[J.R.R. e Christopher Tolkien] The History of Middle-earth

Rispetto agli altri animali l'uomo ha un'utile facoltà: può immaginare cose che non esistono, generando interi mondi fantastici grazie al potere della fantasia. E c'è chi di fantasia ne ha così tanta da non inventare solo storie ma da creare universi che riempiono più e più libri, e che ora sono raccolti in questa cartella.
  • La tua sofferenza fu la mia e ha generato questo: http://www.ilsollazzo.com/fumetti/j-r-r-tolkien/
  • 1. The Book of Lost Tales, Part I (1983) - Racconti Ritrovati (1986)

    Primi anni ‘10 del 1900. Il giovane Tolkien, appassionato di lingua inglese antica (o anglosassone) è crucciato dal fatto che la sua Inghilterra non abbia un corpus mitologico proprio, al contrario dei popoli nordici e germanici e di quelli mediterranei. Decide quindi, in modo decisamente innovativo, di crearne uno lui stesso.

    The Book of the Lost Tales” è il titolo dato da Tolkien alla primissima versione del suo lavoro mitopoietico, composto principalmente 1915 e il 1920. La divisione in due volumi è semplicemente una scelta editoriale di Christopher Tolkien, in quanto la storia è unica. Ancora il titolo Silmarillion è assente, e apparirà invece la prima volta in una raccolta del 1930 (Quenta Noldorinwa) che è alla base della versione sottoposta agli editori nel 1937. Tolkien tornerà poi alla sua mitologia negli ultimi anni della vita, dopo la pubblicazione del Signore degli Anelli, andando a rivisitare in particolar modo le questioni filosofiche e teologiche (la natura del Male, il destino degli Elfi, il dono degli Uomini, la geografia di Arda), senza stravolgere più di tanto la parte narrativa ma senza riuscire a scrivere una versione che lo soddisfacesse in pieno.

    Il Silmarillion fu concepito da Tolkien come una sorta di compendio delle storie antiche, realizzato in epoche recenti (forse da Bilbo a Gran Burrone, anche se Tolkien ha cambiato idea varie volte su questo) basandosi su racconti tramandati oralmente per ere e millenni (le vere e proprie “Storie Perdute”). Non a caso quindi Tolkien scrisse versioni molto più estese delle grandi storie di Turin, di Beren e Luthien, di Gondolin (sono ad esempio quelle raccolte nel volume Racconti Incompiuti).
    Le “storie perdute” invece presentano una struttura completamente diversa, che riflette la volontà mitopoietica dell’autore: le singole storie sono inserite in una cornice, che racconta della storia di Eriol il marinaio, il quale giunge casualmente all’isola di Tol Eressea (“L’Isola Solitaria”), dove ascolta dagli elfi che ancora vi abitano le storie dei tempi antichi. Nell’intenzione dell’autore, Tol Eressea sarebbe stata trascinata dai Valar verso occidente, diventando l’isola di Inghilterra: in questa sua visione primitiva, Tolkien identifica dunque Eriol come “il progenitore degli inglesi” e tramite delle leggende elfiche (elfi che in realtà sono sempre tra noi, ma diventati invisibili a causa della predominanza degli uomini che li chiamano con nomi come fate, foglietti e spiriti). Questa interessantissima concezione si perderà ben presto, con la nascita delle storie della seconda e della terza era, e rappresenta la più grande differenza con il Silmarillion.

    Molto sorprendente è infatti come fondamentalmente la parte narrativa dei “Racconti Perduti” si sia fondamentalmente conservata nell’opera tarda, pur se meno sviluppata e interconnessa. Abbiamo già quindi tutta la parte riferita alla costruzione del mondo dei Valar, a Melkor, alla nascita degli Elfi, alla creazione dei Silmaril, alla fuga dei Noldor, alle guerre con Melkor (la storia del Beleriand è solo abbozzata). La struttura base è già presente, insomma, fin dagli inizi.
    Le differenze sono altrettanto importanti, ovviamente. Lo stile è diverso da quello estremamente aulico del Silmarillion, abbiamo qui uno stile intermedio con alternanza di registri alti e bassi, ma molto più prolisso rispetto a quello ottimamente sintetico dell’opera successiva. Le genealogie sono estremamente abbozzate, compaiono molti pochi personaggi: i figli di Feanor hanno un ruolo marginale, anche la storia stessa dei Silmaril non ha ancora il ruolo di filo conduttore, i Valar hanno molto più spazio, non è ancora stato definito lo strepitoso concetto della Morte come “Dono di Iluvatar” per gli uomini, tutta la parte escatologica è molto confusa e incerta (come purtroppo rimarrà pure nel Silmarillion), l’influsso del cristianesimo è qui ancora più evidente che in seguito.

    In generale trovo che solo la versione dell’Ainulindalë sia migliore in questa edizione rispetto a quella troppo condensata del Silmarillion. Il valore del libro, più che negli acerbi testi di Tolkien in sé, sta nel formidabile apparato critico di Christopher Tolkien, nel quale ritorna anche a spiegare la sua composizione del Silmarillion. Il figlio ci mostra come Tolkien scrivesse una prima versione a matita, per poi sovrapporci una versione corretta a penna e scancellando la prima versione. La versione a penna (spesso corretta altre volte da foglietti e appunti volanti) era ulteriormente modificata al momento della produzione del dattiloscritto, in un tripudio di cambi di nomi di personaggi e luoghi.
    Misteriosa è la scelta del traduttore italiano di titolare la traduzione “Racconti Ritrovati”, ovvero l’esatto opposto del titolo originale.
    Ultima modifica di cianfa88 il mercoledì 08 gennaio 2020, 16:16, modificato 1 volta in totale.
    Assurancetourix
  • 2. The Book of Lost Tales, Part II (1984) - Racconti Perduti (1987)

    Come già detto, la divisione in due volumi ha solo motivazioni editoriali. Ovviamente nulla di tutto questo si capisce dall’edizione italiana, che decide di cambiare completamente titolo rispetto al primo volume, questa volta con una traduzione fedele dell’originale.

    Christopher ci presenta qui le prime versione delle tre grandi storie maggiori: Beren e Luthien, I Figli di Hurin e la Caduta di Gondolin. Interessante notare di come sia praticamente assente il Regno del Nargothrond, che sarà un importante collante tra le varie vicende nel Silmarillion, e la storia della rovina del Doriath sia solo un abbozzo (e tale resterà fino alla fine). Ancora più abbozzata poi è la storia di Earendil e del suo viaggio verso Valinor per chiedere la grazia agli Dei.
    Christopher Tolkien ha giustificato la sua recente pubblicazione delle tre storie in volumi indipendenti con le parole del padre in una lettera del 1951: una volta avevo in mente di creare un corpus di leggende più o meno ampio collegate, che spaziasse dalla cosmogonia più ampia fino alla fiaba romantica, più terrena, e che traesse il suo splendore dallo sfondo più vasto… alcuni dei racconti più vasti li avrei narrati interamente e ne avrei lasciati altri solo abbozzati e sistemati nello schema d’insieme.

    Beren e Luthien. La prima versione della storia d’amore più bella creata da Tolkien è il “Racconto di Tinuviel” del 1917. Interessante notare come Beren sia qui un elfo, e si perde parzialmente il sacrificio di Luthien che rinuncia alla sua immortalità. Diverso anche il personaggio di Thingol, molto più meschino e avido rispetto a quello che sarà in seguito. Non abbiamo poi Beren prigioniero sotto Sauron, bensì la sua lotta con Tevildo, principe maligno dei gatti, personaggio che scomparirà in seguito. La storia di Beren e Luthien iniziò a evolversi pochi anni dopo nel poema incompiuto “The Lay of Leithian”. Al contrario delle altre due storie, Tolkien non realizzò una sorta di versione “estesa” ma solo la forma “condensata” presente nel Silmarillion.

