Povere Creature
Inviato: domenica 04 febbraio 2024, 12:28
Ho visto Povere Creature, in ritardo di qualche giorno, film che attendevo da mesi.
L’ho trovata una pellicola pazzesca, ispirata, d’impatto, appassionante.
Di Lanthimos avevo visto The Lobster e La Favorita qualche tempo fa. Del primo avevo amato la prima parte, geniale ed incredibile, mentre trovai quasi pessima la seconda. La favorita invece l’avevo apprezzato molto, divertente e interessante, sebbene con un ritmo forse troppo lento.
Qui abbiamo un’unione perfetta della crudezza del primo e dello stile del secondo.
La regia è ispiratissima, ricca di un tipo di inquadrature già ampiamente rodato da Lanthimos ne La Favorita, ovvero quelle grandangolari e ricurve. La fotografia è pazzesca, perfettamente calata con i sentimenti delle varie parti (anzi, più precisamente capitoli) del racconto; a proposito della fotografia, c’è un momento del film, intorno al quarantesimo minuto, in cui si passa improvvisamente da bianco e nero a colori, il che accade in un preciso contesto, con l’avvento di due importantissimi elementi nella vita di Bella, la protagonista, il che l’ho trovato assolutamente geniale.
L'elemento più notevole del comparto tecnico è però la scenografia, sia quella reale che quella in green screen, tutto volutamente plasticoso, finto, strano, una via di mezzo tra il teatrale e il surrealismo di Dalì o del Gabinetto del Dottor Caligari.
Emma Stone restituisce una Bella incredibilmente sentita, dolce, vera. Complice la sceneggiatura di Tony McNamara, che presta un’attenzione maniacale all’evoluzione verbale e di movimento del personaggio, Stone evolve con Bella, cambia, cresce e scopre il mondo. Penso che agli Oscar continuerò a fare il tifo per Lily Gladstone, per una serie di motivi, ma se invece dovesse vincere la Stone, sarebbe comunque un premio più che meritatissimo.
Ad affiancarla, un Willem Dafoe in splendida forma -assurdamente privato della candidatura all’Oscar-, un sorprendente Mark Ruffalo e un ottimo Ramy Youssef.
Il ritmo è praticamente perfetto, con solo un leggero calo intorno alla parte centrale.
La totale follia del film è riflessa anche nell'avere una serie di personaggi quasi tutti negativi, ma di cui alcuni portano a provare empatia o, quasi, apprezzamento. Ogni cosa è volutamente assurda, fuori posto, irriverente, tutto è e non è, e proprio per queste caratteristiche la succitata scenografia plasticosa e finta ci aiuta a calarci perfettamente in questo mondo al limite tra il vero e il costruito, in una storia dove natura/realtà e artificio convivono senza mai essere veramente divisi. Bella ci viene presentata come un'eccezione rispetto a tutto il resto del mondo, ma basterà incontrare alcune persone che popolano il suo viaggio per capire che tutti hanno una nota di follia, stranezza, ingenuità, straordinarietà.
In definitiva, siamo di fronte a un Lanthimos che pare aver raggiunto la maturità artistica producendo un vero e proprio filmone.
L’ho trovata una pellicola pazzesca, ispirata, d’impatto, appassionante.
Di Lanthimos avevo visto The Lobster e La Favorita qualche tempo fa. Del primo avevo amato la prima parte, geniale ed incredibile, mentre trovai quasi pessima la seconda. La favorita invece l’avevo apprezzato molto, divertente e interessante, sebbene con un ritmo forse troppo lento.
Qui abbiamo un’unione perfetta della crudezza del primo e dello stile del secondo.
La regia è ispiratissima, ricca di un tipo di inquadrature già ampiamente rodato da Lanthimos ne La Favorita, ovvero quelle grandangolari e ricurve. La fotografia è pazzesca, perfettamente calata con i sentimenti delle varie parti (anzi, più precisamente capitoli) del racconto; a proposito della fotografia, c’è un momento del film, intorno al quarantesimo minuto, in cui si passa improvvisamente da bianco e nero a colori, il che accade in un preciso contesto, con l’avvento di due importantissimi elementi nella vita di Bella, la protagonista, il che l’ho trovato assolutamente geniale.
L'elemento più notevole del comparto tecnico è però la scenografia, sia quella reale che quella in green screen, tutto volutamente plasticoso, finto, strano, una via di mezzo tra il teatrale e il surrealismo di Dalì o del Gabinetto del Dottor Caligari.
Emma Stone restituisce una Bella incredibilmente sentita, dolce, vera. Complice la sceneggiatura di Tony McNamara, che presta un’attenzione maniacale all’evoluzione verbale e di movimento del personaggio, Stone evolve con Bella, cambia, cresce e scopre il mondo. Penso che agli Oscar continuerò a fare il tifo per Lily Gladstone, per una serie di motivi, ma se invece dovesse vincere la Stone, sarebbe comunque un premio più che meritatissimo.
Ad affiancarla, un Willem Dafoe in splendida forma -assurdamente privato della candidatura all’Oscar-, un sorprendente Mark Ruffalo e un ottimo Ramy Youssef.
Il ritmo è praticamente perfetto, con solo un leggero calo intorno alla parte centrale.
La totale follia del film è riflessa anche nell'avere una serie di personaggi quasi tutti negativi, ma di cui alcuni portano a provare empatia o, quasi, apprezzamento. Ogni cosa è volutamente assurda, fuori posto, irriverente, tutto è e non è, e proprio per queste caratteristiche la succitata scenografia plasticosa e finta ci aiuta a calarci perfettamente in questo mondo al limite tra il vero e il costruito, in una storia dove natura/realtà e artificio convivono senza mai essere veramente divisi. Bella ci viene presentata come un'eccezione rispetto a tutto il resto del mondo, ma basterà incontrare alcune persone che popolano il suo viaggio per capire che tutti hanno una nota di follia, stranezza, ingenuità, straordinarietà.
In definitiva, siamo di fronte a un Lanthimos che pare aver raggiunto la maturità artistica producendo un vero e proprio filmone.