia, si sta parlando di un Pippo/Pipperson violento. Da quando Pippo è consuetudinariamente violento?
  • Credo che Pippo possa diventare violento all'occorrenza, quando fa ridere che lo diventi.

    Questi personaggi sono stati tutto e il contrario di tutto, per cui la domanda non è se possano fare una determinata cosa, secondo me, ma quale sia il modo in character di fargliela fare.

    Imho uno dei trucchi è provare a immaginarsi la loro voce. Se mi immagino Bill Farmer incazzato nero, ecco che ho un perfetto riferimento mentale per Pippo con l'ascia.
  • Che Pippo possa essere divertente con un'ascia in mano lo sappiamo ;)

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    Ecco, io Pippo lo vedrei meglio usare un'ascia facendo danni, che non- come cita Bramo- "come si conviene". Cioè, se io dovessi immaginarmi Bill Farmer doppiare quella scena, vista anche l'espressività nelle vignette della storia, non riesco a trovarlo divertente come ne "Il principe e il povero". Dopotutto sappiamo anche che Goofy/Bill Farmer sa essere serissimo quando vuole, non mi sembra soltanto una questione di voce.

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    Poi son solo punti di vista personali, eh.
  • Durante lo scontro verbale con Max Pippo è serio ma la sua intonazione rimane sempre divertente. La scena non è divertente, ma emozionante proprio perché giocata sul senso di pena che è possibile provare per il personaggio, capace di soffrire pur regalandoci tante risate.
  • Ma infatti. Ho visto un sacco di recuperi in questa storia. Anche del bistrattato Martina, che è vero che distruggeva e storpiava del tutto le opere che parodiava, ma che comunque agli inizi considerava Paperopoli e Topolinia un unicum più o meno indistinto. C'era anche Pippo nel Don Chisciotte, nella Paperiade, nel Kid Pampeador, nel Paperin Meschino (e quest'ultima mi fa pensare vagamente ad Hyde). C'era anche il topo nella Paperopoli liberata. E c'era l'istinto ferino dei personaggi, che erano al contempo macchiette e persone e, come hanno detto anche gli autori, facevano "cose da uomini" senza problemi. Ora, veniamo a noi. Dracula, a mio avviso era un mezzo flop. Lodevole intenzione, graficamente sontuosa, ecc., ma in sostanza "bof, e quindi?". Questa volta l'intento si è trasformato in qualcosa di concreto. Il ritmo è quello del recente Artibani, "animazione a fumetti" in estrema sintesi. Sia chiaro: stilisticamente anche Dracula era in buona parte così. Stavolta però il risultato mi è sembrato molto più fluido - e nonostante la struttura a capitoli originale! - e ho trovato il climax della trasformazione condotto in modo esemplare. Sono arrivato lì e la vignetta in cui spunta l'orecchio mi ha eccitato. "Sto assistendo ad un nuovo mediometraggio che da vecchio guarderò piangendo come faccio ora con Mickey's Christmas Carol!", ho pensato in quel momento. Ma due tavole dopo è arrivata l'ultima vignetta di pag.146, con i due Basettoni a riportarmi alla realtà. "Ah, no, è un fumetto del 2014". Ma ho tirato sino alla fine con estremo piacere, merito anche della piacevolissima voce off indidata.
    A parte quella vignetta che non ho capito (uno è Basettoni e l'altro il postino, ma mi sembrano uguali), direi: un capolavoro fatto e finito E il capolavoro di Enna (Celoni ne ha già tanti all'attivo), che mai mi è sembrato così vicino alla perfezione stilistica e narrativa.