    La Caduta di Gondolin. “The Fall of Gondolin” è la storia più antica, completata da Tolkien già nel 1917. Nelle “Storie Perdute” abbiamo già tutti gli elementi tipici del racconto, l’arrivo di Tuor, le sue nozze con Idril figlia di Turgon, la gelosia e il tradimento di Maeglin, la fuga di Tour e la nascita di Earendil. Si tratta forse del racconto che ha subito nel tempo meno cambiamenti, anche dal punto di visto dei nomi. Dopo il riassunto realizzato per il “Quenta Noldorinwa” nel 1930, Tolkien iniziò a scrivere la versione estesa e aggiornata nel 1951, ma si fermò al momento dell’arrivo di Tuor a Gondolin (è questa la versione presente nei Racconti Incompiuti) senza più continuare. Per il Silmarillion, Christopher ha cucito e riadattato pezzi presi qua e là.

    I Figli di Hurin. Si tratta indubbiamente del racconto più complesso, drammatico e interconnesso della Prima Era ed è quello di cui esistono più versioni, nessuna delle quali al solito veramente completa. Nei “Racconti Perduti” abbiamo la prima versione (fine anni ‘10), “Turambar and the Foalókë”, direttamente ispirata dal poema finnico “Kalevala” e da altri miti germanici. La storia è a grandi linee già consolidata (con Hurin costretto a vedere le conseguenze della maledizione sul figlio, le nozze con la sorella incantata da Glaurung, il drammatico scontro finale con il drago), anche se ovviamente abbiamo molte differenze per quanto riguarda i passaggi del Nargothrond e del Doriath. Pochi anni dopo Tolkien iniziò il poema in versi allitterativi “The Lay of the Children of Húrin”, che fu dopo poco abbandonato per The Lay of Leithian. Dopo i vari abbozzi degli anni ‘30, la versione più completa della storia è quella del 1951 chiamata Narn i Hîn Húrin, che presenta solo qualche mancanza qua e là. La versione recente del volume singolo “I Figli di Hurin” è stata realizzata da Christopher prendendo insieme pezzetti dal Narn e dal Silmarillion.


    Dopo le prime versioni delle tre grandi storie, i volume ci presenta gli abbozzi delle storie della Nauglafring e della rovina del Doriath (interessante notare come i nani a quest’epoca fossero esseri sostanzialmente malvagi per natura) e i frammenti di quella di Earendil, mai compiutamente realizzata da Tolkien. Una parte molto interessante, in cui le note sono molto più del testo originale, che ci mostra la perenne insoddisfazione e indecisione di Tolkien.
    Abbiamo infine qualche frammento relativo alla storia di Aelfwine, personaggio che in pratica rappresenta l'evoluzione di Eriol. In questa rivisitazione della "cornice" alla mitologia, si va a perdere il passaggio diretto Tol Eressea = Inghilterra in quanto più semplicemente Aelfwine è un marinario anglosassone degli inizi del secondo millennio che giunge a Tol Eressea, sente i racconti degli elfi e li traduce in antico inglese diffondendoli quando torna in Inghilterra. Il concetto di Aelfwine sopravviverà per tutti gli anni '20 e '30, e in realtà Tolkien non si deciderà mai se dare o meno una cornice al Silmarillion collegandolo direttamente alla storia inglese.
    Ultima modifica di cianfa88 il venerdì 10 gennaio 2020, 16:19, modificato 1 volta in totale.
    Assurancetourix
  • 3. The Lays of Beleriand (1985)

    All'inizio degli anni '20 il quasi trentenne Tolkien è un giovane professore universitario specializzato in letteratura anglosassone. Ha praticamente concluso la stesura del lungo testo mitologico The Book of Lost Tales e, ispirato probabilmente dal suo lavoro accademico sul poema in antico inglese Beowulf, decide di lasciare da parte la prosa e inizia a scrivere il poema in versi allitterativi The Lay of the Children of Húrin. Ci lavorerà cinque anni, arrivando a scrivere circa 2000 versi in due diversi versioni, per abbandonarlo largamente incompiuto nel 1925.
    Il motivo dell'abbandono della grande storia di Turin è presto detto: Tolkien decide di dedicarsi ad un altro poema, The Lay of Leithian, questa volta in versi ottonari in rima baciata, sulla storia di Beren e Luthien. Nemmeno questo arriverà a compimento, con 13 canti (su 17 previsti) e oltre 4200 versi realizzati fino al 1931, quando abbandonerà il lavoro in quanto non pienamente soddisfatto del risultato. Interessante è un commento in chiave semicomica da parte dell'amico CS Lewis, che ne da un giudizio abbastanza positivo. Riprenderà a lavorarci brevemente nel 1951 dopo la realizzazione del Signore degli Anelli, iniziando ad effetturare una riscrittura più che una revisione. Interessantissima è la storia ricostruita da Christopher di come il padre nel 1937, alla richiesta degli editore di un seguito dello Hobbit, abbia sottoposto in modo decisamente ingenuo questo poema oltre a una versione intermedia del Silmarillion, ma a quanto pare presentata in maniera così confusionaria che l'editore non ci capì niente e lo mise da parte in un cassetto senza nemmeno leggerlo.

    Pur se di difficile lettura e dal valore letterario non altissimo (in particolare il modo), questi due di poemi vedono l'introduzione di numerosi elementi mitologici che sopravviveranno fino all'ultimo Silmarillion. Possiamo dire che il passaggio decisivo tra la mitologia primordiale delle "Lost Tales" e il Silmarillion avvenga con questi poemi, nei quali abbiamo l'introduzione di diversi concetti chiave come l'importanza dei Silmaril, il regno di Nargothrond e un deciso sviluppo delle genealogie e della storia del Beleriand.

    Per dare un'idea del tipo di testo, metto qui i due incipit:

    Lo! the golden dragon / of the God of Hell,
    the gloom of the woods / of the world now gone,
    the woes of Men, / and weeping of Elves
    fading faintly / down forest pathways,
    is now to tell, / and the name most tearful
    of Niniel the sorrowful, / and the name most sad
    of Thalion's son Turin / o'erthrown by fate.



    A king there was in days of old:
    ere Men yet walked upon the mould
    his power was reared in cavern's shade,
    his hand was over glen and glade.




    Questo volume è inedito in Italia, ed è ovvio come la grande difficoltà nel tradurre in modo efficace due lunghi poemi sia uno degli ostacoli maggiori.
    Assurancetourix
  • 4. The Shaping of Middle-earth (1986)

    Seconda metà degli anni '20. Mentre Tolkien si sta dedicando ai suoi lavori in poesia, lo sviluppo mitologico procede di pari passo anche sui testi in prosa, anche se possiamo dire che lo sviluppo mitologico in questa fase avviene prima nella poesia e poi viene recepito nella prosa, che rappresenta una sorta di riassunto dei lunghi poemi.
    Con la volontà di dare un "background" al Lay of the Children of Húrin, nel 1926 Tolkien compila un breve compendio chiamato Sketch of Mithology, che rappresenta il vero punto di partenza verso il Silmarillion finale, più per uso personale che per la volontà di pubblicazione. Questo lavoro non ha infatti una prosa particolarmente elaborata.

