Finito di leggere oggi.
Che dire?
Che non ho parole.
Le aspettative erano grandi, ovviamente, perchè dovunque uno guardi e legga trova al 99% commenti stra-positivi su questa
graphic novel . Aspettative enormi, quindi...
Bene...
Sono state ampiamente superate!!!
Oltre
The Killing Joke non avevo ancora letto niente di Alan Moore, ma devo dire che qui ha sicuramente superato se stesso. Prima di esprimermi liberamente in tal senso mi procurerò e leggerò
V for Vendetta, ma non riesco a immaginare un altro fumetto che mi prenda così. Ma che dico? Fumetto è una parola che va stretta a questa storia, che supera la gabbia di un medium, sfugge a qualunque imbrigliamento e si attesta come opera letteraria a tutto tondo.
Insomma, non mi stupisco minimanente del fatto che sia universalmente riconosciuto come capolavoro del fumetto (al pari di
Maus e de
Il ritorno del Cavaliere Oscuro è considerata l'opera che ha dato maggiormente un punto di svolta al modo di fare fumetto, e per me forse ancora di più delle altre due storie), perchè in questa storia si può trovare di tutto. Difficilmente si può rimanere delusi in toto dalla monumentale opera di Moore perchè tante sono le sottotrame che almeno qualcuna fa centro nel cuore di praticamente ogni lettore (come la componente fantascientifica che ha gradito Elik!
)
A questo proposito, i temi che si possono individuare (almeno alcuni, tanti sono che probabilmente molti sfuggiranno) c'è la componente dei supereroi, trattata qui in modo totalmente nuovo rispetto al passato, svecchiando la concezione marvelliana dei supereroi con superproblemi, si indaga più a fondo e con una situazione più radicale e drammatica (il Keen Act), dove i supereroi sono visti come pericolosi e fuorilegge (idea che come ben sappiamo è stata ripresa da
Gli Incredibilidella Pixar e in minima parte in un episodio di
Heroes). Supereroi che non vengono chiamati così in virtù del fatto che, escluso Doc Manhattan, siano semplicemente uomini con un costume addosso e un arsenale di armi, senza superpoteri a mò del nostro caro PK o del più classico Batman. Uomini che per i più disparati motivi hanno fatto questa scelta di vita, con tutte le implicazioni psicologiche del caso.
Poi c'è il tema dell'enorme "what if...", nel quale cioè si delineano alcuni episodi reali della storia americana della seconda metà del Novecento con esiti diversi, finendo per rappresentare in tutto e per tutto una realtà parallela alla nostra dove la componente dei supereroi ha un peso non indifferente in questi cambi di scenario (Nixon presidente per più mandati perchè non è stato scoperto per lo scandalo Watergate, la guerra fredda proseguita a oltranza...). Molto affascinante, delinea a allarga uno scenario intrigante come quello dei blocchi contrapposti USA-URRS.
Il metafumetto, con quel "I Racconti del Vascello Nero" che sulle prime mi ha un po' disturbato la lettura con quella storia strana e che mi sembrava rallentasse il tutto, ma che oltre a prendermi progressivamente ha rivelato ben presto la componente metaforica di cui è pregno.
L'etica, che si riflette più volte non solo nell'esplicazione del folle piano per un mondo migliore (che mi ricorda molto da vicino il PKnaico Morgano Fairfax...) ma anche prima nelle lunghe riflessioni di Jon.
I flashback, che in alcuni capitoli servono a spiegarci il passato di alcuni protagonisti (quello su Jon è probabilmente il migliore) e che rendono molto alta l'atmosfera.
Le riflessioni filosofiche, che oltre che nei pensieri di Jon si possono trovare negli evocativi titoli e nelle citazioni che si trovano alla fine di ogni capitolo, che hanno rimandi perfetti con le tematiche portanti dell'episodio appena concluso (operazione ge-nia-le!); e quelle psicologiche, nei rapporti dello psichiatra che aveva in cura Rorschach o nella psicologia molto spicciola dell'edicolante.
Infine, anche la componente gialla/noir della ricerca dell'assassino di vigilanti ha il suo bel peso, essendo in buona sostanza il motore della storia.
