Lo scopo della segregazione dei corti Ghibli è regalare all'animazione una "aura" di alto artigianato, o addirittura di arte (vedi il nome del museo, in italiano in originale: "Museo d'Arte Ghibli"). Con questo sistema, andare al Museo Ghibli e vedere Pan-dane dovrebbe diventare come, fatte le dovute proporzioni, andare al Louvre e ammirare la Gioconda. Con i lungometraggi non si può fare altrettanto: quelli vanno diffusi e adattati alle logiche dell'intrattenimento di massa. I lungometraggi devono avere più successo possibile per far sopravvivere lo Studio Ghibli e il suo ideale di cinema, che però, paradossalmente, viene probabilmente raggiunto più nei corti che nei lungometraggi. Miyazaki a Venezia nel 2005 lo aveva detto, un po' scherzando, un po' sul serio: faccio i film per permettermi i corti. Se potessi, farei solo corti per il Museo.
Personalmente, ritengo che alla base di questa concezione, che pure ha degli aspetti lodevoli, ci sia una forzatura. Infatti, il cinema è un'arte per cui il concetto di "originale" è molto complesso da identificare. Semplificando, se io vado al Museo Ghibli e mi guardo Pan-dane, non vedo un fantomatico "originale" di Pan-dane: vedo sempre e comunque una copia di Pan-dane. Se invece io vado al Louvre, io vedo l'originale della Gioconda, punto e basta. Ma allora, magari, si potrebbe dire che l'"originale" del cinema è l'esperienza cinematografica: vedere Pan-dane al cinema. Se questo fosse vero, la pubblicazione del corto in dvd o supporti analoghi dovrebbe dunque essere consentita: quello in dvd non è Pan-dane così com'è stato concepito dal suo ideatore, ma ne è una riproduzione imperfetta. Così come una stampa della Gioconda non è la Gioconda. Se vedo una foto della Gioconda, io non ho realmente visto la Gioconda: ho bisogno di andare al Louvre. Così, se vedo un film in dvd, io non ho realmente visto quel film: devo andare al cinema.
Il problema è che l'ideale "artistico" dello Studio Ghibli si scontra con la cultura di massa in cui per sua natura è inserito. Il consumatore medio di animazione si accontenterebbe del Pan-dane in dvd, senza sentire il bisogno di andare al Museo Ghibli per fare l'esperienza cinematografica "originale". L'unica via d'uscita rimasta allo Studio Ghibli per arrivare al suo scopo è stata dunque quella di proibire ogni accesso al corto al di fuori del Museo. In questo modo si è creata, in maniera perversamente efficace, una percepibile "unicità" dell'opera cinematografica -che però alla base rimane assolutamente illegittima, visto che il cinema non è fatto di oggetti "unici".
O meglio, è il prodotto finito che non è un oggetto unico: nell'animazione, Ghibli e non solo, le premesse al film sono invece sicuramente fatte di oggetti "unici": i cel, i fondali, i layout, gli storyboard, e tutti i materiali "artistici" che sono elaborati durante la lavorazione. In effetti, a ben guardare, è questa produzione che lo Studio Ghibli vuole massimamente salvaguardare e a cui vuole restituire la piena dignità di "arte". Sono state diverse sinora, infatti, le mostre -non al Museo Ghibli, ma in musei di arte contemporanea come quello di Tokyo- dedicate ai fondali o ai layout Ghibli. Ed è anche per questo che allo Studio Ghibli si è così radicalmente avversi all'animazione in CG. Non solo per questioni estetiche, ma per il fatto che secondo loro le immagini di un film d'animazione in CG non hanno un corrispettivo materiale univoco che possa essere chiamato "opera d'arte". Kitaro Kosaka, uno dei più importanti direttori dell'animazione Ghibli, lo aveva detto esplicitamente in un'intervista di ormai quasi due anni fa: la materia prima di un film d'animazione realizzato a mano io la posso identificare, toccare ed ammirare. Ma per fare altrettanto per un film d'animazione in CG, che faccio? Stampo un file?
Fedele a questa forma mentale sino in fondo, per cui arte=unicità, non arte=riproducibilità, lo Studio Ghibli ha finito per non limitare la salvaguardia dell'"artisticità" della sua produzione solo ai materiali di produzione, ma anche ai film. Ecco perché ha voluto, con lo stratagemma dei corti, creare un parallelo tra l'esperienza del cinema e l'esperienza di un'opera d'arte. Parallelo che non è però mai, storicamente, esistito: è una creazione Ghibli, frutto dell'estremizzazione di un altrimenti apprezzabilissimo atteggiamento che mira a valorizzare l'arte degli animatori.
L'unica scappatoia che io vedo, all'interno di questa mentalità, è l'analogo di una mostra itinerante. È normale, per i musei, concedere le loro collezioni in prestito ad altre istituzioni per periodi di tempo limitati. In base a questo, allora, è concepibile un'esposizione Ghibli temporanea da tenersi in qualche prestigioso festival o cineteca, dove i corti potrebbero venire mostrati -in proiezioni probabilmente blindatissime- anche ad un pubblico straniero. Questo non farebbe perdere loro la macchinosa "aura" conquistata con tanta fatica.
