¡Infierno! 2
Partiamo col dire subito una cosa che suona strana al lettore: il volume si intitola
¡Infierno! 2, poi uno apre e si trova l'opera originale: la scelta, probabilmente presa di concerto con l'editore, può spiazzare il lettore non scafato.
A parte questo cavillo, è da lodare l'iniziativa di Rizzoli Lizard di voler ristampare il primo
¡Infierno!, ormai fuori catalogo nelle precedenti edizioni, e ancor più interessante la volontà di aver voluto rimettere all'opera una delle coppie per eccellenza del fumetto comico italiano: Tito Faraci e Silvia Ziche.
Ho così riletto
¡Infierno! dopo anni, e ho ritrovato un'opera fresca e scanzonata, dove il gusto per l'ironia pervadeva ogni singola tavola: è un tipico prodotto della seconda metà degli anni '90, dove Faraci utilizzava a man bassa quel tipo di umorismo su
Topolino e
PK, e riuscì a portarla in modo efficace anche fuori dall'ambito disneyano riproponendo lo stesso meccanismo narrativo ma potendo osare un po' di più con il registro comico. Il risultato fu un'opera riuscita, graziata dalla matita graffiante e caricaturale di una Silvia Ziche in stato di grazia: tutt'oggi la storia è assolutamente godibile, e la scelta "di rottura" di realizzare una storia muta è stata vincente, consentendo di concentrarsi sui tanti dettagli visivi che la Ziche si è divertita a inserire di concerto con lo sceneggiatore.
I seguiti, si sa, difficilmente riescono ad essere all'altezza dell'originale. Purtroppo è questo il caso anche di
¡Infierno! 2, che non riesce a colpire nel segno quanto fece quindici anni fa il suo predecessore. I protagonisti sono gli stessi, con tutta la loro comica dabbenaggine, e il modus narrativo di storia muta viene mantenuto. Ma il meccanismo non funziona più con la stessa perfezione vista nel primo
¡Infierno!
La storia è sempre divertente: i due diavoli vengono mandati per punizione in Purgatorio, dove falliscono anche lì nel compito di controllare la pena di una giovane
femme fatale. Sulle sue tracce, scopriranno uno sviluppo imprevedibile e tutto a loro vantaggio della spiacevole situazione.
La scollatura tra la prima e la seconda storia sta proprio nell'ossatura della trama: nel primo caso l'idea di base era già di per sé geniale, con un mafioso che riesce a continuare i propri malaffari anche da trapassato, candidandosi da politico con promesse poco onorevoli tanto in Paradiso quanto in Inferno. Nel secondo caso l'idea è meno convincente e, pur con qualche idea riuscita - come il colpo di scena finale su dove fosse finita l'avvenente fanciulla - non riesce a colpire nel segno.
Restano però valide quelle gag visive e sullo sfondo che avevano contribuito a rendere prezioso il primo
¡Infierno! e che qui sono ben presenti, e stavolta in modo pienamente riuscito: i dannati che devono sgobbare per tanto tempo quando lo decidono enormi clessidre, la fila allo sportello, le deiezioni del pipistrellino, i graffittari che scrivono "Tito" sul muro, il cartone animato/tortura, San Francesco! XD Tante idee fulminanti e divertenti che Silvia ha ben ritratto in tandem con le suggestioni di Tito.
In sostanza, il reprise è riuscito per metà: i due diavoli protagonisti sono pienamente loro, e la comicità generale e visiva che pervadeva il primo
¡Infierno! è qui preservata. Manca però purtroppo una spinta narrativa che appariva ben più forte nel primo episodio e che qui non riesce ad essere presente con la stessa forza.