Primo Giorno: Tra le Mura
Con questa fanno venti Lucche sulle spalle. Venti edizioni vissute nei modi più disparati, ma sempre seguendo un medesimo filo conduttore. Darsi una costante in una vita di variabili è un discreto esercizio, ma a volte può fare male. E quindi è innegabile che quando sento approssimarsi l’evento autunnale le mie emozioni sparino un po’ in tutte le direzioni: nostalgia, ansia, felicità, dolore, desiderio. Dopotutto da queste parti in anni e anni ho accumulato ricordi di ogni tipo, belli e brutti. E dato che lo scenario è uno solo, tutti questi ingredienti me li ritrovo dentro lo stesso bicchiere, sapori contrastanti che messi insieme si potenziano o si penalizzano. Non c’è modo di saperlo in anticipo, è una sorpresa. Solo una cosa è certa, è veramente tanta roba da assimilare per la mia psiche, e dato che ho “solo” quarant’anni, questo dolce fardello è destinato a crescere.
Quest’anno sono le Disney Anthology, ovvero le card da collezione di Dario Moccia, il mio focus principale. Ci ho lavorato pure io, curando la parte divulgativa che trovate sul retro di ogni carta, ne consegue che il minimo che io possa fare è accorrere alla conferenza di presentazione che però si tiene a mezzogiorno della prima giornata. Una vera sfida arrivare in tempo, eppure grazie ad un provvidenziale blablacar riesco ad esserci, irrompendo in chiesa con trolley e tutto nel bel mezzo del reveal della carta di Three Little Pigs. Non un corto a caso, ma uno di quelli che ho più nel cuore, peraltro. Darione mi accoglie facendomi fare un bell’applauso, io arrossisco, Ezechiele Lupo sbava, i porcellini ballano. Tutti felici.
Altri punti focali della prima giornata sono la conferenza per i 30 anni di Panini e soprattutto l’incontro con Bertolucci. Lo seguivo dai tempi di W. I. T. C. H. il buon Bertolucci, ma la rivelazione vera è stata la graphic novel sulle Vacanze di Donald, di qualche tempo fa. Quest’anno è in fiera con la sua ricolorazione pittorica del Ventino Fatale, e così finalmente abbiamo l’occasione di parlare in lungo e in largo di un argomento che mi divora, ovvero “Disney”, inteso però come manifesto artistico, filosofia stilistica, principi estetici. Che a me prema molto l’animazione è cosa nota, il motivo per cui mi preme è un pelo più complesso da spiegare, tocca entrare in dettagli anatomici, parlare di ritmo visivo, recitazione e tanto altro. Ma in soldoni: nelle Vacanze di Donald c’è un Paperino tridimensionale, che si muove, recita e pare vivo. E se questo accade è perché Bertolucci ha interiorizzato e poi trasferito su carta alcune cose che si pensavano appannaggio dello schermo. Questo è molto importante, perché Disney è stato quello che è stato per via di un qualcosa che intorno alla metà degli anni 30 è scattato negli studi di Hyperion Avenue e che ha continuato a carburare fino all’inizio dei 40. Un qualcosa che potremmo definire una collettiva “serendipità”, che si è dipanata appena per un lustro, ma su cui poi nei decenni successivi si è lavorato di cesello, rifinendo e portando ai massimi livelli quanto appreso in quel momento di fame artistica selvaggia. Tuttavia il nucleo sta là, e se si vuole capire in cosa consiste la rivoluzione artistica messa in moto da Walt è a quel fortunato lustro che bisogna guardare. Bertolucci deve averlo fatto, e la sua opera parla da sola.
Allo stand Panini mi aspetta invece la mia opera, ovvero il terzo Pk Omnibus su cui ho versato molto sudore. Mi sono già dilungato molto su quanto quest’edizione costituisca qualcosa di praticamente mai tentato prima, e elogiarlo ulteriormente sarebbe di cattivo gusto. Ma a ben vedere chissene, è davvero una bomba editoriale, e se potessi cancellarmi la memoria per poterlo rifruire da semplice lettore lo farei. Insieme all’Omnibus entrano a far parte del mio bottino il volumone con Gli Evaporati di Enna, quello della “trilogia vintage” di Artibani e Pastro, le deluxe del Mistero dei Candelabri e dell’ultimo PK, e quel lingottino della Trilogia della Spada di Ghiaccio. Sniff, da piccolo avevo il volumetto originale ma mi si strappò la pagina finale.