    Qualche anno dopo (1930-31), rielaborando e espandendo lo "Sketch", Tolkien realizza il Quenta Noldorinwa, nel quale sono ormai presenti tutti i personaggi fondamentali e la forma di molte frasi si manterrà fino alle ultime versioni. Si tratta in pratica l'unica forma completa del Silmarillion mai realizzata (pur se abbastanza concisa, il Silmarillion pubblicato è circa 4 volte più lungo), in quanto la versione successiva (Quenta Silmarillion) fu interrotta all'altezza della storia di Beren e Luthien a causa dell'inizio del Signore degli Anelli. Quando Tolkien tornerà alla prima Era, negli anni '50, lo sviluppo della mitologia era arrivato a un tale livello che i tentativi di riottenere un testo completo e coerente non portarono a niente. In effetti, la parte finale del Silmarillion pubblicato (la rovina del Doriath e la seconda parte della caduta di Gondolin in particolare) è stata ricostruita da Chrisopther Tolkien in larga parte sulla base del Quenta Noldorinwa.
    Nella concezione di Tolkien, l'opera doveva rappresentare comunque un "riassunto" delle grandi storie da narrare a parte in modo indipendente (e questa è la giustificazione di Christopher Tolkien riguardo ai volumi recentemente pubblicati): ciò è chiaro dall'intestazione, che recita This is the brief History of the Noldoli or Gnomes, drawn from the Book of Lost Tales, which Eriol of England wrote.

    In questo periodo iniziano ad assumere maggiore importanza anche gli aspetti geografici e cronologici. Tolkien inizia a dedicarsi alla composizione di "annali" cronologici, sia riferiti al periodo di Valinor sia riferiti alla Storia della Terra di Mezzo vera e propria (quindi dal primo sorgere del sole e della luna che segna il risveglio degli Uomini): abbiamo quindi rispettivamente gli Annals of Valinor e gli Annals of Beleriand, che verranno costantemente aggiornati in seguito. La geografia del Beleriand viene poi mostrata nella prima mappa elaborata da Tolkien, e dello stesso periodo abbiamo anche un (complesso) trattato cosmogonico (Ambarkanta).
    Nonostante non sia più centrale come nelle Lost Tales, la "cornice" narrativa rappresentata dal personaggio di Eriol-Aelfwine è ancora sicuramente presente in questa fase. Abbiamo infatti delle traduzioni degli Annals e di parte del Quenta in antico inglese (!), come se fossero state fatte da Aelfwine al suo ritorno da Tol Eressea in Inghilterra in epoca medievale.


    Per maggiore comprensione riporto lo sviluppo cronologico di alcuni lavori (in grassetto quelli presenti in questo volume):

    The Book of Lost Tales (anni '10) --> The Sketch of Mithology (1926) --> Quenta Noldorinwa (1931) --> Quenta Silmarillion (1937) --> Il Silmarillion (Collage di varie opere, sia dai testi in prosa che dagli annali - 1977)

    Annals of Valinor (Prima versione, anni '20) --> Annals of Valinor (Seconda versione, anni '30) --> Annals of Aman (successivi al 1951)
    Annals of Beleriand (Prima versione, anni '20) --> Annals of Beleriand (Seconda versione, anni '30) --> Grey Annals (successivi al 1951)
    Assurancetourix
  • 5. The Lost Road and Other Writings (1987)

    Oltre la Prima Era.
    Metà degli anni ‘30. Tolkien e Lewis decidono di scrivere due romanzi di fantascienza, il primo sul tema del “time-travel” e il secondo dello “space-travel”. Al contrario di quello di Lewis, il romanzo di Tolkien dopo un inizio promettente rimane incompiuto tanto che di The Lost Road abbiamo solo un paio di capitoli. Tolkien, ispirato dalla leggenda di Atlantide, e incapace di allontanarsi dal suo mondo, imbastisce una complicata e originale trama nel quale Alboin, un ragazzo contemporaneo, vive una sorta di “viaggi temporali” sotto forma di visioni di suoi analoghi personaggi del passato e rivivendo quindi quello che è successo in epoche precedenti. Alboin viene quindi collegato al primo re degli anglosassoni, a personaggi scandinavi e irlandesi di periodi altomedievali e infine al personaggio fittizio di Elendil, con collegamento alla storia della caduta di Numenor. Direi che è evidente come in questa fase Tolkien cerchi ancora di “unificare” in unica storia la sua mitologia inventata con la storia dell’Inghilterra, tanto più che il nome Alboin ha un diretta collegamento etimologico con il nome Aelfwine. Dopo aver scritto due capitoli, Tolkien abbandona completamente questo romanzo e non ci tornerà più sopra.

    Probabilmente l’idea di Numenor come storia a sè stante nasce poco prima del romanzo “The Lost Road”, intorno al 1935, in uno schema che indica alcuni avvenimenti susseguenti alla sconfitta di Melkor. Siamo ancora abbastanza lontani dalla rigida divisione in ere come la conosciamo, ma in questi appunti abbiamo la prima comparsa dei decisivi concetti mitologici della rimozione di Valinor dai confini del mondo che diventa rotondo, e quindi della Strada Diritta e del fato degli Elfi che piano piano abbandonano la Terra di Mezzo. Vi sono poi varie stesure più o meno abbozzate di testi più completi, che saranno alla base dell’Akallabeth, titolati The Fall of Numenor, in una forma già abbastanza simile alla versione pubblicata nel Silmarillion. Curiosamente, in queste versioni è Elrond a fondare il Regno di Numenor, non essendo ancora emersa la figura del fratello Elros; diventerà il “mezzelfo” solo qualche anno dopo, con la stesura del Signore degli Anelli e la retcon operata con Lo Hobbit (che inizialmente nasce come opera abbastanza slegata, fatto molto interessante che meriterebbe un approfondimento a parte).


    Per quanto riguarda la prima era, in questo volume sono compresi gli ultimi testi composti fino al 19 dicembre del 1937, quando Tolkien comunica al suo editore 'I have written the first chapter of a new story about Hobbits - "A long expected party". Impegnato nella difficile stesura del Signore degli Anelli, Tolkien non metterà più direttamente mano alla sua mitologia fino agli anni ‘50.
    Abbiamo quindi nuovi versioni dell’Ainulindale, degli Annali di Valinor e degli Annali del Beleriand; uno scritto riguardo allo sviluppo delle varie lingue, il Lhammas; ma soprattutto l’ultima versione quasi completa del Silmarillion (un dattiloscritto titolato Quenta Silmarillion), da Tolkien stesso corretto pesantemente dopo il Signore degli Anelli, e da cui Christopher attingerà abbondantemente per realizzare la versione pubblicata. Ovviamente ormai le storie più grandi e le genealogie sono pressoché definite, e il testo è molto più espanso rispetto alla versione precedente (Quenta Noldorinwa), ma si interrompe all’altezza della storia di Beren e Luthien, quando Tolkien manda il manoscritto all’editore (prima del ritorno del manoscritto inizierà a scrivere il Signore degli Anelli), e abbiamo solo spezzoni o accenni delle ultime parti (rovina del Doriath, Earendil, la Guerra d’Ira).
    Per fare un esempio della difficoltà di Christopher Tolkien nel comporre il Silmarillion, esistono ben sette diverse versioni della storia di Beren e Luthien composte da Tolkien in questo periodo, in attesa di realizzare la forma da aggiungere al dattiloscritto del Quenta Silmarillion. Di queste versioni, nessuna delle quali completa, Christopher ha preso dei pezzi qua e là, a seconda di dove secondo lui la narrazione fosse più o meno definita e sviluppata, armonizzandoli tra loro e uniformando nomi e cronologia sulla base del Signore degli Anelli e degli altri spezzoni di Silmarillion.
    Il Quenta Silmarillion si conclude con la profezia di Mandos sull’Ultima Battaglia, e non è chiaro come mai Christopher non l’abbia inserita nella versione pubblicata: “Thus spake Mandos in prophecy, when the Gods sat in judgement in Valinor, and the rumour of his words was whispered among all the Elves of the West. When the world is old and the Powers grow weary, then Morgoth, seeing that the guard sleepeth, shall come back through the Door of Night out of the Timeless Void; and he shall destroy the Sun and Moon. But Earendel shall descend upon him as a white and searing flame and drive him from the airs. Then shall the Last Battle be gathered on the fields of Valinor. In that day Tulkas shall strive with Morgoth, and on his right hand shall be Fionwe, and on his left Turin Turambar, son of Hurin, coming from the halls of Mandos; and the black sword of Turin shall deal unto Morgoth his death and final end; and so shall the children of Hurin and all Men be avenged.
    Thereafter shall Earth be broken and re-made, and the Silmarils shall be recovered out of Air and Earth and Sea; for Earendel shall descend and surrender that flame which he hath had in keeping. Then Feanor shall take the Three Jewels and bear them to Yavanna Palurien; and she will break them and with their fire rekindle the Two Trees, and a great light shall come forth. And the Mountains of Valinor shall be levelled, so that the Light shall go out over all the world. In that light the Gods will grow young again, and the Elves awake and all their dead arise, and the purpose of Iluvatar be fulfilled concerning them. But of Men in that day the prophecy of Mandos doth not speak, and no Man it names, save Turin only, and to him a place is given among the sons of the Valar.




