Su Topolino stanno succedendo cose.
Che è un po’ la sintesi più efficace di questo momento del settimanale. Alex Bertani, al suo terzo anno di direzione, sta facendo emergere in maniera sempre più netta la sua visione del giornaletto del mercoledì, certo da un punto di vista editoriale e redazionale, ma anche e soprattutto da quello narrativo, visto che lo stesso Bertani si è autoincaricato di supervisionare il lavoro degli sceneggiatori.
E leggendo le storie apparse sui numeri 3429 e 3430 (il secondo in edicola ora), l’impressione è proprio che succedano cose, ovvero che ci sia un universo narrativo che i personaggi abitano e dove le cose… Cambiano.
Dai diversi interessi dei nipotini, ripresi in tante storie diverse, al ritorno di Paperinik al suo ruolo di “vendicatore” sotto le cure di Marco Gervasio, fino alla svolta thriller data al personaggio Topolino da Marco Nucci, che ha ora trovato in Macchia Nera il villain ideale per promuovere queste atmosfere, assenti sulle pagine del Topo da un bel po’ di tempo.
L’idea, non certo rivoluzionaria, è comunque innovativa per il settimanale, che aveva sempre relegato la continuity a saghe “spin-off” o ambientate in universi alternativi. Ora che queste saghe sono state piazzate fuori dal giornale (su “Topolino Fuoriserie”, appunto), le sue pagine possono essere utilizzate per sviluppare il mondo “regolare” degli standard characters, in un modo che può piacere o non piacere, ma di certo desta interesse.
Nell’ultimo numero, poi, un ulteriore passo è stato compiuto: l’intento sembra quello di dare una chiusura alla storyline di Reginella, cristallizzata negli ultimi anni in uno status quo ben poco soddisfacente per chi ha apprezzato le origini del personaggio. Ai testi Vito Stabile e lo stesso Bertani, che qui si incarica di sceneggiare in prima persona una storia carica di atmosfera (plauso per questo anche all’ottimo Zanchi), che non ha paura di prendersi dei tempi dilatati per creare interazioni verosimili, ed emozionanti, tra i personaggi.
Insomma, il Topolino di Bertani è ormai venuto del tutto alla luce. Alcune storie sono molto riuscite, altre meno, ma quantomeno sembra di leggere qualcosa creato nel ventunesimo secolo, dove si è finalmente capito che concetti come “continuity” e “worldbuilding”, lungi dallo scoraggiare i fruitori, possono contribuire a portarli in edicola, così come da un po’ di anni li portano infallibilmente al cinema.
Se la scommessa è vinta, ce lo dirà il tempo. Nel frattempo, noi si legge.