Mi inserisco anch'io, e provo a fornire un mio parere...
Innanzitutto, ogni essere umano ha un suo punto di vista soggettivo sul mondo che si è generato dal suo passato, dal suo ambiente, dalle sue esperienze e così via.
Nello specifico, il fatto che Anno nel 96/97 abbia detto quelle frasi, in pieno End of Evangelion, è figlio del tempo e quindi figlio di un punto di vista/approccio alla vita che aveva sussistenza all'epoca, ma che non è esente dal continuo divenire della vita. Sì, in Evangelion vi è il "disprezzo per se stessi", vi sono problematiche/dubbi di tipo esistenziale ("perché si vive?", "perché non si deve fuggire?") e ci sono alcuni elementi di disagio: la masturbazione di Shinji su Asuka in coma, Misato e Kaji che fanno sesso nell'EoE mentre sono guardati da Shinji e Asuka, tutti che muoiono sciogliendosi; insomma diversi elementi che sembrano messi appositamente per dare la sensazione di "sporcare" una certa visione "pura?" della vita.
E allora?
In realtà sappiamo che l'intenzione di Hideaki Anno da metà serie in poi, fu cercare di far emergere un messaggio dal suo anime; ed aveva un preciso pubblico di riferimento. Destrutturare e distruggere tutto lo scenario, per far comprendere che non bisogna immergersi totalmente in modo escapista in un mondo fittizio.
Evangelion realizza in modo davvero notevole, soprattutto negli ultimi due episodi della serie tv, ciò che si è prefissato di fare. Se non sbaglio arrivarono anche lettere di ringraziamento alla Gainax, per ringraziare lo staff di questo lavoro/messaggio (oltre alle lettere minatorie).
Se una persona non sociopatica/non otaku ma che apprezza l'animazione o apprezza ed è capace di riconoscere i contenuti indipendentemente dal target, vede Evangelion,credo che possa riscontrare in ogni caso la bontà dell'intento e del messaggio di Eva.
La cosa sciocca, piuttosto, è vivere solo in funzione di opere fittizie, senza legame con la realtà, ed è questo che Anno ha inserito in Evangelion.
Hideaki Anno, mediamente in tutte le sue opere inserisce degli elementi di difficoltà interiore nei protagonisti (Noriko in Gunbuster, Nadia e altri nel Mistero della pietra azzurra, l'intero cast in Evangelion). Ma poi non è che rimangono complessati a vita, e soprattutto il target di riferimento rispetto ad un Conan o ad un Laputa è differente; Nadia o Evangelion sono più strutturati e pertanto più adatti ad un preadolescente/adolescente che non ad un bambino.
Non essendo un fine conoscitore di anime e manga, mi limito a citare la storia di "Gurren Lagann".
Il personaggio principale, Simon, all'inizio della serie è un po' come se fosse uno Shinji post-Eva, vive ma non ha ancora trovato la propria strada.
Grazie a Kamina, trova un po' di fiducia in se stesso, poi a seguito della sua morte, dopo un periodo di stordimento e di depressione, capisce che deve cercare il suo "ambiente", insomma, inizia quel cammino che lo Shinji di Sadamoto intraprende nel finale del manga. E nella seconda metà della serie lo vediamo adulto, perseguire i propri obiettivi, la propria strada, cercando di fare ciò che secondo lui è il meglio per la vita e per il pianeta.
Per quanto riguarda lo Studio Ghibli, secondo me, i personaggi hanno una buona caratterizzazione. Sì, non saranno afflitti da complessi o da difficoltà interiori come quelli dei personaggi di Anno, ma mica i problemi da affrontare nella vita sono solo i complessi di tipo esistenziale o dovuti a traumi di qualche genere, ci sono tante difficoltà come l'indecisione sui propri sogni e desideri, oppure una semplice timidezza che non necessariamente deve essere legata a traumi o sfociare in paturnie esistenziali. Insomma non credo davvero che i personaggi Ghibli sia caratterizzati male, o perlomeno non li percepisco così, e non trovo che siano stereotipati.
