La serie Warioland si era interrotta al quarto episodio su Game Boy Advance, nel momento di massimo splendore per Wario, pronto a lanciarsi in altre imprese e a varare nuove serie. La più importante è stata senza dubbio la prolifica linea
WarioWare che di console in console ha sempre saputo regalare divertimento e tonnellate di demenziali minigiochi, ma questa "derivazione" wariesca è stata accompagnata dall'uscita di alcune avventure di Wario, che non hanno saputo però guadagnarsi il gradimento dei fan. Mi riferisco al picchiaduro a scorrimento
Wario World apparso su GameCube e accolto molto tiepidamente e al platform 2d
Wario: Master of Disguise per Ds che ha invece deluso praticamente tutti. C'era bisogno di un ritorno alle origini, ed ecco che Nintendo affida al piccolo studio Feel Good, la ripresa dell'antico brand principale: viene così confezionato quello che si può considerare ufficialmente il quinto capitolo della fortunata serie, nata come spin-off della bilogia portatile
Mario Land. Con una svolta: il gioco pur essendo un tradizionale platform bidimensionale girerà su console fissa anziché su portatile.
Non si può certo dire che si tratti di una scelta senza precedente alcuno. Già all'epoca del Nintendo 64 erano stati confezionati platform, che pur calati in un contesto poligonale mantenevano una visuale bidimensionale, come ad esempio
Yoshi's Story o
Kirby 64: The Crystal Shards, ma il fatto che da una console 3d ci si aspettasse giochi 3d aveva fatto propendere in tutta fretta per l'abbandono di questa pratica. La stessa cosa si può dire di certe timide riprese come il sovracitato
Wario World, le modalità avventura degli ultimi due
Super Smash Bros o lo stesso
Super Paper Mario per Wii che faceva del contrasto tra bidimensionalità e tridimensionalità il suo cavallo di battaglia. Ma in ognuno di questi casi c'era sempre un però pronto a giustificare una scelta tanto ardua e apparentemente fuori luogo. Fino ad oggi.
Wario Land infatti non contiene un briciolo di 3d, e va fieramente orgoglioso di questo. Dagli sfondi alle animazioni dello sprite di Wario, tutto è assolutamente piatto, disegnato come se si trattasse di un cartone animato (cosa che a tutti gli effetti vuole essere ed è), o meglio ancora un normalissimo platform 2d degli anni d'oro, genere che si pensava morto o perlomeno confinato in quella riserva protetta che sono le console portatili. Lo spirito del gioco è quello di un'operazione nostalgia in piena regola, in cui non si risparmiano citazioni ed elementi presi di peso dai vecchi titoli della serie, come la presenza della piratessa Capitan Melassa. Per il resto a Wario è richiesto di scorazzare per cinque mondi (o continenti) che contengono ognuno quattro livelli regolari e un boss, per andare a caccia di tesori e...di prigionieri, che una volta raggiunti dovranno essere riportati all'inizio del livello prima che il timer scada.
Questo è l'unico elemento di novità di un gameplay che non vuole presentare nient'altro che quanto visto nell'onorata tradizione della serie, anche se a conti fatti si dovrebbe citare pure quello shakeramento presente nel titolo. E' infatti possibile shakerare il proprio wiimote (che va tenuto orizzontalmente) quando Wario ha in mano un sacco di soldi per far uscire le monete, o agitare i nemici storditi per guadagnare spicchi d'aglio, che rappresentano la vita. Un accorgimento simpatico e azzeccato ma che si amalgama poco tutto sommato con il resto del gameplay, finendo per apparire più una concessione forzata alla next-gen, piuttosto che il vero punto di forza del gioco.
Un altro elemento next-gen anche se del tutto involontario è la presenza massiccia di un sottobosco fatto di missioni secondarie. Da tempo i videogiochi sembrano aver preso quest'andazzo infatti: modalità principali sempre più corte e facili, per venire incontro a tutte le tipologie di giocatori, strapiene però di obiettivi secondari, collectibles, subquest e via dicendo. Una sproporzione ludica, che però è l'unico compromesso accettabile di questi tempi per poter sfornare un gioco che accontenti tutti. Wario appunto non fa eccezione, dal momento che arrivare alla fine non è un grosso problema (in termini di tempo, perché i boss non sono proprio una passeggiata), ma riuscire a finirlo al 100% è una vera impresa, degna dell'hardcore gamer più paziente. Oltre ai tre tesori nascosti in ogni livello, sono presenti anche due livelli segreti nascosti in ogni mondo, rivelabili attraverso mappe segrete, per non parlare delle missioni: ogni livello oltre al suo completamento offre anche alcune sfide opzionali come ad esempio "completalo prendendo più di sei zilioni di monete" o "arriva alla fine facendo quaranta giravolte ed evitando collisioni coi nemici". E a dire il vero qua sembra che si sia voluto più che altro stuzzicare l'orgoglio dei giocatori duri e puri, piuttosto che offrire qualcosa di nuovo. Perché gira e rigira le missioni si ripetono regolarmente, diventando sempre più difficili, arrivando a sembrare più un esercizio di stile per accontentare una vecchia guardia piagnona che dice di sentirsi abbandonata da quando Nintendo ha abbracciato la Touch Generation, piuttosto che validi spunti di gameplay. Ma in fin dei conti queste sbatte extra faranno la gioia di quel target, che infatti ha accolto il gioco con vera gioia, arrivando pure ad acclamare i filmati iniziali e finali, realizzati come se si trattasse di un anime vero e proprio (un anime molto mediocre, vista la qualità delle animazioni, confrontato con ciò che si sarebbe poi visto su Ds nei filmati di un certo Professor Layton).
Ma sono osservazioni che lasciano il tempo che trovano, quando il gioco in sé sa offrire divertimento: e infatti è questo il caso di
Wario Land, che tra un tempio e una città lussuriosa da attraversare - per non parlare dei livelli western ambientati in un treno in corsa, con colonna sonora epica, vera gioia per occhi, orecchie e spirito - sa regalare una certa serenità ad ogni tipologia di giocatore. Che è un po' tutto quello che i buoni giochi dovrebbero fare.
EDIT: va segnalato assolutamente anche il manualetto d'istruzioni, personalizzabile tramite adesivi. Altro richiamo ad un'epoca in cui questi libretti rappresentavano qualcosa di più delle accantonabilissime e ovvie liste di mosse e oggetti di oggi.