Tutto questo avviene tra una tappa e l’altra nella Tana di quest’anno, che per la prima volta negli ultimi 14 anni è finalmente DENTRO LE MURA IN PIENO CENTRO. Glom. Certo, eravamo riusciti a trovare casa a Lucca anche l’anno scorso, ma dentro le mura è tutto diverso. A quattro minuti a piedi dalla Panini sembra quasi di sognare, si può passare a casa ogni volta che si vuole, e questo ci impigrirà notevolmente. Ma sticazzi, ce lo meritiamo. I sollazzieri fortunati sono… gli stessi dell’anno scorso: oltre a me, la casa ospita i gemelli Goldensun, un tale Zurg o Zuti o Gatti (non ricordo bene il suo nome) e a partire dal giorno successivo l’ormai indispensabile Massimo “Sommo Zotnam” Sestili, il Pker che russa un casino. Inutile dire che una posizione così privilegiata si presterà molto bene a dare asilo a svariati pellegrini. E così, dopo una cena all’osteria più vicina, e la confortevole lettura dell’ortolaniano Trentennial Park (a proposito, notevole, davvero notevole), sprofondo nel sonno in attesa di addentrarmi in quella che verrà ricordata come la Lucca delle comodità.
Secondo Giorno: Hallowazzo
Casa tra le mura significa potersi svegliare con calma, senza tragedie e disastri e potersi dirigere ad eventi ai quali non avresti pensato mai. Tipo la conferenza con Becattini, che è un piacere poter finalmente rivedere dopo tanto tempo. E devo dire che Becattini mi sorprende: non sembra invecchiato di un giorno, ha un’energia, un umorismo, e una prontezza di spirito che non sempre trovo, nemmeno tra i miei coetanei, nemmeno in me. Gli argomenti: strisce e tavole per i quotidiani, Uncle Remus, Disney d’epoca e… lo stile di Gustaf Tenggren. Del moderno non si parla, al che prontamente gli consiglio il recente Wish che su Tenggren costruisce parecchio.
Noto che col passare del tempo il mio focus disneyano si va definendo, e quella che una volta era una passione generale per un marchio adesso è mirata ad alcuni suoi aspetti specifici: fra questi rientra l’assiduo studio della saggistica, ed è quindi con gran piacere che mi ritrovo ai padiglioni privati di fronte al bellissimo libro che tanto desiderai da bambino ma che mai riuscii a possedere: “Il Capolavoro di Walt Disney: Fantasia” scritto da John Culhane (che è quello storico del cinema su cui hanno ricavato lo Snoops di Bianca e Bernie, e che fu caricaturizzato anche in Fantasia 2000 nella Rapsodia in Blu). Pensare che quel libro sia stato edito trionfalmente da Disney Libri negli anni 90, tradotto interamente in italiano, mi spinge a riflessioni anche amare su quella che è la percezione odierna del fenomeno Disney, e il termometro culturale col quale ci dovremo confrontare in futuro. Ma bando alle tristezze, il volume ora ce l’ho ed è veramente bello.
Nel pomeriggio si aggiunge Massimo e il gruppo degli inquilini della casa finalmente si completa. Se il primo giorno è stato all’insegna degli acquisti, questo secondo giorno è dedicato alla socialità. E così al padiglione degli editori in Piazza Napoleone si stringono mani e si fanno incontri. Silvia Ziche, Calcare e… Mauro Talarico, per un’apparizione che ha dell’indimenticabile. L’autore di Cuori Grassi che adoravo ai tempi di Lupo Alberto non lo beccavo da un po’, e noto con piacere che ha completato il suo integrale con un quarto volume sottiletta per includere anche le ultimissime storie pubblicate nel 2009 e 2010. Questo mi dà la misura di quanto tempo sia passato dall’uscita dei primi volumi, e da quei primi incontri in fiera. L’autore, grande amico del Sollazzo, dimostra di ricordarsi benissimo sia di me che della nostra community: una bella interazione, calda, lucida e decisamente sul pezzo. Ti voglio bene, Mauro.