Magari le mutande di Kiki possono essere figlie di un fan service d'epoca, così come una caviglia risultava erotica oltre mezzo secolo fa; o ancora la purezza di Nausicaa (che viene sporcata dai tentacoli con cui entra in contatto; una sorta di precursore di qualche perverso e distorto hentai giapponese odierno) può essere isomorfa alla visione platonica che Dante Alighieri aveva di Beatrice. E quindi?
Miyazaki non è mica un educatore o un pedagògo, è stato un otaku da ragazzo e gli piaceva animare, ma poi insieme a Takahata, con la fondazione dello Studio Ghibli ha anche imparato pian piano a costruire delle buone storie; si sa che ha preso spunto da molta letteratura per l'infanzia (i famosi 50 libri per l'infanzia che lui suggerisce, secondo il suo personale gusto), da manga, etc. inserendo degli elementi a lui cari, come il volo, la natura, l'infanzia e così via, secondo la sua percezione delle cose, secondo il suo modo di essere e secondo il suo gusto e il risultato non mi pare siano film vacui, tutt'altro. Nonostante quei due o tre fanservice d'epoca, che al giorno d'oggi nemmeno si notano (ommiodio si vedono le mutande di Kiki!!!), i suoi film sono sempre piacevolissimi da vedere e ci si trova sempre qualche spunto per il target di riferimento (e.g. come diceva LBreda, Sheeta e Pazu saranno anche semplici, ma vediamo la loro determinazione nonostante le difficoltà, vediamo la loro capacità di cercare il buono nelle persone, li vediamo combattere per difendere la libertà contro i sopprusi di potere di un esaltato... insomma tutto ciò è già più che sufficiente secondo me).
Bisogna innanzitutto considerare i target di riferimento delle varie opere e quindi la complessità ivi associabile (un "Mirai shonen Conan" secondo me è un buon prodotto per l'infanzia, senza necessità di doverlo rendere più strutturato e/o complesso; allo stesso modo di come, lo studiare le quattro operazioni alle elementari è ottimo, senza necessità di complicare le cose, partendo dagli spazi vettoriali), in secondo luogo bisogna tenere presente che un cartone animato è una rappresentazione della realtà secondo un certo gruppo ristretto di persone e non credo che ci sia qualcuno che pretenda di ingabbiare tutte le sfaccettature della realtà in una storia da raccontare ed infine un cartone animato è un pur sempre cartone animato, non vuole essere il libretto di istruzioni per la vita, non vuole e non può essere isomorfo alle esperienze che un bambino può fare nella vita vera, come fare sport, come confrontarsi con i coetanei, come imparare a fare esperimenti di cucina con la mamma, come l'andare in campeggio e così via. Insomma un cartone animato, così come un libro, può essere un buon compagno di viaggio, con degli spunti interessanti ma la cosa finisce lì: storie con forma e contenuto, ed in particolare quest'ultimo potrà avere degli elementi più o meno buoni a seconda dell'autore e delle intenzioni che ci sono dietro, e secondo me, gli elementi dei film dello Studio Ghibli sono buoni.
Tra l'altro, ormai è trascorsa sia l'epoca Meisaku, sia il periodo in cui i film Studio Ghibli più vecchi (Laputa, Totoro, Nausicaa, Kiki, Mimi wo sumaseba, etc) sono stati realizzati, ma personalmente un Kiki o un Mimi wo sumaseba (al di là del finale sconcertante, non in linea con quello più tenue del manga associato) penso siano dei prodotti validissimi nel settore dell'animazione, nonché nella presentazione di alcuni concetti/spunti buoni per lo spettatore.
Non penso che un bambino, nel visionare alcuni di questi film, vada a pensare che, ad esempio, le mutande di Kiki furono un fanservice per l'animefan stupidotto dell'epoca, piuttosto credo che ciò che percepirà maggiormente sarà il percorso di crescita di Kiki.
