[Martin Scorsese] The Departed
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“Non voglio essere il prodotto del mio ambiente; voglio che l’ambiente sia un mio prodotto”. Così dichiara Jack Nicholson/Jack Costello, in apertura di The Departed, con la fulminante sentenziosità propria di questo personaggio. Ma la voce proviene da fuori campo, colui che parla è celato all’occhio; diventa allora suggestivo pensare che quella boutade possa essere in realtà un pensiero di Martin Scorsese, infiltrato verbale in un epos dell’infiltrazione e del doppio gioco ribollente di motti parossistici. Il senso di questo ammiccamento sarebbe chiaro: dopo una fase autoriale che si potrebbe dire “manieristica” (pur rimanendo consapevoli, in questo caso, della riduttività del termine), con lavori quali Gangs of New York e The Aviator, tanto fondamentali quanto calpestati dal sistema delle onorificenze hollywoodiane, il regista sceglie di dare una lezione ideale all’industria a cui appartiene e al pubblico di ammiratori in fervida attesa di un nuovo Taxi Driver, Casino, o GoodFellas. The Departed è l’antidoto perfetto a questo ambiente ingrato: un colossale capolavoro d’ironia che sa entusiasmare detrattori e fan delusi, senza tuttavia scendere ad alcuna forma di compromesso artistico.
La prima stoccata di Scorsese è per Hollywood: The Departed, sulla carta, è un remake. Un film basato dunque su un tipo di operazione che attualmente pervade il mainstream del cinema popolare, innervandolo di ruminazioni narrative obbedienti all’inattaccabile logica secondo la quale ciò che è stato già visto ed apprezzato è più sicuro e meno dispendioso di ciò che è nuovo. La memoria di Cape Fear potrebbe a questo punto salvare dal tranello lo spettatore smaliziato; ma Scorsese rincara la dose, e spiazza scegliendo di attingere ad uno dei serbatoi di storie più avidamente saccheggiati e travisati dell’ultimo decennio, quello del cinema orientale. Il titolo prescelto è un action movie di Hong Kong, Infernal Affairs, uscito nel 2002 e già fornito di un sequel ed un prequel: un divertissement di successo, forte di un soggetto al tempo stesso semplice e coinvolgente. Scorsese e lo sceneggiatore William Monahan, tuttavia, hanno lavorato unicamente sullo script cinese di Alan Mak e Felix Chong, dichiarando di aver deliberatamente evitato di guardare il film originale. L’azione viene spostata a Boston, tra i tradizionalismi e le degenerazioni di una sanguigna comunità irlandese soffocata dal potente boss malavitoso Jack Costello. Colin Sullivan (Matt Damon), protetto di Costello sin dall’infanzia, si diploma poliziotto con ottimi risultati, riuscendo a fare una rapida carriera e ad entrare nell’Unità Speciale Anticrimine dedita precisamente al controllo delle mosse del suo “padrino”. Parallelamente, si introduce una seconda figura di doppiogiochista: Billy Costigan (Leonardo DiCaprio), anch’egli poliziotto cadetto, proveniente tuttavia da una realtà di povertà e criminalità dalla quale desidera ardentemente fuggire. Finirà per esservi nuovamente immerso con violenza, quando riceverà dall’ispettore Queenan (Martin Sheen) l’incarico di unirsi a Costello per poterne spiare le mosse. Ben presto le due fazioni diventeranno consce della presenza delle rispettive “talpe”; Sullivan e Costigan inizieranno a darsi reciprocamente la caccia, ciascuno all’oscuro dell’identità dell’altro.
