[Paolo Genovese] Perfetti sconosciuti
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È forse il 2016 l’anno in cui il cinema italiano riesce davvero a ritrovare una sua dignità? Dopo un 2015 in cui i segnali di speranza verso qualcosa di diverso iniziavano a palesarsi (Il racconto dei racconti, Youth, Non essere cattivo), il 2016 si è aperto con Lo chiamavano Jeeg Robot – che ancora mi manca ma la cui accoglienza mi fa ben sperare - e con Perfetti sconosciuti, di Paolo Genovese, che affermano con vigore come possa esistere una nuova strada per fare film nel nostro Paese, che non sia la commedia becera e volgare, quella sciocca e all’acqua di rose o il dramma fin troppo serioso e impegnato.
Perfetti sconosciuti tenta di seguire, infatti, la lezione del cinema italiano degli anni Sessanta-Settanta, quello che ben sapeva che la commedia non è mai semplice risata, ma un genere dietro cui si nasconde anche più di una lacrima. In quest’ottica Genovese raccoglie la sfida, insieme al nutrito gruppo di sceneggiatori che ha radunato attorno a sé per l’occasione, e realizza un film che parte da uno spunto molto forte, che si riduce quasi ad una semplice immagine ma che nella sua semplicità basta per fare da motore ad una pellicola che mi ha davvero detto qualcosa, emozionandomi e coinvolgendomi.
La pellicola si può riassumere con questa frase: durante una cena di un gruppo di amici quarantenni si decide di mettere sul tavolo, per gioco, i cellulari di tutti, leggendo ad alta voce ogni messaggio e mettendo in viva voce ogni telefonata che arriva.
Non che ci sia una grandissima originalità in questo assunto, ma resta comunque un’idea fortemente affascinante, in grado infatti di generare un maelstrom di situazioni e verità che come un gorgo risucchiano i sette protagonisti e lo spettatore con loro.
Colpisce molto il bilanciamento del genere: la commedia c’è, per quanto presente soprattutto nel primo tempo, ma si avvicenda con naturalezza al dramma, al cambio di registro che man mano il film affronta. È un gioco al massacro, che parte appunto come un gioco – e quindi commedia – ma che presto presenta risvolti imprevedibili e duri.
Mi è piaciuto poi che l’approccio del film non sia uno sterile attacco alla tecnologia pervasiva dei nostri tempi: gli smartphone, Whatsapp e Facebook sono solo un pretesto per raccontare una cosa complicata come l’animo umano, i suoi segreti e il loro collegamento con la relazioni interpersonali, che si possono riscontrare anche nei rapporti di 20 o 50 anni fa… cambiava solo il contesto, e il modo di gestire e di celare le verità che non vogliamo condividere e per le quali mentiamo a chi ci sta intorno.
Altro grande pregio di Perfetti sconosciuti è la veridicità della complicità tra i personaggi: gli attori in gioco – tra cui alcuni volti molto noti del nostro cinema come Valerio Mastandrea, Giuseppe Battiston, Marco Giallini, Kasia Smutniak, Edoardo Leo – riescono a restituire molto bene il clima conviviale di una cena tra amici di vecchia data, scherzando tra di loro, alimentando tormentoni della loro compagnia, ricordando episodi e persone del loro passato, lanciandosi frecciatine… mostrando in sostanza tutte le azioni e reazioni naturali in un contesto simile, non risultando mai artefatti. Una grande prova, non certo facile.
Non è un caso che gran parte del film si regga sui dialoghi, tutti sempre scritti molto bene e recitati nel modo più giusto e incisivo dal cast, che dimostra di aver capito il mood e i propri personaggi.
Il film è un crescendo: man mano che il gioco del “telefono a carte scoperte” prosegue le tensioni tra i personaggi aumentano, emergono scomode verità celate ai rispettivi partner e agli altri amici della compagnia, ed emergono lati del carattere insospettabili di alcuni, capaci di capovolgere l’immagine che si aveva di loro: è bello quindi che i segreti che saltano fuori non siano solo storie di corna e tradimenti (comunque raccontati in modo più complesso di quanto ci si potrebbe aspettare) ma anche dissimulazioni varie, piccole grandi bugie personali, atteggiamenti omofobi e quant’altro.