Ma vediamo qualche esempio concretamente:
- Chihiro, de "la città incantata", è svogliata e un po' intorpidita. Non sa che fare, non sa nemmeno che il fare dipende solo da se stessa. Sen è un personaggio che rifiuta l'oro del SenzaVolto e che non si fa inglobare troppo nelle vicende del bagno pubblico, le prostitute, i rospi, e così via. Lei appare quasi al di sopra di tutto, ma in realtà anche lei piange (diverse volte), e all'inizio non è capace a fare nulla (cade quando lava per terra, oppure quando è nella vasca grande "ma sei proprio tonta!"), ma in ogni caso ha un preciso obiettivo in mente (salvare i suoi genitori) che mano a mano riuscirà a concretizzare sempre di più, poiché in primo luogo è lei si avvicinerà maggiormente a se stessa; avvicinandosi al suo proprio essere, scoprendo e sperimentando le sue capacità, prende consapevolezza di sé e quindi riesce a compiere cose esterne da sé. Tant'è che alla fine salva davvero i genitori, e dice a Yubaaba "le sono obbligata".
Cito Miyazaki:
« Ho creato un'eroina che è una bambina ordinaria, una con cui il pubblico possa identificarsi. Non è una storia in cui i personaggi crescono, ma una storia in cui attingono a qualcosa che è già dentro di loro, tirato fuori dalle particolari circostanze. Voglio che le mie giovani amiche vivano in questo modo, e credo che loro stesse abbiano questo desiderio. »
- Shizuku, de "i sospiri del mio cuore", anche lei non sa bene cosa fare e sta cercando di capire che strada prendere nella sua vita. Così nel manga di Aoi Hiiragi, così nel film dello Studio Ghibli, la protagonista non è perfetta. Non aiuta tanto in casa, legge romanzi a tutto spiano e non si dedica nello studio come i genitori vorrebbero, ma il tutto è un percorso per sperimentare e per cercare di capire le sue capacità, così da incrementare il suo livello di consapevolezza di sé (paragone con Evangelion: "Anche il mio studiare il violoncello, non è risultato in nulla." "Non è forse solo che tu non hai mai fatto nulla da te stesso?" ---> devi sperimentare, per trovare da te stesso la tua strada)
- Kiki, di "Kiki le consegne a domicilio" (ripreso dall'omonima serie di libri per l'infanzia di Eiko Kadono), attraversa anch'essa dei periodi di difficoltà, dal fastidio per le ragazzine "fighette" (ma semplicemente le percepisce così perché non è ambientata in città; già lei faceva la fighetta lì nella campagna in cui viveva con le sue amichette. In città scopre che una stronzetta rifiuta il pasticcio di zucca della nonna, nonostante questa signora lo abbia fatto con tanto amore. Beh, capisco che basta il pensiero, però non è che uno si deve mangiare il pasticcio di zucca se non gli piace!
E la ragazzina ha espresso in suo disappunto con Kiki, non penso che odi la nonna sul serio; è solo un tipo d'educazione differente, come potrebbe essere il rapporto che ognuno di noi instaura con gli altri. Sono forme di diversità.), alla difficoltà del passaggio dall'utilizzare la scopa per gioco (volo per divertimento) al farlo per lavoro (fare le consegne), o ancora il fatto di vivere da sola, o i dubbi che esprime alla sua amica Ursula. C'è un percorso di crescita, con dubbi più o meno difficili da districare.
- Ora non vorrei mettermi a parlare di tutti i film dello Studio Ghibli, ma anche ne "il castello errante di Howl" abbiamo un tema interessante (tra l'altro simile anche a Porco Rosso), dove c'è un giovane adulto che continua a fare il ragazzino e una ragazza che invece si sente vecchietta dentro; non riescono ad accettare e quindi a vivere le loro propria età, con tutti gli elementi che le caratterizzano. Tuttavia, aiutandosi a vicenda, alla fine ritrovano la bellezza intrinseca delle loro proprie età. Le responsabilità per Howl e la giovinezza per Sophie.
Ancora, nei film di Takahata come "Omohide Poro Poro" o "I miei vicini: gli Yamada", vedo storie buone, con personaggi ben caratterizzati (i dubbi di Taeko, i suoi flussi di coscienza, i suoi ricordi; le avventure degli Yamada e il finale: "cosa è importante maestra?" "l'adattamento" (tema che sembra molto caro a Takahata, che lo presenta già in "una tomba per le lucciole", dove Seita e la sorellina non si adattano e muoiono, oppure in Pompoko dove i Tanuki alla fine si adattano alla vita cittadina, pur amando nostalgicamente le loro radici etc.)) e che offrono sempre delle spunti, imho, interessanti, per i relativi target di riferimento.
