
Causa Lucca, non avevo ancora avuto modo di commentare il
Topolino di settimana scorsa.
Ne approfitto allora per fare una recensione complessiva che comprende anche quella attualmente in edicola, atteggiamento tanto più sensato considerando che posso così parlare di
Duckenstein nella sua interezza.
La nuova parodia gotica di
Bruno Enna e
Fabio Celoni è infatti il fiore all’occhiello di questo inizio di autunno fumettistico, e credo potrebbe addirittura essere ora come ora la mia preferita delle tre.
Ha un difetto non da poco, in realtà, che si ravvisa nelle ultime tavole: una certa compressione narrativa e un’eccessiva velocità nel chiudere la storia, che rende un po’ squilibrato il ritmo narrativo complessivo che era molto più rilassato nella prima parte. Ma le atmosfere che i due autori hanno saputo immettere nella storia, alcune tavole (quella in cui Paperino/Victor Duckentesin dissotterra la cassa, quella dove cerca in una disperata notte di tregenda la propria creatura fuggita) sono da capogiro per l’intensità del tratto di Celoni, unito ai colori davvero calzanti di
Fabio Merli.
La “barbabietola” di turno è molto sottile e intelligente: dietro alla semplice idea del cartone animato Enna riesce infatti a tracciare un riuscito parallelo tra la creazione della vita e quella artistica, mettendo in luce anche la complessità caratteriale dell’artista stesso, le sue turbe, le sue ansie e difficoltà.
Il fumetto Disney ha una nuova gemma, e dispiace che sia in parte resa opaca da un finale un po’ affrettato, ma resta comunque un’opera fortemente coinvolgente e valida.
Per il botta & risposta... avete già chiesto tutto voi, non ho altre curiosità che non siano già state espresse

Per quanto riguarda le altre storie, partendo dal numero di Lucca Comics… è molto ma molto valido.
Un cosplayer di troppo poteva essere una storiellina giusto per ridere, e sarebbe anche stata giustificata dal suo essere traino per la fiera, ma
Tito Faraci scrive invece un’avventura decisamente ispirata, dove il metafumetto non risulta fine a se stesso ma viene invece incanalato in una trama solida e piacevole, dove abbondano battute divertenti e simpatiche, dove si strizza l’occhio al lettore scafato con le caricature di alcuni fumettisti ma dove, essenzialmente, si parla di Zio Paperone e lo si fa piuttosto bene, con una caratterizzazione adeguata. I disegni di
Giorgio Cavazzano fanno il resto, l’artista deve essersi divertito e questo traspare dalle tavole.
Anche l’accoppiata
Sio-Ziche funziona alla grande:
La spada di ghiacciolo, lungi dall’essere uno sberleffo alla
Spada di ghiaccio di Massimo De Vita, è un simpaticissimo
divertissement che a mio avviso funziona e diverte, contribuendo tra dialoghi e umorismo surreale a dare freschezza al linguaggio disneyano. L’idea del rendere l’avventura a metà tra sequel e reboot ha senso e viene gestita bene, i disegni della Ziche si confermano una volta di più come lo stile più adatto per tradurre gli
storyboard di Sio.
Ciccio Never è la storia più debole del lotto, eppure rispetto ad altre prove di
Riccardo Secchi è senz’altro un passo in avanti: siamo di fronte a una trama che fila, con alcune sequenze accattivanti (i robot dalle fattezze di Battista…) e ad un Ciccio meno noioso o inopportuno del solito in avventure del genere. Alcuni elementi di
Nathan Never vengono parodiati in maniera forse un po’ ingenua e poco ficcante, ma altri (come il cambio di colore del ciuffo) funzionano abbastanza. Sempre molto buono
Perina.
C’è meno da gioire per quanto riguarda il nuovo numero.
La storia con QQQ mi sembra un po’ vacua, non ha una vera direzione ma funziona quasi “a tappe” seguendo gli sbagli che i nipotini starebbero per fare e che vengono impediti dall’invenzione di Archimede… per poi sfociare in uno dei
topos classici di
Carlo Panaro, sceneggiatore della storia, cioè l’intrigo criminale, che appare però staccato dall’invenzione stessa, che dovrebbe rappresentarne il centro.
La “giornata tipo” di Paperino by
D’Antona è forse ancora più inconcludente, nel suo essere… niente più di quello, senza particolari guizzi: tutto punto alla battutina finale, che più scontata non si può.
Simpatiche invece, pur senza essere nulla di che, la storia di Manetta e quella di
Moscato. La prima ci restituisce Manetta e Rock Sassi in una maniera meno macchiettistica, mostrandoli non solo come babbei e in una tram avventurosa ben scritta, la seconda è davvero divertente: prendere di mira i creduloni del web non è roba nuovissima, forse, ma nel fumetto Disney ha un valore aggiunto. Rendere Paperoga uno di questi tizi è solo la ciliegina sulla torta, in una storia ricca di gag e battute frizzanti.