    Per maggiore comprensione riporto lo sviluppo cronologico di alcuni lavori (in grassetto quelli presenti in questo volume):

    The Book of Lost Tales (anni '10) --> The Sketch of Mithology (1926) --> Quenta Noldorinwa (1931) --> Quenta Silmarillion (1937) --> Il Silmarillion (Collage di varie opere, sia dai testi in prosa che dagli annali - 1977)

    Annals of Valinor (Prima versione, anni '20) --> Annals of Valinor (Seconda versione, anni '30) --> Annals of Aman (successivi al 1951)
    Annals of Beleriand (Prima versione, anni '20) --> Annals of Beleriand (Seconda versione, anni '30) --> Grey Annals (successivi al 1951)
    Assurancetourix
  • 6. The Return of the Shadow - The History of The Lord of the Rings, pt. 1 (1988)

    “When Bilbo, son of Bungo of the family of Baggins, prepared to celebrate his seventieth birthday there was for a day or two some talk in the neighbourhood.”
    Quando alla fine del 1937 Tolkien butta giù questa frase, in seguito alle pressanti richieste da parte dell’editore di scrivere una nuova storia riguardanti gli hobbit, non ha nessuna idea di come proseguire la storia. Tolkien ha sempre rivendicato di scrivere abbastanza di getto, con poca o nulla programmazione: ne risulta un lavoro molto stratificato, con continue correzioni e riscritture causate dall’arrivo di nuovi elementi narrativi, con continue incertezze anche su particolari di scarsa importanza che paralizzano la storia per mesi e mesi.
    Christopher Tolkien, nel suo certosino lavoro di ricostruzione del lavoro del padre, ha individuato varie “fasi” creative di riscrittura del Signore degli Anelli, in particolare per quanto riguarda la fase iniziale del romanzo (più o meno quella corrispondente alla Compagnia dell’Anello), che è stata la più laboriosa da realizzare: ogni fase prevede una scrittura abbastanza di getto fino ad un certo punto morto, al che Tolkien riniziava da capo modificando e aggiornando i capitoli già scritti a seconda dei nuovi elementi inseriti nella storia.
    Il primo capitolo ad esempio in tutto ha avuto sette riscritture, e la prima fase termina quando Tolkien arriva a scrivere il Consiglio di Elrond: è evidente come l’autore si sia accorto che quella che doveva essere una semplice avventura di un gruppetto di hobbit si fosse trasformata in qualcosa di molto più ampio. Tolkien riparte di nuovo (seconda fase) ma si arena ancora prima, a Brea; nella terza fase si arriva alla tomba di Balin a Moria, e qui Tolkien si blocca addirittura per un paio di anni; infine la quarta fase riesce a superare Moria, e i capitoli scritti fino a lì avranno solo piccoli aggiustamenti di nomi e di elementi cronologici.

    Abbiamo quattro volumi del ciclo The History of The Lord of the Rings, i cui titoli corrispondono a titoli provvisori di lavorazione, nel quale Christopher Tolkien raggiunge l’apice della puntigliosità e del nozionismo. Il primo, The Return of the Shadow è forse quello più interessante in quanto mostra in modo evidente la trasformazione del romanzo da breve fiaba a grande epopea, e più o meno corrisponde ai capitoli del Signore degli Anelli dal primo fino alla scoperta della compagnia della tomba di Balin a Moria, mostrando le prime tre fasi di scrittura.

    Prima fase. Quando inizia a scrivere il seguito dello Hobbit, Tolkien decide di riutilizzare la componente geografica già sviluppata e programma quindi il viaggio di un gruppetto di hobbit verso est e verso Gran Burrone portando l’anello trovato da Bilbo, elementi già presenti nel primo romanzo. Fin dall’inizio sono evidenti numerose incertezze sul numero degli hobbit, sul protagonista (Bilbo stesso oppure il suo erede Bingo, quello che diventerà poi Frodo), sul ruolo di Gandalf, sulla cronologia. Tolkien riscrive quattro volte il primo capitolo (“A long expected party”) prima che gli hobbit si muovano da Hobbiville. L’anello per ora non ha acquisito nessuna particolare importanza, tanto che il capitolo con lo “spiegone” di Gandalf arriverà solo in un momento successivo. L’improvviso arrivo dei Cavalieri Neri è forse il primo segno che la storia sta prendendo una piega diversa e più ampia e che l’anello abbia un’importanza ben maggiore di quella mostrata nello Hobbit (cosa che porterà alla seconda edizione dello Hobbit con la famosa modifica del capitolo di Gollum). La scansione dei capitoli ricorda già quella definitiva, e dopo l’incontro con Maggot (originariamente un personaggio negativo) e quello con Bombadil, l’arrivo a Brea rappresenta un punto di svolta. “I have no idea what to do with it”, scrive Tolkien agli editori. Siamo alla fine del 1938 e lo scrittore si blocca su due questioni fondamentali: cosa ha causato il ritardo di Gandalf? Chi è il misterioso Trotter (ovviamente il futuro Strider = Aragorn) che gli hobbit incontrano? La prima domanda resterà causa di continue riscritture per molto tempo, fino a che non nascerà il personaggio di Saruman proprio per rispondere a questo problema narrativo. Per quanto riguarda il personaggio di Trotter, questo è forse uno degli elementi più curiosi ed esemplari di come Tolkien non abbia pianificato in alcun modo la storia: per svariati anni e riscritture infatti Trotter sarà un hobbit, senza quindi tutta la decisiva storia personale di Aragorn che è uno degli elementi centrali del Signore degli Anelli.
    Mentre i passaggi dell’attacco a Colle Vento e della Fuga al Guado sono già ben sviluppati, è con “Il Consiglio di Elrond” che Tolkien si accorge che la storia si è espansa ben oltre le iniziali intenzioni e decide quindi di ricominciare da capo.

    Seconda fase.
    Nelle prime versioni la festa di compleanno era data a volte da Bilbo a volte da Bingo (= Frodo), ed è solo dalla seconda fase e dalla quinta riscrittura del primo capitolo che ci si avvicina alla versione definitiva. La grande novità di questa fase è l'introduzione del secondo capitolo, Ancient History, nel quale appare Sam Gamgee e l'anello diventa quello dominante, con le prime versioni della poesia dell'anello. Il gruppo di hobbit è in questa fase composto da cinque elementi: Bingo Baggins, Sam, Merry, Frodo Took e Odo Bolger (il futuro Pippin Took nascerà dall'unione di questi ultimi personaggi). Faticosamente Tolkien scrive il viaggio fino a Brea, ma non è soddisfatto del numero degli hobbit (''too much hobbit talk'') e non riesce a venire a capo dei motivi dell'assenza di Gandalf. Decide quindi di ripartire da capo di nuovo.