E’ la notte delle streghe e tutto intorno a noi il clima è di festa. Ci incontriamo con Francesco Vacca per un aperitivo, e dopo una veloce tappa a casa finiamo a cenare nuovamente in un’osteria. A questa pericolosa e costosa abitudine è difficile rinunciare ora che possiamo gustare l’ebbrezza delle serate in città. Due sono i ricordi principali di questa serata: il primo è la ragazzetta zombie che camminava per i vicoli affollati della cittadina saltando addosso ai passanti per spaventarli. Un tratto di strada ce lo facciamo praticamente con lei, sapendo che da un momento all’altro potrebbe fare grrr anche a noi. Una sensazione di divertimento ansiogeno che colpisce soprattutto Massimo, refrattario al jumpscare. Per tutto il tempo il povero Pker cercherà di evitare di incrociarne lo sguardo, eppure sotto sotto qualcosa cambierà e la paura lascerà il posto al desiderio. Inutilmente la sera successiva cercheremo di ritrovare la pazzerella, quel prezioso momento sarà ormai passato e di lei rimarrà traccia solo nella memoria. Ed è per questo motivo che ancora oggi Massimo, come e più di Paperoga, piange.
Il secondo e ultimo ricordo riguarda… Agatha All Along che ci spariamo in stanza, abusando del giaciglio di Zuti. La miniserie MCU trova la sua conclusione con un doppio episodio uscito proprio in quelle ore. E se si pensa a tutto il guano che è stato lanciato sui Marvel Studios negli ultimi tempi, resta difficile non pensare che forse si debba chiedere scusa. Questo sequel di Wandavision merita. Ha tutto: atmosfera, divertimento, recitazione, una bella canzone dei Lopez (!) e una struttura niente affatto banale. Rimane un residuo postumo di una Disney che ha cambiato policy, ma che residuo. Davvero il miglior modo per celebrare Hallowazzo.
Terzo Giorno: Lucca di Traverso
C’è un motivo per cui dopo l’annuale conferenza sulle novità Disney schizzo via senza attardarmi a stringer mani, e quel motivo si chiama Daffy Duck. Ebbene sì, per la prima volta mi gusto una bella anteprima lucchese, quella del film dei Looney Tunes. Esatto, si tratta di un film in animazione tradizionale (!) con protagonisti alcuni personaggi della golden age dell’animazione (!!), senza alcuna forma di ibridazione/compromesso che possano renderlo più digeribile al marketing (!!!). Un semplice, onesto, direttissimo film animato, e animato pure bene, con protagonisti Daffy, Petunia e Porky Pig. Quale tipo di corto circuito produttivo abbia portato alla sua esistenza è complesso da spiegare: c’è di mezzo un revival televisivo in stile Bob Clampett, un po’ di confusione ai piani alti della Warner, l’intervento di un distributore esterno (Lucky Red) e la palese voglia di farlo, in barba a tutti. Perché la resa finale è ispirata come poche cose, intrattiene per un’ora e mezza snocciolando gag divertentissime. Sembra di essere tornati ai tempi dei geniali Animaniacs: funziona tutto, ma proprio tutto. La trama è semplice ma soprattutto è “raccontata” anche dal medium stesso: un disegno, una posa o un movimento messo in scena in modo buffo hanno il potere di valorizzare ogni singolo snodo narrativo, e chi l’ha fatto lo sapeva bene e ha cavalcato alla grande i poteri espressivi dell’animazione 2D. Tra una risata e anche qualche lacrimuccia (il Fattore Jim!) non mi sfugge anche l’altissimo valore “politico” di una produzione del genere, e di come un suo successo potrebbe aiutare a smuovere altrove le acque tanto per l’animazione tradizionale, quanto per un certo altro gruppo di personaggi che da queste parti amiamo molto. Ma sto fantasticando, per adesso limitiamoci a ridere.