Il prezzo da pagare è una richiesta di maggiore sospensione dell’incredulità: risulta infatti improbabile che nel giro proprio di questa serata arrivino a ciascuno dei soggetti coinvolti messaggi e telefonate sconvenienti e scottanti… ma è una licenza poetica che serve al procedere del film e sul quale si può chiudere un occhio.
Il finale ha invece diviso molti spettatori, da come leggo in rete: io l’ho apprezzato moltissimo, e concordo con le dichiarazioni del regista al riguardo: [spoiler]svelare che tutto quanto visto era un what if, perché nella realtà il gioco non è stato fatto e la cena è proseguita in maniera standard, non è un rinnegare quanto emerso, anzi: se fosse tutto successo davvero sarebbe stata una risoluzione, una resa dei conti con tante coppie finite e amicizie distrutte in maniera irrevocabile. Sarebbe stata una fine.
Così no: tutti i tradimenti e le bugie sono reali, ma non sono usciti allo scoperto: ognuno dei personaggi continuerà a portare avanti le proprie vite segrete e a mostrare agli altri la propria maschera, continuando a tenere il piede in più scarpe.[/spoiler]
Un finale che non lascia in pace lo spettatore, che lo seguirà a casa e per i giorni successivi. Almeno, per me è stato così.Andrea "Bramo" L'Odore della Pioggia
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proseguendo nello SPOILER, dirò di più:
Il finale così com'è era persino necessario. Mentre si avvicinava la fine del film, e prima che si scoprisse che era tutto un what if, stavo giusto preparando la mia critica in questo senso: questa storia è impossibile, perché è impossibile che in un gruppo di sette persone, AMICHE, tutte e sette abbiano dei segreti così grossi CONTRO gli altri, e è impossibile che nonostante il grosso pericolo che correvano decidessero di fare (anzi, proponessero!) un gioco del genere. E invece la sorpresa finale mi ha preso in contropiede: "caro criticone, sì: una cosa di queste proporzioni non potrebbe davvero succedere, e infatti non è successa".
Il finale induce così a cambiare prospettiva: se per tutto il film il dilemma morale riguardava la fiducia fra amici (si è veramente amici se ci si fa del male alle spalle, o anche solo se si è "pronti" a fare del male, come nel caso dell'amico di facebook o dell'omofobia latente), con questo colpo di scena il dilemma riguarda i segreti: ammesso e non concesso che ci si stia facendo del male di nascosto, è meglio parlarne o tenere il segreto? Se non fosse stato per il what if, la risposta a questo ultimo quesito sarebbe stata facile: meglio non parlarne, sennò guarda che succede! Oppure: potrebbe comunque essere meglio parlarne, perché comunque la storia raccontata in questi termini è assurda. Con il what if invece si introduce, forte, l'insofferenza per l'ipocrisia: sí, se ne parliamo succede un casino, ma se non ne parliamo che miserabili che siamo.
Insomma il finale ha reso molto meno leggero il film, e in maniera tutt'altro che retorica (come poteva essere il resto del film, sempre sul filo dello show alla Maria De FIlippi). È diventato un film (commedia, italiana, popolare) che fa veramente pensare.
Questo è uno dei rarissimi casi dove il finale piú intelligente è proprio lo "era tutto un sogno", e i commenti piú ingenui quelli che lo pretendono diverso.
Il finale così com'è era persino necessario. Mentre si avvicinava la fine del film, e prima che si scoprisse che era tutto un what if, stavo giusto preparando la mia critica in questo senso: questa storia è impossibile, perché è impossibile che in un gruppo di sette persone, AMICHE, tutte e sette abbiano dei segreti così grossi CONTRO gli altri, e è impossibile che nonostante il grosso pericolo che correvano decidessero di fare (anzi, proponessero!) un gioco del genere. E invece la sorpresa finale mi ha preso in contropiede: "caro criticone, sì: una cosa di queste proporzioni non potrebbe davvero succedere, e infatti non è successa".