La rete narrativa, intricata ma perfettamente simmetrica, è gestita con una lucidità ed un senso del ritmo di rara efficacia. Ma, soprattutto, questo tessuto di storie sa offrire opportuni spazi all’esplicitazione delle più classiche idiosincrasie di quello che è ritenuto essere lo “stile Scorsese”. Ed è proprio su questo piano che il regista pone in essere il secondo livello della sua sottile polemica cinematografica. In The Departed, infatti, l’elemento stilistico si impone in maniera atipicamente conclamata: si ritrova, ad esempio, il classico rapporto “alla Scorsese” tra figure paterne di “protettori” e giovani rampanti (rapporto qui addirittura duplicato, per quanto Queenan come “anti-Costello” non sia del tutto efficace); a ciò si unisce l’interesse per la descrizione di enclavi malavitose della società statunitense, distinte anche per nazionalità (questa volta irlandesi al posto degli italiani); e si potrebbero citare anche la violenza parossistica (sia fisica che verbale), gli accenni alla religione, e naturalmente la maniera in cui sono orchestrati montaggio e scelte musicali. Per la terza volta, dopo Casino e GoodFellas, in un film di Scorsese risuona “Gimme Shelter” dei Rolling Stones: quasi ad imprimere anche nella colonna sonora il marchio d’autore già profondamente inciso nelle immagini del film. Difficile, di fronte a questa escalation di autocitazioni, non iniziare a nutrire qualche sospetto sull’operazione del regista; la possibilità che l’esasperazione stilistica sia una consapevole provocazione appare allettante. Anche perché, a contrappuntare queste scelte, nella scrittura del film compaiono una serie di altri elementi che sembrano compromettere la rassicurante prevedibilità della “confezione” di The Departed. Il quale, oltre ad essere un remake, è soprattutto un film di genere: un gangster movie che, nominalmente, si porrebbe come quanto di più ben accetto dalle attuali aspettative hollywoodiane. Eppure, Scorsese usa come pretesto la già raccontata storia orientale per tracimare continuamente dagli argini autoimpostisi: laddove ci si aspetterebbe una macchia di sangue, si trova una carneficina; quando si è in attesa di turpiloquio, si viene investiti da raffiche di oscenità verbali di perfido e perfetto virtuosismo retorico; e le più prevedibili situazioni legate al cliché “spia e controspia” vengono complicate all’inverosimile, mantenendo al contempo una straordinaria chiarezza espositiva. La classicità del genere (evocata, tra l’altro, anche dall’elegante e calcolata apparizione in una televisione di The Informer di John Ford) sembra venire continuamente chiamata in causa solo per esser poi esorcizzata all’istante da un martellante gioco di esagerazioni. Come ovvia conseguenza di ciò, l’universo maschilista del thriller tradizionale diventa, in The Departed, ultramaschilista; immersa nel tripudio di esternazioni brutali e sanguinolente vi è un’unica figura di donna, Madolyn (Vera Farmiga), psicologa criminale che in verità non incarna stereotipi cinematografici particolarmente enfatizzati, ma sembra essere utile semplicemente a far soccombere il principio femminile per inferiorità numerica e per debole carisma. Non si invocherebbero, dunque, spunti polemici antifemministi; il maschilismo di The Departed sarebbe solo la stilizzazione delle tematiche di gender di cui è intrisa la storia del gangster movie, così come stilizzati sarebbero gli spunti psicanalitici sparsi lungo la durata dell’intera pellicola (costruzione di figure paterne in Costello e Queenan, possibilità di leggere Sullivan e Costigan come logos e eros). Lo stesso Scorsese sembra svelare il suo gioco beffardo, impossessandosi di nuovo delle parole di uno dei suoi personaggi, quando Madolyn riferisce che “Gli irlandesi, secondo Freud, sono immuni alla psicanalisi”. E quasi tutti i protagonisti di The Departed, naturalmente, sono irlandesi.
A completare questo quadro di disincanto cinematografico radicale contribuisce in maniera determinante la performance di Jack Nicholson, secondo “infiltrato” illustre nel film dopo lo Scorsese “verbale” di cui si è detto: interpretando un personaggio suo omonimo, Nicholson offre in pasto al pubblico la ricostruzione del mito di se stesso, rendendo Costello un catalogo di deviazioni e spropositi assassini che celebrano antologicamente la sua carriera d’attore. Il che, in un film qualsiasi, potrebbe essere profondamente fuori luogo; nel metacinematografico The Departed si tratta della migliore scelta immaginabile.
Eppure, The Departed non si esaurisce in questa dialettica di falsa adesione ad un modello commerciale e ad un’aspettativa ingenua. Sarebbe poco lusinghiero per l’intelligenza di Scorsese non accorgersi del senso più profondo del lungometraggio, che sembra essere contenuto nell’estrema razionalità nella scelta della inquadrature, nella geometria della sceneggiatura, e nella pianificata ruvidezza del montaggio (affidato a Thelma Schoonmaker, collaboratrice storica del regista). Un montaggio tutt’altro che “invisibile”, che ricompone le tracce narrative frammentando la rappresentazione e facendo uso di espedienti espressivi antinaturalistici come repentini e brevissimi fermo immagine o mascherini a iride. The Departed è un film che vive dell’esibizione del meccanismo rappresentativo, sia a livello tecnico che concettuale: una celebrazione implicita delle strategie di significazione della "Settima Arte", che non può che entusiasmare chi, entrato in sala cercando Scorsese, vi ha trovato il Cinema.
non ce l'avevo visto questo livello metacinematografico, anzi mi limitavo a vederci un prodotto commerciale, "di genere" come si suol dire, ma ovviamente risultato delle esperienze precedenti di Scorsese (e della sua conoscenza della storia del cinema) e di quel mostro di Jack Nicholson.