I personaggi mi sono entrati tutti nel cuore, e davvero tanto, mi sono sentito partecipe dei dolori e delle passioni di tutti quanti. Quelli che mi hanno convinto meno sono le uniche due donne, Sally e sua figlia Laurie. Per il resto Rorschach è un idolo, con il suo parlare sentoreo e col balloon ondulato è un perfetto vigilante disincantato e vecchio stile, senza compromessi e con un passato strovolgente dal punto di vista emotivo. Di Jon mi sono innamorato subito nel capitolo col suo flashback, la sua genesi come Doc Manhattan è toccante e strepitosa, e anche le sue azioni nel presente sono una meraviglia di distacco e atteggiamenti eterei. Dan Dreiberg è interessante percè il massimo dell'anonimato e del nostalgico dopo aver appeso il costume al chiodo (va a parlare con il vecchio Gufo Notturno, scende nella sua "Gufo-Caverna"...), e anche perchè poi alla fine torna alla grande in azione, per ritrovare successivamente una stabilità certa con il suo legame sentimentale con Laurie. Il Comico, per quanto lo conosciamo solo per i suoi eventi passati morendo subito all'inizio di
Watchmen, riesce a catturare interesse e a essere importante sotto molti aspetti. Calamita l'attenzione su di sè, e come molti comici spesso la sua comicità può anche essere grottesca e violenta perchè tendenta a disincantare il mondo come ormai è disincantato il comico stesso.
Una galleria di uomini sconfitti, in fondo, dato che molteplici problemi personali e psichici hanno portato questa gente a vestirsi da supereroi e che senza aver risolto i loro conflitti interiori si sono visti totalmente inutili con il Keen Act. Tutti reagendo in modi diversi, altro non fanno che mostrarci le loro dannazioni, la loro vita vuota, il mondo vuoto e senza speranza che loro vivono, che vorrebbero cambiare ma che sentono che non ci riusciranno certo girando vestiti da vigilanti di notte. Senza contare tutte le figure secondarie che Moore non lancia nella storia senza dare loro un commiato: lo psicologo della prigione, sua moglie, le due lesbiche, i due poliziotti, l'edicolante, il ragazzo di colore che legge il fumetto...tutti hanno comunque un significato allegorico, perfino lo scrittore dei Racconti del Vascello Nero!
Oltre alle genialate di citazioni da romanzi e canzoni, altra idea originale è di mettere in coda a ogni capitolo della documentazione fittizia (spacciata per vera e presa dal mondo di
Watchmen) in cui si forniscono approfondimenti su fatti o personaggi: ritagli di giornale, capitolo del libro del primo Gufo Notturno, lettere di Sally, interviste, rapporti psicologici... tutto come se fosse vero. Molto interessante.
L'apparente verbosità di Alan Moore è in realtà cura maniacale per il dialogo e i dettagli in esso, che non è solo un vezzo ma un innalzare a vette di importanza le parole e i pensieri dei personaggi del fumetto. E in un'opera complessa e articolata come questa è importante avere molti pensieri e parole che facciano capire il carattere dei personaggi, dato che l'introspezione regna sovrana in tutta la storia. Perfino le didascalie dei Racconti del Vascello Nero non sono noiosi, se letti con il giusto spirito, anzi, sono una nuova storia nella storia, molto affascinante e controversa. Il tutto si sposa magnificamente coi disengi di Gibbons, che hanno fatto sicuramente una splendida figura con i testi di Moore: i personaggi sono resi benissimo, e anche gli sfondi, un tratto pulito, preciso, nitido e piacevole, che si fa guardare volentieri e contribuisce non poco alla magnificenza dell'affresco di questa
graphic novel.
Graphic novel che offre un affresco sociologico/psicologico/filosfico/metafisico della realtà moderna, disilluso ma con speranze per il futuro, nonostante la durezza e la consapevolezza che bisogna accettare anche i compromessi. Tutto questo partendo dai supereroi, ma arrivando a vette di narrazione vertiginose e con molte chiavi di lettura. Questo vuol dire saper scrivere, questo vuol dire poter fruire di un prodotto artistico e pedagogico sotto molti aspetti diversi.
Questo vuol dire arte, insomma. Questo vuol dire
Watchmen.