Ho già fatto mio e divorato il nuovo lavoro di
Zerocalcare, un libro che in questi primi giorni sta già raccogliendo la sua buona dose di critiche positive (oltre che code chilometriche fuori dalle librerie e fumetterie in cui l'autore è andato a presentare il fumetto).
La cosa rilevante è che anche alcuni detrattori dell'autore romano hanno speso belle parole per
Dimentica il mio nome, e la qual cosa può far riflettere.
Riflessioni a parte, parlando della storia in sé credo davvero che costituisca l'opera più matura dell'autore romano. E questo sia a livello di tematiche che a livello di storytelling,l gestione del rimo narrativo e disegno.
Dopo il mezzo passo falso dell'anno scorso con il famigerato
Dodici, storiella dichiaratamente "tappabuchi" per avere più tempo per lavorare a questo libro, così importante per Michele, aspettavo al varco Zerocalcare per vedere se ora tornava ad essere quello della
Profezia dell'Armadillo, quello delle storielle del blog e quello di
Un Polpo alla Gola, che pure mi era piaciuto. Zero m'ha fregato e ha consegnato un lavoro che contiene in sé l'anima di quei tre tipi di lavori ma rilancia, alza la posta, fa tesoro di quanto raccolto lì e fa un passo oltre, raffinando la sua figura di narratore e mostrando una maturazione di cui v'è da andar fieri, come sostenitori e fan del ragazzo.
Zerocalcare prende un evento importante come la morte della nonna per raccontarci di come questo fatto gli abbia permesso di venire a conoscenza di tante cose della storia della sua famiglia che ignorava, ma che sono radici importanti da conoscere per capire meglio sé stesso. Nel libro questo passato che viene a galla prende delle tinte piuttosto fantastiche, gradevoli anche se destabilizzanti (ma il loro compito era proprio quello, quindi la tecnica è riuscita), ma il senso profondo di questa lezione non cambia.
La struttura del libro è simile a quella della
Profezia (cioè tanti mini-capitoletti tematici), ma laddove nel primo libro il filo che collegava le varie parti, pur presente, era labile, qui è decisamente più presente: direi che questa potrebbe essere la modalità definitiva con cui l'autore può impostare i prossimi volumi! Zero si trova chiaramente a proprio agio con storielle non troppo lunghe, e avendo ora imparato a costruire un libro unitario (cosa che la
Profezia, stringi stringi, non era... ma anche quella era una qualità di quell'opera prima) basato però su questo ritmo spezzettato e tematico, direi che potrebbe essere tranquillamente il suo tratto distintivo, appurato che funziona e meglio di una storia unica strutturata tradizionalmente - vedi il
Polpo, che pur molto apprezzabile soffriva un po' questo afflato narrativo più ampio.
L'equilibrio tra citazioni, viaggi mentali alla JD di
Scrubs, battute divertenti e riflessioni su sé stesso e la sua vita, Zerocalcare l'aveva già trovato da tempo sul suo blog: sono gli ingredienti che l'hanno reso celebre, che sono il suo punto di forza e che l'hanno connotato presto come simbolo di questa generazione degli anni 10. In
Dimentica il mio nome però pare dosare con abilità ancora maggiore tutte queste caratteristiche, e avere una consapevolezza maggiore di come utilizzare una o l'altra soluzione.
Così il lettore trova la risata al punto giusto, il momento da venticinquenne nostalgico quando è giusto trovarlo e la commozione/riflessione come risultato da questo strano connubio di divertimento e citazionismo.
Lo stile grafico dell'autore di Rebibbia raggiunge qui nuove vette: se nel rappresentare sé stesso e gli altri comprimari ricorrenti come la madre, il padre, Secco, l'amico Cinghiale etc. il tratto si consolida senza visibili salti in avanti, comunque non necessari in un tratto già apprezzabile, è con le soluzioni grafiche che afferiscono a costruzione della tavola e a effetti particolari che spicca l'inventiva di Michele. Colorare di rosso/grigio la volpe e altri elementi "dissonanti" della storia può sembrare un'idea poco originale, ma è un'accortezza che in un fumetto in bianco e nero non è così immediato avere. Il modo in cui viene rappresentata la nonna sul letto di morte è perfettamente calzante, sia con l'immagine del dolore sia con quella del groviglio di paure che ognuno si porta dietro dopo una vita di tormenti, questione che sarà centrale all'interno della storia. Queste paure e spettri del passato, a loro volta, sono visualizzati in modo azzeccato.
Insomma, dimentichiamoci di
Dodici, dimostrazione che ora come ora Zerocalcare dà il meglio di sé nel parlare di argomenti di vita vissuta, avendo il dono di saperlo fare con un giusto mix tra ironia e tatto, e non di trame prettamente fantastiche... e leggiamo e rileggiamo invece quest'ultima fatica, che sa raccogliere il meglio di quanto visto nella
Profezia, nel
Polpo e nel blog senza fossilizzarsi, ma dimostrando di poter partire da quello per andare avanti, sia come autore che come persona.
Perché Zerocalcare è cresciuto, dopo queste vicende: probabilmente sia quello vero che la controparte fumettistica, sicuramente quest'ultima che nonostante la patina di inadeguatezza che ancora pervade queste pagine riesce alla fine a mostrare agli altri e a sé stesso che forse una via per uscire dall'adolescenza lunga è possibile
E come ha dichiarato Michele in una recente intervista, questo chiude un primo ciclo autoriale e ne apre un altro ancora tutto da scoprire... da lui in primis!