    Terza fase.
    La terza fase di scrittura è formata da una serie omogenea di manoscritti che arrivano fino a Gran Burrone, realizzati nella prima metà del 1939. Appare per la prima volta l'abbozzo di quello che sarà il prologo, e Bingo diventa finalmente Frodo. Il capitolo di Brea presenta ancora numerosi problemi narrativi per Tolkien, che ruotano sempre intorno alla lettera di Gandalf e alla figura di Trotter, che rimane uno hobbit nonostante sia in questa fase che emergono le figure dei Rangers. Dopo l'ennesima crisi, nella quale Tolkien pensa seriamente di abbandonare tutto e di scrivere una nuova storia con Bilbo molto più collegata allo Hobbit, arriva una nuova fase creativa che permette di superare lo scoglio di Gran Burrone. Il Consiglio di Elrond è notevolmente sviluppato e per la prima volta abbiamo la formazione della Compagnia, in questa fase formata dai quattro hobbit della contea, dall'hobbit-Ranger Trotter, da Gandalf, da Boromir, Glorfindel e Gimli. La Compagnia parte e Tolkien scrive i capitoli fino a Moria, fino alla scoperta della tomba di Balin dove l'impulso creativo (siamo alla fine del 1939) si ferma per lungo tempo: solo nel 1941 la Compagnia arriverà a Lorien. È evidente come Tolkien si accorga che manchi qualcosa, che sia necessaria una figura che unisca la storia antica a quella attuale, che possa creare una tensione tra i membri della compagnia. Quella figura sarà ovviamente Aragorn, che emergerà nella quarta fase, quando finalmente lo hobbit Trotter diventerà un uomo.
    Assurancetourix
  • 7. The Treason of Isengard - The History of The Lord of the Rings, pt. 2 (1989)

    Abbiamo visto come Tolkien, nella stesura di quello che diventerà il libro I della Compagnia dell’Anello, si sia scontrato con due problemi fondamentali: il ruolo del personaggio di Trotter (il futuro Strider = Grampasso) e soprattutto i movimenti di Gandalf. Per motivi narrativi era fondamentale che lo stregone non fosse a Brea con gli Hobbit: ma cosa poteva mai aver causato la sua assenza? Per molto tempo, mentre continua a scrivere i capitoli successivi, Tolkien cerca di trovare una soluzione. Negli appunti dell’autore Trotter passa vorticosamente da essere hobbit a essere un uomo, o persino un elfo di Gran Burrone; Gandalf sparisce perché inseguito da Sauron, catturato dal Gigante Barbalbero (che nei primi appunti di Tolkien era da considerarsi nemico!) oppure perché semplicemente Frodo parte dalla Contea di sua iniziativa. Finalmente, in un appunto della fine del 1939, Tolkien fissa il numero degli hobbit e decide che “Trotter is a men descendent of the ancient men of the North, and one of Erlond’s household. He was a hunter and wanderer. He became a friend of Bilbo and Gandalf. Real name: Aragorn. But how could Trotter miss Gandalf?”.

    Quarta fase.
    Alla fine, nell’attesa di capire lo sviluppo della storia e dopo aver completamente coperto di correzioni i manoscritti della terza fase, nel 1940 Tolkien si vede costretto a iniziare da capo per la quarta e ultima volta, arrivando finalmente a una versione pressoché definitiva. Finalmente, in un appunto eccezionalmente datato 26 agosto 1940 (Tolkien non datava mai i suoi lavori), dal nulla appare la frase: New Plot. The wizard Saruman The White or The Grey send word to Gandalf, who leaves Hobbiton. (...) Saruman betrays him and send him to Treebeard to guard him etc. etc.. Questo è un esempio estremamente caratteristico del lavoro di Tolkien: un’idea improvvisa che arriva senza nessuna pianificazione e va a stravolgere profondamente la narrazione.
    Non senza fatica, Tolkien riesce a sincronizzare la cronologia degli spostamenti dei vari personaggi (Christopher ricostruisce pedantemente per pagine e pagine tutte le varie piccole modifiche del padre) e con la quinta versione del Consiglio di Elrond, nella quale la storia di Gandalf e Saruman è ormai definita e la presenza chiave di Aragorn-erede di Isildur è ormai stabilizzata, la Compagnia parte da Gran Burrone nella sua composizione definitiva.

    Ricordiamo che Tolkien era arrivato durante la "terza fase" fino alla Tomba di Balin a Moria; nel 1941, in un periodo particolarmente prolifico, la storia raggiunge praticamente nelle sua versione quasi definitiva lo scioglimento della Compagnia. Il Ponte di Khazad-Dum, Galadriel e il suo specchio, il viaggio lungo l’Anduin nascono tutti in questo fortunato periodo in cui Tolkien riesce a sfornare in continuazioni elementi dal grande impatto narrativo, per quelli che a mio modesto parere sono i capitoli migliori dell’intero Signore degli Anelli.
    La magia si interrompe però poco dopo la morte di Boromir. Tolkien crede che la storia si debba avviare alla conclusione, ma è indeciso sul viaggio di Frodo e Sam verso Mordor. Si concentra dunque sugli altri personaggi, ma anche qui nascono problemi narrativi. Quando riapparirà Gandalf? Questo Barbalbero alla fine è buono o cattivo? Chi diavolo sono questi cavalieri di Rohan che si imbattono per caso in Aragorn, Gimli e Legolas? E Saruman? Siamo nel 1942 e con qualche breve appunto riguardo Edoras e Theoden questa prolifica fase creativa si interrompe.
    Assurancetourix
  • 8. The War of the Ring - The History of The Lord of the Rings, pt. 3 (1990)

    Nel 1942 Tolkien è arrivato a scrivere poco più della metà del Signore degli Anelli, ma nei suoi piani la storia sta volgendo rapidamente al termine: con la sua consueta incapacità di analisi del suo lavoro, Tolkien scrive all’editore che in pochi mesi sarà tutto terminato. Inizia invece un periodo di estrema difficoltà, tanto che solo otto anni dopo l’opera sarà compiuta. Il flusso narrativo che ha caratterizzato la prima parte (con tutte le correzioni e riscritture) si è ormai esaurito: solo con grandi sforzi e con lunghe pause Tolkien riuscirà a portare il libro in fondo, e tutta la seconda parte dell’opera è praticamente scritta fin da subito in modo abbastanza simile alla versione definitiva.
    Questo volume è anche di gran lunga quello meno interessante dell’intera opera. Christopher Tolkien non riesce a presentare in modo efficace la genesi della seconda parte del Signore degli Anelli, e si limita in pratica a un lungo noioso elenco delle modifiche effettuate dal padre nelle varie stesure.

    La maggiore difficoltà che si presenta a Tolkien in questa fase è quella di sincronizzare cronologicamente le avventure dei vari pezzetti della Compagnia ormai sciolta, in modo da incastrare tutto in modo coerente. Alla fine Idel 1942 Tolkien riesce ad arrivare alla cavalcata di Gandalf verso Minas Tirith dopo la sconfitta si Saruman, ma qui si ferma, non sapendo come andare avanti. Sarà una pausa di oltre un anno: è solo nell’aprile del 1944 che I forced myself to tackle the journey of Frodo to Mordor.
    Sam e Frodo erano infatti stati abbandonati al momento dello scioglimento della Compagnia: il primo capitolo della seconda parte delle Due Torri si rivelerà essere uno dei più difficoltosi da scrivere, con Tolkien più volte sul punto di mollare tutto. C.S. Lewis, a cui Tolkien sottopone questi sofferti capitoli, è fondamentale nell’incoraggiare l’amico ad andare avanti. Interessante è notare come nelle primissime versioni il personaggio di Faramir è del tutto assente, e sarà uno degli ultimi ad essere concepiti. Alla fine dell’estate del 1944, Frodo viene imprigionato nella Torre di Kirith Ungol e a questo punto Tolkien si blocca nuovamente, incapace di sbrogliare la difficile situazione in cui sono finiti i protagonisti. Inoltre, accorgendosi di un grave errore nella cronologia degli spostamenti dei protagonisti, anche la parte relativa a Gondor e Rohan non riesce ad andare avanti.
    Solo dopo due anni, nel 1946, Tolkien completerà i capitoli relativi a Minas Tirith e alle battaglie seguenti.
    Assurancetourix
  • 9. Sauron Defeated - The History of The Lord of the Rings, pt. 4 (1991)