Di questo terzo giorno ho svariati ricordi sociali. Vito in un bar che si beve un caffè. Mightypirate che viene a visitare casa nostra. Margherita, la grafica con cui ho concepito l’Omnibus, che mi corre incontro e mi abbraccia forte. Ma ho anche ricordi meno buoni. Il tanto temuto down emotivo finalmente arriva. Come dicevo sopra, non è possibile farsi venti anni ininterrotti di Lucca senza collezionare ricordi che ad un certo punto bussano alla porta, percezioni sgradevoli sulle quali è bene tenere alta la guardia o anche solo vibrazioni negative. E venerdì finalmente il malessere mi raggiunge. Il mio cipiglio severo si fa dunque severissimo, da antipatico divento antipaticoplus. Ogni angolo della città mi accende pensieri intrusivi, il mio cervello arborescente inizia a ramificare riflessioni su riflessioni. C’è bisogno di un momento felice, di trovare qualcosa di inaspettato che mi snebbi. Un acquisto, magari. Di un qualcosa che davvero desidero, che cerco da tempo e che non seguo solo per abitudine. E così decido che è arrivato il momento di andare dai privati e mettere le mani su un qualcosa che mi aspetta da trent’anni.
Flashback: 1994. Per l’esame di quinta elementare mia madre mi regala un cartonatone Mondadori. Si intitola Silly Symphony e contiene la cronologia intera delle tavole domenicali delle Silly comprese tra il 1932 e il 1941. Per un bambino di dieci anni si tratta di un tesoro prezioso, non solo per il materiale contenuto (Buci, porcellini, gallinella saggia e molto altro) ma anche per la curatela di Ernesto Traverso, uno dei pionieri della filologia disneyana. L’eleganza formale del volume, la precisione e la completezza dell’approccio di Traverso, oltre al contenuto decisamente pregevole, sono cose che interiorizzai e che oggi tento a mia volta di riprodurre nella cura di Pk Omnibus. Quel bel volumone ometteva volutamente alcune sequenze (Biancaneve, Pinocchio, Bambi), promettendo però di recuperarle in un volume successivo, appositamente dedicato agli adattamenti dei lungometraggi. Un volume che all’epoca non ricevetti mai e della cui effettiva esistenza infine dubitai.
Qualche giorno fa scopro invece che esiste, e che come promesso non comprende solo le sequenze scartate, ma anche tutti gli adattamenti dei successivi film animati apparsi in Treasury of Classic Tales, la serie di tavole domenicali “erede” delle Silly. In pratica questo volume, quello delle Silly, e quello di Fratel Coniglietto che ho recuperato poco tempo fa, facevano tutti parte del progetto di Traverso volto al recupero delle domenicali disneyane. E’ arrivato il momento di svenarmi e farlo mio. E dato che ci siamo, e che ho ormai capito che la produzione Disney per i quotidiani è un po’ il mio kink (e per valide ragioni) metto le mani pure su un altro volume anni 90 edito da Disney Libri, quello che comprende integralmente tutta la serie delle storie a strisce natalizie. Un volume tanto pregiato nella forma, quanto stucchevole nel contenuto, dove puoi trovare allucinanti crossover tra Pico de Paperis e Aurora con contorno di Bassotti. Sebbene da anni io vada in giro a proclamare in lungo e in largo che il fumetto Disney americano realizzato per i quotidiani avesse un grado di nobiltà maggiore rispetto a quello per i comic book, trattandosi di produzione interna allo studio, le strisce natalizie ci confermano che ogni regola ha le sue eccezioni.