Il finale induce così a cambiare prospettiva: se per tutto il film il dilemma morale riguardava la fiducia fra amici (si è veramente amici se ci si fa del male alle spalle, o anche solo se si è "pronti" a fare del male, come nel caso dell'amico di facebook o dell'omofobia latente), con questo colpo di scena il dilemma riguarda i segreti: ammesso e non concesso che ci si stia facendo del male di nascosto, è meglio parlarne o tenere il segreto? Se non fosse stato per il what if, la risposta a questo ultimo quesito sarebbe stata facile: meglio non parlarne, sennò guarda che succede! Oppure: potrebbe comunque essere meglio parlarne, perché comunque la storia raccontata in questi termini è assurda. Con il what if invece si introduce, forte, l'insofferenza per l'ipocrisia: sí, se ne parliamo succede un casino, ma se non ne parliamo che miserabili che siamo.
Insomma il finale ha reso molto meno leggero il film, e in maniera tutt'altro che retorica (come poteva essere il resto del film, sempre sul filo dello show alla Maria De FIlippi). È diventato un film (commedia, italiana, popolare) che fa veramente pensare.
Questo è uno dei rarissimi casi dove il finale piú intelligente è proprio lo "era tutto un sogno", e i commenti piú ingenui quelli che lo pretendono diverso.
“DISCUSSIONE, NON RECENSIONE!”
Non sono del tutto d'accordo: non trovo impossibile che abbiano tutti segreti, anche perché non sono segreti dello stesso tipo e della stessa entità per tutti. Per dire, il personaggio di Marco Giallini ha segreti tutto sommato positivi e di natura ben diversa rispetto a quelli del personaggio interpretato da Edoardo Leo, per dire... e addirittura il personaggio di Battiston non ha neanche un segreto "contro gli altri", ma un segreto che riguarda la sua sfera privata.Franz ha scritto:questa storia è impossibile, perché è impossibile che in un gruppo di sette persone, AMICHE, tutte e sette abbiano dei segreti così grossi CONTRO gli altri, e è impossibile che nonostante il grosso pericolo che correvano decidessero di fare (anzi, proponessero!) un gioco del genere.
Anche sul fatto che non si sarebbero prestati al gioco... sì e no. Chi lo propone ha la supponenza di pensare che non emergerà niente di sconveniente per se stessa, e secondo me la supponenza è credibile, e una volta che il sasso è lanciato per gli altri non è così facile tirarsi indietro o voler boicottare la cosa senza destare qualche sospetto negli altri.
Non a caso [spoiler]nella "vera timeline" è proprio Giallini ad aver deciso di non fare il gioco, vale a dire colui che si vergogna meno di tutti dei propri segreti perché in fondo non sono niente di negativo.[/spoiler]
Quello che io ho trovato impossibile e per cui dicevo che serviva chiudere un occhio per aumentare la sospensione dell'incredulità era invece che proprio in quella sera specifica arrivassero telefonate e messaggi a tutti quanti relativi ai loro vari segreti. Quello sì che è ben poco probabile. Ma ci si poteva passar sopra considerandola una licenza poetica.
Ad ogni modo, sono perfettamente d'accordo con questa tua considerazione sul finale e su come fa inquadrare diversamente e meglio tutta la pellicolaFranz ha scritto:[spoiler]Se non fosse stato per il what if, la risposta a questo ultimo quesito sarebbe stata facile: meglio non parlarne, sennò guarda che succede! Oppure: potrebbe comunque essere meglio parlarne, perché comunque la storia raccontata in questi termini è assurda. Con il what if invece si introduce, forte, l'insofferenza per l'ipocrisia: sí, se ne parliamo succede un casino, ma se non ne parliamo che miserabili che siamo.[/spoiler]
Qui invece non capisco: dove e come ci hai visto situazioni sull'orlo della De Filippi?Franz ha scritto:Insomma il finale ha reso molto meno leggero il film, e in maniera tutt'altro che retorica (come poteva essere il resto del film, sempre sul filo dello show alla Maria De FIlippi).
