Mehran Karimi Nasseri è un rifugiato iraniano, che per colpa del furto di un suo documento, fu costretto a vivere per sedici anni all'aereoporto Charles De Gaulle a Parigi.
Ispirandosi all'incredibile storia di quest'uomo, Steven Spielberg ha deciso di realizzare il suo film. Spielberg aveva appena realizzato Prova a prendermi (anch'esso una commedia, e anch'esso con Tom Hanks tra i protagonisti), e con The Terminal ritengo che il celebre regista sia riuscito a migliorare ulteriormente il suo stile "leggero", perfetto per una commedia.
Viktor Navorski, interpretato da un eccellente Tom Hanks, è un uomo proveniente dalla Krakozhia: durante il suo volo verso l'America, il governo della Krakozhia è stato ribaltato, e quindi Viktoe si ritrova senza una nazionalità, e quindi senza la possibilità di poter uscire dall'aereoporto. In questo periodo imparerà i meccanismi della vita all'interno del terminal, conoscerà persone che passano quotidianamente o lavorano lì, e osserverà l'America attraverso la sua "prigione".
Tutta la vicenda è incentrata sulle vicende di Viktor, e quindi per la riuscita del film è fondamentale l'attore che lo interpreta: e in questo Tom Hanks è fenomenale. In quella che, a mio parere, è la performance della sau carriera, l'attore riesce a creare un personaggio estremamente affascinante, utilizzando per la prima parte del film unicamente un grammelot (la fittizia lingua della krakozhia) e la sua fisicità, che non fa sfigurare davanti a miti come Charlie Chaplin. La sua semplicità, il suo cuore puro, e il suo modo quasi infantile di relazionarsi con il microcosmo del terminal incantano lo spettatore, e la sensazione di smarrimento di Viktor è palpabile in ogni istante.
E a incorniciare il protagonista ci sono una serie di comprimari fantastici: in primis il responsabile dell'aereoporto, un glaciale Stanley Tucci, e poi il trio di inservienti, che accolgono Viktor facendolo sentire a casa.
Il film non si riduce ad essere una frizzante commedia, con ottimi personaggi, ma può anche trasmettere i significanti più diversi a chi guarda il film. C'è un ritratto della figura dell'immigrato che si sente fuori posto, un esempio di potere e di come gli uomini provino piacere ad esercitarlo, un'analisi degli USA nel post-11 settembre, e tanto altro.
Un film leggero, ma con diversi livelli interpretativi.
La scenografia è impressionante, un vero e proprio terminal costruito interamente prima dell'inizio delle riprese, e che non essendo basato unicamente sullasceneggiatura, ha consentito a Tom Hanks di esibirsi in molte improvvisazioni che poi sono state inserite nel film. Le musiche sono del "solito" John Williams,, che accompagna Viktor con melodie orecchiabili, adatte come al solito all'occasione.
Uno dei film più affascinanti di Spielberg che, nonostante la molteplicità di sottotrame e personaggi, non risulta mai frammentario, ma dipinge un unico quadro, ossia l'odissea di Viktor.