Bambola d’Autrice

Che questo film fosse uno strano e bellissimo animale era chiaro già dal teaser.

E ora che è uscito, abbiamo la conferma: Barbie è ispirato, umoristico, satirico, filosofico, metafisico, promozionale e incredibilmente estetico. Si è riusciti a realizzare un prodotto che difficilmente dimenticheremo, e che andrebbe studiato anche solo per come è riuscito ad essere tutte quelle cose diverse tutte insieme.

Certo, non è perfetto. Gigione, sfacciato nell’esposizione, e a momenti fin troppo azzardato nello stabilire le leggi che governano i due mondi. Ci sono delle cose che non sono certo di aver pienamente afferrato e altre che mi son dovuto far andare bene, senza rompere troppo le scatole. Ma alla fine gli perdoni tutto. E perché gli perdoni tutto? Perché il suo equilibrismo funziona. Non c’è svacco che non venga raddrizzato mezzo secondo dopo da qualcosa di incredibilmente raffinato che ci ricorda con quanta consapevolezza tutto ciò sia stato scritto.

Qualcuno lo troverà woke, e lo è. Ma lo è nel modo giusto. La trama è difatto Barbie che lotta contro il patriarcato, e il film non finge nemmeno per mezzo secondo che non sia quello il nocciolo. Espone il problema in modo sincero, senza giri di parole e facendotelo proprio vedere. Non fa come quei film ambientati in mondi fittizi in cui si fa finta che la discriminazione non sia mai esistita, qui anzi è in primo piano, e attraverso il progressismo letteralmente di plastica di Barbieland l’approccio negazionista delle moderne aziende inclusive viene irriso. E così il messaggio arriva, e arriva bene.

Ma al di là di tutto, a far di Barbie un pezzo d’arte è il suo magnetismo. E questo lo si vede in ogni aspetto, dal ritmo alle scelte cromatiche, passando per un casting che più azzeccato non si può. Margot Robbie eccellente, ma a colpirmi più di ogni altra cosa è stato il Ken di Gosling, un personaggio incommensurabile. Attore pazzesco, nella mimica, nelle espressioni, nel portamento: uno showman, un istrione, un pagliaccio triste, in grado di dar valore ad ogni scena in cui è inquadrato. Sono stato male per lui.

Felicissimo del suo successo, ma spero che non venga interpretato come un incoraggiamento a portare avanti Barbie come franchise. E’ l’idea di cinema che sta dietro al film che deve essere decifrata e proseguita, perché per Hollywood si sta mettendo male ed è di materiale del genere che si ha davvero bisogno.