Andrea "Bramo" L'Odore della Pioggia
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Sí, quella di Giallini è l'eccezione, perché lui alla fine è il piú innocente di tutti. Nel caso di Battiston è comunque un segreto contro gli altri perché, come si è visto, c'è chi si offende per non essere stato "avvisato" prima.Bramo ha scritto:Non sono del tutto d'accordo: non trovo impossibile che abbiano tutti segreti, anche perché non sono segreti dello stesso tipo e della stessa entità per tutti. Per dire, il personaggio di Marco Giallini ha segreti tutto sommato positivi e di natura ben diversa rispetto a quelli del personaggio interpretato da Edoardo Leo, per dire... e addirittura il personaggio di Battiston non ha neanche un segreto "contro gli altri", ma un segreto che riguarda la sua sfera privata.Franz ha scritto:questa storia è impossibile, perché è impossibile che in un gruppo di sette persone, AMICHE, tutte e sette abbiano dei segreti così grossi CONTRO gli altri, e è impossibile che nonostante il grosso pericolo che correvano decidessero di fare (anzi, proponessero!) un gioco del genere.
Sí ecco, sarebbe stato tutto una licenza poetica, però se il successo del film è dovuto all'effetto "potrebbe succedere anche a te", renderlo metaforico avrebbe minato il suo successo (o comunque avrebbe dato motivo a qualcuno di dire "no a me una cosa cosí assurda, di queste proporzioni, non potrebbe mai succedere, che esagerati, tsk").Quello che io ho trovato impossibile e per cui dicevo che serviva chiudere un occhio per aumentare la sospensione dell'incredulità era invece che proprio in quella sera specifica arrivassero telefonate e messaggi a tutti quanti relativi ai loro vari segreti. Quello sì che è ben poco probabile. Ma ci si poteva passar sopra considerandola una licenza poetica.
Amanti, litigi, 'ste cose qua sono campo SuoBramo ha scritto:Qui invece non capisco: dove e come ci hai visto situazioni sull'orlo della De Filippi?Franz ha scritto:Insomma il finale ha reso molto meno leggero il film, e in maniera tutt'altro che retorica (come poteva essere il resto del film, sempre sul filo dello show alla Maria De FIlippi).
“DISCUSSIONE, NON RECENSIONE!”
Lol, vabbè, generalizzazione... allora anche campo dei cinepanettoni, anche se con intenti differentiFranz ha scritto: Amanti, litigi, 'ste cose qua sono campo Suo
Comunque ho capito cosa intendevi
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Visto l'altro ieri e condivido appieno l'esegesi del finale firmata Franz: non ha Torto.
Segreti un (bel) po' stereotipati, eh, ma la grande bravura del cast li fa passare in secondo piano. Ci avrei messo anche Gassman che tradisce con la Foglietta e Ambra drogata.
Discordo del tutto, invece, con entrambi, su questa visione del cimena itagliano che fa sempre schifo e allora questo film invece è bello: non è vero che Italia=Vanzina o Antonioni; la commedia all'italiana non è affatto morta, sono morti i registi e gli attori di un tempo e sono stati rimpiazzati da altri, ma di film più o meno gradevoli, dramedy, se ne sono sempre prodotti; specialmente nell'ultimo decennio (e in gran parte compaiono gli stessi attori di questo). Compresi quelli con Brignano e il primo di Zalone, mpf.
Segreti un (bel) po' stereotipati, eh, ma la grande bravura del cast li fa passare in secondo piano. Ci avrei messo anche Gassman che tradisce con la Foglietta e Ambra drogata.
Discordo del tutto, invece, con entrambi, su questa visione del cimena itagliano che fa sempre schifo e allora questo film invece è bello: non è vero che Italia=Vanzina o Antonioni; la commedia all'italiana non è affatto morta, sono morti i registi e gli attori di un tempo e sono stati rimpiazzati da altri, ma di film più o meno gradevoli, dramedy, se ne sono sempre prodotti; specialmente nell'ultimo decennio (e in gran parte compaiono gli stessi attori di questo). Compresi quelli con Brignano e il primo di Zalone, mpf.
Ottimo lavoro.