“DISCUSSIONE, NON RECENSIONE!”
Lì è il bello secondo me!Elikrotupos ha scritto:non ce l'avevo visto questo livello metacinematografico, anzi mi limitavo a vederci un prodotto commerciale, "di genere" come si suol dire
E' talmente di genere che finisce per diventare una parodia del genere stesso. Alla faccia di Hollywood.
Premetto che non sono un appasionato di cinema nè che mi ha mai interessato approfondire le mie conoscenza in materia.
Sono solo un tipo che vede i film e basta.
Questo è stato l'unico film di Scorsese che ho visto (TAXI DRIVER non l'ho visto tutto) e prima di questo regista avevo solo sentito parlare e non sapevo cosa avesse fatto per diventare famoso.
Sarò breve:
THE DEPARTED è per me un ottimo film a livello di trama e di personaggi, Costigan e Costello sono entrati nel mio immaginario personale.
Ottima la tematica delle scelte morali che viene qui trattata e delle intenzioni personali su cui si basano.
Sinceramente non ci ho visto nulla di parodico
Sono solo un tipo che vede i film e basta.
Questo è stato l'unico film di Scorsese che ho visto (TAXI DRIVER non l'ho visto tutto) e prima di questo regista avevo solo sentito parlare e non sapevo cosa avesse fatto per diventare famoso.
Sarò breve:
THE DEPARTED è per me un ottimo film a livello di trama e di personaggi, Costigan e Costello sono entrati nel mio immaginario personale.
Ottima la tematica delle scelte morali che viene qui trattata e delle intenzioni personali su cui si basano.
Sinceramente non ci ho visto nulla di parodico
Ho sempre adorato Scorsese e questo è diventato uno dei miei film preferiti.
Trendo ispirazione Infernal Affairs, trilogia hongkonghese di Andrew Lau e Alan Mak, Martin Scorsese realizza un film sotto molti aspetti diverso dai suoi precedenti, coinvolgente e pulsante di passione cinematografica.
The Departed è un thriller solidissimo e compatto, narrativamente carico, ricco di tensione; la sua vera forza risiede però non tanto nella storia, pur brillantemente raccontata, quanto nel grande spessore umano dei personaggi, soprattutto dell’intensissimo Billy Costigan di Leonardo Di Caprio, che provoca un coinvolgimento emotivo molto forte da parte degli spettatori.
Forse per la prima volta nella filmografia di Scorsese (almeno della parte che ha per protagonista la criminalità) in The Departed c’è una distinzione netta tra buoni e cattivi: fin dall’inizio non ci sono dubbi per lo spettatore, ci si innamora di Billy e si parteggia per lui, odiando sempre più il suo alter ego Colin Sullivan, viscido e impenetrabile.
Scorsese ci regala un giovane eroe tragico, non un antieroe malinconico sconfitto in partenza come Travis Bickle, ma un vero eroe con i piedi per terra, di carne e sangue, di un’umanità acutissima e lacerante resa con grande sensibilità registica e di scrittura, oltre che interpretativa. Il personaggio di Billy, fin dalla sequenza che ne mostra la vita all’interno dell’Accademia Militare, è rappresentato specularmente a quello di Colin, seppur con piccole differenze: di Colin viene mostrata l’infanzia, in un incipit molto suggestivo che fa presagire, erroneamente (come si avrà modo di capire dallo sviluppo della vicenda), un racconto dal sapore simile a Bronx di Robert De Niro; di Billy l’infanzia viene solo raccontata, peraltro in maniera brutale, tesa a metterlo in difficoltà, durante il primo colloquio con Dignam e Queenan.
