Otto anni dopo il bellissimo
Santa Clause, la Disney ha sentito il bisogno di fornire al film del 1994 un sequel cinematografico.
Alla regia non torna Pasquin, che aveva diretto il primo film, ma arriva Michael Lembeck... sul fronte attori, invece, c'è da stare decisamente allegri, e non era cosa scontata. Un sequel dopo tutto questo tempo passato dal film di partenza, oltre ad essere un esperimento azzardato di suo, rischia di non poter avere a disposizione tutti gli attori del primo capitolo. Invece il film del 2002 ha ancora Tim Allen nei panni di Scott Calvin/Santa Claus, e anche tutti gli altri attori principali tornano al loro ruolo: sia l'ex moglie di Scott, sia il nuovo compagno di questa, sial il capo-folletto Bernard, e addirittura il bambino che interpretava il piccolo Charlie, il figlio di Scott, torna, interpretando la sua versione adolescente.
Come new entry, abbiamo il personaggio della preside della scuola di Charlie, Carol Newman, ed è una vecchia conoscenza di noi Sollazzanti: è infatti interpretata da Elizabeth Mitchell, la Juliet di
Lost.
La storia è molto meno profonda del primo, bellissimo film.
Santa Claus deve fronteggiare ben due problemi: da un lato aiutare Charlie, finito nella lista dei cattivi, dall'altro deve trovare moglie entro Natale altrimenti (a causa di una seconda "santa clausola") smetterà di essere Babbo Natale.
Se lo spunto non è originale, la storia si riscatta nello svolgimento: lo stratagemma di rimandare il protagonista nel mondo reale, e nei panni borghesi del riconoscibile Tim Allen, richiama la parte centrale del primo film, e le avance romantiche che egli fa alla preside per i suoi scopi, e poi innamorandosene, sono tanto divertenti quanto dolci. Ma il vedere zero contrasto di Scotto con Neil, per esempio, un po' dispiace. Senza contare che il toilet humor dato dalle flatulenze di una renna è abbastanza fuori luogo con lo stile del primo film.
Al Polo Nord le cose non vanno meglio. Se l'invenzione del folletto Curtis per non far sapere ai folletti che Santa Claus si è assentato - un pupazzone dalle fattezze di Allen, un animatronic praticamente - fa ridere anche più volte (con le conseguenti paure di Bernard al riguardo), la deriva di questo robot verso la dittatura mi sembra troppo macchiettistico.
Ecco, il film vive troppo il peso del macchiettismo, dell'esagerazione spesso fine a se stessa, ma che cerca di bilanciarsi con le atmosfere dolci, natalizie e genuinamente emozionanti di
Santa Clause. Con una divisione abbastanza netta tra esagerazioni al Polo e atmosfere dolci a New York.
Se poi pensiamo che è stata introdotta l'idea del Consiglio delle Creature leggendarie, improbabile team che comprende oltre al Babbo la Fatina dei Dentini, Madre Natura, L'Uomo dei Sogni, Cupido e Padre Tempo, è facile capire che un po' nel kitch si cade, anche se non dolorosamente come poteva sembrare. L'intento di rispettare e citare la prima opera ci sta tutto (anche se continuare con la storia delle "sante clausole" rischia di essere stucchevole) e si vede che si è cercato di incorporarlo in un meccanismo di ironia più moderna.
Da notare una fine citazione: a un certo punto, mentre Santa Clause si scontra con la sua copia robotica, questa esclama "Sei uno strano e triste omuncolo!", chiaro omaggio a una celebre frase di Buzz Lightyear in
Toy Story, che infatti è doppiato in originale proprio da Tim Allen.
Piccola nota sul titolo italiano: in originale sarebbe semplicemente
Santa Clause 2, riferendosi alla seconda clausola scovata, la quale è il perno della pellicola. Usare però Santa Clause come nome proprio di Babbo Natale è un grave errore! Se nel primo film il titolo si riferiva appunto alla clausola, in questo secondo caso ecco che è usato chiaramente come nome! Quando invece anche in questo film (come dovunque) Santa Claus si scrive senza la "e" finale... bah.
Esperimento riuscito a metà, insomma, dal risultato comunque molto piacevole, divertente e commovente a brevi tratti. Un discreto sequel che consiglio, anche solo per l'animatronic di Allen.