    Ah, e come avevo già scritto prima che uscisse la storia, a me piace un sacco avere questo romanzo in triplice versione: papera, topa e ibrida-definitiva. Non avrei gradito un doppione di una delle prime due, e a dire il vero non capisco perché quest'ultima versione non sia stata fatta prima.
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    Ottimo lavoro.
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    Su Topolino 3072 troviamo il ritorno di Fantomius di Marco Gervasio e "Zio Paperone... contro Paperopoli" by Vito Stabile e Jacopo Cirillo.
    A volte ho paura a guardare le sue opere. Paura di quella loro perfezione assoluta. Sembra che quest'uomo non conosca solo la magia di ogni mezzo tecnico, ma sappia anche agire sulle corde più segrete dei pensieri, delle immagini mentali e dei sentimenti umani. Sergej M. Ejzenstejn su Walt Disney
  • Se un Fantomius cavazzaniano occhieggia dalla copertina, significa che il numero su cui troneggia è da comprare :)
    E Topolino #3072 non delude, offrendo un parco storie molto buono.
    Ok, ok, faccio il monsieur critocon e dico che la breve di Rockerduck e Filo Sganga ha un finale che mi ha smosciato, peccato perché la costruzione iniziale della storia prometteva uno sviluppo migliore e i disegni di Tosolini mostrano un'evoluzione del tratto... ma si risolve troppo in fretta e troppo banalmente.
    Peggio fa la storia dei Bassotti rapper: i personaggi sono ben fatti recitare da Buratti, ma il plot sa di già visto e anche il modo in cui l'avventura si conclude non è nulla di originale. La storia si appoggia soprattutto sul divertimento delle rime di quanto cantato dai Bassotti, per il resto bof; belli però i disegni di questo tal Libero Ermetti, che ha un tratto incisivo, che mi ha convinto, in bilico tra tradizione e appeal contemporaneo.

    Ma per il resto c'è da essere soddisfatti, a mio avviso.
    Alessandro Sisti firma Topolino e il capolavoro perduto, una storia di sapore promozionale, legata alla giornata dei musei, ma il risultato è certamente più felice della macchettata di settimana scorsa. Topolino e Pippo devono scoprire un mistero del passato, ma nonostante la presenza di Zapotec e Marlin non avranno bisogno di adoperare la macchina del tempo, riuscendo a venire a capo della turbolenta vicenda proprio grazie al museo della città di cui sono ospiti e alla conoscenza del luogo stesso, di cui il museo è "un riassunto", come detto nella storia. Bel messaggio, efficace e immerso in una trama avvincente. La classe non è acqua, insomma, e lo mostra anche Limido che ultimamente sta rimpolpando di fascino il tratto che già negli anni '90 amavo ma che qui acquista quasi tridimensionalità.

    I due fiori all'occhiello del numero comunque sono Fantomius e la storia scritta a quattro mani da Vito e Cirillo.
    La Maschera di Fu Man Etchù è il nuovo capitolo made in Gervasio della sua personale saga sull'originale proprietario del costume "vendicativo" ;) Il ladro gentiluomo è in trasferta in Cina, e più che il furto di turno risultano molto interessanti i personaggi di contorno qui introdotti: innanzitutto il criminale cinese che dà il titolo all'avventura, citazione del Dottor Fu Manchu, che viene caratterizzato dagli starnuti che condizionano anche il suo "malvagio" piano. Normalmente mettere certe situazioni esageratamente in burletta rischia di rendere troppo semplicistica la storia, ma l'autore romano trova la chiave giusta per rendere i siparietti divertenti e interessanti. L'attenzione la ruba tutta Lady Senape, però, che a dispetto del nome d'arte che non mi entusiasma si rivela un personaggio di grande carisma, esteticamente molto attraente (onore al merito anche al Gervasio disegnatore, insomma ;) ) e dal background interessante.
    Bene così.

    Il sodalizio tra i due giovani sceneggiatori più promettenti degli ultimi due-tre anni dà buoni frutti: Zio Paperone... contro Paperopoli è un buon esempio di come dovrebbe essere una storia paperopolese godibile, avvincente, divertente e concreta, restando comunque semplice e senza troppi fronzoli.
    Dei due autori, probabilmente si sente più la mano di Vito: la tavola di prologo prima del titolo, Paperone in difficoltà che deve ribaltare la situazione, la grinta del personaggio sono tutti marchi di fabbrica che caratterizzano le storie di Stabile. La presenza di Jacopo Cirillo si avverte però in alcuni importanti dettagli come l'attenzione verso la reazione del web al "tonfo" paperoniano e ad alcune battute e gag che mi ricordano lo stile di Cirillo.