Chi è il vero protagonista? Billy probabilmente, sebbene dalle prime inquadrature sembrerebbe essere Colin; la distinzione tra i due personaggi è netta, senza “sfumature”, espressione da intendere non nel senso di caratteri banali e schematici ma in senso più alto, quasi etico: la purezza di Billy non è intaccata dalla violenza che è costretto a vivere e a commettere mentre Colin perde la sua fin da quando, bambino, si vende a Frank Costello per un sacchetto di cibo e un fumetto (e continuerà a vendersi per tutta la vita, pur non accontentandosi più di pane in cassetta e giornalini). E ciò che lega, tragicamente, l’esistenza di Billy e Colin è appunto Costello, vecchio boss in declino crudele e sanguinario. Non è certo il primo criminale che Scorsese ha raccontato eppure Costello è diverso da tutti gli altri: non ha la malinconia tragica di Sam Rothstein (Casino)né la spiritualità malata e vendicativa di Max Cady (Cape Fear) e la sua vita, per quanto ugualmente intrisa di violenta spietatezza e di squallore, non ha la statura drammatica dell’esistenza di Henry Hill (Good Fellas).
Ed è soprattutto attraverso il personaggio di Costello che si precisa agli occhi dello spettatore il cuore agghiacciante del film, fatto di disperazione inesprimibile e cupissimo pessimismo; già dal titolo, The Departed, cioè i defunti, si sente forte e ineluttabile la presenza della morte, non solo perchè la morte arriva, feroce e indifferente, a colpire tutti i personaggi, uno ad uno, secondo un andamento perfetto e crudele che ricorda la progressione tragica di Amleto ma soprattutto perchè è come se i protagonisti fossero, fin dal loro ingresso nella storia, già morti: è già morto Billy nel momento in cui gli tolgono la sua identità e gli affidano una missione impossibile; è già morto Colin, fin da bambino, da quel giorno in cui ha venduto l’anima a Costello e soprattutto è già morto Frank Costello, il motore dell’azione, anche colui intorno al quale ruota l’intera vicenda non è altro che un cadavere sul punto di crollare a terra. E così le ombre scure che nell’incipit ne nascondono minacciosamente il volto si sciolgono, al momento della sua vera morte, nel fiotto di sangue che gli esce dalla bocca e va ad imbrattare uno squallido parcheggio. Così le reali morti dei personaggi, le loro morti fisiche, non fanno altro che sigillare e rendere definitivo un viaggio verso gli Inferi già iniziato e ineluttabilmente avviato verso la fine; le morti di The Departed sono laghi di sangue, schizzi improvvisi sui muri e sulle persone, inappellabili come le scariche di violenza di Costello e dei suoi (fra tutte, la morte di Queenan buttato giù dal tetto è così secca, crudele che né Billy né gli spettatori riescono ad assorbirla e si resta lì col giovane protagonista, inebetiti, a guardare quel cadavere insanguinato).
Anche Boston è morta, una città che non ha cura dei suoi figli e li lascia soli a giocare una partita senza senso, a cercare di riannodare i fili di una ragnatela, quella della criminalità e della giustizia, ormai spezzata e incomprensibile. Così, certo: in The Departed ci sono i buoni e ci sono i cattivi ma perchè? E a cosa servono? È possibile che l’onestà di Billy, la sua dedizione, le sue crisi di panico, la sua paura, che rappresentano la cosa più preziosa del film, la più commovente e intensa, siano inutili? Purtroppo si e non solo perchè c’è Colin, criminale infiltrato in polizia, a remare contro e a vanificare gli sforzi di Billy, non solo perchè Costello è un informatore dell’FBI e quindi non ci sarà mai un reale interesse a procedere contro di lui da parte dei “piani alti” ma soprattutto perchè Costello è solo un fallito, un criminale invecchiato che ha esaurito il suo potere e che va avanti per inerzia. E davvero non valeva la pena di sacrificare la vita di Billy per tentare di catturarlo. Ma cosa vale davvero la pena?
In The Departed si fa notare il contrasto evidente tra l’impianto narrativo del film, estremamente coinvolgente, le sue intense soluzione visive, cromatiche e musicali, la sua profondità di scrittura e il pessimistico vuoto di senso che soffoca il film; l’ultima opera di Scorsese è profondamente triste, persino la morte di Colin è priva del gusto, sia pure un po’ malsano, della vendetta ai danni del nemico, è solo fredda, quasi asettica, miserabile al pari di quella di Costello.