- Parlando quindi di Laputa, Sheeta e Pazu (o Conan e Lana) non sono dei bambocci, ma nemmeno dei supereroi. Lo stesso Miyazaki disse che "Volevo fare una storia d'avventura" e che "Conan è solo un bambino, non è superman. Pensa a vivere serenamente e in buona salute. Ama la sua vita quotidiana e se tornasse sull'isola Perduta, gli piacerebbe costruire un villaggio e andare a pesca". In Conan (dove ci sono i "soliti" uomini) e in seguito in Laputa (dove, come ricorda Shito, c'è una tematica di ripetizione degli errori dell'umanità), i personaggi principali sono così e le storie sono semplici, ma non per questo non offrono dei buoni spunti (amore, lealtà, amicizia, determinazione etc.), ai relativi target di riferimento.
Mi viene da citare "Il piccolo principe":
E' il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante".
"E' il tempo che ho perduto per la mia rosa…" sussurrò il piccolo principe per ricordarselo.
" Gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non la devi dimenticare.
Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa…"
" Io sono responsabile della mia rosa…." Ripeté il piccolo principe per ricordarselo.
In Conan e in Laputa, ci vedo molto pattern di questo tipo, per quanto riguarda le due coppie principali.
Le coppie di Conan e Laputa, hanno un ben preciso obiettivo e il film non si mette a fare tanta filosofia dietro a tali questioni. Sanno ciò che devono fare e se ne prendono la responsabilità. Non perché sia giusto in senso assoluto, ma perché secondo loro è giusto così. Perché proteggere il pianeta e la vita è meglio che distruggerli, d'altronde noi viviamo su questo pianeta, se lo distruggiamo ce la prendiamo in saccoccia.
Sì, forse in Conan e in Laputa, Miyazaki non è stato "profondo" come in Mononoke Hime; se nei primi due sembra che debba vincere la natura perché la tecnologia è pericolosa e noi invece siamo attaccati alla terra, viceversa in Mononoke, Ashitaka e San sanno che devono cercare di far convivere le due cose (così come in Nausicaa c'è la scelta tra la sopravvivenza delle civiltà), ma d'altronde anche il target di riferimento è diverso.
La coppia in Conan, e la coppia in Laputa persegue degli obiettivi e affronta delle difficoltà e questo tanto basta, per gli scopi del film.
E per quanto riguarda i cattivi, in tal caso Repka e Muska, questi vogliono rispettivamente il potere così come lo vuole un mafioso dei nostri giorni, o utilizzano il Giganto, o il potere della gravipietra senza pensarci due volte, così come gli americani non ci pensarono due volte ad usare un arma nucleare in due città, o così come i nazisti ammazzarono migliaia di persone in un piano lucido e minuzioso. Viceversa in Evangelion la Seele o Gendo sono più sfaccettati come personaggi ostici, nonché le loro motivazioni, così come gli atlantidei in Nadia, piuttosto che gli pseudo cattivi Eboshi o dall'altro lato i lupi di San, che vengono descritti più a tutto tondo, con le loro motivazioni, senza tracciare una linea netta di demarcazione tra buoni e cattivi.
Ma sono appunto, target diversi.
Sì, nella vita ci sono delle difficoltà, dai turbamenti dell'animo, alle difficoltà esterne, quali il cercare di custodire e/o migliorare la qualità del pianeta e della vita, alla struttura della società, all'uso di tecnologie e così via. Ma non necessariamente bisogna vedere il substrato della vita in modo pessimistico, tutt'altro: la vita può regalare tantissima felicità e gioia, che dipende da persona a persona.
Come dice Lbreda:
Oh, vediamo un pazzo che spara su dei bambini. Alla faccia dell'assenza di brutture.
[...]
I messaggi, nell'arte, non devono essere necessariamente sbandierati. Vedere la delicatezza di un sentimento che nasce, vedere come esista un modo sano di combattere (la scazzottata) e uno malsano (la sparatoria), vedere come una stessa opera (i golem) possano essere fonte di distruzione o di difesa, cura e vita, è moltissimo istruttivo.
ed io condivido questo punto di vista.