    Frodo rimane intrappolato nella Torre di Kirith Ungol per ben quattro anni: dal 1944 al 1948 Tolkien non riesce a venire a capo di questa situazione e sono innumerevoli le riscritture e gli abbozzi abbandonati. Fortunatamente la conclusione del suo viaggio era stata (per una volta) pianificata da molto tempo, già all’epoca in cui il protagonista era ancora un certo Bingo: si legge nei più vecchi appunti che When Bingo at least reaches the Fiery Mountain he cannot make himself throw the ring away. At that moment Gollum etc. etc. . Così, gli ultimissimi capitoli dedicati al viaggio di Frodo a Mordor vengono scritti abbastanza in fretta, sotto le pressioni sempre maggiori dell’editore.
    Nel frattempo, i capitoli relativi a Minas Tirith (libro V) erano stati scritti con relativa velocità nel 1946, così come il finale con la partenza dai Porti Grigi. L’ultima parte ad essere completata è quella relativa alla lotta per la riconquista della Contea con la fine di Saruman, mentre un Epilogo in cui un Sam anziano racconta ai nipotini la storia dell’Anello venne scartato all’ultimo.

    The Drowning of Anadune e The Notion Club Papers. Durante la lunga pausa del 1945-1946, Tolkien non era ovviamente rimasto inoperoso. Abbiamo visto come a metà degli anni ‘30 era stata iniziata una “time-travel story” ambientata in varie epoche e collegata al mito di Numenor-Atlantide. Tolkien ci proverà nuovamente nel 1945, stimolato dal successo di Lewis e spinto dagli Inklings. Ne viene fuori una curiosa bozza di romanzo-diario (The Notion Club Papers) ambientato nel 1986, in cui un curioso gruppo di studiosi (ispirati ovviamente agli Inklings) scopre e vive esperienze del passato, collegate anche in questo caso alla storia della Caduta di Numenor e al solito Aelfwine.
    Da questa opera, che presto sfugge di mano a Tolkien e viene abbandonata dopo un centinaio di pagine, emerge poi una nuova versione indipendente della caduta di Numenor, intitolata The Drowing of Anadune, nella quale è centrale lo sviluppo di un nuovo linguaggio fittizio, l’Adunaico e dalla quale si svilupperà la versione finale dell’Akallabeth. Con la fine dei Notion Club Papers, si interrompe definitivamente il tentativo di Tolkien di tenere insieme la storia della Terra di Mezzo e dell’Inghilterra moderna (tramite la figura di Eriol-Aelfwine): tentativo che come abbiamo già visto è fondamentalmente la causa della scrittura dei Racconti Perduti e di tutto quello che ne deriva.

    Dai prossimi volumi finalmente torneremo ad occuparci degli “Elder Days”, con Tolkien che dopo la fine del Signore degli Anelli prova con rinnovato entusiasmo a dare una forma definitiva al Silmarillion, anche in vista di una possibile pubblicazione insieme al romanzo appena compiuto. Come sappiamo non sarà così, ma ci saranno da scoprire molte cose interessanti.
    Assurancetourix
  • 10. Morgoth's Ring (The Later Silmarillion Vol. 1) (1993)

    Inizi degli anni ‘50: il Signore degli Anelli è finalmente finito, ma ancora non è stato pubblicato. L’editore infatti non ne vuole sapere di pubblicare l’opera insieme al Silmarillion, come vorrebbe Tolkien, e inoltre lo scrittore non ha ancora terminato la stesura delle Appendici.
    Tolkien decide quindi di tornare ad occuparsi della Prima Era, messa da parte nel 1937, in modo da riuscire a presentare all’editore una versione compiuta del Silmarillion. Il lavoro si dimostra però più difficile del previsto, anche alla luce delle nuove concezioni emerse durante la stesura del Signore degli Anelli; conoscendo anche la cronica incapacità auto-organizzativa di Tolkien, non c’è da stupirsi di come nemmeno in questo caso lo scrittore inglese sia riuscito a raggiungere il suo obiettivo.
    Ricordiamo che risalgono a questo periodo (1951) opere “indipendenti” di cui abbiamo già parlato in precedenza, come il Narn i Hîn Húrin (la versione più completa della storia dei figli di Hurin, pubblicato nelle Storie Incompiute), una riscrittura della Caduta di Gondolin fino all’arrivo di Tuor (la versione pubblicata nel Silmarillion) e modifiche ai poemi presentati nel terzo volume. Inoltre Tolkien si imbarca in una completa revisione del Quenta Silmarillion e degli annali del 1937, oltre a una riscrittura dell’Ainulindale e a una miriade di frammenti di testi metafisici e linguistici. Queste opere vengono realizzate in due ondate: 1950-1951 e 1956-1959, in quanto in mezzo Tolkien si dedica alla stesura definitiva delle Appendici del Signore degli Anelli dopo aver abbandonato l’idea di pubblicarlo insieme al Silmarillion.
    In seguito, nuove idee emergono prepotentemente alla fine degli anni ‘50, in particolar modo riguardo al concetto di immortalità degli elfi e alla loro reincarnazione, alla venuta degli Uomini, e alla natura del Male. E’ evidente come Tolkien non sia più soddisfatto di alcuni concetti chiave, e l’impossibilità di armonizzare queste nuove idee con la mole di lavoro già realizzata nel passato è il motivo principale della mancata conlcusione del Silmarillion. Il Silmarillion pubblicato dal figlio riflette in pratica la situazione “cristallizzata” agli anni ‘50, ignorando le ultime idee maturate da Tolkien ma mai concretizzate in forma coerente.

    Christopher Tolkien presenta gli interessantissimi lavori del padre degli anni ‘50 in due volumi collegati, il decimo e l’undicesimo della serie.
    - Ainulindale. A eccezione delle altre opere, sembra che Tolkien sia ritornato al suo racconto della creazione del mondo quando ancora il Signore degli Anelli non era terminato, intorno al 1948. La differenza più grande rispetto alle versioni più antiche riguarda il fatto che mentre in precedenza gli Ainur vedevano il mondo già realizzato da Iluvatar, adesso gli Ainur vedono solo una Visione di quello che il mondo sarà: il loro potere e la loro saggezza derivano dunque dalla loro conoscenza del mondo come una finzione a cui dare una realtà. Gli Ainur (Morgoth compreso) entrano quindi nel Mondo creato da Iluvatar (“Ea! Let these things Be”), e vi operano in base alla Visione concessa da Iluvatar.
    - The Annals of Aman. Nel 1951 gli Annali di Valinor realizzati negli anni ‘30 vengono revisionati (inserendo ad esempio elementi geografici dal Signore degli Anelli, così come personaggi come Galadriel), rititolati e largamente ampliati, tanto da diventare in pratica una narrazione a sé stante rispetto al Quenta Silmilarillion e non più solo una compilazione cronologica. Ciò deriva probabilmente da un nuovo mutamento nell'idea di come doveva essere realizzato il Silmarillion: se negli anni '30 Tolkien intendeva realizzare un breve compendio a cui affiancare gli annali e le tre storie maggiori (Beren, Hurin, Gondolin), adesso lo scrittore inglese pare nuovamente tendere ad un formato molto più espanso (come effettivamente poi è stato pubblicato).
    - Quenta Silmarillion. La revisione del Silmarillion del 1937 avviene in due fasi distinte, nel 1951 e negli anni precedenti al 1958. Numerosi capitoli vengono ampliati, nell'ottica di arrivare ad una narrazione molto più completa. In pratica è da questa revisione, opportunamente resa omogenea e integrata dagli Annali di Aman e dai Grey Annals, che Christopher Tolkien ricava il suo Silmarillion. Tra le cose più interessanti da segnalare abbiamo la nascita del Valaquenta e l’emergere della storia di Finwe e Miriel, madre di Feanor, che porterà ad una serie di ragionamenti da parte di Tolkien sul significato dell’immortalità degli Elfi.