In questa voragine spaventosa le passioni dei personaggi, positive o negative che siano, si scontrano, combattono e cercano inutilmente di fronteggiare la spietata, opaca indifferenza della vita e della morte. La stessa passione cinematografica di Scorsese si sforza di emergere dal pessimismo della messa in scena e lo fa con la consueta, suggestiva potenza; la sceneggiatura di William Monahan lavora sapientemente sul concetto di suspense, ovvero, come insegnava Hitchcock, fornire allo spettatore più informazioni di quante ne abbiamo i personaggi. Fin dall’inizio infatti chi guarda il film conosce l’identità dei due infiltrati e questo produce un senso di ansia crescente, di preoccupazione per la sorte di Billy che raggiunge il culmine in sequenze come quella della morte di Queenan o del pedinamento all’uscita dal cinema.
The Departed è un film molto significativo nella globalità dell’opera di Scorsese: è uno sguardo gelido sul mondo che, pur nella disperazione di molti dei film precedenti, non era mai emerso con tanta forza; anche il cupissimo, notturno Bringing out the Dead era interrotto da sprazzi di colore, di bellezza persino, colta nella desolazione delle strade di New York. In The Departed c’è solo tanto sangue, versato fisicamente ed emotivamente e comunque tragicamente destinato a lasciare i corpi in un flusso tristissimo, freddo e inarrestabile.
E, per completezza, qualche nota pure su Infernal Affairs:
I personaggi sono caratterizzati in maniera diversa: il boss Sam non è violento e agghiacciante come Costello e soprattutto Lau non è viscido e spietato come Colin. In Infernal Affairs ho visto più una riflessione su quanto sia difficile distinguere i buoni dai cattivi; in The Departed i ruoli sono più netti ma inutili, il film è molto pessimista e mostra come tutti i sacrifici di Billy, il panico che ha provato non servano a niente. Poi The Departed già dal titolo mette più l'accento sulla morte, come avvenimento estremo che rende inutile la vita, sia che la si viva da "buoni" che da "cattivi".. invece Infernal Affairs è più concentrato sulla difficoltà di vivere e di distinguere il bene dal male.
Bella anche la colonna sonora (i titoli di testa sono magnifici, sia visivamente che musicalmente), solo un po' sdolcinata nei momenti romantici.. ma quasi sempre potente.
Trendo ispirazione Infernal Affairs, trilogia hongkonghese di Andrew Lau e Alan Mak, Martin Scorsese realizza un film sotto molti aspetti diverso dai suoi precedenti, coinvolgente e pulsante di passione cinematografica.
The Departed è un thriller solidissimo e compatto, narrativamente carico, ricco di tensione; la sua vera forza risiede però non tanto nella storia, pur brillantemente raccontata, quanto nel grande spessore umano dei personaggi, soprattutto dell’intensissimo Billy Costigan di Leonardo Di Caprio, che provoca un coinvolgimento emotivo molto forte da parte degli spettatori.
Forse per la prima volta nella filmografia di Scorsese (almeno della parte che ha per protagonista la criminalità) in The Departed c’è una distinzione netta tra buoni e cattivi: fin dall’inizio non ci sono dubbi per lo spettatore, ci si innamora di Billy e si parteggia per lui, odiando sempre più il suo alter ego Colin Sullivan, viscido e impenetrabile.
Scorsese ci regala un giovane eroe tragico, non un antieroe malinconico sconfitto in partenza come Travis Bickle, ma un vero eroe con i piedi per terra, di carne e sangue, di un’umanità acutissima e lacerante resa con grande sensibilità registica e di scrittura, oltre che interpretativa. Il personaggio di Billy, fin dalla sequenza che ne mostra la vita all’interno dell’Accademia Militare, è rappresentato specularmente a quello di Colin, seppur con piccole differenze: di Colin viene mostrata l’infanzia, in un incipit molto suggestivo che fa presagire, erroneamente (come si avrà modo di capire dallo sviluppo della vicenda), un racconto dal sapore simile a Bronx di Robert De Niro; di Billy l’infanzia viene solo raccontata, peraltro in maniera brutale, tesa a metterlo in difficoltà, durante il primo colloquio con Dignam e Queenan.
