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[C.S. Lewis] Le lettere di Berlicche

Inviato: domenica 23 novembre 2008, 20:30
da LBreda


C.S. Lewis non è solo l'autore di un noto ciclo fantasy un po' più catechistico di quello del suo collega e amico Tolkien, ma è anche un filosofo e teologo molto interessante nell'ambito del panorama cristiano. Ho conosciuto questo suo aspetto forse anche prima di conoscere le Cronache, attraverso la lettura di alcuni brani della sua corrispondenza con don Giovanni Calabria, santo italiano al quale sono piuttosto legato (corrispondenza peraltro tradotta dal latino in italiano da un mio amico, e pubblicata nel libro Una Gioia Insolita, Walter Hooper ed./Jaca Book 1995).

Ma passiamo al libro in oggetto.

È certamente uno dei libri più originali che abbia letto, tanto nella forma quanto nello stile. Si tratta di una raccolta di trentuno lettere che, nella finzione narrativa, il diavolo anziano Berlicche scrive per istruire il suo giovane nipote Malacoda, una sorta di "diavolo custode".

A Malacoda è stato affidato un giovane uomo inglese, nel periodo immediatamente precedente la Seconda Guerra Mondiale (buona parte del libro è ambientato durante la guerra, tema presente oltretutto anche in Narnia, e va considerato che le lettere sono uscite nel 1942). Forse su sua richiesta o forse per gusto personale (le lettere di Malacoda non ci sono note), lo zio Berlicche prova aiutare il nipote nel suo difficile compito di tentatore, e cerca di insegnarli quali obbiettivi siano importanti da ottenere, e quali invece sono futili ed effimeri.

Gli argomenti che vengono affrontati sono molteplici, si può dire che il libro tratti molto dettagliatamente quasi tutti gli aspetti della morale e del modo di vedere il bene e il male. Si individuano nel libro tre "blocchi" principali di lettere, uno riguardante il rapporto con il mondo e con la società, uno riguardante l'amore e l'aspetto carnale in generale e uno più strettamente filosofico che indaga sulla natura stessa del demonio e sul suo modo di agire.

Interessantissimo, ovviamente, l'aspetto peculiare di questo libro: tutto è visto dalla parte dei demoni, con la mentalità dei demoni. Questo ha due principali effetti: da una parte rende fortemente ridicolo il modo di pensare di questi demoni [1] e il comportamento che loro ritengono utile, e dall'altra rende evidente che spessissimo ci comportiamo esattamente in quel modo che nel libro sembra tanto ridicolo.

Il libro offre quindi moltissimi spunti di riflessione personale per i cristiani (e in molti casi anche per chi non è cristiano) e chiarisce molti aspetti del cristianesimo che a chi non è cristiano possono sembrare assurdi. Una lettura utile tanto dal punto di vista filosofico, tanto da quello più fortemente spirituale. Sono presenti anche non poche critiche e riflessioni completamente distinte dalla questione religiosa, ed è secondo me notevole la critica (Lewis è stato anche un grande filologo) ad un modo di leggere la letteratura passata che non considera degne di nota le opinioni espresse nel passato. Tale critica permea un po' tutto il libro, ma si fa molto esplicita negli ultimi capitoli.

Curiosissima, per quanto riguarda i miei attuali approfondimenti/studi di tipo religioso, la lettera XXIII, che mette in guardia nei confronti di una visione distorta del "Gesù storico". Decenni dopo Lewis, nel suo ultimo libro ("Gesù di Nazareth"), il teologo e Papa della Chiesa Cattolica romana Benedetto XVI sottolinea l'importanza della figura storica di Cristo, definendola dettagliatamente e aumentando il "pericolo" visto da Berlicche nell'incoraggiare una visione storica (cosa che comunque Berlicche sostiene vada fatto, perché i "pericoli" sono pochi rispetto ai "vantaggi").


[1] Interessanti, a questo proposito, le citazioni che introducono il testo: "Il modo migliore per scacciare il Diavolo, se non vuol cedere ai testi della Scrittura, è di deriderlo e insultarlo, poiché egli non può sopportare la beffa." (Luther) e "Il Diavolo... quello spirito orgoglioso... non può tollerare di venir canzonato." (More)