Quella sera decidiamo di non andare per osterie ma di farci una pasta a casa. Essere giunto in possesso del volume di Traverso mi restituisce delle vibrazioni positive. Tra le sequenze ce n’è pure una dedicata a un film non animato, Perri, che ci dà modo di vedere delle tavole disegnate in stile naturalistico. La serie Treasury of Classic Tales adattava infatti moltissimi live action in modo realistico, materiale che sarà ben difficile rivedere anche solo in un lontano futuro. Ma ormai il vento è cambiato e la cultura disneyana è una cosa del passato, penso tocchi accettarlo. E mentre là fuori si festeggia, anche in casa nostra si celebra, con una visione collettiva di Biancaneve, che è sempre un bene far riscoprire alle nuove generazioni di sollazzieri. Uno di noi cede al sonno durante la visione, ma poi ci accorgiamo che dormendo sghignazza ogni volta che sullo schermo appare Brontolo. Come questa forma di dormiveglia funzioni è un mistero che forse solo Walter Elias avrebbe potuto svelare.
Quarto Giorno: Altro da Fare
Ci sono momenti in cui un uomo deve dire basta e badare alle sue priorità. Questo momento per me arriva il quarto giorno, nel quale vengo raggiunto da due importanti persone della mia real life, che prenderanno casa con noi fino alla fine della manifestazione. Sono le stesse dell’anno scorso: il buon amico Davide, e la mia morosa Elena, che per comodità chiamerò La Bambina. La mattinata se ne va nell’attesa del loro arrivo, nello scortarli fino alla casa e infine nel farli prendere posto, rifocillarli e riposare per il lungo viaggio. L’engagement, la socialità, lo shopping selvaggio decido di metterli in pausa e godermi la sfumatura di calore data dalla loro presenza.
Per la prima volta, dopo un sacco di tempo… pranziamo a casa. Nel pomeriggio l’idea sarebbe quella di fare un salto al games o all’area videogiochi, ma poi non succede. Tra una cosa e l’altra l’obiettivo viene perso di vista, e dentro di me decido che dopotutto se riservo ai giochi sempre un brandello del mio tempo… forse a quel pezzo di Lucca posso benissimo rinunciare. Me la vivo a sentimento quindi, e il sentimento ci porta sopra le mura, a passeggiare tra i cosplayer in quella che ritengo una delle atmosfere autunnali più pregne e pittoresche di sempre. Dopo molto camminare, ed esserci gustati il look della cittadella dall’alto ci accorgiamo che al calar della sera il panorama inizia ad esserci familiare, e infatti abbiamo circumnavigato l’intera cinta muraria. E’ il momento di scendere, riunirci al gruppo, e andare in cerca di… indovinate un po’? Una bella osteria, per la cena. Dopotutto è l’ultima sera, siamo tutti insieme e una cena fuori è l’ideale per festeggiare. Se solo non l’avessimo fatto tipo ogni notte…
Dopo una mangiata in Piazza Anfiteatro, in un clima tanto affollato quanto freschetto, chiudiamo in bellezza l’ultima nottata tornando in appartamento dove ci aspettano letture collettive, frizzi, lazzi, sollazzi e tanta birra. Ecco, forse un po’ troppa birra, dal momento che ad un certo punto in pieno stile scuola media a qualcuno viene in mente di fare… eheh GLI SCHERZI TELEFONICI (glom). Ne cadono vittime gli utenti rimasti a casa, come Gatti e Manfredi, apostrofati da una voce che li avvisa che “è successo un casino!!!”. Non ci casca nessuno, ovviamente. In compenso però siamo noi a cascare dal sonno. Io, negazionista del dormire, decido che è necessario proiettare Three Little Pigs (1933) e gli altri mi accontentano perché sono pazzo e non devo essere contraddetto. Ma nessuno di noi regge, me compreso, e così non riusciamo ad arrivare al termine del corto senza crollare. Ci proviamo tre volte, fallendo miseramente. E così, con un senso di ubriachezza misto a incompiutezza, mi rassegno e vado a nanna, in attesa di proiettarmi verso la giornata che farà da epilogo a questa mia ventesima esperienza lucchese.