Chi è il vero protagonista? Billy probabilmente, sebbene dalle prime inquadrature sembrerebbe essere Colin; la distinzione tra i due personaggi è netta, senza “sfumature”, espressione da intendere non nel senso di caratteri banali e schematici ma in senso più alto, quasi etico: la purezza di Billy non è intaccata dalla violenza che è costretto a vivere e a commettere mentre Colin perde la sua fin da quando, bambino, si vende a Frank Costello per un sacchetto di cibo e un fumetto (e continuerà a vendersi per tutta la vita, pur non accontentandosi più di pane in cassetta e giornalini). E ciò che lega, tragicamente, l’esistenza di Billy e Colin è appunto Costello, vecchio boss in declino crudele e sanguinario. Non è certo il primo criminale che Scorsese ha raccontato eppure Costello è diverso da tutti gli altri: non ha la malinconia tragica di Sam Rothstein (Casino)né la spiritualità malata e vendicativa di Max Cady (Cape Fear) e la sua vita, per quanto ugualmente intrisa di violenta spietatezza e di squallore, non ha la statura drammatica dell’esistenza di Henry Hill (Good Fellas).
Ed è soprattutto attraverso il personaggio di Costello che si precisa agli occhi dello spettatore il cuore agghiacciante del film, fatto di disperazione inesprimibile e cupissimo pessimismo; già dal titolo, The Departed, cioè i defunti, si sente forte e ineluttabile la presenza della morte, non solo perchè la morte arriva, feroce e indifferente, a colpire tutti i personaggi, uno ad uno, secondo un andamento perfetto e crudele che ricorda la progressione tragica di Amleto ma soprattutto perchè è come se i protagonisti fossero, fin dal loro ingresso nella storia, già morti: è già morto Billy nel momento in cui gli tolgono la sua identità e gli affidano una missione impossibile; è già morto Colin, fin da bambino, da quel giorno in cui ha venduto l’anima a Costello e soprattutto è già morto Frank Costello, il motore dell’azione, anche colui intorno al quale ruota l’intera vicenda non è altro che un cadavere sul punto di crollare a terra. E così le ombre scure che nell’incipit ne nascondono minacciosamente il volto si sciolgono, al momento della sua vera morte, nel fiotto di sangue che gli esce dalla bocca e va ad imbrattare uno squallido parcheggio. Così le reali morti dei personaggi, le loro morti fisiche, non fanno altro che sigillare e rendere definitivo un viaggio verso gli Inferi già iniziato e ineluttabilmente avviato verso la fine; le morti di The Departed sono laghi di sangue, schizzi improvvisi sui muri e sulle persone, inappellabili come le scariche di violenza di Costello e dei suoi (fra tutte, la morte di Queenan buttato giù dal tetto è così secca, crudele che né Billy né gli spettatori riescono ad assorbirla e si resta lì col giovane protagonista, inebetiti, a guardare quel cadavere insanguinato).
Anche Boston è morta, una città che non ha cura dei suoi figli e li lascia soli a giocare una partita senza senso, a cercare di riannodare i fili di una ragnatela, quella della criminalità e della giustizia, ormai spezzata e incomprensibile. Così, certo: in The Departed ci sono i buoni e ci sono i cattivi ma perchè? E a cosa servono? È possibile che l’onestà di Billy, la sua dedizione, le sue crisi di panico, la sua paura, che rappresentano la cosa più preziosa del film, la più commovente e intensa, siano inutili? Purtroppo si e non solo perchè c’è Colin, criminale infiltrato in polizia, a remare contro e a vanificare gli sforzi di Billy, non solo perchè Costello è un informatore dell’FBI e quindi non ci sarà mai un reale interesse a procedere contro di lui da parte dei “piani alti” ma soprattutto perchè Costello è solo un fallito, un criminale invecchiato che ha esaurito il suo potere e che va avanti per inerzia. E davvero non valeva la pena di sacrificare la vita di Billy per tentare di catturarlo. Ma cosa vale davvero la pena?
In The Departed si fa notare il contrasto evidente tra l’impianto narrativo del film, estremamente coinvolgente, le sue intense soluzione visive, cromatiche e musicali, la sua profondità di scrittura e il pessimistico vuoto di senso che soffoca il film; l’ultima opera di Scorsese è profondamente triste, persino la morte di Colin è priva del gusto, sia pure un po’ malsano, della vendetta ai danni del nemico, è solo fredda, quasi asettica, miserabile al pari di quella di Costello.
