Pagina 1 di 1

[Stephen Collins] La Gigantesca Barba Malvagia

Inviato: giovedì 31 luglio 2014, 16:00
da John Dorian
ImmagineImmagine

Una grossa sorpresa, perchè alla fine di questo si tratta. Fra i mille pregi che ha la Bao, fra cui quello di dare degno riconoscimento a scrittori trattati (o venduti) in modo pessimo, c'è anche quello di tirar fuori il coniglio dal cilindro, la classica storiona che non ti aspetti, ecco. Opera del giovane fumettista inglese Stephen Collins, La gigantesca barba malvagia è così definito dal Times: "Una parte di satira, una di parabola, una di filastrocca per bambini e una di film catastrofico." Ha praticamente tutto ciò che un bel libro deve avere.

Dave vive nell'isola di Qui, un posto ordinato, organizzato, completo; tutti sono composti, ogni albero è potato a dovere, la ruotine degli abitanti di Qui è ossessiva e tutti, anche Dave, ne trovano conforto e concentrano tutte le loro attenzioni su questo prevedibile e perfetto tran tran. Perchè tutto ciò? Per tenere la mente occupata e non far pensare al mare e a ciò che vi è dall'altra parte, per non pensare a Lì. Lì è disordine, caos, male, un luogo in cui le normali regole non esistono, nè quelle spaziali ("Il sopra è il sotto, il destro è il sinistro, il dentro è il fuori") nè quelle temporali ("L'era è l'ora e il sarà"). Dave è anch'egli una persona abitudinaria, ascolta ossessivamente la stessa canzone delle Bangles, disegna su un taccuino ciò che vede passare per strada davanti a casa tua (situata sulla costa di Qui) e cerca, nel suo ordine, di tenere lontani "i sogni disordinati". Tutto questo senso di ordine, di compostezza, terminerà il primo giorno del Barba Evento: dall'unico, invisibile pelo che gli spuntava dal glabro volto, comincia, senza alcun motivo né preavviso, a crescere un enorme, incontrollabile, gigantesca barba.

Ovviamente ciò che segue è spoiler, ma evindenzio le parti più pericolose.
L'impressione che mi ha dato la lettura di questo volume è quella di trovarmi davanti a un vero capolavoro. Si tratta in sostanza di una favola (in molti hanno comparato il graphic novel ai romanzi per ragazzi di Roald Dahl), in cui l'autore riesce però a unire senza la minima fatica e senza neanche appesantire la lettura una forte critica sociale, un'analisi dei primordiali istinti umani, tutto immerso in una matrice quasi religiosa. Si nota nei vari passaggi della storia quando entra nel suo vivo; il mare, simbolo della scoperta e della voglia di conoscenza diventa invece simbolo della paura verso l'ignoto, qualcosa in cui non si può sconfinare proprio perchè sconosciuto e diverso da ciò che è familiare, e se ciò che è familiare è perfetto vuol dire che ciò che non è familiare non può non essere imperfetto, disordinato, finendo quindi per incutere paura. Questa avversione a ciò che non si conosce permea la vita degli abitanti di Qui, dato che l'unica volta che Dave, timoroso, si è chiesto di cosa si occupasse la società per cui lavora, nessuno è stato capace di dare una risposta, e ciò nonostante a prevalere è stata la paura di scoprirlo, piuttosto che la voltontà di conoscerlo. Lo stesso atteggiamento si nota quando gli abitanti di Qui entrano in contatto con la barba, si mostrano uno dopo l'altro [spoiler]la curiosità, il successivo disprezzo verso Dave che culmina in un vero sollevamento popolare nei suoi confronti[/spoiler]. La barba, all'interno della mitoligia del libro (che comunque ho trovato affascinante oltre ogni misura) è diventata espressione fisica di Lì, che in quanto caos e disordine ha scelto Dave per corrompere la perfezione di Qui in maniera assolutamente randomica, [spoiler]si tratta di una punizione divina, è l'apocalisse, il giorno del giudizio, o forse prova del nove, che gli uomini affrontano eliminando la fonte delle loro paure[/spoiler]. Il finale stesso è geniale, rappresentando la società influenzata dal Barba Evento e che cerca di farlo proprio e renderlo familiare, cerca "di inscatolare il mistero negli angusti limiti della nostra mente."
Fanno da contorno i disegni, mammamia i disegni. Semplici nei tratti, sobri nella rappresentazione delle figure umane, eppure di una efficacia che raramente ho visto, magniloquenti. Sono molte le tavole a vignetta unica o ancora meglio le vignette a due tavole (diavolo certe sono davvero spettacolari), e anche la disposizione delle vignette è bizzarra al punto giusto, tanto che ogni pagina girata, specie nella terza parte del racconto, è una nuova sorpresa.

La Bao ha fatto davvero centro con questo libro, 240 pagine per 21 euri, una spesa ottima. Il tenore della storia inizia con spunti "solo" interessanti e col compito di catturare l'attenzione del lettore (prima parte) verso altri da mettersi le mani nei capelli, in un costante crescendo di tensione, di senso dell'assurdo, da stare a bocca aperta alla fine della vicenda fino a essere accompagnati da un senso di malinconia e inquietudine nelle ultime pagine.

Un fumetto da 9 e mezzo. Un Capolavoro. Da avere.