    Nuovi problemi mitologici e metafisici. Come abbiamo visto, verso la fine degli anni ‘50 lo sviluppo del Silmarillion verso una forma compiuta si interrompe per sempre a causa di nuovi dubbi e perplessità su vari temi filosofici e mitologici di basilare importanza per la mitologia tolkeniana. Abbiamo quindi una serie di scritti e appunti estremamente interessanti su svariati temi, sia sotto forma di brani "in universe" (ad esempio dialoghi tra personaggi) sia sotto forma di commenti scritti da Tolkien quale osservatore esterno.
    - Laws and Customs among the Eldar. Si tratta di un lungo testo in cui l'autore si interroga su temi quali il matrimonio e la morte tra gli Elfi, dilungandosi sulla differenza tra il corpo incarnato e lo spirito (Fea), che è destinato da Iluvatar a rimanere presente in Arda fino alla fine del mondo (a differenza di quello degli uomini), con la possibilità di essere nuovamente incarnato in una vera e propria rinascita.
    - Of re-birth and other dooms of those that go to Mandos. Una delle più grandi questioni su cui Tolkien si interroga nell’ultima parte della sua vita è quella appunto relativa alla reincarnazione degli elfi. Tale concetto era presente fin dagli scritti giovanili, poi era un po’ passato in secondo piano (e Christopher in pratica decide di eliminarlo dal Silmarillion) per essere ripreso successivamente. Cosa succede agli elfi quando “muoiono”? Possono ritornare nel mondo incarnato? Come per altri questioni coeve, Tolkien affronta la questione sotto forma di disputa filosofica, senza dare risposte concrete. Peccato però che tale importante questione sia trapelata solo marginalmente nei libri editi, attraverso le figure di Miriel e Glorfindel.
    - Athrabet Finrod Ah Andreth. Uno dei maggiori lavori dell’ultimo Tolkien è questo sconosciuto dibattito metafisico tra l’elfo Finrod e l’umana Andreth, riguardo alla mortalità degli uomini, alla corruzione di Arda e al destino dell’Umanità secondo il volere di Iluvatar. Qui potete trovare una traduzione italiana del testo.
    - Testi vari. Numerosi appunti sparsi riguardano questioni tipo la creazione del Sole, l’origine e la natura del male in Melkor e Sauron, l’origine degli Orchi (dagli elfi o dagli uomini? L'ultimo Tolkien sembra propendere per la seconda ipotesi, al contrario di come sarà poi nei testi pubblicati). E' evidente come la nascita di dubbi su questi argomenti, per Tolkien basilari, abbiano portato alla definitiva sospensione della stesura del Silmarillion.



    The Book of Lost Tales (anni '10) --> The Sketch of Mithology (1926) --> Quenta Noldorinwa (1931) --> Quenta Silmarillion (1937) --> Revisione del Quenta SIlmarillion (1951) → Il Silmarillion (Collage di varie opere, sia dai testi in prosa che dagli annali - 1977)

    Annals of Valinor (Prima versione, anni '20) --> Annals of Valinor (Seconda versione, anni '30) --> Annals of Aman (successivi al 1951)
    Annals of Beleriand (Prima versione, anni '20) --> Annals of Beleriand (Seconda versione, anni '30) --> Grey Annals (successivi al 1951)
    Assurancetourix
  • 11. The War of the Jewels (The Later Silmarillion Vol. 2) (1994)

    Questo volume continua la presentazione degli scritti degli anni ‘50 relativi alla Prima Era, in stretto collegamento al decimo volume: rimando al post precedente per una inquadratura più precisa del contesto in cui Tolkien, una volta terminato il Signore degli Anelli, si dedica con rinnovato fervore al Silmarillion, per poi abbandonare definitivamente la nuova stesura all’altezza della storia di Turin. Possiamo dire che la rinuncia a completare le storie della Prima Era sia sostanzialmente dovuta a due fattori: l’insorgenza di nuovi dubbi mitologici, come mostrato nel post precedente, e il dubbio (in realtà presente fin dai primi lavori quarant’anni prima) su quale versione delle “grandi storie” dovessero essere incluse nel Silmarillion, se una versione “ridotta” o una più “completa”.

    The Grey Annals. Gli Annali del Beleriand, parallelamente agli Annali di Valinor, subirono negli anni ‘50 un'evoluzione da essere una cronologia abbastanza schematica a una forma più narrativa, pur se sempre divisa in anni, tanto che molte parti sono state incluse da Christopher nel Silmarillion pubblicato. Oltre a rendere omogenea la storia con gli elementi emersi dal Signore degli Anelli, viene sostanzialmente rivista la storia della nascita degli Uomini, si amplia la storia di Eol e abbiamo qui l’ultima versione della storia di Turin. I Grey Annals purtroppo si interrompono proprio nel momento della morte di Turin.

    Quenta Silmarillion. La revisione del Silmarillion del 1937 procede invece con minore vigore, evidenziando una volta di più l’incertezza di Tolkien su quale forma sia da preferire. Nei capitoli presentati in questo volume, ovvero essenzialmente quelli da metà Silmarillion in poi, Tolkien si limita ad aggiornare la versione precedente, ampliandola solo leggermente. Interessante è notare che le maggiori modifiche sono di tipo stilistico, con il testo che raggiunge quel tono serioso ed epico che conosciamo dalla versione pubblicata. La versione del ‘37 si interrompeva a metà della storia di Turin, e anche in questo caso Tolkien non va avanti. Ricordiamo quindi ancora una volta che le parti relative alla caduta di Gondolin, alla rovina del Doriath e a tutta la storia di Earendil esistono solo le versioni già incomplete degli anni ‘30, e che Christopher Tolkien abbia dovuto sostanzialmente riscriverle per poterle adattare nel testo edito, come ben spiegato in un commento relativo al capitolo ventiduesimo del Silmarillion.

    Altri testi relativi alla Prima Era. Infine sono raccolti in questa lunga sezione testi e approfondimenti relativi alla storia del Beleriand scritti da Tolkien nell’ultima parte della sua vita. Lo scritto principale è The Wanderings of Hurin, una sorta di lunga ma incompleta appendice ai Grey Annals con i fatti relativi alla vita di Hurin dopo essere stato liberato da Morgoth. Si tratta di un esempio delle scelte a cui è dovuto andare incontro Christopher nella realizzazione del Silmarillion: questa parte è stato ad esempio in larga parte eliminata, in quanto troppo lunga e non avendo chiare indicazioni sulle intenzioni del padre.
    Tra gli altri brevi testi, i più interessanti riguardano appunti su Maeglin, sull'origine degli Ent e delle Aquile e una bozza di cronologia degli ultimi anni della Prima Era, nel quale vengono introdotti nuovi elementi, in particolare riguardo alla rovina del Doriath, che Christopher ammette di aver volutamente ignorato in quanto incompatibili con il testo sviluppato fino a quel momento. Abbiamo poi infine un lungo saggio, intitolato Quendi and Eldar, di natura essenzialmente filologica, riguardante spiegazioni sull'etimologia delle parole nelle varie lingue elfiche.



