Speciale Lucca
Il film dei grandi esperimenti, Wall-E. Hanno oramai tutti detto un gran bene di come siano riusciti a rendere espressivo un binocolo, di quanto bene siano riusciti a gestire i tempi drammatici e comici nell'apprezzatissimo atto muto con cui inizia il film, al punto di non cadere nello slapstick, né nella noia. E hanno tutti detto bene della poesia con cui nel grande disegno dell'universo viene narrato l'amore tra due "oggetti". La femminilità che può scaturire da un uovo bianco, l'affetto quasi fanciullesco che può fare la differenza. E poi i messaggi ambientalistici di denuncia verso la società dell'apatia, le sorprendenti incursioni nel live action, il define dancing. Si è discusso molto persino del presunto calo di tono che avrebbe il film nella sua seconda parte, ambientata a bordo della Axiom in mezzo ad umani, stavolta volutamente, gommosi e plasticosi. A mio modestissimo parere è lì che la storia di questi due robottini doveva andare a parare, con una bella incursione in un mondo che ormai si sospettava voler esser rappresentato fuoricampo, come gli adulti dei Peanuts. Perchè sarà anche vero che i robot ribelli, i robot diseredati, John, Mary, M-O sono figure abbozzate che non sarebbe stato male approfondire, sarà anche vero che il viavai nell'astronave non è all'altezza di quei significativi momenti di silenzio passati sulla Terra, fattostà che ciò che l'opera complessiva ci comunica è un discorso ben preciso con una sua compiutezza, priva di sbavature, buchi, e falle logiche (gravità artificiale esclusa). E se la vogliamo dire tutta pure il personaggio del comandante ne esce gran bene, candido ma determinato quanto basta a rendere preziosa la sequenza in cui compie il suo riscatto e porta ai massimi livelli di funzionalità il parallelismo con
2001 Odissea nello Spazio.
Il riciclo intelligente potrebbe essere una delle morali ecologiste del film ma sembra sia stata anche la parola d'ordine di Thomas Newman, che ne ha composto la colonna sonora. Molte sonorità sembrano infatti venire dritte dritte da
Alla Ricerca di Nemo l'altro film Pixar a cui Newman ha lavorato, e bene o male la scelta si rivela azzeccata regalando a certe riprese spaziali quel feeling da grande oceano cosmico che tanto sembra adattarsi al respiro della storia. Sono presenti anche alcune canzoni riciclate, pratica che finora era sempre stata utilizzata con profitto dai film sulla scia Dreamworks appartenenti a quest'epoca post-musical, ma che qui invece assume una valenza completamente nuova:
La Vie en Rose cantata da Louis Armstrong incornicia perfettamente la sequenza in cui Wall-E corteggia Eve in stand by, e anziché sembrare una scorciatoia commerciale si ha veramente l'impressione che la scena e la canzone si donino l'un l'altra un qualcosa, fino alla completa sintesi. Sintesi che "esplode" ancor di più grazie al continuo gioco di richiami con il musical del 1969
Hello Dolly, rappresentato anche direttamente all'interno del film in svariate sequenze grazie al riproduttore che Wall-E conserva come cimelio. Due sono i brani ereditati da questo film:
It Only Takes a Moment, il tema d'amore, e soprattutto il brano principale che irrompe all'inizio,
Put On Your Sunday Clothes, che echeggiando a mo' di overtoure nei cieli ci accompagna tramite un delizioso gioco di contrasti tra passato e presente, verso il futuro distopico che sarà teatro della vicenda. Poesia pura. Ci sono poi le deliziose citazioni a 2001, che culminano nella ripresa del
Danubio Blu e di
Also Sprach Zarathustra e il brano
Down to Earth di Peter Gabriel, che accompagna i particolarissimi credits, che ancora una volta impreziosiscono la pellicola narrando il futuro dell'umanità ripercorrendone di pari passo le correnti artistiche.
Pur non scalzando
Ratatouille nella mia personale classifica dei film Pixar, Wall-E si conferma come uno dei parti migliori dello studio. Con Remy ha però in comune l'essere il manifesto programmatico di un nuovo modo di fare cinema d'animazione. Ciò che abbiamo visto da Toy Story a Cars altro non era che la prova generale, un gettare le giuste basi per poter fare scuola nell'ambito della CGI e farsi quindi accordare dal pubblico la fiducia necessaria per poter fare quel salto verso un metodo più stravagante e autoriale. Dopo il metacinema visto in
Ratatouille e le sperimentazioni di
Wall-E arriverà la malinconia esistenziale di
Up, e il pubblico già l'attende. Un pubblico fatto di bambini, adulti, critici entusiasti, coppiette, famiglie, uomini maturi, senza pregiudizi di sorta. La Pixar ha capito quindi come ripristinare la tradizione del film evento dell'anno, come fondere tradizione e modernità, classicismo e innovazione, mantenendo ben alto il suo marchio, ed è quindi pronta a raccogliere il testimone lasciato negli anni 90 dalla WDAS, che purtroppo sempre più difficilmente riesce a primeggiare ancora nei cuori della gente, pur mettendoci tutta la buona volontà. Si spera che i due studi non si facciano troppa concorrenza interna nel futuro prossimo, visto che la Disney sembra voler alzare nuovamente la testa. Le auguro di tutto cuore di farcela, solo che a questo punto mi chiedo: ci sarà spazio per entrambe o la Disney sarà per sempre destinata ad essere nell'immaginario collettivo la sorellina minore del colosso Pixariano?