Cortometraggi Ghibli
La soluzione migliore è una sana via di mezzo, con tanta misura e buon senso. Li si mostra in esclusiva al museo per qualcosa come un anno e mezzo, e dopo li si sdogana. Semplice. Un anteprima che dura un anno e passa direi che è sufficente, piuttosto che violentare il mondo con queste masturbazioni invereconde.
Io, da appassionato, i corti li vorrei anche subito, con tanti saluti agli ideali artistici -che pure posso comprendere ed apprezzare in parte-.
Temo però che in questo meccanismo non esistano compromessi. Se pubblichi uno di quei corti, automaticamente quello non sarà più un'"opera d'arte" e un oggetto da museo. Si potrebbe pensare: per ogni corto "venduto", ne facciamo uno nuovo da mostrare per oltre un anno al Museo. Ma credo sia difficile per lo Studio Ghibli concepire un'"opera d'arte" a tempo, che abbia per giunta tra i suoi scopi l'essere rimpiazzo di un bene di consumo. In effetti, così il Museo Ghibli diverrebbe un "serbatoio" di corti, più che un museo. Non se ne esce... Miyazaki, come già detto, lascia che i suoi film circolino solo perché deve dare da mangiare ai suoi collaboratori. Se no, pare di intuire, piazzerebbe tutto nel Museo -magari senza far pagare alcun biglietto d'ingresso.
Temo però che in questo meccanismo non esistano compromessi. Se pubblichi uno di quei corti, automaticamente quello non sarà più un'"opera d'arte" e un oggetto da museo. Si potrebbe pensare: per ogni corto "venduto", ne facciamo uno nuovo da mostrare per oltre un anno al Museo. Ma credo sia difficile per lo Studio Ghibli concepire un'"opera d'arte" a tempo, che abbia per giunta tra i suoi scopi l'essere rimpiazzo di un bene di consumo. In effetti, così il Museo Ghibli diverrebbe un "serbatoio" di corti, più che un museo. Non se ne esce... Miyazaki, come già detto, lascia che i suoi film circolino solo perché deve dare da mangiare ai suoi collaboratori. Se no, pare di intuire, piazzerebbe tutto nel Museo -magari senza far pagare alcun biglietto d'ingresso.
Un'anteprima di un anno e mezzo a mio parere non sarebbe nulla. È praticamente lo stesso principio dei film cinematografici, ma con un'attesa "triplicata", nulla più.
Capisco quell'aura che si vuole dare almeno ad alcune piccole opere, visitare il Museo Ghibli è un'esperienza arricchita dai corti Ghibli, e vedere i corti Ghibli è un'esperienza arricchita da quella sensazione di unicità e il fatto di vederli col museo Ghibli attorno a te. È un po' come può avvenire a teatro, quell'evento è racchiuso in quel confine e fa parte della magia della fruizione sapere che non potrai vederlo per altre 1000 volte come magari posso fare con Totoro.
Alla fine anche Disney faceva qualcosa di simile coi suoi film: non li editava in home video per farli vedere in sala, e poi li faceva tornare al cinema ogni tot anni, l'unica opportunità del pubblico per rivederli.
Poi fino a qualche anno fa evitava di venderne i diritti di trasmissioni alla televisione, così il film era qualcosa che potevi vedere esclusivamente possedendone l'home video.
Ora invece vedremo Biancaneve in chiaro sulla Rai, è una posizione diversa, che si rivolge a un pubblico più ampio, ma personalmente non vedo in nessuno dei due estremi di questo processo il bene o il male assoluto.
Capisco quell'aura che si vuole dare almeno ad alcune piccole opere, visitare il Museo Ghibli è un'esperienza arricchita dai corti Ghibli, e vedere i corti Ghibli è un'esperienza arricchita da quella sensazione di unicità e il fatto di vederli col museo Ghibli attorno a te. È un po' come può avvenire a teatro, quell'evento è racchiuso in quel confine e fa parte della magia della fruizione sapere che non potrai vederlo per altre 1000 volte come magari posso fare con Totoro.
Alla fine anche Disney faceva qualcosa di simile coi suoi film: non li editava in home video per farli vedere in sala, e poi li faceva tornare al cinema ogni tot anni, l'unica opportunità del pubblico per rivederli.
Poi fino a qualche anno fa evitava di venderne i diritti di trasmissioni alla televisione, così il film era qualcosa che potevi vedere esclusivamente possedendone l'home video.
Ora invece vedremo Biancaneve in chiaro sulla Rai, è una posizione diversa, che si rivolge a un pubblico più ampio, ma personalmente non vedo in nessuno dei due estremi di questo processo il bene o il male assoluto.
