131 volumi per lo più scritti dal creatore della serie Gianfranco Manfredi.
Letto il nr.116Oltre il fango, il sudore e la polvere da sparo, alla scoperta di un West segreto e oscuro, dove la vera Frontiera è quella tra il mondo conosciuto e il regno dell’ignoto. Magico Vento, creato e scritto da Gianfranco Manfredi, unisce la classica avventura western alle atmosfere cupe dell’horror, e schierandosi dalla parte degli indiani non ne rappresenta soltanto la dura lotta per la sopravvivenza, ma anche l’appassionante ricerca spirituale, tra riti, visioni, sogni di riscatto e incubi terribilmente reali. Ned Ellis per i bianchi è un ribelle, un rinnegato, un killer. Per i Sioux, che lo hanno accolto tra loro e ribattezzato Magico Vento, è un Uomo Strano, cioè uno sciamano, un guerriero e uno spirito inquieto, imprevedibile e fuori da ogni regola. Una scheggia di metallo conficcata nel suo cervello ha cancellato in lui ogni memoria del passato, ma, in compenso, gli ha donato una straordinaria capacità di intuire il futuro attraverso inquietanti visioni e premonizioni.
Ma quale oscura tragedia, quale dolore hanno fatto di Magico Vento l’uomo che è? Magico Vento è un ex soldato vittima di un complotto politico-militare. Scampato all’esplosione di un vagone blindato provocata ad arte da militari corrotti e trafficanti d’armi, viene raccolto tra la vita e la morte da Cavallo Zoppo, un anziano sciamano Lakota che, interpretando le indicazioni ricevute in una visione, vede in lui un inviato del Grande Spirito. Accolto tra gli indiani, Ned «nasce di nuovo».
Braccato da un angoscioso passato che gli si rivela soltanto per frammenti, e che a tratti minaccia di inghiottirlo, e in corsa verso un futuro spesso inquietante di cui cerca di fermare gli esiti più devastanti per gli indiani, Magico Vento vive un doppio ruolo di guerriero e di sciamano, in lotta contro uomini in carne e ossa e nemici spesso molto più pericolosi e letali: fantasmi vendicativi, spiriti malvagi, creature misteriose che non possono essere combattuti con armi tradizionali e che lo costringono a cercare sempre nuove risorse, tanto nei segreti poteri della magia indiana che in quelli custoditi nel profondo della mente umana. Le sue facoltà, però, non sono acquisite una volta per tutte, infatti si destano soltanto di fronte alle diverse situazioni che l’ex soldato è costretto ad affrontare e richiedono un difficile equilibrio tra corpo e spirito che non può essere mantenuto a lungo. Dalle sue esperienze Magico Vento esce spesso stremato e confuso. Lo salvano dal peso della solitudine il senso di appartenenza alla sua tribù adottiva e profondi sentimenti di amicizia e di comprensione per gli altri. Magico Vento non è un freddo giustiziere per il quale il fine giustifica i mezzi. Anche se spesso la violenza lo trascina e l’incalzare degli eventi lo costringe a decisioni estreme, rispetta i suoi avversari, e si sforza sempre di comprenderne le motivazioni, attratto com’è dal mistero dell’origine e della natura della malvagità umana.
Dopo alcuni mesi riprendo Magico Vento per il rush finale e [spoiler]sarà forse per questo lasso di tempo che ho fatto passare, ma vedendo la ferrovia sopraelevata nella Chicago nel 1879, oppure l'uso del telefono, ho provato la stessa sensazione di straniamento di Poe. Il vecchio West è agli sgoccioli e quindi, al di là di vari motivi, ha un senso che anche Magico Vento non sia durato che pochi altri numeri.
La storia al solito è scritta molto bene, con ottimo materiale umano. All'inizio sembra che si tratti solo di un'indagine su Hogan a Saint Louis, ma presto la scena si sposta in Missouri con Magico Vento impegnato in una faccenda imprevista che rimanda il suo arrivo nella città all'albo successivo. Manfredi non si limita mai al compitino (chiamata -indagine-soluzione) ma nella vicenda principale ne inserisce altre che, funzionali o meno, intrattengono il lettore grazie ai personaggi e alle loro interazioni.[/spoiler]