    The Book of Lost Tales (anni '10) --> The Sketch of Mithology (1926) --> Quenta Noldorinwa (1931) --> Quenta Silmarillion (1937) --> Revisione del Quenta SIlmarillion (1951-1959) → Il Silmarillion (Collage di varie opere, sia dai testi in prosa che dagli annali - 1977)

    Annals of Valinor (Prima versione, anni '20) --> Annals of Valinor (Seconda versione, anni '30) --> Annals of Aman (successivi al 1951)
    Annals of Beleriand (Prima versione, anni '20) --> Annals of Beleriand (Seconda versione, anni '30) --> Grey Annals (successivi al 1951)
    Assurancetourix
  • 12. The Peoples of Middle-Earth (1996)

    Quando Tolkien lascia da parte “Il Silmarillion” alla fine degli anni ‘30, per scrivere “Il Signore degli Anelli”, praticamente nulla è emerso della storia della Terra di Mezzo successiva alla Prima Era, a parte le prime versioni della storia di Numenor che abbiamo visto nei volumi precedenti. Molti elementi che ben conosciamo nascono dunque proprio durante la scrittura del romanzo, e vengono citati spesso senza particolare contesto o completezza.
    Per dare ordine e coerenza al lungo periodo tra la fine del Beleriand e la Guerra dell’Anello, Tolkien decide quindi di imbarcarsi nella realizzazione delle Appendici, la cui stesura occuperà molti anni e sarà causa di discussioni e tensioni con l’editore e ritardi nella pubblicazione dell’opera.

    Nel penultimo volume della monumentale History of Middle Earth (l’ultimo volume raccoglie gli indici), Christopher Tolkien raccogliere le versioni intermedie delle Appendici, con le varie versioni delle genealogie e delle cronologie. Inoltre, in questo volume sono raccolte alcune storie incomplete abbozzate da J.R.R. Tolkien nell’ultimo periodo della sua vita.

    Prologo e Appendici. Con estrema dovizia di particolari Christopher mostra qui la travagliata scrittura del Prologo, avvenuta alla conclusione del libro, e le varie versioni intermedie delle appendici. Non si tratta di materiale particolarmente interessante, in quanto sono versioni che differiscono da quella finale soprattutto per quanto riguarda i nomi e le cronologie. Abbiamo la storia dello sviluppo finale dell’Akallabeth, e la complessa origine della cronologia della seconda era.

    Ultimi scritti. Nell’ultima parte della sua vita, in Tolkien si acuisce ancora di più la tendenza a scrivere in modo disordinato e inconcludente. Il figlio ha quindi trovato un elevatissimo numero di fogli praticamente illeggibili, data la rapidità e la trascuratezza con cui sono stati scritti, riguardanti svariati argomenti che interessavano momentaneamente Tolkien come il rapporto tra uomini e nani, svariati problemi etimologici e minuzie linguistiche. Ad esempio, Tolkien dedicò molto tempo a creare spiegazioni storiche ed etimologiche riguardo a nomi che aveva inventato tanti anni prima e che evidentemente ora non lo soddisfacevano più, non riuscendo a trovarne una precisa origine linguistica.

    The New Shadow. Notoriamente, Tolkien iniziò a scrivere un seguito del “Signore degli Anelli”, ambientato a Gondor nella quarta era, un centinaio di anni dopo la morte di Aragorn, durante il regno del figlio Eldarion. In una famosa lettera del 1964 Tolkien dice che la storia si è dimostrata essere “triste e tenebrosa. Riguarda gli uomini, ed è inevitabile che si abbia a che fare con la peggiore loro caratteristica: si stancano velocemente del bene”. Tolkien immagina che a Gondor nasca una specie di religione satanica, mentre gli adolescenti giocano a travestirsi da orchi.
    Tolkien abbandona ben presto la stesura del romanzo, giudicandolo noioso e poco interessante. Il testo è riportato in questo volume per la prima volta, e personalmente non posso che concordare con il giudizio dell’autore.
    Assurancetourix
  • Interessantissimo. Sto leggendo proprio in questi giorni le Appendici e penso che in teoria ci sia talmente tanto materiale per espandere ed approfondire il mondo di Tolkien da produrre libri, film e serie tv per decenni. In pratica però manca un Tolkien per dare concreta e ampia sostanza alla miriade di spunti ed eventi. Anzi, vista la fatica che ha fatto per completare Il Signore degli Anelli (a confronto quello di Frodo è un tranquillo viaggio organizzato dall'agenzia) servirebbe un esercito di suoi cloni.

    Ma se J.R.R. è Frodo, allora Christopher col suo lavoro è degno di Samvise Gamgee!
  • Considerazioni finali


    Dopo dodici volumi e venti anni di lavoro, Christopher Tolkien aveva un dubbio. L’incredibile pubblicazione della History of Middle Earth, dove era riuscito nell'impresa di ricostruire e di analizzare nel dettaglio gli scritti del padre, aveva fatto nascere una fondamentale questione.
    Cosa fare del Silmarillion? Cosa fare di quel libro che Christopher era riuscito a comporre in una forma pubblicabile venticinque anni prima, alla luce di quello era venuto fuori analizzando la History? Lui stesso esprime dubbi su quello che è stato fatto: “The Silmarillion', again in the widest sense, is very evidently a literary entity of a singular nature. I would say that it can only be defined in terms of its history; and that history is with this book largely completed. It is indeed the only 'completion' possible, because it was always 'in progress'; the published work is not in any way a completion, but a construction devised out of the existing materials. Those materials are now made available, and with them a criticism of the 'constructed' Silmarillion becomes possible. I shall not enter into that question; although it will be apparent in this book that there are aspects of the work that I view with regret.

    Cosa fare dunque? Non sappiamo quali sono state le reali motivazioni dietro alla scelta di non realizzare una seconda edizione aggiornata del Silmarillion. La paura di andare a toccare un testo già comunque cristallizzato nell'immaginario dei lettori? Il rischio di andare a modificare, peggiorandolo, un testo che comunque ha una sufficiente chiarezza e completezza?

    Alla fine sappiamo che non se ne fece di niente, ed è difficile dire se sia stata una scelta giusta oppure no.
    Inizia quindi la seconda fase dell’opera di Christopher Tolkien curatore, quella della pubblicazione delle singole storie della Prima Era, sfruttando la riscoperta di Tolkien grazie alla trilogia cinematografica, spacciandole come praticamente inedite per colpa di campagne pubblicitarie al limite del truffaldino.

    Le intenzioni di Christopher erano probabilmente oneste. Come abbiamo già visto negli articoli precedenti, J.R.R. Tolkien stesso più volte (pur con i suoi consueti ripensamenti) aveva sottolineato di considerare il “Silmarillion” come un breve compendio della storia antica, da cui estrarre e narrare in forma più estesa i grandi miti della Prima Era, in particolare “Beren e Luthien”, “I Figli di Hurin”, “La caduta di Gondolin”.
    Dal punto di vista filologico tale operazione è stata dunque legittima. Il problema è nato a causa della reticenza da parte degli editori nel mostrare chiaramente che tali storie non erano completamente inedite, ma già pubblicate in plurime forme, senza contestualizzarle sufficientemente nel contesto più ampio. Tutto ciò ha causato una grande confusione nel lettore, in particolar modo nel nostro paese, già disorientato dalla criticabile gestione delle opere tolkeniane da parte della Bompiani.


    Cosa ci riserverà il futuro dopo la morte di Christopher, avvenuta agli inizi del 2020? Gli infiniti cassetti tolkeninani sforneranno altri inediti, a questo punto dal dubbio valore e interesse?
    Personalmente ritengo che sia il caso, almeno in Italia, di procedere finalmente a una nuova ristampa coerente di tutto il materiale del grande scrittore inglese.
    Sicuramente si può discutere del fatto se abbia senso pubblicare in lingua italiana un’opera monumentale ed ermetica come le History of Middle Earth; a noi non resta che ringraziare comunque Christopher Tolkien per aver passato infiniti giorni a decifrare gli incomprensibili scarabocchi del padre, aprendo meravigliosi squarci su quella fantastica epopea mitologica ambientata nella Terra di Mezzo.
    Assurancetourix
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