A questo punto vorrei chiarire una cosa nel mio punto di vista: è evidente che se avessimo il libretto delle istruzioni su "cosa è giusto fare, per migliorare, o almeno per salvaguardare il mondo e la vita" sarebbe tutto più semplice, basterebbe seguire le regole e tutto funzionerebbe. Ma nella realtà non è così.
Dobbiamo continuamente sperimentare e cercare di diventare consapevoli riguardo la realtà e di volta in volta comprendere il miglior modo per realizzare lo scopo suddetto.
A mio modesto avviso, Conan, così come Laputa ai tempi, ma talvolta anche attualmente forniscono degli elementi e degli spunti istruttivi per l'infanzia (nonostante i loro limiti), così come fanno svariati film dello Studio Ghibli.
Se Evangelion arriva a far accettare la vita a Shinji ("perché non si deve fuggire? perché si vive?", "perché la vita è una possibilità (e poiché alla fine dovrai morire comunque, metti da parte i tuoi turbamenti dell'animo e le tue paure, e prova a vivere), e se hai il desiderio di vivere, ogni luogo può essere un paradiso, poiché tu sei vivo"), con "Gurren Lagann" vediamo l'evoluzione di un protagonista, da quando inizia a vivere a quando trova la sua strada e la persegue (sarebbe stato come vedere Shinji crescere, che poi diventa un adulto in stile Kaji), e ancora, nei film dello Studio Ghibli, vi è, secondo me, un buon contenuto, che offre degli elementi validi per la formazione o piuttosto per altre tematiche, sempre in riferimento al target dell'opera, ma questo non significa che il prodotto non possa essere apprezzato anche da chi quegli elementi li ha già ben chiari. Un adulto che vede e apprezza qualche film d'animazione, non è mica un disadattato se è conscio del fatto che quello non è un film dedicato a lui, ma è dedicato ad un altro target.
Per esempio, mi viene in mente anche il film "Monsters & Co.", che secondo me è davvero ben fatto ed evidenzia il contrasto tra il fare un lavoro indipendentemente dalla sua "bontà" (spaventare i bambini), piuttosto che fare un lavoro in funzione della sua bontà (renderli felici). Un adulto, pur non essendo il film dedicato a lui, può comunque apprezzare il film, se riesce a vederlo senza troppi pregiudizi. Quindi se vedo un Conan o un Laputa qualsiasi, essendo conscio del target di riferimento, non pretenderò che questa storia sia la messa in scena di "Uno, nessuno e centomila" di Pirandello, o che mi parli delle trasformate di Fourier. Secondo me, bisogna tenere sempre presenti i target di riferimento, nonché la mentalità con cui si va a fruire dell'opera. Avere una mente aperta ed una buona flessibilità mentale, che permetta di passare dallo sport, alle tematiche lavorative, a qualche cartone animato, al viaggiare, al leggere libri più o meno impegnati e così via è secondo me un'ottima cosa, no?
L'escapismo si ha, se chi usufruisce dell'opera vi si immerge di propria volontà senza volerne più fare ritorno, senza dedicarsi poi ad altro di reale e di concreto (e.g. avevo letto che un tizio si era sposato un cuscino (UN CUSCINO)!! In tal caso sì, come Anno, anch'io penso che queste situazioni siano degli scempi totali, e penso che una persona così dovrebbe essere aiutata davvero, ma non con i cartoni animati, bensì con un percorso educativo finalizzato a far sì che questi raggiunga man mano più consapevolezza di sé e del mondo reale e che riesca ad accettarlo e quindi ad amarlo); il fatto di vedere e apprezzare un film d'animazione, o un libro di letteratura, non implica il fatto di compiere escapismo. Una persona va vista nelle sue sfumature e nella sua completezza. Una cosa non esclude l'altra.
In tal senso, per concludere, mi viene ancora da citare Hideaki Anno:
Se desiderate entrare nell'animazione, il mio consiglio per voi come autore è quello di avere diversi interessi oltre ad essa. Guardate verso l’esterno, prima di tutto. La maggior parte dei produttori di anime sono fondamentalmente autistici. Devono ancora cercare di comunicare veramente con gli altri. Direi che il risultato più grande che l’animazione abbia mai raggiunto è il fatto che stiamo tenendo un dialogo proprio qui e ora.
Chiudo qui il mio parere (soggettivo) su questa discussione, perdonate il papiro.
Ciao a tutti