La politica del film al cinema ogni sette anni è una cosa che Walt faceva quando non esisteva l'home video proprio per dare modo alle nuove generazioni di non perdersi i film. Quanto ai dvd platinum/diamond/quelcheè si basano sullo stesso principio, solo che non sono sempre disponibili. Ma alla fine l'opera circola, è più rara ma può venir fruita senza problemi. Qui stiamo parlando di realizzare delle opere e negarle a qualcosa come il 70% delle persone che potrebbero essere interessate. Perché non tutti possono permettersi un viaggio in Giappone. Senza troppi intellettualismi o segoni mentali che spruzzano in ogni dove, mi sento di dire che è una cretinata.
Ad ogni modo visto che ti piace tanto reltivizzare e parlare di altre culture, sgoditi i corti Ghibli e sappimi dire se ti sono piaciuti.
Ad ogni modo visto che ti piace tanto reltivizzare e parlare di altre culture, sgoditi i corti Ghibli e sappimi dire se ti sono piaciuti.
Per consolarci, c'è un breve documentario sulla lavorazione del nuovo corto -in cui, eccezionalmente, si vedono anche alcuni istanti del corto finito.
Ma guardate che questa prassi dei cortometraggi visibili solo in un luogo specifico non è una particolarità dello Studio Ghibli, ma un uso relativamente diffuso in Giappone (per esempio, anche il museo su Osamu Tezuka fa così). Quindi tutti i discorsi sulla filosofia di Miyazaki e sull'"opera d'arte" vanno a farsi benedire: è solo un mezzo commerciale per attirare gente al museo.
È così in molti musei, ci sono filmati realizzati appositamente, con una filosofia che si oppone a quella dell'omnipossedimento nerd; rimanendo nel campo dell'animazione l'ultimo in ordine di tempo è il corto in stop motion realizzato da Tim Burton per la sua esposizione al MoMA.
Di sicuro, ma Miyazaki finisce per giustificarla pubblicamente anche con la storia del cinema come esperienza "unica" - ed è questa giustificazione ad essere specifica di Miyazaki e secondo me forzata, come dicevo. Il risultato finale è chiaramente lo stesso di quello dei corti del Museo Tezuka e del corto di Burton per il MoMA (che però, se è quello di cui so io,in realtà è circolato anche in internet).RoM ha scritto:Quindi tutti i discorsi sulla filosofia di Miyazaki e sull'"opera d'arte" vanno a farsi benedire: è solo un mezzo commerciale per attirare gente al museo.
Due corti escono dalle mura del Museo. Sono ancora lontani per noi, ma è un buon segno.
http://blog.carnegiehall.org/2011/03/ex ... -film.html
http://blog.carnegiehall.org/2011/03/ex ... -film.html
Il 4 giugno debutterà al Museo Ghibli il nuovo cortometraggio Takara-sagashi ("Caccia al tesoro").
Il film, di 9 minuti, è stato pianificato e supervisionato da Hayao Miyazaki. Non è noto il nome del regista, ma potrebbe trattarsi del "saggio" uscito dalla scuola per giovani animatori Ghibli tenuta da Miyazaki qualche tempo fa.
Lo stile del corto prende spunto dai libri di Rieko Nakagawa e Yuriko Namawaki, che già avevano ispirato a Miyazaki la serie di spot Sora Iro no Tane ("Il seme color del cielo", 1992) ed il corto Kujiratori ("Caccia alla balena", 2001). La storia narra di Yuji, un bambino che trova un bastone contemporaneamente ad un coniglio di nome Gikku. Per decidere chi si terrà il bastone, i due si sfidano in una serie di gare (corsa, salto in lungo, sumo), ma nessuno dei due riesce a prevalere sull'altro.
Il film, di 9 minuti, è stato pianificato e supervisionato da Hayao Miyazaki. Non è noto il nome del regista, ma potrebbe trattarsi del "saggio" uscito dalla scuola per giovani animatori Ghibli tenuta da Miyazaki qualche tempo fa.
Lo stile del corto prende spunto dai libri di Rieko Nakagawa e Yuriko Namawaki, che già avevano ispirato a Miyazaki la serie di spot Sora Iro no Tane ("Il seme color del cielo", 1992) ed il corto Kujiratori ("Caccia alla balena", 2001). La storia narra di Yuji, un bambino che trova un bastone contemporaneamente ad un coniglio di nome Gikku. Per decidere chi si terrà il bastone, i due si sfidano in una serie di gare (corsa, salto in lungo, sumo), ma nessuno dei due riesce a prevalere sull'altro.
E il pensionamento di Miyazaki è di nuovo finito. Dirigerà infatti Kemushi no Boro (Boro il bruco), un cortometraggio destinato ai soli visitatori del Museo Ghibli, in computer grafica 3D.
Eggià.
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Lorenzo Breda
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Oh ma l'aveva detto fin dall'inizio che non avrebbe piú diretto lunghi per dedicarsi ai corti, e mo' si becca dell'incoerente?
Glielo potrete dare quando si ributterà a fare un lungo...
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Cosa che tanto farà al 99,99%
Non è incoerenza, è dipendenza.
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Lo Studio Ghibli nel corso degli ultimi anni ha realizzato tre spot pubblicitari per l'azienda alimentare Nisshin Seifun.
Protagonista il gatto Konyara (si chiama così) disegnato da Goro Miyazaki. Regia di Katsuya Kondou.
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