Quinto Giorno: Il Futuro della Nostalgia
Non c’è scampo, l’ultimo giorno è sempre macchinoso e un po’ triste. Stavolta meno triste, forse. Dopotutto il ritorno me lo faccio con Davide ed Elena e per giunta in auto. Ma sul macchinoso non ci sono sconti. Tocca fare i bagagli, mandare Davide a recuperare la macchina e darsi appuntamento alle porte per poterla caricare. Poi salire con lui e trovare un nuovo parcheggio fuori dalle mura e infine tornare dentro per godersi l’ultimo giorno di fiera. Un processo sporco, logisticamente e… narrativamente. Infatti spero che queste prime righe vi abbiano annoiati, così potete moltiplicare per cento e avere un assaggio della cosa.
L’ultimo giorno in realtà è fieristicamente bello. Non c’è molta pressione, il grosso è stato fatto e ci si può dedicare a dei colpetti di rifinitura. Ciao Vito, ad esempio. E ciao Radice e Turconi, che ancora non mi era capitato di passare a trovarvi. Poi iniziano i saluti ai compagni di permanenza, che prendono il treno. Addio Massimo, addio gemelli d’Amelio, e infine addio in contumacia, Zuti che sei sparito tra la folla. Siete stati, chi più chi meno, dei bravi compagni di Tana.
Rimasti da soli noi padovani ci accorgiamo che abbiamo tempo. Tempo per un blitz in Bonelli, alla Tunuè… e per un pranzo vegano. E lì vicino… c’è un mercatino antiquario che fa tanto Portobello Road, su cui può valer la pena di ficcare il naso. Decidiamo quindi che l’ultimo ricordo di questa Lucca deve odorare di bancarella, e come ultima tappa scegliamo i privati. E lì succede qualcosa. Succede che La Bambina ha un’idea.
Flashback #2. C’erano una volta i Pkers e le Witchers, due categorie adolescenziali che si cercavano fingendo di osteggiarsi. Io ero ermafrodita, e dato che non concepivo una reale distinzione produttiva tra i due fumetti, li leggevo entrambi. Seguii con passione W.i.t.c.h., almeno fino al cambio di formula. Poi ciao, la collezione finì in cantina, e con essa i dolci ricordi legati alle fidanzatine con cui lo leggevo, mano nella mano. Poi un acquazzone, un allagamento, e un potente odor di muffa: la serie mi si trasformò in un mattoncino indistruttibile. Mai stato così compatto quel fumetto, nemmeno narrativamente.
Questa cosa l’ho scoperta molto di recente e sinceramente non mi ha fatto un gran piacere. Di contro, La Bambina ricorda di averlo seguito a balzi, di possederne ancora svariati numeri e mi propone di mettere insieme i cocci delle nostre collezioni, e di colmare i buchi girando per bancarelle, nella speranza di ricostruire tutto. Questo dà il via a qualcosa, forse al momento più sinergico e costruttivo di questi cinque giorni di fiera. Con l’aiuto del fido Davide, setacciamo i privati facendo affari più o meno buoni e al termine della giornata rimediamo una bella dose di numeri. E chissà che non ce la si faccia in un prossimo futuro a portare a termine il proposito.
La progettualità sazia. E quindi possiamo – ora per davvero – salutare Lucca e imbarcarci con Davide per il viaggio di ritorno che si preannuncia lungo. Ma non importa, dentro di me avverto che in quel crogiuolo di sentimenti conflittuali che mi hanno accompagnato negli ultimi giorni, ne sta prevalendo uno: la soddisfazione. Una Lucca comoda e senza pioggia, una Lucca più vivibile e meno affollata, una Lucca forse minore ma sobria e incentrata sulle cose giuste, una Lucca a Lucca, ma soprattutto una Lucca che mi permette di tornare a casa con in saccoccia alcune cose che volevo davvero. La mia odissea negli stati d’animo non finirà mai veramente, va accettato, ma per quest’anno chiudiamo in attivo. L’auto di Davide procede verso Padova, la Bambina mi si rannicchia accanto e si assopisce, e io penso che alla fine le cose non stiano andando affatto male. Riposo, adesso.
FINE