    Mi pare che l'unione tra le anime dei due autori abbia così creato una storia molto buona, la cui pecca è da ricercare non in sé ma nella "cronologica" di Vito, se così posso dire: ormai sono troppe le occasioni in cui lo sceneggiatore fa cadere in rovina lo Zione per poi far emergere tutta la sua tempra con cui rifarsi, quello che dovrebbe essere un evento "una tantum" (non per la difficoltà, ma per le dimensioni sempre "definitive" che queste difficoltà hanno) è diventato troppo ricorrente, smorzandone la forza catartica. Ed è un peccato, perché prese singolarmente sono tutte avventure in cui lo spirito paperoniano vincente e originario viene fuori in modo convincente.
    Lo stesso discorso, ma in tono minore essendo un fattore di forma più che di sostanza, si potrebbe fare sulla tavola di prologo: iniziare una storia inserendo il titolo in seconda tavola è anch'esso uno stratagemma solitamente usato con parsimonia, a sottolineare avventure particolari, ma Vito ha aperto in questo modo la maggior parte delle sue storie, anche qui secondo me indebolendo un po' il significato di questo gesto.
    Ovviamente si potrebbe inquadrare la cosa come un vezzo che caratterizza la produzione di Stabile, come la quadrupla all'inizio di quasi tutte le storie di Cimino, ma è comunque un'abitudine che merita una riflessione.

    Tornando alla storia di questo numero, comunque, come dicevo queste elucubrazioni si infrangono contro una sceneggiatura che, forte del sodalizio da cui è nata, riesce ad avere più di una faccia e a saper raccontare qualcosa di molto buono, che oltre a parlare del protagonista dice molto anche sui paperopolesi, che qui (come in altri casi) rappresentano molto bene lo stereotipo della massa pronta a mettere alla berlina qualcuno per un minimo errore, così come è pronta a farsi abbagliare dal primo venuto che promette mari e monti blandendo tutti e così come è pronta a seguire l'ultima moda.
    È una storia che ha tanto da dire, e disegni di Valerio Held aiutano molto in questo senso: il suo Paperone ha delle espressioni facciali sempre azzeccate e molto be disegnate, ed è un protagonista che tiene sempre degnamente la scena. Vignette poi come la quadrupla di pag. 138 o quelle in cui i nipoti cercano di essere vicini allo Zione sono un piacere per gli occhi :)
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  • Zio Paperone... contro Paperopoli
    Mi sentirei di discordare con Bramo sulla ripetitività delle storie con Paperone che rischia di finire sul lastrico, dato che in fondo non ci sono molte altre minacce da porre di fronte ad un personaggio che di mestiere fa l'imprenditore. Tantomeno trovo ripetitivi i prologhi, tecnica che molte serie televisive utilizzano all'inizio di ogni singolo episodio senza che nessuno ne sia mai venuto a noia.

    La trama mi ha comunque lasciato qualche riserva, trovo che non spicchi più di tanto, mancando di un vero e proprio fulcro, di un "tema" che la caratterizzi: si passa molto frettolosamente da [spoiler]la sonnolenza di Paperone, alla reazione della città, la presentazione delle industrie Sheen, la scoperta della truffa e così via[/spoiler], tutti punti della trama appena accennati e non sviluppati a dovere.

    Piuttosto facilone poi, il segmento finale, con il villain che si scopre essere responsabile di [spoiler]una non meglio spiegata truffa ai danni di un'intera città[/spoiler], portando poi ad un conflitto finale pieno di reazioni affrettate e banali da parte di tutti i personaggi in campo, argomentazioni sinteticissime, e lo smascheramento del cattivo che avviene in maniera innaturalmente rapida, insomma una roba che fa sembrare i processi di Ace Attorney realistici.

    Non parliamo poi del linguaggio internettiano, ancora MOLTO forzato, con quell' "Epic Fail" usato in maniera innaturalissima con tanto di inopportuna didascalia.