In questa voragine spaventosa le passioni dei personaggi, positive o negative che siano, si scontrano, combattono e cercano inutilmente di fronteggiare la spietata, opaca indifferenza della vita e della morte. La stessa passione cinematografica di Scorsese si sforza di emergere dal pessimismo della messa in scena e lo fa con la consueta, suggestiva potenza; la sceneggiatura di William Monahan lavora sapientemente sul concetto di suspense, ovvero, come insegnava Hitchcock, fornire allo spettatore più informazioni di quante ne abbiamo i personaggi. Fin dall’inizio infatti chi guarda il film conosce l’identità dei due infiltrati e questo produce un senso di ansia crescente, di preoccupazione per la sorte di Billy che raggiunge il culmine in sequenze come quella della morte di Queenan o del pedinamento all’uscita dal cinema.
The Departed è un film molto significativo nella globalità dell’opera di Scorsese: è uno sguardo gelido sul mondo che, pur nella disperazione di molti dei film precedenti, non era mai emerso con tanta forza; anche il cupissimo, notturno Bringing out the Dead era interrotto da sprazzi di colore, di bellezza persino, colta nella desolazione delle strade di New York. In The Departed c’è solo tanto sangue, versato fisicamente ed emotivamente e comunque tragicamente destinato a lasciare i corpi in un flusso tristissimo, freddo e inarrestabile.
E, per completezza, qualche nota pure su Infernal Affairs:
I personaggi sono caratterizzati in maniera diversa: il boss Sam non è violento e agghiacciante come Costello e soprattutto Lau non è viscido e spietato come Colin. In Infernal Affairs ho visto più una riflessione su quanto sia difficile distinguere i buoni dai cattivi; in The Departed i ruoli sono più netti ma inutili, il film è molto pessimista e mostra come tutti i sacrifici di Billy, il panico che ha provato non servano a niente. Poi The Departed già dal titolo mette più l'accento sulla morte, come avvenimento estremo che rende inutile la vita, sia che la si viva da "buoni" che da "cattivi".. invece Infernal Affairs è più concentrato sulla difficoltà di vivere e di distinguere il bene dal male.
Bella anche la colonna sonora (i titoli di testa sono magnifici, sia visivamente che musicalmente), solo un po' sdolcinata nei momenti romantici.. ma quasi sempre potente.
I do not fit. I know that.
Quoto Camera 9. Anch'io, esattamente come lui, non avevo mai visto prima un film di Martin Scorsese, e ho visto questo su suggerimento della mia migliore amica che ne era entusiasta.camera9 ha scritto:Questo è stato l'unico film di Scorsese che ho visto e prima di questo regista avevo solo sentito parlare e non sapevo cosa avesse fatto per diventare famoso.
Sarò breve:
THE DEPARTED è per me un ottimo film a livello di trama e di personaggi, Costigan e Costello sono entrati nel mio immaginario personale.
Ottima la tematica delle scelte morali che viene qui trattata e delle intenzioni personali su cui si basano.
E anch'io ne sono stato entusiasta. Un film fatto veramente molto bene, ben orchestrato, i tre protagonisti molto ben caratterizzati.
La trama è intricata quanto basta per piacere a me. E' un gangster-movie, ma non solo. E' una storia drammatica, ma non solo. E' grande capacità narrativa, ma non solo.
E' tutto questo e altro ancora, è grande cinema.
Ci si immedesima in entrambi i protagonisti, che per praticamente tutto il film non si incontrano mai e sono iganri dell'identità della'ltro. Ci si immedesima in Di Caprio (qui in un'intepretazione magistrale) ma anche in Matt Damon. Si vive passo passo con loro man mano che la storia va avanti e noi facciamo empatia, sappiamo che essendo entrambi infiltrati possono essere scoperti da un momento all'altro. E facciamo empatia apsettando di vedere, con ansia vera, se, quando e cme questo succederà, e come si evolvono gli avvenimenti.
Ma per quanto riescano a rendere bene la loro parte Damon e Di Caprio, non c'è niente da fare, per me il migliore in scena è stato senza ombra di dubbio Jack Nicholson. Un Frank Costello credibilissimo, diverso dall'immagine stereotipata del classico boss mafioso e al contempo bravo a delineare la personalità di un personaggio come Costello.
Il film scorre inesorabile come la vita, portando i protagonisiti ad affrontare il loro destino fino all'inevitabile conclusione delle loro vite disordinate e maledette, e da eroi maledetti celebrano la motivazione più effereta del titolo del film.
Molto molto bello.
Andrea "Bramo" L'Odore della Pioggia
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