    Infine, una nota sulle gag: [spoiler]l'allarme che sembra avere smesso per poi riattaccare, i parenti che vengono inseguiti a turno, il tormentone del nipotino Timmy[/spoiler], sono tutti momenti che sulla carta dovrebbero strappare un sorriso, ma qui non ci riescono, a causa dei disegni troppo pupazzosamente rigidi, assolutamente privi di dinamicità ed emozione e che dunque tarpano le ali ad ogni tipo di gag "cartoonosa".
    <Grrodon> Sì ma a 15 anni è troppo vecchia
  • Mason ha scritto:Mi sentirei di discordare con Bramo sulla ripetitività delle storie con Paperone che rischia di finire sul lastrico, dato che in fondo non ci sono molte altre minacce da porre di fronte ad un personaggio che di mestiere fa l'imprenditore.
    Se non fosse che negli anni lo abbiamo visto minacciato in varie situazioni, al di là dell'entità del danno subito. Paperone lo conosciamo, non ha bisogno di essere messo per forza di fronte al fallimento economico: si può muovere perché non vuole perdere contro un rivale, perché vuole dimostrare qualcosa o anche banalmente perché è un catastrofista bambinone.
    Può subire delle perdite, anche gravi... ma non c'è bisogno che *effettivamente* finisca sul lastrico con il deposito svuotato, specie se la cosa incide poco come in questa storia.

    Tantomeno trovo ripetitivi i prologhi, tecnica che molte serie televisive utilizzano all'inizio di ogni singolo episodio senza che nessuno ne sia mai venuto a noia.
    Non solo il medium è diverso, ma come dici tu si tratta di serie... l'effetto è del tutto diverso quando si tratta di storie autoconclusive.

    Ma il punto è un altro e la recensione di Bramo lo mette bene in evidenza. E' un discorso autoriale, per cui l'utilizzo di certi spunti o determinati espedienti narrativi (accettabili ed accetati senza problemi guardando la storia singola) non può che risaltare negativamente se diventa ricorrente in molte storie dello stesso autore, soprattutto se la sua produzione è ancora quantitavamente limitata e se ritroviamo le STESSE combinazioni tra plot e sceneggiatura. Non c'è problema con Paperone sul lastrico e con il prologo (o con lo zione in ritiro bucolico o con la famiglia che gli sta vicino durante le difficoltà), ma... rivederli a così breve distanza da altre storie molto simili dello stesso autore? E' una cosa che si nota e che giustamente si segnala.
    Poi ovviamente lo si fa senza demerito per la storia stessa e senza allarmismi (e infatti Bramo non ha fatto nessune delle due cose), anche perché non sappiamo nè quando la storia sia stata scritta rispetto alle altre nè quanto le scelte "incriminate" siano attribuibili all'uno o all'altro autore.


    Il sottoscritto l'ha trovata una storia sicuramente non eccelsa, ma comunque discreta. Non ho gradito molto tutto il [spoiler]GOMBLOTTONE[/spoiler] che è abbastanza sciocco, complice anche un villain davvero mediocre... ma vabbé, era probabilmente funzionale all'ottima satira sui paperopolesi pecoroni.

    (Comunque lol, sull'epic fail sei troppo severo. Addirittura INOPPORTUNA la dida esplicativa? :umh: )
  • @PORTAMANTELLO:

    Ovvio che Paperone possa muoversi nei modi che hai descritto, ma in fondo non c'è molta differenza tra i due tipi di trama, se non l'entità del danno subito da Pap; dunque ne concludo che l'errore qui sia stato mostrare quel paio di vignette con Paperone che si considera rovinato.

    E comunque, si, l'Epic Fail coon la didascalia merita tutti gli insulti di questo mondo :P
    <Grrodon> Sì ma a 15 anni è troppo vecchia
  • Mason ha scritto:ma in fondo non c'è molta differenza tra i due tipi di trama, se non l'entità del danno subito da Pap
    Nope :P
    Intendo proprio che la misura monetaria del danno può anche non essere direttamente proporzionale alla minaccia avvertita da Paperone o alle motivazioni che lo inducono ad agire. Mentre la tua argomentazione era che non ci fossero tante altre insidie da opporre ad un imprenditore.

    Ed è la storia stessa a smentire questa affermazione. Il danno economico di Paperone passa nettamente in secondo piano rispetto al danno d'immagine, agli sputtanamenti vari e al mobbing nei confronti del parentume. Queste minacce sono ben più concrete ed importanti (per il personaggio e per il lettore) di un deposito che si svuota fin troppo facilmente e senza conseguenze tangibili. Parlare di ERRORE è troppo, ma come scena è sicuramente superflua sia considerando la vera posta in gioco sia lo scarso peso che un evento del genere ha nell'economia (ah! :P) della trama (senza contare i già citati effetti da deja-vù).
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